Corsi di laurea a numero chiuso. Disciplina legislativa vigente ed ultima pronuncia del TAR Lazio
Le norme in materia di accessi ai corsi di laurea, anche a numero chiuso, sono contenute nella legge n. 264 approvata il 2 agosto 1999, che considera programmati a livello nazionale gli accessi ai corsi di laurea universitari in medicina e chirurgia, in medicina veterinaria, in odontoiatria e protesi dentaria, in architettura nonché ai corsi di diploma universitario concernenti la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, ciò anche in conformità rispetto gli standard europei alla normativa comunitaria vigente e alle raccomandazioni dell’Unione europea che determinano standard formativi tali da richiedere il possesso di specifici requisiti. A questi si aggiungono i corsi a numero chiuso per scienze della formazione primaria e scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario, corsi di formazione specialistica dei medici, corsi universitari di nuova istituzione o attivazione, su proposta delle università e nell’ambito della programmazione del sistema universitario, per un numero di anni corrispondente alla durata legale del corso ed infine alle scuole di specializzazione per le professioni legali. Per tale ultimo caso si precisa che il decreto legislativo n. 398 del 17 novembre 1997 al quinto comma dell’art. 16 stabilisce che “il numero dei laureati da ammettere alla scuola, è determinato con decreto del Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia,” in misura comunque non inferiore al dieci per cento del numero complessivo di tutti i laureati in giurisprudenza nel corso dell’anno accademico precedente e comunque tenendo conto del numero dei magistrati cessati dal servizio nell’anno precedente e di altre valutazioni quali ad esempio il numero di abilitati alla professione forense nel corso del medesimo periodo e delle condizioni di ricettività delle scuole di specializzazione per le professioni legali. L’accesso alla scuola avviene mediante concorso per titoli ed esame.
La legge 264 del 1999 prevede, inoltre degli accessi programmati, a numero chiuso, direttamente dalle università per i corsi di laurea ove l’orientamento didattico prevede l’utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati; per corsi per i quali il tirocinio è parte integrante del sistema formativo da svolgere presso strutture diverse dall’ateneo (esempio chiaro è il corso di laurea in medicina o professioni sanitarie che prevede il tirocinio, obbligatorio, presso strutture ospedaliere); ed infine, corsi o scuole di specializzazione.
Sembra dunque evidente che, al di fuori delle ipotesi e delle motivazioni espressamente contemplate dalla legge, non è possibile che le Università prevedano, a livello di ateneo, immatricolazioni ai corsi di laurea basati sul superamento del test di ammissione e dunque a numero chiuso. La ratio del numerus clausus, infatti, sembra essere funzionale a garantire il bilanciamento tra il diritto all’istruzione e l’effettiva sussistenza delle risorse umane e tecniche a ciò necessarie.
La legge 264/99 dispone tali limitazioni in ossequio agli articoli 33.1 Cost che prevede: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e 34.1 Cost., che invece statuisce: “La scuola è aperta a tutti”. Dunque, i sopra menzionati corsi a numero chiuso si inseriscono, nell’ottica dell’art. 34 Cost., nella previsione per cui seppur il dettato costituzionale attribuisce il diritto dei “capaci e meritevoli” di raggiungere i gradi più alti degli studi, non comporta che l’accesso all’istruzione universitaria debba essere garantito a tutti i cittadini, ma presuppone, piuttosto, che l’introduzione delle limitazioni si fondi su criteri selettivi che siano funzionali alla valorizzazione delle capacità e del merito degli aspiranti, nell’ottica di osservanza dei principi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa.
L’ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso è disposto dagli atenei previo superamento delle prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore ed aderenti alle discipline oggetto dei corsi universitari per cui ci si iscrive al test.
Più volte il giudice amministrativo si è pronunciato sull’annosa questione della limitazione degli accessi ai corsi di studi universitari. Da ultimo, si segnala la pronuncia del TAR Lazio che, con ordinanza n. 4478/17 depositata il 31 agosto, ha accolto il ricorso proposto dall’Unione Degli Universitari (UDU), UDU di Milano e di alcuni studenti che avevano effettuato la domanda di iscrizione ai corsi di cui si lamenta il numero chiuso che, dunque, fonda la legittimazione al ricorso stesso; contro il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca che chiedeva l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dei provvedimenti ostativi all’accesso al primo anno dei corsi di laurea in filosofia, lettere, scienze dei beni culturali, scienze umane, dell’ambiente, del territorio e del paesaggio e storia, lingue e letterature straniere e comunque di tutte le facoltà umanistiche della Università Statale di Milano. Il TAR Lazio, competente in quanto l’atto di cui si parla oltrepassa i confini del Tribunale che altrimenti sarebbe competente, ha motivato l’ordinanza ritenendo che “i provvedimenti gravati intendono, nella sostanza, programmare l’accesso a corsi che (ad un primo sommario esame proprio della fase cautelare) non paiono collimare con quelli richiamati dalle norme primarie di riferimento, ovvero Filosofia, lettere, Scienze dei beni culturali, Scienze umane dell’ambiente, del territorio e del paesaggio, Storia e Lingue e Letterature Straniere”. Si rileva perciò che il riferimento agli articoli 1 e 2, sopra enunciati, della legge 264/99. Infatti, continua l’ordinanza, la relazione dell’Università di Milano conferma che gli atti gravati sono stati ispirati da esigenze di un numero complessivo di docenti carente tale che “mantenendo numeri non sostenibili nei corsi dell’area umanistica, l’Ateneo risultasse non in linea con i requisiti di docenza previsti dal sistema di accreditamento vigente”. E, non già ispirati all’utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati che, invece, ai sensi dell’articolo 2 comma 1 della legge 264 del 1999 avrebbe dato buona ragione all’ateneo milanese di programmare l’acceso a numero chiuso.
Rossella Santonicola, nasce a Napoli nel 1994, é studentessa di giurisprudenza dell’ateneo federiciano attualmente iscritta al suo ultimo anno.
Conseguita la maturità classica, ad indirizzo linguistico a Nocera inferiore (provincia di Salerno), città dove vive fin dalla nascita, segue poi la sua passione per lo studio del diritto.
L’ammirazione per il diritto e per le lingue e culture europee la portano a studiare per un semestre diritto e Amministrazione delle Imprese all’Università cattolica di Pamplona (Spagna), grazie alla vincita di una borsa del progetto europeo ‘Erasmus’. Questa esperienza le apre nuovi orizzonti fino a farle sviluppare propensione per le materie che riguardano la Pubblica Amministrazione e la comparazione tra ordinamenti giuridici, che la conduce ad uno studio critico e ragionato del diritto.
A conclusione del suo percorso universitario è attualmente impegnata a scrivere la tesi in diritto amministrativo comparato dal titolo “La prevenzione e il contrasto della corruzione. Prospettive di diritto comparato tra Italia e Francia”.
Da sempre amante della lettura, nel tempo libero si dedica a classici e romanzi. Ama viaggiare, scoprire posti nuovi, conoscere nuove culture e relazionarsi con persone sempre diverse.
email: rossella.santonicola@iusinitinere.it