giovedì, Aprile 18, 2024
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Contratti e Compliance anticorruzione: le basi per un business etico

Dal momento che i contratti costituiscono uno strumento fondamentale per lo sviluppo del business, è fondamentale, al fine di una corretta gestione aziendale, che le clausole contenute al loro interno siano conformi alle disposizioni normative vigenti, con particolare riferimento al settore dell’anticorruzione. Ciò anche al fine di rendere esente l’impresa dalla responsabilità amministrativa prevista dal d.lgs. 231/2001.

1. La corruzione tra privati nel d.lgs. 231/2001. Brevi cenni

Il fenomeno della corruzione non è limitato al settore pubblico, ma si estende ai rapporti tra enti privati, con riferimento alle fattispecie di corruzione tra privati (art. 2635 c.c.), da un lato, e di istigazione alla corruzione tra privati[1] (art. 2635-bis c.c.), dall’altro. Dal momento che entrambe le fattispecie rientrano nel novero dei reati previsti dal d.lgs. 231/2001, le imprese sono chiamate ad adottare apposite misure di compliance al fine di ridurre la possibilità che alle stesse vengano erogate sanzioni. Prima di analizzare tali misure, tuttavia, è necessario, in questa sede, un excursus preliminare circa i reati di corruzione tra privati e di istigazione alla corruzione tra privati.

Il bene giuridico, che entrambe le fattispecie mirano a tutelare, è il patrimonio sociale. Nello specifico, l’estraneità dell’atto ai doveri sociali oggetto di scambio rileva nella misura in cui comporti un nocumento alla società[2]. Tralasciando, per il momento, il reato di istigazione alla corruzione – che si differenza dal dettato normativo dell’art. 2635 c.c. per il solo fatto che l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità non venga, alla fine, accettata – ai fini della configurabilità del reato di corruzione tra privati, è rilevante la condotta di chi:

  • dal lato passivo, accetti danaro od altra utilità, per sé o altri, al fine di compiere o omettere atti in violazione degli obblighi inerenti all’ufficio[3] o degli obblighi di fedeltà[4], che comportino un nocumento per la società;
  • dal lato attivo, offra o prometta danaro o qualsiasi altra utilità (favori, assunzione di personale, offerta di contratti di consulenza, ecc.)[5].

Poste tali premesse, ai fini della responsabilità ex d.lgs. 231/2001, è sanzionato per colpa in organizzazione soltanto l’ente a cui appartiene il soggetto corruttore. Dunque, a titolo meramente esemplificativo, il reato potrebbe essere realizzato qualora un esponente della società (Alfa) dia, offra e/o prometta denaro o altra utilità[6] ad un amministratore di una seconda società (Beta) al fine di concludere accordi di tipo commerciale a condizioni svantaggiose per quest’ultima (Beta) o, nell’ambito di un contenzioso, per ottenere un accordo transattivo sfavorevole per quest’ultima (Beta).

Appare, pertanto, evidente come l’inclusione all’interno del d.lgs. 231/2001 dei reati di corruzione tra privati e di istigazione alla corruzione tra privati, faccia sì che le imprese predispongano – nei propri modelli 231 – apposite misure volte ad arginare il potenziale pericolo di sanzioni che vanno, nel caso di corruzione tra privati, da 400 a 600 quote e, nel caso di istigazione alla corruzione tra privati, da 200 a 400 quote.

2. Le clausole anticorruzione: dall’Italia al resto del mondo

Tra le misure predisposte dalle imprese , al fine di ridurre i rischi ex d.lgs. 231/2001 sopra prospettati, assume particolare importanza la parte speciale del modello 231 con riferimento alla disciplina dei rapporti con soggetti terzi. Sul punto, a titolo esemplificativo, si menzionano le seguenti fattispecie:

  • per i contratti con i fornitori, l’Ufficio legale può applicare modelli standard approvati dalla società con le opportune modifiche per recepire i requisiti cogenti nazionali;
  • per i contratti di vendita stipulati con i clienti, l’Ufficio legale può adeguare di volta in volta i modelli standard già esistenti in base alle specifiche contrattuali negoziate con il cliente;
  • tutti i contratti e le relative modifiche, laddove deroghino alle condizioni generali standard approvate dalla società, possono essere previamente valutati dall’Ufficio legale, nel rispetto di quanto previsto dalle procedure aziendali;
  • la società può prevedere l’inserimento, nei contratti e negli accordi stipulati con i fornitori ed i consulenti, di “clausole etiche”[7], che prevedono il rispetto da parte di questi ultimi del modello 231 e del codice etico e, in caso di inosservanza degli stessi, la risoluzione del rapporto contrattuale.

Con particolare riferimento alle clausole etiche, nelle pratiche di redazione di contratti internazionali, le parti devono operare uno screening, con riferimento alla legge applicabile, delle normative anticorruzione vigenti. Tra queste si segnala, in particolare:

  • il Bribery Act (2010) del Regno Unito, sulla base del quale, al verificarsi di atti di corruzione in ambito societario, gli autori sono puniti con la pena della reclusione, parimenti sono previste sanzioni pecuniarie a carico della società, purché questa non dimostri di aver adottato tutte le misure necessarie al fine di prevenire la realizzazione degli illeciti[8];
  • il Foreign Corrupt Practices Act (“F.C.P.A.”) degli Stati Uniti, risalente al 1977 ed il cui fascio di applicazione riguarda, sub specie, gli issuers (società quotate in borsa ovvero sottoposte all’obbligo di inviare periodicamente reports all’agenzia federale “Security and Exchange Commission”) ed i domestic concerns (società, partnership, associazioni, business trust e altri operatori che hanno sede legale negli Stati Uniti, ivi compresi i cittadini statunitensi anche se residenti all’estero). In caso di violazione delle disposizioni contenute nel F.C.P., le sanzioni a carico delle società possono ammontare fino a 25 milioni di dollari[9].

