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Consiglio di Stato, sezione IV, ordinanza 10 novembre 2020, n. 6925 – Deferimento all’Adunanza Plenaria

Silenzio della p.a. – Nomina commissario ad acta da parte del giudice amministrativo – Possibilità o meno per la p.a. di provvedere tardivamente sull’istanza –  Deferimento all’ Adunanza Plenaria.

Vanno deferite all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni:

a) se la nomina del commissario ad acta (disposta ai sensi dell’art. 117, comma 3, cod. proc. amm.) oppure il suo insediamento comportino – per l’amministrazione soccombente nel giudizio proposto avverso il suo silenzio – la perdita del potere di provvedere sull’originaria istanza, e dunque se l’amministrazione possa provvedere ‘tardivamente’ rispetto al termine fissato dal giudice amministrativo, fino a quando il commissario ad acta eserciti il potere conferitogli (e, nell’ipotesi affermativa, quale sia il regime giuridico dell’atto del commissario ad acta, che non abbia tenuto conto dell’atto ‘tardivo’ ed emani un atto con questo incoerente);

b) per il caso in cui si ritenga che sussista – a partire da una certa data – esclusivamente il potere del commissario ad acta, quale sia il regime giuridico dell’atto emanato ‘tardivamente’ dall’amministrazione (1).

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA

I. I fatti rilevanti nel presente giudizio.

1. La presente vicenda concerne la legittimità dell’atto con il quale il Comune di Termoli ha escluso, da un piano di recupero di interventi edilizi abusivi, il progetto presentato dagli odierni appellati.

1.1. Si trattava della richiesta di localizzazione di un programma costruttivo, denominato “Complesso Residenziale Mucchietti”, predisposto ai sensi dell’art. 14, comma 1 quinquies, della legge della Regione Molise n. 30 del 11 dicembre 2009, avente ad oggetto l’edificazione di residenze in aree perimetrate ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

1.2. Con istanza dell’8 novembre 2012, la società Mucchietti immobiliare s.r.l. e il sig. Mario De Santis hanno domandato di poter realizzare un intervento edilizio su di un terreno sito in contrada Mucchietti nel Comune di Termoli, collocato all’interno di un ampio insediamento abusivo, oggetto di un intrapreso procedimento di perimetrazione per il recupero degli insediamenti abusivi di cui alla legge regionale n. 17 del 1985, di cui erano divenuti promissari acquirenti.

1.3. Perdurando l’inerzia dell’ente, gli interessati hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, che, con la sentenza n. 213 del 2014, accertato l’inadempimento dell’obbligo di provvedere, ordinava al Comune di determinarsi sull’istanza, nominando un commissario ad acta, che si sarebbe insediato, nel caso in cui l’inerzia si sarebbe protratta oltre il termine fissato nella predetta pronuncia.

1.4. Scaduto il termine assegnato con la sentenza, in data 6 aprile 2015, il commissario ad acta ha convocato, quale suo primo atto, la conferenza di servizi, necessaria per dare esecuzione alla sentenza che ordinava di provvedere sull’istanza.

1.5. Nondimeno, in data 21 dicembre 2015, con la deliberazione n. 70 del consiglio comunale, l’ente deliberava l’insussistenza dei presupposti per procedere alla perimetrazione dell’area.

Successivamente, con la nota del 23 febbraio 2016, il Comune comunicava l’improcedibilità dell’istanza dell’8 novembre 2012, a causa della “conclamata insussistenza di perimetrazione e della conseguente variante urbanistica”.

2. I promissari acquirenti dell’area hanno pertanto proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Molise, domandando l’annullamento della deliberazione n. 70 del 21 dicembre 2015 e della nota del 23 febbraio 2016.

2.1. Con il primo motivo di ricorso, essi hanno rilevato la nullità degli atti, perché essi sarebbero stati emanati in ‘difetto assoluto di attribuzione’, trattandosi di deliberazioni adottate dopo l’insediamento del commissario ad acta, cui il relativo potere si sarebbe ‘trasferito’ in base alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale n. 213 del 2014.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, essi hanno invece censurato gli atti per violazione della normativa di riferimento, che prevedeva determinate modalità di partecipazione della cittadinanza al procedimento di perimetrazione, invece mancate.

