venerdì, Aprile 19, 2024
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Il conto in sofferenza: la vexata quaestio in materia di risarcimento danni

“…ai fini dell’obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazioni sostanzialmente equiparabili, nozione che non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “grave difficoltà economica (Cass., 10 ottobre 2013, n. 23093 e 12 ottobre 2007, n. 21428).

Un debito bancario viene definito in sofferenza quando la riscossione da parte della banca non è certa per una situazione di insolvenza del cliente.

La Banca d’Italia ha emanato delle istruzioni cui tutte le banche devono uniformarsi nel momento in cui effettuano la segnalazione alla Centrale dei rischi che costituisce il Sistema centralizzato di informazioni delle posizioni a rischio.

Non basta dunque una situazione di difficoltà economica momentanea e transitoria dovuta ad una crisi finanziaria, ma la valutazione deve derivare da un’ analisi profonda della complessiva situazione finanziaria e quindi accertare lo stato di dissesto.

Una semplice crisi di liquidità non legittima la Banca ad effettuare una segnalazione in sofferenza del proprio cliente: bisogna invece essere in presenza di una situazione di crisi economica o un indebitamento  tale da poter essere considerata l’anticipazione di uno stato di fallimento.

La fase che precede la sofferenza bancaria è segnata dall’incaglio bancario dove la banca avverte il cliente debitore di rimettere la sua situazione economica a posto entro un termine negoziato, che normalmente va dai dieci o quattordici mesi.

In seguito a questo lasso di tempo la banca segnalerà la“Posizione di Sofferenza”alla Centrale Rischi che comporterà la revoca di tutti i fidi.

Il passo successivo è quello del recupero delle somme attraverso l’attività legale. In genere viene emesso un Decreto Ingiuntivo.

Ma che succede se la banca effettua una segnalazione illegittima?

L’ errata segnalazione fa scattare nei confronti della Banca la sanzione per illegittimo trattamento dei dati del cliente e fa maturare in capo a quest’ultimo il diritto al risarcimento dei danni.

La vexata quaestio del risarcimento del danno da illegittima segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, rappresentanza da sempre uno dei principali argomenti di forte contrasto giurisprudenziale.

I primi interventi giurisprudenziali non davano spazio all’onere della prova, non vi era ragione di provare il pregiudizio, poichè un’errata segnalazione doveva considerarsi già un danno sia morale che patrimoniale. Il risarcimento del danno doveva considerarsi in re ipsa.

Nel corso degli anni questo orientamento che ormai si considerava consolidato è mutato.

non costituisce elemento sufficiente a provare l’esistenza per cui compete all’attrice dimostrare nel singolo caso se da detta comunicazione non veritiera, infatti, è solo la prova del fatto altrui ma non ancora la prova del danno ingiusto. ( Cass n.6587/2001)

“ il cliente della banca, il quale assuma l’ illegittimità della segnalazione del proprio nominativo ad una centrale rischi deve dare la prova di aver subito un danno. ( Trib. Mil. 2005).

La sezione unite della S.C. Con la sentenza del 2008 n. 26972 esclude la possibilità di un risarcimento per danno non patrimoniale in re ipsa, in quanto “l’onere della prova dei danni lamentati dell’evento e del nesso di causalità verte sul danneggiato secondo la regola generale ex art 2697 c.c.”.

L’ attore è tenuto dunque a dimostrare sia il danno morale sia il danno economico.

Il nuovo orientamento contrario alla tesi del danno in re ipsa che ormai si va affermando non chiude il cerchio sulla questione ma è criticabile sotto diversi punti.

Infatti un’errata valutazione va ad incidere necessariamente sulla attività aziendale causando un danno economico morale e  anche d’immagine.

Una segnalazione illegittima va ad influire sulla libera concorrenza comportando all’azienda o all’imprenditore  difficoltà potendo provocare un collasso aziendale, dunque l’ onere della prova non può gravare sull’imprenditore.

L’art 15 del Codice della Privacy Dlgs. n.196/2003 stabilisce il diritto al risarcimento del danno al titolare dei dati per la sola violazione delle norme sul trattamento.

“Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile.

Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell’art 11.”

Nel doveroso rispetto delle Suprema Corte, appare parimenti condivisibile un’alternativa linea di pensiero.

Fermo restando il dovere di provare la sussistenza e la misura del maggior  danno patrimoniale, tanto rispetto al cd. Danno emergente  quanto rispetto all’eventuale lucro cessante, per il semplice danno patrimoniale e il danno non patrimoniale si impone una valutazione equitativa ex art 1226 c.c, che è logica conseguenza di una segnalazione illegittima.

 

 

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