martedì, Aprile 23, 2024
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La tutela del copyright negli Stati Uniti: l’eccezione di fair use nel caso Perfect 10 vs. Google Inc.

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Il caso Perfect 10 vs. Google ha permesso ai giudici d’oltreoceano di analizzare l’eccezione di fair use [1] (letteralmente, “utilizzo corretto”) in relazione al funzionamento dei motori di ricerca. Difatti, il fair use consente di utilizzare opere protette dal copyright senza chiederne preventiva autorizzazione e senza ricadere in alcuna ipotesi di violazione del diritto d’autore. Tale eccezione è espressamente prevista per ogni utilizzo che abbia finalità d’insegnamento, di critica, informazione, ricerca.

L’elenco previsto dalla norma è, tuttavia, un elenco cosiddetto aperto. Il legislatore americano ha infatti previsto la possibilità di effettuare un’analisi caso per caso, ed etichettare come fair use utilizzi differenti da quelli menzionati.

L’analisi caso per caso deve rigorosamente essere effettuata vagliando quattro fattori:

  1. La finalità e la natura dell’utilizzo effettuato, considerando se abbia natura commerciale o finalità educative non commerciali;
  2. La natura dell’opera protetta da copyright;
  3. La quantità e la significatività della porzione di opera utilizzata, in relazione all’opera intera;
  4. Gli effetti dell’utilizzo sul potenziale mercato o sul valore dell’opera tutelata.

Il risultato di ciascuno dei fattori deve essere poi soppesato con gli altri alla luce delle finalità del copyright, ossia promuovere il progresso della scienza e delle arti[2].

I giudici, in aggiunta, hanno la facoltà di affiancare ai quattro fattori ulteriori elementi che ritengano opportuni e, allo stesso modo, può essere dato maggior rilievo ad alcuni di essi rispetto ad altri, in base al caso specifico[3].

L’eccezione del fair use, soprattutto nella parte lasciata all’analisi dell’organo giudicante è funzionale ad evitare che i diritti attribuiti all’autore opprimano la creatività che, invece, il copyright mira a incoraggiare.

Nel caso Perfect 10 vs. Google Inc. i giudici della Corte distrettuale, applicando l’analisi dei quattro fattori enunciati dal legislatore, hanno negato potesse trattarsi di fair use, mentre la Corte d’appello ne ha ravvisato un’ipotesi.

Il caso

Perfect 10 (P10) è una società che fornisce agli utenti, in seguito alla sottoscrizione al proprio sito e al pagamento di una quota mensile, l’accesso a immagini di modelle nude, nonché la possibilità di scaricarne delle miniature sul telefono. Le immagini presenti sul sito, protette da copyright, vengono tuttavia copiate e pubblicate illegalmente su siti web non collegati e non autorizzati da Perfect 10.

Google, in risposta alle ricerche da parte degli utenti, indicizza e mostra delle miniature delle immagini pubblicate illegalmente, nonché permette di accedere alle immagini a grandezza originale, dirigendo gli utenti sui siti non autorizzati da Perfect 10.

Nel novembre del 2004 il fondatore del sito per adulti cita in giudizio Google adducendo molteplici violazioni del copyright delle immagini pubblicate su Perfect 10.

Nel 2006 la Corte distrettuale della California si è pronunciata a favore della società attrice. La pronuncia, impugnata dinnanzi alla Corte d’appello nel 2007, è stata stravolta.

