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Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7256

«Le prestazioni oggetto di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura (ora, come detto, espressamente così definite dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del codice) sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non, invece, direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto.»

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5586 del 2018, proposto da Vivenda s.p.a, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli e Giuseppe Lo Pinto, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, 32;

contro

Pellegrini s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Alessandra Sandulli, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 349;

nei confronti

Comunità montana dell’Oltrepò pavese, Comune di Vigevano, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 01571/2018, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Pellegrini s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2018 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Lo Pinto, Fabio Cintioli e Maria Alessandra Sandulli,;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 17 maggio 2017, la Comunità montana dell’Oltrepò Pavese, in qualità di C.U.C. – centrale unica di committenza, indiceva, per conto del Comune di Vigevano, la procedura aperta per l’affidamento del “servizio di ristorazione scolastica periodo settembre 2017 – agosto

2022 in Comune di Vigevano”.
1.1. L’importo complessivo del contratto posto a base di gara per i cinque anni di durata era di € 12.087.152,05 (di cui l’1% per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso) e il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
1.2. Il disciplinare di gara richiedeva quale requisito di idoneità professionale, ai fini della partecipazione alla procedura, l’iscrizione alla “CC.I.AA. o nell’albo delle imprese artigiane, per attività inerenti l’oggetto dell’appalto” e, quanto ai requisiti di capacità tecniche e professionali, il “possesso delle risorse umane e tecniche e dell’esperienza necessaria per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità”, nonché il “possesso di tutte le seguenti certificazioni: UNI EN ISO 9001:2008, applicato al servizio di ristorazione con preparazione e distribuzione dei pasti, catering, forniture di derrate alimentari e gestione mense; certificazione UNI 10854:1999 di gestione del Sistema di autocontrollo alimentare progettati e realizzato mediante il metodo HACPP”. 2. Presentavano offerta sei imprese che venivano ammesse con provvedimento del 14 luglio 2017; all’esito dell’espletamento delle formalità di gara risultava prima graduata Sodexo Italia s.p.a., con 92,15, seconda Vivenda s.p.a. con 90,87 e terza Pellegrini s.p.a. con 87,18.
2.1. All’esito della verifica della congruità delle offerte ex art. 97 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, la prima graduata era esclusa dalla gara per aver proposto un’offerta anormalmente bassa con provvedimento del 25 ottobre 2017 e Vivenda s.p.a., la cui

offerta era ritenuta congrua dalla commissione giudicatrice, era dichiarata aggiudicataria definitiva con determinazione della CUC del 14 dicembre 2017.
3. Pellegrini s.p.a. impugnava l’aggiudicazione al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sulla base di plurimi motivi. Si costituivano in giudizio il Comune di Vigevano e Vivenda s.p.a. che concludevano per il rigetto del ricorso.

3.1. Il giudizio di primo grado era concluso dalla sentenza, sez. IV, 22 giugno 2018, n. 1571, di accoglimento del ricorso e conseguente annullamento dell’aggiudicazione. La domanda di risarcimento del danno era dichiarata inammissibile e le spese poste a carico del Comune di Vigevano e di Vivenda s.p.a. in solido.

4. Propone appello Vivenda s.p.a.; si è costituita Pellegrini s.p.a.; le parti hanno presentato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., cui è seguita replica di Pellegrini s.p.a. All’udienza del 25 ottobre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello Vivenda s.p.a. reputa erronea la sentenza di primo grado “nella parte in cui ha ritenuto tempestivo il secondo motivo di ricorso, con il

quale sono stati dedotti vizi attinenti alla fase di ammissione”.
1.1. Assume l’appellante di aver eccepito in primo grado l’irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio in quanto tardivamente proposto: l’ammissione di Vivenda s.p.a. sarebbe dovuta essere impugnata, pur in assenza di pubblicazione ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nel termine di trenta giorni dal momento in cui ne era stata acquisita la piena conoscenza (per regola generale dell’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm., applicabile anche al giudizio sulle ammissioni ed esclusioni di cui all’art. 120, comma 2bis, Cod. proc. amm.), e dunque dalla seduta della commissione giudicatrice del 14 luglio 2017 alla quale aveva partecipato il rappresentante delegato della Pellegrini s.p.a., cui la commissione, come agli altri presenti, aveva comunicato l’ammissione alla gara di tutte le imprese partecipanti.
1.2. Il giudice di primo grado ha respinto l’eccezione: solo per il provvedimento di esclusione il termine d’impugnazione decorre dalla seduta della commissione poichè il rappresentante che vi partecipa è a piena conoscenza della documentazione prodotta per la partecipazione alla procedura; diversamente, qualora si intenda impugnare un provvedimento di ammissione, la piena conoscenza del provvedimento non coincide con la comunicazione avvenuta in esito alla seduta della commissione poiché il partecipante

