venerdì, Marzo 29, 2024
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Cosa sono le opere “orfane”?

In merito a tale tipologia di opere, anzitutto è bene dire che tale status può essere conferito a numerose tipologie di opere dell’ingegno, tra le quali ritroviamo libri, riviste, quotidiani ed anche opere cinematografiche o audiovisive. Uno è il presupposto fondamentale per far si che tale status venga riconosciuto: l’opera dovrà necessariamente fare parte di collezioni appartenenti a biblioteche, istituti di istruzione e musei accessibili al pubblico, archivi o, anche, emittenti di servizio pubblico. Ai sensi dell’art. 69-quater, 1 comma, della legge n. 633 del 22 aprile del 1941, “Un’opera o un fonogramma, […] sono considerati orfani se nessuno dei titolari dei diritti su tale opera o fonogramma è stato individuato oppure, anche se uno o più di loro siano stati individuati, nessuno di loro è stato rintracciato [..]”. [1]

Il principio ispiratore della produzione normativa relativa alle opere orfane è quello di migliorare l’accesso al patrimonio culturale europeo e nasce sulla scia dell’iniziativa, promossa all’inizio del XXI secolo, di costituire una biblioteca digitale (DLI) che permettesse diffusione a livello globale dei c.d. “prodotti della cultura umana” (c.d. progetto Europeana) [2]. L’input vero e proprio, relativamente alle opere “orfane”, è stato fornito, in realtà, nel 2006 quando una raccomandazione della Commissione europea (2006/585/CE) [3] aveva prospettato un miglioramento delle condizioni per la digitalizzazione del materiale culturale con la creazione di meccanismi che facilitassero l’accesso alle “opere orfane”.

Si poneva, tuttavia, un problema: una volta stabilito che un’opera fosse, effettivamente, “orfana”, come la si potrebbe mettere a disposizione del pubblico o riprodurre non essendo possibile, in alcun modo, interrogare il titolare dei diritti su di essa per ottenerne il consenso necessario [4]? È in tale scenario che venne realizzata la direttiva n. 2012/28/UE [5] del Parlamento europeo e del Consiglio, con la quale è stata introdotta ufficialmente una disciplina per fare sì che fosse possibile utilizzare, pur con delle limitazioni, le opere i cui aventi diritto risultassero irrintracciabili o irreperibili. Il recepimento della direttiva 2012/28/UE da parte del nostro ordinamento è avvenuto grazie al Decreto Legislativo del 10 novembre 2014, n. 163 [6], con il quale, pertanto, anche l’Italia ha ottenuto una disciplina specifica da applicare a questa particolare tipologia di opere, inserite nel novero delle eccezioni e limitazioni al diritto d’autore, ovvero delle situazioni in cui un’opera, pur se protetta da diritto d’autore, può essere utilizzata senza che sia necessario ottenere l’autorizzazione del titolare dei diritti sulla stessa.

Alla luce di ciò, i requisiti perché un’opera sia considerata “orfana” sono:

  1. che faccia parte di collezioni appartenenti a biblioteche, musei accessibili al pubblico ed altri enti già menzionati;
  2. che non sia stato individuato alcun titolare dei diritti sulla stessa;
  3. che, nonostante l’individuabilità dei titolari dei diritti sull’opera, non sia stato possibile in alcun modo rintracciarli.

Dai punti 2) e 3), si deduce che, affinché un’opera o un fonogramma possano essere considerate “orfane”, è necessario che le organizzazioni suddette abbiano svolto un’accurata ricerca, la quale dovrà essere stata svolta secondo i criteri della diligenza e della buona fede, ai fini di rintracciare i titolari dei diritti sull’opera, tramite la consultazione di fonti di informazione appropriate (è lasciata ad ogni Stato Membro la possibilità di autodeterminare le fonti su cui effettuare le dette ricerche, i Italia, in particolare, per tutte le categorie deve essere consultato il Registro Pubblico Generale delle Opere Protette, istituito presso il MIBACT, nel quale, ai sensi dell’art 103 della legge sul diritto d’autore, n. 633, del 22 aprile 1941[7] sono registrate le opere soggette all’obbligo di deposito, con l’indicazione, tra l’altro, del nome dell’autore, del produttore e della data della pubblicazione). Per le nostre organizzazioni la faccenda, tuttavia, non finisce qui, ciò in quanto permane in capo ad esse due obblighi: conservare la documentazione raccolta ai fini delle dette ricerche e fornire alle autorità nazionali (per l’Italia, il MIBACT) competenti le seguenti informazioni:

  1. gli esiti delle ricerche che hanno permesso di concludere che un’opera o un fonogramma sono considerati un’opera orfana;
  2. l’utilizzo di tali opere che si intende fare;
  3. qualsiasi modifica dello status di opera orfana delle opere e dei fonogrammi utilizzati [8];

In base alla disciplina vigente in Italia, la ricerca diligente è da ritenersi conclusa (con la conseguente conclusione che le opere sono da considerarsi “orfane”) decorso il termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione sul sito del MIBACT dell’esito dell’attività di consultazione delle fonti, purché, ovviamente, nessuno abbia rivendicato la titolarità dei diritti sull’opera oggetto della ricerca (se così fosse stato, sarebbe stata cura del MIBACT informare l’organizzazione che sta svolgendo la ricerca della rivendicazione da parte del titolare ai sensi dell’art. 69-quater della legge del 22 aprile 1941, n. 633 [9]). Decorso il detto termine, il MIBACT trasmette alla banca dati online pubblicamente accessibile, istituita e gestita dall’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (che si occupa anche della registrazione dei marchi e disegni comunitari), conformemente al regolamento UE n. 386/2012 [10], le seguenti informazioni:

  1. gli esiti delle ricerche diligenti effettuate che hanno permesso di concludere che un’opera o un fonogramma sono considerati un’opera orfana;
  2. l’utilizzo che le organizzazioni fanno delle opere orfane;
  3. qualsiasi modifica dello status di opera orfana delle opere e dei fonogrammi utilizzati dalle organizzazioni;
  4. le informazioni di contatto dell’organizzazione interessata (art. 69-quater, XV comma).