3. Si è costituito nel relativo giudizio il Comune di Termoli, il quale ha eccepito, in via pregiudiziale, il difetto di interesse a ricorrere degli interessati (perché il commissario ad acta avrebbe potuto adottare un provvedimento di accoglimento dell’istanza presentata, malgrado la determinazione del consiglio comunale che accertava l’insussistenza di aree da perimetrare); l’inammissibilità del gravame a causa della sua mancata notifica alla Regione, coinvolta nel procedimento di perimetrazione; l’irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio (poiché la deliberazione del consiglio comunale è stata portata a conoscenza degli interessati in data 23 febbraio 2016, mentre il ricorso è stato spedito per la notifica in data 26 aprile 2016) e, nel merito, l’infondatezza delle domanda di nullità e di annullamento proposte ex adverso.

4. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza n. 104 del 22 marzo 2017, dopo aver respinta l’eccezione di irricevibilità del ricorso, ha accolto la domanda di nullità, evidenziando che il commissario ad acta si è insediato dopo la scadenza del termine a provvedere fissato all’amministrazione nella sentenza, sicché il Comune, successivamente all’insediamento del commissario ad acta, non si potrebbe considerare più titolare di alcun potere relativamente alla questione; sarebbe irrilevante la circostanza che il Comune abbia adottato non il provvedimento di riscontro dell’istanza presentata dai privati, ma un atto ad esso prodromico, poiché, sostanzialmente, con la sua deliberazione, si è determinato un arresto procedimentale lesivo dell’interesse di pretesa dei ricorrenti.

4.1. Il Tribunale amministrativo ha altresì rilevato che l’accoglimento del ricorso “non vuol dire che sia ravvisabile una pretesa tutelata di parte ricorrente all’adozione di un provvedimento di perimetrazione con un determinato contenuto, ma solo che a questo incombente provveda, se necessario, il Commissario ad acta sulla base, appunto della ripetuta sentenza n. 213/2014 di questo Tribunale”.

5. Contro la sentenza di primo grado, il Comune di Termoli ha proposto il primo dei due appelli in esame n. 7637 del 2017.

5.1. Il Comune premetteva alle singole censure che, per poter dare concreta attuazione alla legislazione regionale sul recupero delle aree interessate da fenomeni di abusivismo edilizio, era stato necessario compiere una complessa attività istruttoria sulle condizioni urbanistiche ed edilizie delle aree in cui questo intervento si sarebbe collocato, che si era protratta per molto tempo.

Viene altresì rappresentato che, successivamente alla pronuncia di primo grado, il commissario ad acta, con la deliberazione n. 1 del 21 giugno 2017, ha individuato tra le aree suscettibili di interventi edilizi anche quella di cui i ricorrenti in primo grado sono divenuti promissari acquirenti, poiché, secondo il commissario, sarebbe ricompresa nel “PAR 5 – contrada Mucchietti – Ponte Sei Voci”.

Il Comune evidenzia, però, che ciò è avvenuto per una mera “omonimia tra la denominazione dell’area e quella della Ditta proponente”.

5.2.1. Quanto ai motivi di gravame, con il primo, si censura la sentenza per non aver esaminato l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di interesse.

Si evidenzia che, in primo grado, si è dedotto che l’atto che ha negato l’opportunità della perimetrazione non incideva in modo diretto, concreto ed attuale sulla loro sfera giuridica, difettando quindi una necessaria condizione dell’azione per la proposizione del ricorso.

5.2.2. Con il secondo motivo di appello, viene nuovamente lamentato il mancato esame, ma dell’altra eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso, perché non è stata intimata in giudizio la Regione Molise, che sarebbe una parte necessaria del processo, in quanto il procedimento di perimetrazione si sarebbe basato anche su alcune indicazioni di quest’ultima.

5.2.3. Con il terzo motivo di appello, il Comune ha contestato che la sentenza del Tribunale amministrativo n. 213 del 2014 avesse a suo tempo previsto quale munus del commissario ad acta quello di insediarsi per provvedere anche sull’attività di perimetrazione e ritiene dunque errata la statuizione del Tribunale amministrativo che ha dichiarato la nullità dell’atto di perimetrazione deliberato dal Comune, non essendo quest’ultimo di competenza del commissario ad acta in nessun caso.

5.2.4. Si ritiene, inoltre, che non poteva parlarsi di inerzia del Comune, poiché quest’ultimo aveva oramai quasi ultimato l’iter procedimentale di adozione dell’atto, come dimostra la circostanza che il commissario, per poter fornire una risposta all’istanza degli interessati, ha adoperato la relazione conclusiva predisposta dal professionista incaricato dall’ente dell’attività istruttoria.

