Consiglio di Stato: elezioni annullate per divieto di riproduzione del partito fascista
Il divieto di riproduzione del partito fascista, del simbolo o del nome coinvolge tutte le aree sociali e giuridiche. Tale divieto opera in tutti i campi del diritto. Una pronuncia giurisprudenziale, targata maggio 2018, ha esaminato a fondo la questione. Il pomo della discordia è una lista presentata alle elezioni amministrative. Da un primo esame il simbolo e l’ideologia presentata da tale lista si riportano, esplicitamente, a quelle appartenenti al Partito Fascista. Tale somiglianza non è passata inosservata ed ha richiesto, prima, l’intervento del T.A.R. Lombardia e poi quello del Consiglio di Stato sul caso.
Punto di partenza per meglio comprendere la sostanzialità della questione è l’articolo 1 della legge n. 645 del 1952. ” Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista“.
Tale disposizione, chiara e precisa, non lascia tanti margini di discrezionalità. L’interpretazione normativa, infatti, è strettamente legata alla lettera del testo. In essa sono ben delineati i caratteri e gli elementi vietati. L’ampiezza della norma, inoltre, non è casuale. Il legislatore, dell’epoca, ha voluto, di proposito tipizzare gli elementi vietati. Il Consiglio di Stato, per decidere riguardo la legittimità dell’esclusione della lista elettorale, ha utilizzato come punto di riferimento questa norma.
I giudici di Palazzo Spada con la sentenza del 29 maggio 2018, n.3208 hanno vietato la presentazione di una lista alle elezioni amministrative, perché, a dire del Consiglio, riproponeva un simbolo ed un’ideologia riconducibile a quella fascista. In primo grado della questione era stato investito il T.A.R. Lombardia, ed il tutto era finito con un “nulla di fatto” per il ricorrente. Il Consiglio adito ha chiarito la sua posizione.
La lista esaminata è individuata mediante il contrassegno di un cerchio a sfondo bianco con all’interno ruota dentata di colore rame sovrapposta da un fascio repubblicano rosso, nella parte inferiore e centrale della circonferenza interna vi è posto il tricolore italiano e la scritta che va da sinistra a destra “FASCI ITALIANI DEL LAVORO”. Già da questa prima presentazione, invero, il richiamo al partito fascista sembra essere esplicito.
L’appellante, però, nella questione di diritto fa riferimento alla violazione , e rincara la dose indicando una falsa applicazione dell’art. XII delle disposizioni transitorie della Costituzione , che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Per tale ragione la lista “Fasci Italiani del Lavoro” ed il suo candidato Sindaco non sarebbero potuti essere ammessi alle elezioni. Analizzando lo Statuto del partito, poi, sono stati evidenziati alcuni richiami al fascismo; “fino a ritenerlo l’unica soluzione politica allo scontro ed alla crisi «delle due concezioni politico-economico-sociale marxista e liberalcapitalista»”. Tale richiamo testuale fa ben pensare che la lista si ponga in linea di continuità con l’ideologia fascista.
E’ bene, a questo punto, chiarire che avverso la sentenza del T.A.R. Lombardia ci sono stati due appelli. Uno principale e l’altro incidentale. Il primo, con oggetto “il ribaltamento” della decisione del T.A.R., il secondo la richiesta di annullamento delle operazioni elettorali.
Ai fini dell’esame della questione, invero, è il secondo quello che ci interessa. Un appello incidentale chiaro ed esaustivo. Nella sua richiesta di annullamento si può leggere una questione preliminare, forse, ignorata: la sospensione della competizione elettorale. Secondo l’appellante incidentale, infatti, la lista incriminata era già stata fatta notare all’Autorità, la quale però, non ha sospeso le elezioni. Il Consiglio rilevate le questioni di diritto e di fatto, esaminate le caratteristiche della lista ha deciso di accogliere il secondo e respingere totalmente il primo appello.
Il problema che si pone dopo l’emanazione della sentenza del Consiglio di Stato è quello della rinnovazione delle elezioni. L’annullamento, infatti, delle operazioni elettorali e la conseguente proclamazione degli eletti, ritiene fondamentale la nuova disposizione della procedura elettorale. Tale sentenza dispone, in concreto, che tutto venga rifatto e che la competizione elettorale riparta dalle sue ceneri. Tra le note del Consiglio di Stato è più volte citato l’esplicito riferimento, da parte della lista soggetto della pronuncia, al partito Fascista. Punto delicato e parzialmente sviscerato è quello che riguarda la possibilità, per l’Autorità competente di escludere la lista dalle elezioni, dato che il richiamo al partito fascista si evince già dal simbolo. Il Consiglio ha utilizzato tale questione solo per eccepire l’annullamento tralasciando, sensibilmente, la possibilità di individuare una “colpevole partecipazione”.
In chiusura ciò che, oggi, è pienamente asseribile è che una lista con simbolo ed ideologia riferente al fascismo ha avuto la possibilità di partecipare ad una competizione elettorale scardinando, invero, tutto ciò che la disposizione costituzionale riferisce. La gravità della Sentenza odierna, o meglio la novità, non è tanto nell’annullamento delle elezioni per la presenza della lista, ma è nello scoprire che una lista così esplicitamente “controlegge” sia arrivata fino alla chiusura delle urne. La sentenza del T.A.R. prima e del Consiglio dopo hanno rimescolato le carte dando, all’Amministrazione locale, una seconda chance. Ora assisteremo all’evoluzione “obbligata” di questa lista che, probabilmente, in diversa composizione formale, parteciperà comunque alle nuove elezioni.
Mirella Astarita nasce a Nocera Inferiore nel 1993. Dopo la maturità classica prosegue i suoi studi presso la facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo Federiciano.
Amante fin da piccola della letteratura e dei mondi a cui dà accesso, crescendo impara a guardare e raccontare con occhio critico ciò che la circonda. Le piace viaggiare, conoscere posti nuovi, sentire le loro storie ed immaginare come possa essere vivere lì. Di indole curiosa lascia poche cose al caso.
La sua passione verso il diritto amministrativo nasce seguendo i primi corsi di questa materia. Attenta all’incidenza che ha questa sfera del diritto nei rapporti giuridici, le piace sviscerare fino in fondo i suoi problemi ed i punti di forza.
Attualmente è impegnata nella stesura di una tesi di diritto amministrativo comparato, riguardante i sistemi di sicurezza.