non ha ancora quel grado di conoscenza minima, degli atti e dei documenti di gara, sufficiente a percepire l’illegittimità della scelta.
1.3. Siccome Pellegrini s.p.a. ha impugnato l’ammissione di Vivenda s.p.a., il termine di trenta giorni non decorreva dalla seduta della commissione giudicatrice, tanto più che, aggiunge il giudice di primo grado, il verbale della seduta del 14 luglio 2017 non risulta sottoscritto dal legale rappresentante della società (e v’è un orientamento che riconosce validità alla comunicazione recata dalla commissione solo nel caso in cui la presenza del rappresentante legale consti a verbale).

1.4. L’appellante sostiene che, così argomentando, il giudice di primo grado avrebbe disatteso l’orientamento della giurisprudenza amministrativa, per il quale, anche per il giudizio sulle ammissione ed esclusione, in caso di mancata pubblicazione dei relativi provvedimenti sul profilo del committente, trova applicazione il principio secondo cui se l’operatore aveva contezza dell’atto prima della sua comunicazione formale, come nel caso in cui un suo rappresentante abbia partecipato alla seduta della commissione giudicatrice in cui l’ammissione è disposta, è da quel momento che decorre il termine d’impugnazione.

2. Il motivo è infondato e va respinto.

2.1. Costituisce circostanza pacifica in atti che il provvedimento di ammissione di Vivenda s.p.a. alla procedura di gara non è stato pubblicato sul profilo della committente come prescritto dall’art. 29, comma 1, Cod. proc. amm.; Vivenda s.p.a. ha invocato, però, quale dies a quo del termine di impugnazione (il giorno del)la seduta della commissione in cui è stata comunicata ai rappresentanti delle imprese ivi presenti la sua ammissione, per essere questo il momento in cui è acquisita la “piena conoscenza” del provvedimento, secondo la regola generale dell’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm sul decorso del termine per la proposizione del ricorso contente domanda di annullamento di un atto amministrativo.

2.2. E’ così posta la questione della possibilità di ritenere applicabile anche al giudizio di impugnazione dei provvedimenti di ammissione e/o di esclusione adottati nel corso di una procedura di gara, la regola generale per l’individuazione della decorrenza del termine di impugnazione di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.; questione sorta per la previsione, nell’art. 120, comma 2bis, Cod. proc. amm., di uno preciso momento di decorrenza del termine di impugnazione, ossia la pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, cit., dei provvedimenti di ammissione ed esclusione.

2.3. La questione è stata affrontata in diverse pronunce del Consiglio di Stato e può dirsi maturato un orientamento cui il Collegio intende aggiungere le considerazioni che seguono.

2.3.1. E’ affermazione ricorrente che in caso di mancata pubblicazione dell’ammissione o esclusione di un partecipante, l’eventuale presenza di un delegato di un concorrente alla seduta di gara in cui si sono deliberate le ammissioni non è, di per sé, idonea alla decorrenza del termine decadenziale nei riguardi dell’impresa interessata, sia pure mitigata, in talune pronunce, dall’inciso per cui, anche a voler ritenere in astratto applicabile al giudizio sulle ammissioni ed esclusioni, la regola generale dell’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm., la stessa in concreto non può trovare applicazione qualora (come spesso accade) il rappresentante legale, pur presente alla seduta, non sia in grado di percepire il vizio che inficia l’ammissione attraverso la mera lettura del verbale (così Cons. Stato, sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5870; V, 23 marzo 2018, n. 1843; V, 8 giugno 2018, n. 3483).

2.3.2. Invero, ritiene il Collegio di dover precisare che la regola posta dall’art. 120, comma 2bis, cit. va ora letta in combinato con la previsione dell’art. 29, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, così come modificata dall’art. 20 d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo al codice), per la quale “Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati da motivazione”.