5.2.5. Viene altresì dedotto che l’orientamento in tema di insediamento del commissario ad acta e successiva perdita del potere di provvedere da parte dell’amministrazione è stato mal applicato dal TAR, poiché, in questo caso, la precedente sentenza non è stata resa in un giudizio di ottemperanza, ma nell’ambito del rito sul silenzio, ed essa non aveva neppure accertato la spettanza del bene della vita.

5.2.6. Si deduce, infine, la legittimità del procedimento di perimetrazione portato a compimento dal Comune, rimarcandosi, in particolare, che esso “non richiedeva il rispetto di guarentigie pubblicitarie e procedimentali tipiche delle varianti e neppure, ovviamente, l’avvio dei successivi step regionali”.

6. In data 21 dicembre 2017, si è costituita in giudizio la società Mucchietti Immobiliare, la quale ha resistito all’appello.

7. Le parti hanno successivamente illustrato le proprie deduzioni, depositando ulteriori scritti difensivi.

8. Contestualmente all’appello, il Comune ha proposto reclamo avverso la deliberazione n. 1 del 21 giugno 2017 del commissario ad acta, innanzi al Tribunale amministrativo.

9. L’impugnazione, tuttavia, veniva dichiarata inammissibile dal T.a.r. per il Molise con la sentenza n. 469 del 2017, passata in giudicato, che statuiva che il provvedimento in questione poteva essere soltanto annullato d’ufficio dall’ente, in quanto “il commissario “ad acta” che si sostituisce all’Amministrazione, ove questa non provveda entro il termine ad essa attribuito dal giudice, ha natura giuridica di organo della P.A. ed agisce quale sostituto dell’Amministrazione competente, piuttosto che come ausiliario del giudice. I provvedimenti del commissario “ad acta” sono impugnabili dal ricorrente e dai terzi attraverso l’ordinaria azione di annullamento, e non semplicemente reclamabili dinanzi al giudice del silenzio; tuttavia, costituendo detti provvedimenti diretto esercizio del potere amministrativo, gli stessi non saranno impugnabili da parte della P.A. sostituita, che potrà intervenire sugli stessi in autotutela, ove ricorrano i presupposti di cui agli artt. 21-quinquies o 21-nonies della legge n. 241/1990”.

10. Con la deliberazione del consiglio comunale n. 24 del 2018, il Comune ha dunque annullato d’ufficio la localizzazione dell’intervento costruttivo e ha “ribadito la propria deliberazione n. 70 del 2015”, con la quale aveva precedentemente stabilito di non perimetrare l’area.

11. La suddetta delibera di consiglio comunale n. 24 del 2018 e tutti gli atti ad essa presupposti, conseguenti e connessi, venivano quindi impugnati dalla Mucchietti immobiliare s.r.l. innanzi al T.A.R. Molise che, con la sentenza n. 287 del settembre 2019, rigettava il ricorso, dichiarandolo “in parte infondato ed in parte inammissibile”.

11.1. Il T.A.R. ha ritenuto infondato il ricorso, nella parte in cui è stata dedotta la ‘carenza di potere’ dell’amministrazione ad annullare in autotutela un atto del commissario ad acta, poiché questo va qualificato come atto amministrativo, rimovibile in autotutela, e lo ha dichiarato in parte inammissibile per difetto di interesse contro l’atto comunale di autotutela, poiché questo non arrecherebbe uno specifico pregiudizio alla posizione della società , il cui suolo non sarebbe compreso nelle aree individuate dal commissario, sicché essa non potrebbe trarre vantaggi dalla conservazione delle risultanze della stessa perimetrazione.

12. Contro la sentenza n. 287 del 2019, la società ha proposto l’appello n. 135 del 2020, articolando plurime doglianze che, in questa sede, non è necessario ripercorrere analiticamente.

13. Si è costituito il Comune di Termoli, resistendo all’appello e domandando la riunione dei giudizi n. 135 del 2020 e n. 7637 del 2017, sussistendo fra loro un’evidente connessione soggettiva e oggettiva.

14. Anche nel secondo giudizio le parti depositavano ulteriori scritti difensivi, a sostegno delle rispettive deduzioni.

15. All’udienza del 22 ottobre 2020, entrambe le due cause venivano trattenute in decisione.

II. La questione di diritto.

16. Preliminarmente, va disposta la riunione dell’appello n. 135 del 2020 all’appello n. 7637 del 2017, sussistendo, effettivamente, la dedotta connessione soggettiva e oggettiva.

