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Coronavirus ed atti amministrativi: la preponderanza del fine sulla forma

A cura di Pasquale La Selva

L’ordinanza n.15/2020 del Presidente della Regione Campania ed il relativo chiarimento.

 Con l’ordinanza n. 15 del 13 marzo 2020, il Presidente della Regione Campania ha disposto l’obbligo, sino al 25 marzo 2020, “a tutti i cittadini di rimanere nelle proprie abitazioni”, consentendo gli spostamenti temporanei ed individuali solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessitào motivi di salute.

Sono considerate situazioni di necessità – spiega l’ordinanza – quelle correlate ad esigenze primarie delle persone e degli animali d’affezione, da svolgersi per il tempo strettamente indispensabile e presso le aree contigue alla propria residenza, domicilio o dimora.

Ancora, si consente la presenza di un accompagnatore solo nel caso di spostamento per motivi di salute (ove lo stato di salute del paziente non gli consenta di spostarsi in autonomia), e nel caso di spostamento per motivi di lavoro (a condizione che l’accompagnatore sia un familiare).

Quanto alle sanzioni derivanti dall’inosservanza delle stringenti imposizioni contenute nell’ordinanza del Presidente De Luca, è prevista, ex art. 650 c.p., la pena dell’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a duecentosei euro.

In conseguenza di ciò, il trasgressore, in ragione della sua esposizione al pericolo di contagio, viene obbligatoriamente segnalato al competente Dipartimento di prevenzione dell’ASL ed obbligato ad osservare la permanenza domiciliare con isolamento fiduciario per quattordici giorni, con i conseguenziali obblighi di non tenere contatti sociali e rendersi in ogni momento disponibile per ogni attività di sorveglianza.

In data 14 marzo 2020, con il chiarimento n. 6 relativo all’ordinanza in commento, il Presidente della Regione Campania, considerato (in maniera alquanto estrosa) che “nonostante l’adozione delle rigide misure sopra descritte, è stato segnalato e documentato dalle immagini tv e notizie Ansa che numerose persone continuano a riversarsi sui lungomare, sulle spiagge, strade ed altri spazi aperti della regione” ha precisato che l’attività sportiva, ludica o ricreativa all’aperto in luoghi pubblici o aperti al pubblico non è compatibile con il contenuto dell’Ordinanza n. 15 del 13 marzo 2020, e che non è consentito in locali pubblici e/o aperti al pubblico svolgere eventi quali riunioni per fini ricreativi e/o sportivi e feste.

 

Il ricorso al TAR Campania ed il decreto del Presidente della V Sezione.

Avverso l’ordinanza ed il relativo chiarimento veniva proposto ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania-Napoli, assegnato alla V Sezione, con annessa richiesta di misura cautelare monocratica per casi di estrema gravità ed urgenza ex art.56 c.p.a..

Ebbene, con decreto n. 416/2020, il Presidente della V Sezione Scudeller ha respinto l’istanza di misura cautelare monocratica ritenendo insussistenti i presupposti, atteso che l’ordinanza n. 15/2020, richiamando plurime disposizioni legislative che fondano la base legale del potere di adozione di misure correlate a situazioni regionalmente localizzate, non contrasta con le misure predisposte per l’intero territorio nazionale.

Sul versante del profilo istruttorio, d’altronde, per il Presidente della V Sezione rileva il “rischio di contagio, ormai gravissimo sull’intero territorio regionale” ed il fatto che i “dati che pervengono all’Unità di crisi istituita con Decreto del Presidente della Giunta regionale della Campania, n. 45 del 6.3.2020 … dimostrano che, nonostante le misure in precedenza adottate, i numeri di contagio sono in continua e forte crescita nella regione” così come sottolineato nel Chiarimento n. 6 del 14 marzo 2020.

Nella valutazione dei contrapposti interessi, infine, data la fattispecie di carattere emergenziale, si è ritenuto di accordare prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica.

 

Brevi cenni sulle misure cautelari monocratiche.

 Le misure cautelari monocratiche previste dall’art. 56 del c.p.a. consentono al richiedente di disporre di misure cautelari provvisorie in casi di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data per la camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare collegiale ex art. 55 c.p.a..