Per quanto sia discusso l’ambito di applicazione di tale disposizione (se riferito ai soli provvedimenti di esclusione, per essere solamente questi normalmente corredati da motivazione, ovvero anche ai provvedimenti di ammissione, che, in effetti, motivazione non riportano se non la conformità dell’offerta ai requisiti imposti dagli atti di gara, cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 ottobre 2018, n. 6187), non v’è dubbio che la “concreta disponibilità” dalla quale è fatto ora decorrere il termine di impugnazione è nozione diversa dalla “piena conoscenza” di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.; il legislatore, infatti, con detta formula, ha inteso riferirsi al momento in cui l’impresa è venuto in possesso dell’atto – perché comunicatole ovvero pubblicato con il suo intero contenuto o, ancora, in mancanza dell’uno e dell’altro, ottenuto mediante accesso ai

documenti – e ne ha compreso l’effettiva illegittimità; la “piena conoscenza”, invece, è conseguito per acquisizione della notizia della lesione prodotta da un provvedimento amministrativo alla propria posizione soggettiva, anche a prescindere dalla conoscenza del contenuto dell’atto (come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2018, n. 6527 e le sentenze ivi richiamate al punto 6.5). 2.3.3. In definitiva, allora, la previsione dell’art. 120, comma 2bis, cit., già regola speciale, applicabile ad una specifica materia, e, pertanto, prevalente sulla regola generale, (come rilevato da Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2018, n. 2176), interpretata in combinato con la disposizione di cui all’art. 29, comma 1, d.lgs. 80 cit., appare ora vieppiù incompatibile con l’applicazione della regola generale di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.

2.4. Per le considerazioni finora svolte, il rappresentante della Pellegrini s.p.a. che abbia saputo dell’ammissione di Vivenda s.p.a. alla procedura di gara per essere stato presente alla seduta della commissione del 14 luglio 2017, ha acquisito la conoscenza di un fatto (l’ammissione, appunto), ma non la disponibilità di un atto (il provvedimento di ammissione) che, solo, determina la decorrenza del termine di impugnazione secondo il dettato normativo in precedenza esaminato.

3. Con il secondo motivo di appello Vivenda s.p.a. reputa erronea la sentenza “nella parte in cui ha reputato fondato il secondo motivo di ricorso”.

3.1. Il giudice di primo grado, infatti, ha ritenuto fondato il motivo con il quale Pellegrini s.p.a. lamentava la mancata esclusione della procedura di gara (o, comunque, l’attribuzione di un punteggio superiore a quello meritato) di Vivenda s.p.a., perché questa, pur avendo dichiarato di non voler ricorrere all’avvalimento ovvero al subappalto, si era impegnata all’esecuzione di una serie di prestazioni (e precisamente, interventi di manutenzione degli impianti, delle attrezzature e dei locali; interventi di insonorizzazione e analisi chimiche di laboratorio dei prodotti forniti), per le quali non era attrezzata, vista la sua competenza nel solo settore della refezione scolastica, ed era stata, in ragione di ciò, costretta a ricorrere a soggetti esterni con i quali già erano in corso trattative (documentate dai preventivi depositati in fase di giustificazione dell’anomalia dell’offerta).

3.2. L’appellante contesta tale conclusione con una serie di censure nelle quali è articolato il motivo di appello.

3.2.1. La prima censura, relativa alla violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112, Cod. proc. civ., va posposta all’esame delle altre.

3.2.2. La seconda è articolata in diversi passaggi: in primo luogo, l’appellante contesta al giudice di primo grado di non aver considerato che il disciplinare di gara non richiedeva il possesso dell’iscrizione alla camera di commercio per ogni attività oggetto dell’appalto, ma solo per quella di “ristorazione scolastica” (in coerenza con la lettura dell’art. 83, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, fornito dalla giurisprudenza amministrativa), per cui essa ben poteva svolgere in proprio le attività, diverse dalla ristorazione scolastica, cui si era impegnata con l’offerta presentata.

In secondo luogo, precisa l’appellante, l’attività di manutenzione e di assistenza era attività ancillare ed accessoria, che non dava luogo ad un subappalto in senso tecnico, ma a mere subforniture, da effettuare a favore della committente in forza di contratti continuativi di cooperazione stipulati, ai sensi dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del codice dei contratti pubblici, in data anteriore all’indizione della procedura di gara. 3.2.3. Con ulteriore censura Vivenda s.p.a. contesta al giudice di primo grado di aver ritenuto oggetto di subappalto le attività di assistenza e manutenzione in contrasto con la previsione dell’art. 105 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per il quale si presume subappalto qualsiasi contratto che richieda l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare. Nel caso in esame, sostiene, l’appellante tali condizioni non erano raggiunte, poiché i contratti si mantenevano sempre al di sotto delle predette soglie.