17. Ritiene il Collegio che, per poter decidere la res litigiosa, sia necessario dirimere, preliminarmente, alcune questioni di principio relative agli effetti della nomina del commissario ad acta sui poteri dell’amministrazione.

18. Va cioè chiarito:

a) se la nomina del commissario ad acta (disposta ai sensi dell’art. 117, comma 3, del c.p.a.) oppure il suo insediamento comportino – per l’amministrazione soccombente nel giudizio proposto avverso il suo silenzio – la perdita del potere di provvedere sull’originaria istanza, e dunque se l’amministrazione possa provvedere ‘tardivamente’ rispetto al termine fissato dal giudice amministrativo, fino a quando il commissario ad acta eserciti il potere conferitogli (e, nell’ipotesi affermativa, quale sia il regime giuridico dell’atto del commissario ad acta, che non abbia tenuto conto dell’atto ‘tardivo’ ed emani un atto con questo incoerente);

b) per il caso in cui si ritenga che sussista – a partire da una certa data – esclusivamente il potere del commissario ad acta, quale sia il regime giuridico dell’atto emanato ‘tardivamente’ dall’amministrazione.

19. Va segnalato che la problematica di carattere generale sinteticamente esposta è stata affrontata, con soluzioni variegate, principalmente con riferimento al giudizio di ottemperanza.

Va altresì previamente segnalato che, tra le parti, come sopra osservato si è formato un giudicato (con la sentenza del T.a.r. n. 469 del 2017), per il quale il provvedimento del commissario ad acta può essere annullato d’ufficio dal Comune, per conto del quale l’atto è stato emesso: sul se una tale evenienza processuale possa incidere sulla definizione dei quesiti ‘in astratto’ e sul se la loro definizione rilevi anche ‘in concreto’ nel presente giudizio, si rimette la relativa valutazione all’Adunanza plenaria.

20. Ciò premesso, prima di richiamare gli orientamenti di questo Consiglio sul giudizio di ottemperanza, va prospettata la questione sul se sia possibile estendere al commissario ad acta nominato ai sensi dell’art. 117, comma 3, c.p.a. (per porre termine all’inadempimento dell’obbligo di provvedere dell’amministrazione), i medesimi principi applicabili per il commissario ad acta nominato per attuare le sentenze del giudice amministrativo e gli altri provvedimenti previsti dall’art. 112 c.p.a.

21. A tale ultimo riguardo, va rilevato che l’art. 117 c.p.a. non contiene più una previsione analoga a quella prima contenuta nell’art. 21 bis, terzo comma, della legge n. 1034 del 6 dicembre 1971, secondo cui “All’atto dell’insediamento il commissario, preliminarmente all’emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se anteriormente alla data dell’insediamento medesimo l’amministrazione abbia provveduto, ancorché in data successiva al termine assegnato dal giudice amministrativo con la decisione prevista dal comma 2”.

21.1. La differente formulazione della normativa sopravvenuta – che però neppure ha introdotto una regola opposta – rende attuale e di preminente rilievo il dubbio esposto e induce a domandarsi, in linea generale, se, nel regime giuridico attuale, sia possibile individuare una disciplina unitaria, composta da principi e regole comuni, per il commissario ad acta, in relazione alle diverse tipologie di giudizi nei quali esso è nominato (giudizio di ottemperanza, giudizio sul silenzio e giudizio cautelare).

III. Gli orientamenti giurisprudenziali sulla questione di diritto.

22. Diverse sono le soluzioni che sono state prospettate sulla questione in esame.

22.1. Secondo una prima risalente impostazione, che non risulta poi espressamente ribadita, il potere-dovere dell’amministrazione di dare esecuzione alla pronuncia verrebbe meno già dopo la nomina del commissario ad acta (Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1989, n. 165).

Andrebbe verificato comunque se tale tesi, espressa con riferimento al commissario nominato all’esito del giudizio di ottemperanza, si potrebbe applicare anche all’ipotesi del commissario nominato per provvedere in caso di perdurante inerzia dell’amministrazione.