La peculiarità della misura cautelare monocratica, rispetto a quella collegiale, la si trova nel fatto che questa viene disposta anche inaudita altera parte (e cioè in deroga al principio del contraddittorio, che trova giustificazione, appunto, nell’estrema gravità ed urgenza), viene emanata dal Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale o dal Presidente di Sezione alla quale viene assegnato il ricorso, e riveste il carattere della temporaneità[1], sino alla trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, nel regolare svolgimento – questa volta – del contraddittorio.

Ed invero, il decreto con il quale il Presidente si pronuncia circa la domanda cautelare è efficace sino alla data della camera di consiglio, che dovrà indicarsi nel provvedimento. In ogni caso, il decreto perde efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare collegiale.

È bene sottolineare, inoltre, che stante la brevità del tempo intercorrente tra la data del rilascio del decreto presidenziale e l’udienza collegiale, il decreto presidenziale non è appellabile in Consiglio di Stato, ma è revocabile o modificabile dallo stesso Presidente che lo ha emanato, evidentemente prima della data fissata per la discussione della domanda cautelare dinanzi al collegio, dietro richiesta di una delle parti intimate[2].

 

Alcune riflessioni circa il respingimento della misura cautelare monocratica.

 Il decreto in commento è stato oggetto di un acceso dibattito che vede, da un lato, i più fini costituzionalisti, sostenitori della tesi secondo la quale i provvedimenti (amministrativi, e non politici) del Presidente della Regione Campania, oltre ad essere incostituzionali, sarebbero nulli in quanto viziati da difetto assoluto di attribuzione[3], ossia emanati in assenza di potere, ed in ogni caso annullabili in quanto viziati da eccesso di potere[4], atteso che l’ordinanza non si atteggerebbe ad atto meramente ricettivo delle disposizioni nazionali, ma andrebbe a disciplinare qualcosa in più, travalicando di fatto i confini predeterminati dagli atti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Dall’altro lato del dibattito vi si trovano, invece, i sostenitori di una tutela alla salute di carattere sostanzialistico, la cui preponderanza, per alcuni versi, consentirebbe eccezionalmente di non tenere conto del dato meramente formale.

Ed invero, se da un lato potrebbe apparire discutibile la statuizione contenuta nel decreto, secondo la quale “l’ordinanza 15/2020 richiama plurime disposizioni legislative che fondano la base legale del potere di adozione di misure correlate a situazioni regionalmente localizzate, il che esclude ogni possibile contrasto di dette misure con quelle predisposte per l’intero territorio nazionale”, atteso che il Giudice amministrativo è per definizione il giudice di legittimità degli atti della Pubblica Amministrazione, per cui il campo di azione del suo sindacato non può limitarsi a dare meramente atto di un sufficiente richiamo a disposizioni nazionali, che l’atto amministrativo potrebbe ad ogni modo ben travalicare, dall’altro lato appare sicuramente doveroso effettuare un controbilanciamento di tutti gli interessi in gioco, dal cui confronto emergerebbe il diritto alla salute, vista l’odierna situazione emergenziale.

Il fulcro del dibattito dunque, se in un primo momento sembra muoversi su un binario che da un lato vede il rispetto dei principi costituzionali e dall’altro il perseguimento di uno specifico fine, con fare quasi Machiavellico, in un secondo momento finisce nel trovare uno snodo cruciale nell’incontro tra i molteplici interessi in gioco, dal quale dovrà necessariamente emergere quello prevalente.

Ed ecco che, almeno nel caso di specie ove vige una situazione emergenziale, si conclude con il dare preponderanza alla sostanza piuttosto che alla forma, consentendo una (in)ammissible flessione di alcuni principi dell’ordinamento rispetto ad altri.

* * *

[1]Sul carattere della temporaneità della misura cautelare monocratica si veda, da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, n. 6439/2019.

[2]Cfr. G. LEONE, Elementi di diritto processuale amministrativo, Wolters Kluver, 2017.

[3]Come previsto dall’art. 21-septies, L. n. 241/1990.

[4]Ex art. 21-octies, L. n. 241/1990.

Pasquale La Selva

Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994. Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo "Il socio pubblico e la golden share", a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle "competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell'emergenza sanitaria" a relazione del Prof. Alfredo Contieri. Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in "Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato" presso l'Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva. Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato. Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell'anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria "assoluti" sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016. Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it

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