Nel ricordare che le organizzazioni che possono utilizzare le opere “orfane” sono le biblioteche, gli istituti di istruzione, i musei accessibili al pubblico, gli archivi, gli istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e le emittenti di servizio pubblico, è bene precisare che sono solo “alcuni” gli utilizzi che questi possono fare delle opere “orfane” in loro possesso. Con il decreto legislativo 10 novembre 2014, n. 163, è stato introdotto, nel testo della legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941, n. 633, l’articolo 69-bis, il quale dispone che le organizzazioni suddette possano utilizzare le dette opere presenti nelle loro collezioni nel rispetto di determinate modalità, ovvero:

  1. riproduzione dell’opera orfana ai fini di digitalizzazione, indicizzazione, catalogazione, conservazione o restauro;
  2. messa disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente;
  3. concludere accordi con soggetti terzi, volti alla valorizzazione e fruizione delle opere orfane, a condizione che tali accordi non operino restrizioni nell’utilizzo da parte delle organizzazioni contraenti, non conferiscano alla controparte alcun diritto di utilizzo o di controllo dell’utilizzo da parte delle medesime organizzazioni, non siano in contrasto con lo sfruttamento normale delle opere, né possano arrecare un ingiustificato pregiudizio agli interessi dei titolari dei diritti
  4. in ogni, caso, solo per scopi connessi alla loro missione di interesse pubblico [11].

Nelle utilizzazioni effettuate andrà, poi, indicato, nelle forme d’uso, il nome degli autori e degli altri titolari dei diritti. Per favorire l’attività di digitalizzazione, inoltre, è stato previsto che eventuali ricavi percepiti vadano a coprire i costi di digitalizzazione e di messa a disposizione del pubblico.

L’unica circostanza al verificarsi della quale è ricollegata l’estinzione dello status di opera “orfana”, ai sensi dell’art. 69-quinquies della legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941, n. 633[12],è quella che vede il titolare, o i titolari, di diritti sull’opera farsi avanti per rivendicarli. In tal caso, la normativa dispone che al soggetto o ai soggetti titolari di detti diritti, da verificare, ovviamente, debba essere corrisposto un equo compenso per l’utilizzo che della sua opera è stato fatto. Al riguardo, l’art. 6, par. 5, della direttiva dispone che “gli Stati membri sono liberi di stabilire le circostanze in cui il pagamento di tale compenso può essere organizzato. Il livello del compenso è fissato, entro i limiti imposti dal diritto dell’Unione, dal diritto dello Stato membro in cui è stabilita l’organizzazione che utilizza l’opera orfana in questione” [13]. In ogni caso, previa autorizzazione dei detti titolari, è possibile protrarre l’utilizzo delle opere “non più orfane”.

[1] Legge del 22 aprile 1941, n. 633, articolo 69-quater, comma primo, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm#69;

[2] Progetto Europeana, disponibile qui: ;

[3] Raccomandazione Commissione Europea 2006/585/CE, disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM%3Aam0001;

[4] necessità del consenso del titolare dei diritti sull’opera come ribadito dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001 “sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”, disponibile qui: ;

[5] Direttiva n. 2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32012L0028&from=IT;

[6] Decreto legislativo 10 novembre 2014, n. 163, disponibile qui: h6tp://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/11/10/14G00179/sg;

[7] articolo 103, Legge del 22 aprile 1941, n. 633, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm#69;

[8] Articolo 3 Direttiva 2012/28/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 su taluni utilizzi consentiti di opere orfane, disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32012L0028&from=IT;

[9] articolo 69-quater della legge del 22 aprile 1941, n. 633, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm#69;

[10] Regolamento UE n. 386/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19/04/2012, disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32012R0386&from=EN;

[11] articolo 69-bis, Legge del 22 aprile 1941, n. 633, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm#69;

[12] articolo 69-quinquies, Legge del 22 aprile 1941, n. 633, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm#69;

[13] Articolo 6, par. V, Direttiva 2012/28/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 su taluni utilizzi consentiti di opere orfane, disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32012L0028&from=IT;

Valentina Ertola

Dott.ssa Valentina Ertola, laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3 con tesi in diritto ecclesiastico ("L'Inquisizione spagnola e le nuove persecuzione agli albori della modernità"). Ha frequentato il Corso di specializzazione in diritto e gestione della proprietà intellettuale presso l'università LUISS Guido Carli e conseguito il diploma della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l'Università degli Studi di Roma3. Nel 2021 ha superato l'esame di abilitazione alla professione forense. Collaboratrice per l'area "IP & IT".

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