giovedì, Marzo 28, 2024
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Corsi misti di nuoto: contrari alla religione islamica?

E’ possibile porre dei limiti alla libertà di religione, diritto inviolabile sancito dall’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)?

E’ il tema che la Corte di Strasburgo ha affrontato nella sentenza depositata il 10 Gennaio 2017: Affaire Osmanoglu et Kocabas c. Suisse (App.  29086/12).

I due ricorrenti, cittadini svizzeri di religione islamica, hanno fatto ricorso alla Corte EDU a seguito di una condanna del Tribunale federale svizzero, con conseguente obbligo di pagare una multa di circa 1000 franchi, perché si sono più volte rifiutati di far frequentare alle due figlie maggiori (17 e 15 anni) i corsi obbligatori di nuoto misti all’interno della struttura scolastica.

I due genitori lamentano una violazione dinanzi alla Corte una violazione dell’art. 9, primo comma, della CEDU, in base al quale “ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti”, sostenendo che con l’imposizione di un obbligo di frequentazione di corsi di nuoto misti il Governo ha compiuto un’ingerenza nella sfera religiosa della famiglia. Infatti, sebbene il Corano non prescriva di coprire il corpo femminile fino alla pubertà, è loro convinzione preparare le figlie al rispetto di tali precetti.

Lo Stato svizzero non nega tale interferenza, ma ritiene che sia limitata all’obbligo di far frequentare alle ragazze il corso di nuoto, non mettendo in alcun modo in discussione le credenze religiose della famiglia, né l’educazione che intendono impartire alle figlie.

La Corte (par. 82 e ss.), nel decidere il merito della questione, ricorda che i valori espressi dall’art. 9 CEDU costituiscono principi cardine in un sistema democratico: “pluralisme, tolérance et esprit d’ouverture caractérisent une société démocratique”; la democrazia non significa governo della maggioranza, bensì richiede la ricerca di un equilibrio che assicuri ai gruppi minoritari un trattamento giusto, evitando abusi di posizione dominante.

Tuttavia il secondo comma del citato art. 9 CEDU prevede la possibilità di porre delle restrizioni alle libertà previste dal primo comma, purchè necessarie “in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui”.

E’ compito della Corte, dunque, verificare se le misure prese a livello nazionale siano “necessarie” e, soprattutto, proporzionate, ovvero, nel caso di specie, decidere se il rifiuto delle autorità svizzere di esonerare le figlie dei ricorrenti dai corsi di nuoto sia legittimo ed in linea con gli obiettivi che le stesse autorità intendono perseguire.

La decisione finale dei giudici di Strasburgo ha respinto il ricorso dei ricorrenti e ha sostenuto le ragioni dello Stato svizzero, sulla base di alcune considerazioni.

Innanzitutto il ruolo determinante che la scuola svolge nel processo di integrazione sociale e culturale, determinante per i bambini stranieri: in un bilanciamento di interessi, l’interesse del minore ad una completa integrazione supera il “desiderio” dei genitori all’esenzione delle figlie dal corso di nuoto. Infatti, lo scopo perseguito dai corsi di nuoto imposti dalla scuola non è tanto quello di insegnare agli studenti lo sport o lo svolgere un’attività fisica, quanto piuttosto permettere di praticare tale attività in comune con gli altri studenti, senza alcuna eccezione in base alla provenienza dei bambini o le convinzioni religiose o filosofiche dei loro genitori. L’anno 2017 si apre, dunque, con una sentenza in cui la Corte europea si esprime in maniera piuttosto netta in merito alle questioni religiose, nel caso specifico dell’integralismo islamico: sì alla libertà di coscienza ed all’esercizio del proprio culto, è compito di ogni Stato membro assicurare che i propri cittadini possano liberamente professare la loro religione nei luoghi a ciò preposti, ma valore supremo e fondamentale all’interno dei sistemi democratici europei è l’integrazione culturale, indispensabile, aggiungerei, in un momento storico come il nostro in cui lo “straniero” fa paura ed è sempre più oggetto di strumentalizzazioni politiche.

Claudia Cantone

Laureata con lode e menzione presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Napoli "Federico II", ha conseguito il dottorato di ricerca in "Internazionalizzazione dei sistemi giuridici e diritti fondamentali" presso l'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli". Durante gli anni di formazione, ha periodi di ricerca all'estero presso l'Università di Nantes (Francia), l'Università di Utrecht (Olanda) e il King's College London (Regno Unito). Avvocato presso lo studio legale "Saccucci & Partners", specializzato nel contenzioso nazionale e internazionale in diritti umani e diritto penale europeo e internazionale. Indirizzo mail: claudia.cantone@gmail.com

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