4. Il motivo di appello è solo parzialmente fondato.

4.1. Vanno premesse talune circostante di fatto incontestate: Vivenda s.p.a. ha dichiarato nella propria offerta di non voler fare ricorso né al subappalto né all’avvalimento; si è impegnata, poi, ad effettuare talune prestazioni aggiuntive rispetto all’oggetto dell’appalto (che era la “erogazione di servizi di ristorazione scolastica, con la fornitura, mediante veicolazione dal centro cottura, di pasti pronti in legame fresco- caldo in multi porzione e in mono porzione”, punto II.1.5 del bando di gara), e precisamente, interventi volti a migliorare il confort acustico del refettorio (mediante la

fornitura e l’installazione di controsoffitti fonoassorbenti, l’installazione di nuovi corpi illuminanti, l’installazione di pannelli fonoassorbenti), attività di campionamento dei cibi attraverso analisi microbiologiche e chimico – fisiche, attività di manutenzione sulle attrezzature presenti nei centri cottura, nei centri refezionali e nelle cucine degli asili nido; ha presentato in sede di giustificazioni preventivi di contratti con imprese terze che avrebbero svolto (parte del)le predette attività.

4.2. Il giudice di primo grado ha ritenuto che Vivenda s.p.a., nonostante il formale impegno assunto in sede di offerta, avrebbe comunque fatto ricorso a ditte esterne per l’esecuzione di talune attività alle quali si era obbligata, in violazione delle regole del codice dei contratti pubblici che impongono, in questi casi, l’utilizzo degli istituti del subappalto ovvero dell’avvalimento.

4.3. Può così assumersi una prima conclusione: la censura con la quale l’appellante lamenta che il giudice di primo grado non avrebbe considerato la sua facoltà di svolgere in proprio le attività, diverse dalla ristorazione scolastica, cui si era impegnata con l’offerta presentata, non assume rilievo decisivo ai fini della risoluzione dell’odierna controversia.

Per quanto in un passaggio (finale) della sentenza, si afferma che Vivanda non era in condizione di eseguire in proprio le attività di manutenzione “perché non ricomprese nel suo oggetto sociale” è chiaro, dalla complessiva lettura della pronuncia impugnata, che, il giudice di primo grado ha disposto l’esclusione in quanto l’aggiudicataria si era impegnata ad effettuare in proprio prestazioni, poi, rimesse a soggetti terzi, senza il necessario ricorso al subappalto o all’avvalimento.

Non è, allora, in discussione che gli operatori economici possano eseguire in proprio prestazioni ulteriori rispetto a quelle previste dal contratto d’appalto, anche oltre l’oggetto sociale come definito dal codice di iscrizione alla camera di commercio (naturalmente nei limiti consentiti dalla giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2018, n. 2176), ma la diversa questione della possibilità di avvalersi di ditte esterne per l’esecuzione di una parte delle prestazioni offerte, senza far ricorso agli istituti dell’avvalimento o del subappalto.

5. Per Vivenda s.p.a., ciò era possibile in quanto prestazioni aggiuntive rese in forza di contratti continuativi di cooperazione stipulati ai sensi dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, come tali non qualificabili come subappalto.

5.1. Pellegrini s.p.a. si oppone, tra l’altro, per l’inapplicabilità della disposizione richiamata ratione temporis poiché introdotta solo con il d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo al codice dei contratti), entrato in vigore il 20 maggio 2017, e, dunque successivamente all’avvio della procedura di gara, con bando pubblicato il 17 maggio 2018.

5.2. Ritiene il Collegio che la questione dell’applicabilità alla procedura di gara delle modifiche apportate dal correttivo al codice – ineludibile nell’affrontare altra censura dell’odierno appellante – non impedisce di esaminare la questione dell’esatta qualificazione dei contratti stipulati da Vivenda s.p.a. con ditte terze, sempre suscettibile di porsi (e, dunque, sin dall’entrata in vigore del codice dei contratti), poiché relativa all’ambito di definizione del contratto di subappalto.

5.3. Le prestazioni oggetto di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura (ora, come detto, espressamente così definite dall’art. 105, comma 3, lett. c- bis) del codice) sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non, invece, direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (che, non a caso è definito dall’art. 105, comma 2, come “Il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”).

5.4. Quel che occorre verificare, allora, è la direzione delle prestazioni aggiuntive cui Vivenda s.p.a. si è impegnata nella propria offerta; ebbene, salvo che per la manutenzione dei centri cottura in dotazione alla stessa impresa, tutte le altre prestazioni sono inequivocabilmente dirette a favore dell’amministrazione committente: così l’installazione di materiali per la insonorizzazione del refettorio, l’analisi dei cibi, la manutenzione delle apparecchiature presenti nelle cucine degli asili. I relativi contratti non possono essere, pertanto, qualificati come “contratti continuativi di cooperazione”, ma propriamente come contratti di subappalto.