Ma vi è di più. Al fine di rendere edotta la propria controparte contrattuale del fatto che questa, nell’esecuzione del rapporto, è tenuta ad assicurare la conformità del proprio agire alle normative anticorruzione, la parte attrice potrebbe far inserire una siffatta clausola di carattere generale:

The parties must conduct business in accordance with all applicable anti-corruption and bribery laws, rules and regulations in the jurisdictions in which the parties are conducting business.

In alternativa, è possibile entrare più nel dettaglio, e prevedere, in base alla legge applicabile, che la controparte contrattuale assicuri di essere conforme a normative specifiche:

The parties must comply with the provisions of the US Foreign Corrupt Practices Act, as amended, the UK Bribery Act, as well as all local and applicable anti-corruption and bribery laws, rules and regulations in the jurisdictions in which the parties are conducting business.

O ancora:

In the event the company forms a reasonable, good faith belief that the third party or one of its directors, officers, employees, or agents has engaged in conduct in violation of applicable anti-corruption laws in connection with any services or transactions under this agreement, the company reserves the right to terminate this agreement immediately. And upon termination for such reason, no further compensation or expenses shall be owed by the company to the third party for or in connection with any past, pending, or future transaction, or or any other reason under this agreement. And that all required expenses must be supported by valid documentation and only paid from certain designated accounts.

Alla luce di quanto sin ora esposto, è bene rimandare tali clausole ai principi propri della contrattualistica internazionale, ove le Convenzioni non disciplinano i rapporti interni al singolo ordinamento. Pertanto, queste non possono essere lette e interpretate come le normali leggi interne e ad esse vanno contestualmente applicati i canoni ermeneutici praticati ed i concetti giuridici nel loro significato interno.

Le Convenzioni citate in epigrafe, dunque, disciplinano i rapporti tra soggetti che hanno sede d’affari all’interno dell’ordinamento prescelto e soggetti che hanno, invece, la loro sede d’affari in altri ordinamenti. Pertanto, il diritto uniforme va applicato sicuramente in modo eguale tra gli Stati, e va letto autonomamente con lo spirito di liberalità e trasparenza che disciplina i rapporti tra Stati.

Ci si auspica una maggiore armonia delle leggi che reprimono il fenomeno corruttivo al fine di delineare una cooperazione in modo pressochè deciso, senza lasciare alcuna zona d’ombra che possa, anche minimamente, far sì che le aziende possano essere travolte da simili illeciti.


[1] D. COSTA (a cura di), Il nuovo delitto di istigazione alla corruzione tra privati di cui all’art. 2635 bis del Codice civile, in Ius in itinere, 2019.

[2] Relazione n. III/11/2012 del 15 novembre 2012, Ufficio Studi Corte di Cassazione.

[3] Si fa riferimento ad obblighi che possono avere fonte legislativa (artt. 2390-2392 c.c. per gli amministratori) o anche extra-codicistica (es. ambiente, salute e sicurezza sul lavoro, ecc.) o non legislativa (es. provvedimenti di autorità di vigilanza, ecc.).

[4] Per “obblighi di fedeltà” si intendono quelli ricollegati ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175, 1375 e 2105 c.c.

[5] E. M. AMBROSETTI, Diritto penale dell’impresa, Milano, 2016.

[6] Utilità potrebbero essere: a) l’assunzione di persone legate all’amministratore corrotto da vincoli di parentela o simili; b) regali o omaggi che non siano di modico valore e non direttamente ascrivibili a normali relazioni di cortesia; c) conclusioni di contratti per la fornitura di beni e servizi con controparti segnalate dall’amministratore corrotto; d) conclusione di contratti di consulenza con controparti segnalate dall’amministratore corrotto; e) conclusione di contratti di sponsorizzazione con controparti segnalate dall’amministratore corrotto.

[7] Sul punto, si segnala come già nel 2012 la Camera di Commercio Internazionale (“CCI”) avesse elaborato un documento (“ICC Anti-Corruption Clause”) proprio al fine di incoraggiare le aziende private ad inserire, nei propri contratti, delle clausole volte alla salvaguardia dell’eticità del business.

[8] Si noti una similitudine con l’esimente dell’adozione (e dell’efficace attuazione) del modello organizzativo, gestionale e di controllo ex D.Lgs. 231/2001.

[9] M. GARDENAL, C. COLACE (a cura di), La clausola di anticorruzione nei contratti internazionali, ne Il Sole 24 Ore, 16 aprile 2015

Andrea Amiranda

Andrea Amiranda è un Avvocato d'impresa specializzato in Risk & Compliance, con esperienza maturata in società strategiche ai sensi della normativa Golden Power. Dal 2020 è Responsabile dell'area Compliance di Ius in itinere. Contatti: andrea.amiranda@iusinitinere.it

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