22.2. Per un altro orientamento, maggioritario nella giurisprudenza più recente, il cd ‘esautoramento’ dell’organo inottemperante (e, dunque, relativamente alla fattispecie in esame, l’‘esautoramento’ dell’organo inadempiente) si verificherebbe solo con l’operatività dell’investitura commissariale o, per dirla diversamente, dopo il suo ‘insediamento’ che attuerebbe il definitivo trasferimento del munus pubblico dall’ente che ne è titolare per legge a quello che ne diviene titolare in ragione della sentenza del giudice amministrativo (Cons. Stato, Sez. V, 5 giugno 2018, n. 3378; Sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1300; Sez. IV, 9 novembre 2015, n. 5081; Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5014; Sez. IV, 1° dicembre 2014, n. 5912; Sez. V, 30 aprile 2014, n. 2244; Sez. V, 18 dicembre 2009, n. 8409).

22.2.1. A volte, si è precisato che a tal fine l’insediamento si deve intendere avvenuto con la redazione del verbale d’immissione (Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2014 n. 1975; Ssez. V, 27 marzo 2013, n. 1768; Sez. V, 21 maggio 2010, n. 3214).

22.2.2. Per il punto n. 5.6. della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 7 del 9 maggio 2019 (che però non si è occupata funditus della questione), “L’insediamento del commissario ad acta… nella sua duplice veste di ausiliario del giudice e di organo straordinario dell’amministrazione inadempiente surrogata, priva quest’ultima della potestà di provvedere (Cons. St., Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1975; CdS, Sez IV, n. 5014/2015)”.

22.3. Secondo un opposto orientamento, meno diffuso nella giurisprudenza più recente, ma apprezzato dalla dottrina, la competenza commissariale rimane ‘concorrente’ con quella dell’amministrazione, la quale ultima continua ad operare nell’ambito delle attribuzioni che la legge le riconosce e che non prevede siano estinte con l’insediamento del commissario (Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2011, n. 2764; Sez. V, 21 novembre 2003, n. 7617; Sez. V, 8 luglio 1995, n. 1041; Sez. V, 27 maggio 1991, n. 852; Sez. IV, 4 giugno 1990, n. 448).

IV. Le conseguenze dei diversi orientamenti.

23. Quanto alle conseguenze sul regime giuridico degli atti adottati dall’amministrazione, i primi due orientamenti prospettano un’analoga soluzione: considerare nulli gli atti adottati.

Per l’orientamento sopra richiamato al § 22.3., invece, di per sé non risulta viziato l’atto con cui l’amministrazione istituzionalmente competente emana il provvedimento, sia pure dopo la nomina o l’insediamento del commissario ad acta.

23.1. Osserva il Collegio che il medesimo orientamento sopra richiamato al § 22.3. potrebbe risultare supportato da una serie di principi, di rilievo anche costituzionale.

In primo luogo, si potrebbe richiamare il principio di legalità in connessione all’art. 97 Cost., il quale si riflette nella individuazione delle competenze delle autorità amministrative: in presenza dei relativi presupposti, l’amministrazione (e dunque l’organo competente in via ordinaria) ha il potere-dovere di esaminare le istanze sottoposte al suo esame (e, a maggior ragione, quando un giudice abbia in concreto ordinato di provvedere), sicché solo una disposizione di legge (o una sentenza di un giudice, di per sé basata sulla legge) può incidere sull’ambito delle sue competenze.

Sotto tale profilo, si potrebbe affermare che in linea di principio il giudice amministrativo – in sede di nomina del commissario ad acta – possa sì anche decidere nel senso che l’organo amministrativo istituzionalmente competente, superata una certa data e dopo la nomina o l’insediamento del commissario, non possa più provvedere (sembrando però che una tale statuizione, sia pure consentita dal sistema, in linea di principio non potrebbe che costituire una extrema ratio, perché in ultima analisi constaterebbe un perdurante rifiuto dell’organo competente di fare il proprio dovere, ‘premiato’ con una sostanziale deresponsabilizzazione).

Tuttavia, in assenza di una (pur consentita dalla legge) chiara e univoca determinazione del giudice amministrativo sulla perdita di potere dell’organo ordinariamente competente, si potrebbe invece continuare a considerare perdurante la competenza attribuita in via ordinaria dalla legge, militando in tal senso il principio di legalità sulla articolazione delle competenze, nonché il principio di certezza dei rapporti di diritto pubblico (dal quale si desume che solo un atto univoco e chiaro – di una autorità giurisdizionale o amministrativa – può incidere sul perdurante esercizio dei pubblici poteri, e non anche una ‘statuizione implicita’ desumibile dalla individuazione del commissario).

