giovedì, Dicembre 12, 2024
Criminal & Compliance

Concorso e sostanze stupefacenti: che responsabilità ha l’amico che detiene la droga?

Nei reati in materia di sostanze stupefacenti sono svariati i ruoli attraverso i quali i soggetti coinvolti contribuiscono alle attività illecite e non sempre è evidente quale sia il grado di responsabilità che ne derivi. Non di rado, insieme all’atto di chi produce, vende o offre sostanze stupefacenti o psicotrope, si profila quello di chi semplicemente detiene o trasporta le sostanze, condotta ugualmente preveduta e sanzionata dall’ art. 73 del DPR n 309/1990 oppure si individuano comportamenti come quello del “palo”, quello del “corriere”, dell’amico mero custode della droga o di chi confeziona le dosi, difficili da inquadrare nell’ambito del concorso nel reato.

Quando i reati in materia di sostanze stupefacenti si realizzano in concorso di persone, infatti, il giudice dovrà procedere ad una verifica del contributo apportato all’illecito da ciascun concorrente e valutarne la responsabilità alla luce delle attenuanti o delle aggravanti che si possono ad esso  imputare.

Per aversi concorso di persona punibile, difatti, è richiesta la collaborazione, morale o materiale, alla condotta criminosa altrui, caratterizzata dalla coscienza e volontà di arrecare un contributo concorsuale alla realizzazione dell’illecito.[1] Però, il legislatore ha previsto un sistema  di circostanze che adattano la  disciplina del concorso alla variabilità dei ruoli di ciascun concorrente, determinando talora un aggravio, talora un’attenuazione della pena. Ai sensi del co.1 dell’art. 114 c.p., “Il giudice, qualora ritenga che l’opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, può diminuire la pena”.

Cosa si intenda per “minima importanza” lo ha specificato in primo luogo la dottrina, secondo la quale si ravvisa il contributo di minima importanza “quando l’opera del partecipe può essere agevolmente sostituita con l’intervento di altre persone o mediante una diversa ripartizione dei compiti”[2]. In seguito, anche la giurisprudenza ha precisato il significato dell’espressione usata dal legislatore e ha stabilito che l’attenuante di cui all’art. 114 c.p. può e deve essere riconosciuta solo quando l’apporto del correo abbia assunto un’efficienza causale morale o materiale del tutto marginale e trascurabile tale da poter essere estraneo all’iter criminoso senza conseguenze pratiche sul risultato dello stesso.[3]

Premesso ciò ed in base alla forte differenziazione dei ruoli nei reati in materia di sostanze stupefacenti, i giudici si sono interrogati più volte sull’applicabilità della circostanza della minima importanza anche in questo settore e ne hanno escluso categoricamente l’impiego in alcune ricorrenti ipotesi:

  1. I giudici supremi, in Cassazione penale, sez. IV, 03 maggio 2007, n. 22511 hanno affermato che “nel concorso di persone nel reato, la circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al reato richiede che il concorrente abbia ricoperto un ruolo del tutto marginale, di efficacia causale trascurabile, tale da poter essere avulso, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell’evento: situazione che non ricorre nei confronti di colui che risulti avere svolto il ruolo di “corriere” di un rilevante impianto organizzativo criminale dedito all’importazione di sostanze stupefacenti” o di “staffetta”[4].
  2. Al riguardo, , Pen, sez. IV, 08 febbraio 2007, n. 12811, ha affermato che “deve escludersi che possa ritenersi contributo di minima partecipazione, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p., l’avere preso parte all’attività di preparazione e di confezionamento di droga alla cui illegale detenzione si sia cointeressati: ciò in quanto l’attenuante in questione può essere riconosciuta soltanto quando l’opera prestata da taluno dei concorrenti sia stata non solo minore rispetto a quella dei correi, ma addirittura minima, sì da avere esplicato un’efficacia eziologia marginale”[5]
  3. In Pen., Sez. IV, 9 giugno 2003, n. 31762, il contributo dell’addetto alla predisposizione delle dosi per lo spaccio e alla custodia della sostanza stupefacente non può essere considerato come partecipazione di minima importanza al reato.[6]
  4. La cooperazione consistita nel fungere da “palo” mentre altro soggetto si appresta a prelevare la droga, secondo Pen., Sez. VI, 18 giugno 1992, n. 8247, pur ritenuta idonea a giustificare l’applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è incompatibile con l’attenuante di cui all’art. 114 c.p. “ciò con riferimento sia alla nozione in sé della –minima- partecipazione prevista da quest’ultima norma (da non confondere con la minore efficienza causale attribuita al palo), sia alla non cumulabilità delle due attenuanti sulla base della valutazione dello stesso elemento circostanziale in punto di fatto”[7].
  5. Parimenti, una sentenza recente (Cass. Pen., sez., III, 16 luglio 2015, n. 34985) ha escluso la sussistenza del carattere di minima importanza nel contributo di chi abbia fornito al detentore un locale dove occultare la droga, nonché in quello di chi abbia tentato di impedire la perquisizione di quel locale.

Esemplificando, si può ritenere che, in base alla copiosa giurisprudenza in materia, l’orientamento prevalente sia quello di interpretare in maniera molto restrittiva l’art. 114 c.p., andando, caso per caso, ad indagare sulle circostanze in base alle quali comminare una pena più o meno severa.

[1] Cass. Pen., sez. III, 20 settembre 2012, n. 38716.

[2] GAROFOLI R., Diritto Penale Parte generale, V ed., Nel diritto Editore, 611 ss.

[3] Cass. pen. 18 dicembre 2012, n. 835. Al riguardo anche l’indirizzo seguito in Cass. Pen., sez. III, 17 novembre 2015 n. 9844 che parla di un “esame volto a stabilire se il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di efficacia causale così lieve rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso”.

[4] Mazzon R., “DIFFICILE IL MINIMO APPORTO NEL CONCORSO IN REATI CONNESSI ALL’UTILIZZO DI STUPEFACENTI!” Tratto da www.personaedanno.it

[5] Op. Ult. Cit.

[6] Giordano A., Di Matteo A., “Reati in materia di stupefacenti”, Giuffrè editore, 2008.

[7] Op. Ult. Cit.

Fonte immagine: www.casertaweb.com

Avv. Alessia Di Prisco

Sono Alessia Di Prisco, classe 1993 e vivo in provincia di Napoli. Iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata, esercito la professione collaborando con uno studio legale napoletano. Dopo la maturità scientifica, nel 2017 mi sono laureata alla facoltà di giurisprudenza presso l'Università degli Studi Federico II di Napoli, redigendo una tesi dal titolo "Il dolo eventuale", con particolare riferimento al caso ThyssenKrupp S.p.A., guidata dal Prof. Vincenzo Maiello. In seguito, ho conseguito il diploma di specializzazione presso una Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali a Roma, con una dissertazione finale in materia di diritto penale, in relazione ai reati informatici. Ho svolto il Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari del Tribunale di Torre Annunziata affiancando il GIP e scrivo da anni per la rubrica di diritto penale di Ius In Itinere. Dello stesso progetto sono stata co-fondatrice e mi sono occupata dell'organizzazione di eventi giuridici per Ius In Itinere su tutto il territorio nazionale.

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