6. Va ora affrontata l’ulteriore censura formulata dall’appellante: la qualificazione dei contratti con le ditte terze come subappalti sarebbe impedita dall’assenza delle condizioni poste dal comma 2, secondo periodo, dell’art. 105 cit. affinchè si abbia, comunque, subappalto quando suo oggetto sia la fornitura con posa in opera e i noli caldo, vale a dire l’importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni

affidate o superiore a 100.000 euro in uno con l’incidenza del costo della manodopera e del personale superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare.

6.1. Anche in tal caso, come anticipato, l’appellata sostiene l’inapplicabilità della disposizione ratione temporis poiché così formulata solo a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, il 20 maggio 2017, ovvero quando era già bandita la procedura di gara in esame il 17 maggio 2017; l’originaria formulazione della norma si limitava a qualificare come subappalto “qualsiasi contratto avente ad oggetto attività del contratto di appalto ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera”, riservando la deroga di cui si è detto ai soli contratti di appalto di lavori.

7. La censura è infondata.

7.1. Come ben esposto dall’appellata la clausola di chiusura posta dall’art. 105, comma 2, secondo periodo, non è applicabile ratione temporis alla procedura oggetto dell’odierno giudizio per essere entrata in vigore il 20 maggio 2018, quando il bando era già stato pubblicato, il 17 maggio 2018; la disciplina posta dal correttivo al codice non ha carattere retroattivo e, per questo, può trovare applicazione solo per le procedure avviate dopo la sua entrata in vigore (cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2018, n. 6576; V, 3 settembre 2018, n. 5136, V, 17 settembre 2018, n. 5427). Né può sostenersi, come fa l’appellante in memoria, che si tratta di disciplina attinente alla fase esecutiva del contratto e, come tale, applicabile anche alle gare bandite prima dell’entrata in vigore del correttivo: come dimostrato proprio dalle contestazioni svolte nel presente giudizio, le condizioni imposte dalla disciplina di gara per affidare in subappalto parte delle prestazioni offerte dall’operatore economico che partecipa alla procedura attengono all’affidamento del contratto e non alla sua esecuzione.

7.2. In conclusione sul punto: è precluso all’appellante invocare la disposizione di qualificazione in deroga poiché nell’originaria formulazione dell’art. 105, comma 2, cit. essa era ristretta ai soli contratti di appalto di lavori, con esclusione, dunque, dei contratti di appalto di servizi, come quello in affidamento nella procedura odierna.
Si aggiunga, inoltre, che la qualificazione di subappalto era imposta a “qualsiasi contratto avente ad oggetto attività del contratto di appalto”. Ed allora considerato che qualora l’operatore economico offra prestazioni aggiuntive rispetto a quelle imposte dalla stazione appaltante (allo scopo di ottenere un punteggio maggiore) anche tali ultime attività rientrano nell’oggetto del contratto di appalto affidato, i contratti stipulati da Vivenda s.p.a. con ditte esterne andavano qualificati come contratti di subappalto.

8. E’ possibile ora scogliere la riserva assunta sulla prima censura con la quale è contestata la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 Cod. proc. civ., per aver il giudice di primo grado deciso l’esclusione sulla base di una ragione diversa da quella posta da Pellegrini s.p.a. a fondamento del secondo motivo di ricorso: ivi era sostenuta l’esclusione per la falsità delle dichiarazioni di non volersi avvalere del subappalto e dell’avvalimento (nonostante, nei fatti, si dimostrava necessario per l’esecuzione delle prestazioni offerte); sostiene l’appellante che il giudice di primo grado, esclusa (implicitamente) la falsità delle dichiarazioni per aver l’aggiudicataria sempre chiaramente dichiarato in che modo avrebbe realizzato le prestazioni offerte (ovvero mediante contratti stipulati con ditte esterne), avrebbe dovuto respingere la richiesta di esclusione di Vivenda s.p.a., e solo imporre alla stazione appaltante di ricalcolare il punteggio; richiesta svolta in via subordinata dalla ricorrente. 9. La censura è fondata.

9.1. Quale che fosse l’articolazione del motivo proposto da Pellegrini s.p.a. nel ricorso introduttivo, il giudice non poteva disporre l’esclusione di Vivenda s.p.a., poiché, esclusa la falsa dichiarazione (statuizione non censurabile per assenza di specifico capo d’appello), per espressa previsione del disciplinare di gara, la mancata indicazione della parte di attività da affidare in subappalto avrebbe comportato solo l’impossibilità di avvalersi di dette prestazioni (cfr. art. 10 disciplinare di gara: “Gli operatori economici che intendessero affidare in subappalto una parte delle prestazioni, dovranno indicare, all’atto dell’offerta, le parti del servizio che intendono a terzi, pena la non possibilità di avvalersene”).