Tali considerazioni rilevano quando si tratti dell’inerzia di qualsiasi organo amministrativo, ma a maggior ragione possono rilevare quando la competenza in via ordinaria spetti ad un organo collegiale rimasto inerte o le cui attività siano rallentate – quale un consiglio comunale – le cui valutazioni anche quale ‘organo esponenziale’ difficilmente possono essere effettuate dal commissario ad acta (sicché si dovrebbe ritenere preferibile una soluzione che non precluda l’esercizio delle competenze dell’organo collegiale, all’esito della relative discussioni).

In secondo luogo, si potrebbe richiamare il principio inerente alla responsabilità dei titolari dei pubblici uffici in connessione all’art. 28 Cost., il quale si riflette nella individuazione dei loro doveri e delle conseguenze della relativa violazione: l’affermazione del principio della perdita del potere (e delle relative responsabilità), a seguito della nomina o dell’insediamento del commissario, potrebbe in concreto comportare un decisivo disincentivo allo svolgimento del proprio dovere in sede amministrativa e a preordinate mancate esecuzioni delle pronunce del giudice amministrativo, con una sostanziale deresponsabilizzazione del funzionario.

E ciò con l’ulteriore incoerenza sistematica secondo cui le determinazioni del commissario sarebbero reclamabili innanzi al giudice che lo ha nominato, in deroga al fondamentale principio per il quale è l’amministrazione che deve eseguire il giudicato, con determinazioni che – se viziate – possono dare luogo al sindacato in sede di giurisdizione di legittimità.

Al contrario, si potrebbe ritenere che – perdurando il potere-dovere dell’organo ordinariamente competente, con le sue relative responsabilità – questi sia incentivato a provvedere, come del resto la legge continuerebbe ad imporgli.

23.2. Si potrebbe dunque risolvere la questione, affermando che – salva una diversa, chiara e univoca statuizione del giudice che ha nominato il commissario – l’organo istituzionalmente competente possa e debba provvedere: del resto, ogni possibile divergenza o mancata collaborazione tra questi ed il commissario può essere rapidamente risolta, se del caso, mediante la richiesta di chiarimenti al giudice amministrativo.

23.3. Per il caso in cui invece si ritenga che l’organo istituzionalmente competente perda i suoi poteri-doveri a seguito della nomina o dell’insediamento del commissario, il Collegio dubita comunque fortemente che il suo atto ‘tardivo’ si possa considerare nullo.

Il ‘difetto assoluto di attribuzione’, disciplinato dall’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990, riguarda i casi i cui una determinata autorità amministrativa non può emanare il provvedimento, perché neppure può attivare il relativo procedimento, non avendo alcuna attribuzione in materia.

Ben diverso è il caso in esame, in cui senz’altro vi è il potere-dovere dell’amministrazione di concludere il procedimento, come ribadito dall’ordine del giudice amministrativo.

Del resto, per la pacifica e risalente giurisprudenza di questo Consiglio (in tutte le materie, anche in quella espropriativa, edilizia, sanzionatoria, ecc.), il decorso del termine per l’esercizio del potere pubblico non comporta la perdita del potere medesimo, potendosi ravvisare invece l’annullabilità dell’atto per il caso in cui il termine vada considerato perentorio.

23.4. Con riferimento al caso in cui vi sia stata la nomina del commissario ad acta, la vicenda ha poi specifici tratti caratteristici, poiché l’atto del medesimo commissario non può che costituire l’extrema ratio prevista dal sistema, di cui si può avvalere il giudice amministrativo per indurre a provvedere l’amministrazione recalcitrante.

Sotto tale aspetto, si potrebbe ritenere che l’atto ‘tardivo’ dell’organo istituzionalmente competente potrebbe essere adeguatamente esaminato (anche per gli eventuali suoi profili di eccesso di potere) nella ordinaria sede di giurisdizione di legittimità, a seguito del relativo tempestivo ricorso, non potendo vulnerarsi il principio di certezza dei rapporti di diritto pubblico per il fatto in sé che vi sia stata la nomina, ovvero anche l’insediamento, del commissario (circostanza, questa, alla quale, come si è sopra segnalato, nessuna legge ha attribuito una valenza tale da porre nel nulla le competenze e le responsabilità dell’organo ordinariamente titolare del potere).