L’insussistenza del Fair Use secondo la Corte Distrettuale della California[4]

I giudici della Corte distrettuale, nell’effettuare l’analisi dei quattro fattori, hanno interpretato l’utilizzo delle immagini messo in atto da Google come segue:

  1. L’utilizzo è di tipo commerciale ed è sostitutivo di uno dei servizi offerti da P10. La società di Mountain View, infatti, ottiene i principali introiti dalla pubblicità venduta tramite il sistema AdWords; in particolare, maggiore è il numero che ciascuna pubblicità ottiene, maggiori sono i guadagni di Google. La Corte ritiene che tramite Image Search Google ottenga un maggior traffico di utenti che, di fatto, si trasformerebbe in maggior numero di click e, dunque, maggiori guadagni. Inoltre, tale utilizzo sostituisce il servizio di download a pagamento di immagini in miniatura, offerto dal sito internet.
  2. Le immagini di proprietà di Perfect10 sono altamente creative.
  3. Google rappresenta in miniatura le immagini nella loro interezza, tuttavia tale utilizzo è necessario e coerente con l’obiettivo di fornire una ricerca di immagini efficace.
  4. Google lede l’attività di P10 nel mercato delle immagini in miniatura.

Dando particolare rilievo ai primi due e all’ultimo fattore, la Corte è giunta ad affermare che l’utilizzo effettuato da Google non può ricadere nell’eccezione del fair use. Di fatto, quindi, si tratta di una violazione del diritto d’autore di Perfect 10.

La differente analisi ad opera della Corte d’Appello

In sede di rianalisi, i giudici hanno interpretato in maniera differente i fatti e i dati messi a disposizione dalle parti, affermando quanto segue:

  1. L’uso effettuato da Google ha una natura altamente trasformativa (transformative) nonostante utilizzi le immagini nella loro interezza. Le immagini sono infatti trasformate in indicatori che permettono agli utenti di raggiungere una fonte di informazioni (nel caso di specie, il sito che fornisce le immagini).
  2. Perfect 10, pubblicando su internet le immagini, anche se per i soli utenti registrati, non può godere di una tutela rafforzata, come non avesse ancora reso disponibili le immagini online.
  3. L’utilizzo delle immagini intere da parte di Google è ragionevole alla luce della finalità dell’utilizzo che il motore di ricerca fa delle immagini stesse.
  4. Nonostante Perfect 10 operi altresì nel mercato delle immagini in miniatura, l’utilizzo effettuato da Google non lede il mercato di Perfect 10 perché non vi è alcuna prova che gli utenti di Google scarichino effettivamente le miniature, invece di utilizzarle per accedere ai siti.

La Corte, dopo aver analizzato i quattro fattori, ha preso in considerazione i benefici sociali apportati al pubblico dal motore di ricerca. Il funzionamento di Google Image, infatti, promuovendo e facilitando l’accesso del pubblico alle opere creative, è coerente con le finalità della tutela del copyright.

Dando un importante peso a quest’ultimo elemento, la Corte ha quindi affermato la sussistenza di un caso di fair use.

La decisione della Corte d’appello è di gran rilievo per il mondo online. Qualora la precedente analisi fosse stata avvalorata, infatti, il funzionamento dei motori di ricerca sarebbe state messo a dura prova, a discapito dell’accesso alle informazioni da parte della società.

 

[1] Descritta al paragrafo 107, capitolo 1, titolo 17 del U.S. Code. Il testo completo della norma è disponibile qui https://www.law.cornell.edu/uscode/text/17 .

[2] U.S. Const. art. I, par. 8, cl.8.

[3] JANE GINSBURG, The Oxford Handbook of Intellectual Property Law, Oxford University Press, 2015.

[4] Il testo integrale della decisione è disponibile, in lingua inglese, al seguente link:

Lucrezia Berto

Classe 1992, piemontese di nascita ma milanese d’adozione, si laurea nel 2016 in giurisprudenza alla School of Law dell’Università Bocconi. Dopo l'inizio della carriera professionale negli Stati Uniti e la pratica forense presso uno dei principali studi legali milanesi, decide di seguire le sue passioni iscrivendosi all’LL.M in Law of Internet Technology dell’Università Bocconi. Attualmente vive in Spagna, a Barcellona, dove si occupa di consulenza in materia IP, IT e Data Protection a startup ad alto livello tecnologico. Appassionata di nuove tecnologie, proprietà intellettuale e big data, è un’amante dei viaggi e dello sport. Contatto: lucrezia.berto@iusinitinere.it

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