9.2. La sentenza di primo grado va, dunque, riformata: la stazione appaltante procederà a determinare nuovamente il punteggio di Vivenda s.p.a., senza tener conto delle prestazioni presenti in offerta per la cui esecuzione l’aggiudicataria si serva di ditte esterne.

10. Riformata la sentenza in punto di esclusione dell’aggiudicataria, vanno esaminati i motivi di ricorso assorbiti dal giudice di primo grado ed ivi riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.

11. Con il terzo motivo di ricorso riproposto l’aggiudicazione a Vivenda s.p.a. è contestata per “Violazione degli artt. 1 e 3 l. 241/90 smi, 34, 94, 95, 114, 216 co. 18 e 80, co 5 lett. c e f-bis, dlgs 50/2016 smi, DM 25 7 2011 e art. 53 Capitolato speciale. Eccesso di potere per errore nei presupposti. Difetto di istruttoria e di motivazione.” Assume la ricorrente che l’offerta di Vivenda s.p.a. andava esclusa per mancato rispetto dei requisiti minimi imposti dall’art. 53 del Capitolato speciale d’appalto (sotto il titolo di “Utilizzo di prodotti certificati”) per i prodotti da utilizzare nella preparazione dei pasti (e, precisamente, la provenienza per almeno il 20% sul peso totale da “sistemi di produzione integrata” Igp, Dop e Stg).

La censura della ricorrente si appunta, in particolare, sul riso utilizzato dall’aggiudicataria, indicato, nella tabella di valorizzazione derrate alimentari allegata alle giustificazioni, come “riso ribe parboiled” con percentuale del 20% Dop, benchè assente tra quelli Dop nell’elenco delle denominazioni italiane aggiornato al 19 dicembre 2017.

11.1. Replica Vivenda s.p.a. precisando che l’indicazione di “riso ribe parboiled” nella tabella allegata alle giustificazioni era un “evidente refuso rispetto all’indicazione contenuta nell’offerta tecnica”, ove era stato, invece, correttamente riportato il riferimento al “riso parboiled”, mentre corretta – pare di capire – era la percentuale, indicata in sede di giustificazioni, di biologico dell’80% e di Dop del 20%.

12. Il motivo di ricorso è fondato nei limiti che seguono.

12.1 L’art. 53 del Capitolato speciale d’appalto imponeva che una serie di prodotti ivi elencati, tra i quali il riso, fossero per almeno il 40% (in percentuale di peso sul totale) di provenienza biologica e per almeno il 20% (in percentuale di peso sul totale) di provenienza da “sistemi di produzione integrata” Igp, Dop e Stg e da prodotti tipici e tradizionali (compresi negli elenchi nazionali, regionali, e provinciali previsti dagli articoli 2 e 3 del decreto del Ministro per le politiche agricole 8 settembre 1999, n. 350). 12.2. Quanto al riso da utilizzare per la preparazione dei pasti, Vivenda s.p.a. ha offerto “riso parboiled” per il 40% di produzione biologica e per il 20% di produzione integrata Igp, Dop, Stg e prodotti tipici tradizionali, salvo indicare nella tabella allegata alle prime giustificazioni l’utilizzo di “riso ribe parboiled” per l’80% di produzione biologica e per il 20% di produzione Dop, e specificare nelle difese esposte nel presente giudizio, di

essere incorsa in un “refuso”, dovendosi tener ferma la prima indicazione di “riso parboiled” contenuta nell’offerta iniziale.
12.3. Tuttavia, ad ammettere l’esistenza di un refuso e, dunque, a voler tener ferma l’indicazione contenuta nell’offerta iniziale dell’utilizzo di “riso parboiled” per la produzione dei pasti, dovrebbe, a rigore, ridursi anche la percentuale della provenienza biologica del riso, non 80%, come indicato nelle giustificazioni, ma 40% come esposto nell’offerta iniziale.

12.4. Dovrà, allora, la commissione giudicatrice esaminare nuovamente sul punto l’offerta tecnica della Vivenda s.p.a., tenendo conto delle giustificazioni prodotte così come meglio precisate dalle difese in atti, e, alla luce di esse, ricalcolare anche per tale voce il punteggio da assegnare.

13. Con il quarto motivo riproposto, il provvedimento di aggiudicazione impugnato è censurato per “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 l. 241/1990 smi, 94 e 95 dlgs 50/2016 smi, sub criteri D16 e C1 e C2 del Disciplinare di gara. Eccesso di potere per contraddittorietà ed errore nei presupposti. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di par condicio”.