24. Si potrebbe, dunque, anche ritenere che non si pone alcuna questione di validità dei provvedimenti e degli atti emanati dall’amministrazione, dopo la nomina o l’insediamento del commissario ad acta.

24.1. In questa ipotesi, tuttavia, sarebbe rilevante puntualizzare il regime giuridico degli atti adottati dal commissario ad acta dopo che il Comune ha provveduto, poiché, con particolare riferimento alla vicenda in esame, dopo l’emanazione della deliberazione n. 70 del 21 dicembre 2015 da parte dell’ente locale, è seguita la deliberazione n. 1 del 21 giugno 2017 del commissario ad acta.

24.2. I due provvedimenti risultano oggettivamente antitetici quanto ai loro profili dispositivi: il secondo, individuando alcune aree perimetrabili e permettendo la realizzazione dell’intervento costruttivo auspicato dalla società, ha smentito il contenuto del primo provvedimento, il quale ha disposto l’assenza di aree perimetrabili (e ha così, implicitamente, rigettato l’istanza, come poi esplicitato dall’atto del 23 febbraio 2016 del Comune di Termoli).

24.3. Va anche rilevato che, per la sentenza n. 1 del 2002 dell’Adunanza Plenaria, gli atti emanati dal commissario ad acta – quando questi sia stato nominato all’esito del giudizio su un silenzio – vanno considerati come imputabili all’amministrazione rimasta silente (e non al giudice che lo ha nominato), con i seguenti corollari:

a) la regola della sussistenza della giurisdizione di legittimità avverso gli atti del commissario incaricato della conclusione del procedimento (la cui attualità si potrebbe verificare, tenuto conto dell’art. 117, comma 4, del c.p.a., per il quale ‘Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario’);

b) l’esigenza che gli atti del commissario ad acta siano coerenti con i provvedimenti (anche tardivi, nell’ottica del giudicato sul silenzio) emanati dall’autorità istituzionalmente competente, cui per converso emergerebbe il potere di tale autorità di rimuovere in sede di autotutela gli atti del commissario, risultati illegittimi.

Al di là delle questioni di principio, sulla perdurante attualità – ai sensi del citato art. 117, comma 4 – della ricostruzione complessivamente effettuata dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 1 del 2002, va rilevato come tale comma 4 si sia riferito al caso in cui vi siano stati gli ‘atti del commissario’, senza fissare specifiche regole per il caso in cui – sia pure dopo la nomina o l’insediamento del commissario – il procedimento si sia concluso col provvedimento doveroso, emesso dall’organo istituzionalmente competente.

V. I quesiti di diritto.

25. Il Collegio ritiene che – per definire i giudizi – occorra investire l’Adunanza plenaria sui seguenti quesiti, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del c.p.a.:

a) se la nomina del commissario ad acta (disposta ai sensi dell’art. 117, comma 3, del c.p.a.) oppure il suo insediamento comportino – per l’amministrazione soccombente nel giudizio proposto avverso il suo silenzio – la perdita del potere di provvedere sull’originaria istanza, e dunque se l’amministrazione possa provvedere ‘tardivamente’ rispetto al termine fissato dal giudice amministrativo, fino a quando il commissario ad acta eserciti il potere conferitogli (e, nell’ipotesi affermativa, quale sia il regime giuridico dell’atto del commissario ad acta, che non abbia tenuto conto dell’atto ‘tardivo’ ed emani un atto con questo incoerente);

b) per il caso in cui si ritenga che sussista – a partire da una certa data – esclusivamente il potere del commissario ad acta, quale sia il regime giuridico dell’atto emanato ‘tardivamente’ dall’amministrazione.

Valuterà l’Adunanza plenaria se per la soluzione di tali quesiti occorra affrontare anche le questioni che possono sorgere quando la nomina del commissario ad acta sia disposta non con una sentenza che si sia pronunciata sul silenzio dell’amministrazione, ma con una sentenza di cognizione (anche di annullamento dell’atto impugnato) resa ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera e), o con una sentenza resa nell’esercizio della giurisdizione di merito ai sensi dell’art. 114, comma 4, lettera d), del codice del processo amministrativo.

La statuizione sulle spese vi sarà con la sentenza definitiva.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) riunisce gli appelli n.r.g. 7637 del 2017 e n.r.g. 135 del 2020, e ne dispone il deferimento all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’Adunanza plenaria.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Daniela Di Carlo, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppa Carluccio, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Michele Conforti Luigi Maruotti

IL SEGRETARIO

 

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