Il Comune di Montoro: il primo (e unico) caso di fusione in Campania
Mentre al centro-nord l’istituto della fusione dei comuni sta prendendo sempre più piede, il Meridione sembra rimasto ancora a guardare. Infatti, sono soltanto due i Comuni che hanno recepito l’opera di incentivazione del legislatore nazionale verso simili forme di semplificazione amministrativa. Uno di questi è campano: si tratta del Comune Unico di Montoro, in provincia di Avellino.
L’ente in questione è stato istituito il 3 dicembre 2013 dalla fusione dei Comuni di Montoro Inferiore e Montoro Superiore, divenendo di colpo la terza città per numero di abitanti della provincia di Avellino. Il cammino verso la fusione è stato tutt’altro che tortuoso. Innanzitutto, il 27 gennaio 2011 il consigliere regionale Pietro Foglia avanzò una proposta di legge (156/2011) per la fusione dei due comuni, successivamente approvata dal Consiglio Regionale della Campania[1]. Al suo interno si evinceva come l’esigenza di superamento dell’allora attuale separazione amministrativa fosse avvertita da oltre un decennio nelle popolazioni dei due Comuni, oltre che negli amministratori dei due centri della provincia di Avellino. Nel 1829, infatti, il Comune di Montoro fu diviso nei due Comuni: tuttavia dagli atti storici non era dato di rilevare alcuna volontà popolare tesa alla divisione dei due Comuni, ma solamente posizioni soggettive dei potentati locali di stampo familiare.
Il testo passava in rassegna altresì i vantaggi derivanti da fusione, sottolineando come l’allora attuale divisione amministrativa dei due Comuni incidesse negativamente sulla gestione del territorio dei servizi e sulla ricerca disoluzioni unitarie a problemi comuni a territori che presentavano una continuità geografica significativa e che erano accomunati dalle stesse problematiche. Attraverso l’istituzione di un Comune Unico, si sarebbero potuti raggiungere obiettivi difficilmente perseguibili in quel contesto di divisione amministrativa, tra cui:
- L’unità di indirizzo dell’attività amministrativa negli atti di programmazione;
- La razionalizzazione dell’organizzazione dei servizi e dei loro costi;
- La rappresentatività degli eletti a cariche amministrative;
- L’acquisizione di finanziamenti per le politiche di sviluppo;
- La pianificazione urbanistico-territoriale.
In seguito alla proposta in discorso, si costituivano i comitati per il SI e per il NO in vista del referendum. La chiamata alle urne però arrivò ben due anni dopo, nel 2013, dove si registrò una percentuale di voti favorevoli del 77,41% (dato che peraltro confermava i risultati della precedente consultazione del 2009[2]). L’esito venne successivamente formalizzato con la Legge regionale n. 16 del 2013, la quale delegava la Provincia di Avellino a provvedere alla delimitazione territoriale delle frazioni in relazione ad una più idonea cura degli interessi locali.
Lo Statuto del nuovo Comune, invece, fu approvato nel 2015. Al suo interno si trattava altresì la questione dello stemma e del gonfalone. In particolare, si prevedeva che lo stemma presentasse «Tre monti con croce al centro; con alla base tratti di alloro e quercia, uniti da nastro tricolore e sovrastata da corona reale». Non risultava affrontata, invece, la tematica relativa al Santo Patrono: i due Comuni precedenti, infatti, avevano già prima della fusione il medesimo Patrono, San Nicola da Tolentino, ricorrente il 10 settembre[3].
[1] www.consiglio.regione.campania.it
[2] Dati C.E.D. Gestione Servizi Informativi Automatizzati, Dati Extranet Prefettura di Avellino – U.T.G.
[3] www.tuttitalia.it
Andrea Amiranda è un Avvocato d’impresa specializzato in Risk & Compliance, con esperienza maturata in società strategiche ai sensi della normativa Golden Power.
Dal 2020 è Responsabile dell’area Compliance di Ius in itinere.
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