13.1. Il motivo è articolato in due censure: con la prima è contestata l’attribuzione di 3 punti all’offerta di Vivenda s.p.a. in relazione alla voce “carne fresca” nell’ambito delle “Migliorie al capitolato merceologico” per avere l’aggiudicataria, nell’offerta tecnica, indicato con la percentuale di “0%” l’incremento del prodotto offerto rispetto a quello richiesto dal capitolato speciale; con la seconda censura, la ricorrente contesta il punteggio attribuito al criterio C2 “indicazione dei percorsi e dei tempi previsti per la consegna dei pasti preparati presso il centro cottura e destinati a centri refezionali (rif. art. 37 e 56 del CSA)” nell’ambito del criterio C inerente il “Piano dei trasporti”, per essere “inverosimile” che l’impiego di 4 automezzi possa offrire soluzioni logistiche (per i percorsi e le tempistiche) migliori rispetto a un piano che prevede l’impiego di ben 7 automezzi.

13.2. Quanto alla prima censura, Vivenda s.p.a. replica che, anche a voler superare la c.d. prova di resistenza (poiché i 3 punti sottratti per la miglioria riferita alla “carne fresca” non consentirebbero all’offerta di Pellegrini s.p.a. di sopravanzarla), la percentuale di “0%” indicata nell’offerta tecnica costituisce un refuso poiché era intenzione dell’aggiudicataria indicare il “20%” di produzione biologica rispetto alla

percentuale minima (15% biologico richiesta da capitolato speciale). Il refuso troverebbe dimostrazione nel costo della carne indicato in sede di verifica della congruità dell’offerta, che, ove correttamente inteso, avrebbe consentito all’aggiudicataria l’attribuzione di 1 punto da parte della commissione giudicatrice.

14. Il motivo è fondato solo in relazione alla prima censura.

14.1. Con il motivo di ricorso esposto, Pellegrini s.p.a. contesta l’esercizio della discrezionalità tecnica da parte della commissione giudicatrice; è noto che il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni della commissione giudicatrice è consentito solo in caso di vizi di irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà e travisamento dei fatti (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2018, n. 6637; V, 16 novembre 2018, n. 6464; V, 18 dicembre 2017, n. 5934; III, 24 ottobre 2017, n. 4901; V, 16 gennaio 2017, n. 99; III, 25 novembre 2016, n. 4994).

14.2. Ritiene il Collegio che ricorra un travisamento dei fatti solo in relazione alla prima censura esposta nel motivo di appello, non per la seconda: quanto al punteggio attribuito alla voce “carne fresca” (sub criterio D16) nell’ambito delle “Migliorie al capitolato merceologico” la commissione è incorsa nel travisamento dei fatti, per non aver considerato che nell’offerta tecnica la percentuale di miglioria dell’offerta di Vivenda s.p.a. rispetto ai requisiti minimi previsti dal disciplinare di gara era dalla stessa offerente individuata nello “0%”; che si trattasse di un refuso, emendato alla luce delle indicazioni contenute nelle giustificazioni, la commissione avrebbe dovuto dar conto espressamente.

14.3. La valutazione della commissione giudicatrice non è, invece, sindacabile in relazione al punteggio attribuito al criterio C2 del “piano trasporti”: il punteggio attribuito è il frutto di una ponderata previsione circa le capacità di un’offerente rispetto all’altro compiuta sulla base della tempistica, di carico e scarico dei pasti presso i refettori, indicata.

15. Con il quinto motivo di ricorso ivi riproposto Pellegrini s.p.a. censura il provvedimento impugnato per “Violazione di legge. Violazione degli artt. 97 dlgs. 50/2016 smi, e 1 e 3 l. 241/1990. Violazione dei principi di autoresponsabilità dei concorrenti e di par condicio. Difetto di istruttoria e di motivazione”.
Il motivo è articolato in due censure, la seconda delle quali, a sua volta, articolata in sette critiche.

Con la prima censura, la ricorrente sostiene che la stazione appaltante non avrebbe dovuto tener conto delle giustificazioni fornite da Vivenda s.p.a. nel procedimento di anomalia dell’offerta di cui all’art. 97, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in quanto inviate oltre il termine perentorio imposto dalla stazione appaltante.

Con la seconda, nei suoi vari profili, è contestata la valutazione di congruità dell’offerta della commissione giudicatrice.

16. Entrambe le censure sono infondate e vanno respinte.

16.1. E’ documentato in atti che il RUP, riconosciuto il disguido del mancato tempestivo invio della richiesta di giustificazioni (allegato ad un messaggio di posta elettronica), ha disposto la proroga del termine per la presentazione delle giustificazioni all’ 8 ottobre 2017; siccome Vivenda s.p.a., come riconosciuto dalla stessa ricorrente, ha fornito le prime giustificazioni il 6 ottobre 2017, il termine è rispettato.

16.2. Con le critiche esposte nell’ambito della seconda censura, Pellegrini s.p.a. intende dimostrare l’erronea valutazione della commissione giudicatrice in merito alla congruità dell’offerta di Vivenda s.p.a., quanto alla mancata giustificazione dei costi e all’utile ritraibile dall’appalto.

16.3. Come da giurisprudenza consolidata, non è consentito al giudice amministrativo sostituire le sue valutazioni a quelle effettuate dalla stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, ma solo accertare l’illegittimità del giudizio nelle ipotesi di irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà e travisamento dei fatti (ex multis, solo per le più recenti, Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6023; III, 11 ottobre 2018, n. 5857; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 17 settembre 2018, n. 5419); in ogni caso, è precluso procedere ad un esame delle singole voci, poiché la congruità dell’offerta consegue ad una valutazione globale della stessa (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 12 ottobre 2018, n. 5880; V, 19 settembre 2018, n. 5332).

16.4. Pellegrini s.p.a., con le critiche esposte, mira ad estendere il sindacato del giudice oltre i limiti consentiti; non definisce, invero, alcun vizio di irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà e travisamento dei fatti, ma vuol ottenere una nuova valutazione della congruità dell’offerta, peraltro, in relazioni alle singole voci nelle quali si articola. Ritiene, invece, il Collegio che il giudizio reso dalla commissione giudicatrice sia logico, congruo ed ampiamente motivato, considerato, peraltro, che ogni profilo è stato adeguatamente soppesato ed oggetto di approfondimento ove le prime giustificazioni non risultassero convincenti.

17. Con ultimo motivo di ricorso riproposto, Pellegrini s.p.a. censura la determinazione del Comune di Vigevano di disporre l’affidamento in via d’urgenza del servizio a Vivenda s.p.a. nelle more dell’aggiudicazione definitiva per contrasto con l’art. 32, comma 8, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e, comunque, senza tener conto della sua proposta di prorogare il servizio per il tempo necessario alla verifica dei requisiti dell’aggiudicataria.

Assume la ricorrente che il Comune di Vigevano con l’affidamento in via d’urgenza del servizio, ha eluso il principio, di derivazione euro-unitaria del c.d. stand still period, per aver stipulato il contratto prima che siano trascorsi 35 giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva; in ogni caso, in mancanza dei presupposti di gravità ed urgenza richiesti per l’affidamento in via d’urgenza, il Comune, sostiene la ricorrente, avrebbe dovuto limitarsi a disporre una “proroga tecnica” in favore del gestore uscente considerato che l’aggiudicataria non aveva ancora superato la verifica del possesso dei requisiti.

18. Il motivo è infondato e va respinto.

18.1. L’art. 32, comma 8, consente di disporre l’esecuzione d’urgenza dei lavori o l’affidamento d’urgenza del servizio, tra le altre ragioni, anche nel caso in cui “la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare”. La valutazione dell’esistenza di tale danno è rimessa all’amministrazione; nel caso in esame, tale ragione di affidamento in via d’urgenza ricorreva, poiché, sarebbe stato, in mancanza, interrotto il servizio di refezione scolastica.

18.2. L’affidamento di urgenza del servizio è, certo, alternativo alla proroga del contratto concluso con il precedente gestore, poiché in entrambi i casi consegue la continuazione del servizio; la scelta per l’uno o l’altro è effettuata dall’amministrazione in base a considerazioni di opportunità e convenienza; essa, pertanto, non è sindacabile in sede giurisdizionale.

18.3. Non sussiste, peraltro, la sostenuta violazione dello stand still period nel caso in cui è affidato in via d’urgenza il servizio, essendo tale immediata attivazione dello stesso espressamente prevista dal codice in deroga alle regole ordinarie.

19. In conclusione, l’appello di Vivenda s.p.a. va accolto nei limiti in cui il giudice di primo grado ha disposto l’esclusione dell’impresa, anziché la rivalutazione del punteggio da parte della commissione; i motivi di ricorso riproposti da Pellegrini s.p.a. vanno accolti nei limiti in precedenza esposti, con obbligo per la commissione, anche in relazione ai profili ivi considerati, di rideterminazione del punteggio da assegnare all’offerta di Vivenda s.p.a.

20. All’esito del giudizio la vicenda non è conclusa; per questo vanno compensate le spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia n. 1571/2018, accoglie nei limiti di cui in motivazione il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso di primo grado proposto da Pellegrini s.p.a.
Compensa tra tutte le parti in causa le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere
Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

L’ESTENSORE
Federico Di Matteo

IL PRESIDENTE
Francesco Caringella

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