giovedì, Marzo 28, 2024
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Credito d’imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI

La decisione di aprirsi al mercato dei capitali, tramite la quotazione in Borsa, costituisce oggi uno dei fattori di accelerazione più importanti dello sviluppo industriale. Tale decisione deve essere basata su un’attenta valutazione di tutti gli aspetti dell’attività aziendale, del management, dello stadio di sviluppo della società e delle sue prospettive e deve avvenire dopo aver considerato le strade alternative attraverso le quali la società può perseguire i suoi obiettivi. La preparazione alla quotazione richiede l’assistenza di un team di consulenti specializzati che costituisce senza dubbio un costo rilevante soprattutto per le piccole e medie imprese.

Per tale motivo, tra le misure di sostegno e sviluppo per le piccole e medie imprese, è prevista la possibilità di usufruire di un credito d’imposta per le spese di consulenza sostenute dalle PMI che decidono di quotarsi in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione.

Nello specifico l’articolo 1, comma 89 della legge 27 dicembre 2017, n.205 (c.d. legge di Bilancio 2018), ha previsto per le piccole e medie imprese che  successivamente alla data di entrata in vigore della suddetta legge “iniziano una procedura di ammissione alla quotazione in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione di uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo” il riconoscimento, “nel caso di ottenimento dell’ammissione alla quotazione, di un credito d’imposta, fino ad un importo massimo nella misura di 500.000 euro, del 50 per cento dei costi di consulenza sostenuti fino al 31 dicembre 2020, per la predetta finalità”.

Destinatarie di tale normativa sono esclusivamente le PMI così come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, vale a dire le imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del 23 aprile 2018[1] ha chiarito le modalità e i criteri di riconoscimento del credito d’imposta, in particolare ha precisato che possono beneficiare di quest’ultimo le PMI che:

  • sono costituite e regolarmente iscritte al registro delle imprese al momento di richiesta di fruizione dell’agevolazione;
  • operano nei settori economici rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 (regolamento di esenzione), compreso quello della produzione primaria di prodotti agricoli[2];
  • sostengono, a decorrere dal 1° gennaio 2018, costi di consulenza allo scopo di ottenere, entro il 31 dicembre 2020, l’ammissione alla quotazione in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione di uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo;
  • presentano domanda di ammissione alla quotazione successivamente al 1° gennaio 2018;
  • ottengono l’ammissione alla quotazione con delibera adottata dal gestore del mercato entro la data del 31 dicembre 2020;
  • non rientrano tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali e incompatibili dalla Commissione europea;
  • sono in regola con la restituzione di somme dovute in relazione a provvedimenti di revoca di agevolazioni concesse dal Ministero;
  • non si trovano in condizioni tali da risultare impresa in difficoltà così come individuata nel regolamento di esenzione[3].

In merito alla tipologia di attività e costi agevolabili, il legislatore ha stabilito che i costi ammissibili al credito d’imposta sono quelli correlati alle attività di consulenza finalizzate alla quotazione, mentre sono escluse le spese fiscalmente agevolabili se relative ad attività di consulenza prestate da soggetti giuridici collegati all’impresa beneficiaria. Nello specifico l’articolo 4 del decreto 23 aprile 2018 precisa che sono ammissibili al credito d’imposta i costi relativi alle seguenti attività di consulenza:

  • attività sostenute in vista dell’inizio del processo di quotazione e ad esso finalizzate, quali, tra gli altri, l’implementazione e l’adeguamento del sistema di controllo di gestione, l’assistenza dell’impresa nella redazione del piano industriale, il supporto all’impresa in tutte le fasi del percorso funzionale alla quotazione nel mercato di riferimento;
  • attività fornite durante la fase di ammissione alla quotazione e finalizzate ad attestare l’idoneità della società all’ammissione medesima e alla successiva permanenza sul mercato;
  • attività necessarie per collocare presso gli investitori le azioni oggetto di quotazione;
  • attività finalizzate a supportare la società emittente nella revisione delle informazioni finanziarie storiche o prospettiche e nella conseguente preparazione di un report, ivi incluse quelle relative allo svolgimento della due diligence finanziaria[4];
  • attività di assistenza della società emittente nella redazione del documento di ammissione e del prospetto o dei documenti utilizzati per il collocamento presso investitori qualificati o per la produzione di ricerche così come definite nell’art. 3, comma 1, numeri 34 e 35 del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014;
  • attività riguardanti le questioni legali, fiscali e contrattualistiche strettamente inerenti alla procedura di quotazione quali, tra gli altri, le attività relative alla definizione dell’offerta, la disamina del prospetto informativo o documento di ammissione o dei documenti utilizzati per il collocamento presso investitori qualificati, la due diligence legale[5] o fiscale e gli aspetti legati al governo dell’impresa;
  • attività di comunicazione necessarie a offrire la massima visibilità della società, a divulgare l’investment case, tramite interviste, comunicati stampa, eventi e presentazioni alla comunità finanziaria.

Il credito d’imposta può essere riconosciuto, fino a un importo massimo di 500.000 euro, nella misura massima del 50 per cento dei costi complessivamente sostenuti per le attività di consulenza, a decorrere dal 1° gennaio 2018 fino alla data in cui si ottiene la quotazione e, comunque, entro il 31 dicembre 2020. Il beneficio spetta a condizione che l’impresa abbia effettivamente ottenuto l’ammissione alla quotazione. Il credito d’imposta in esame è utilizzabile a decorrere dal decimo giorno lavorativo del mese successivo a quello in cui è stata comunicata la concessione dell’agevolazione fiscale esclusivamente in compensazione orizzontale. L’effettività del sostenimento dei costi e l’ammissibilità degli stessi devono risultare da apposita attestazione rilasciata dal presidente del collegio sindacale, oppure da un revisore legale iscritto nel registro dei revisori legali, o da un professionista iscritto nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Spetterà alla Direzione Generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese del Ministero dello Sviluppo Economico, successivamente alla presentazione dell’istanza e previa verifica dei requisiti previsti nonché della documentazione richiesta, sulla base del rapporto tra l’ammontare delle risorse stanziate per ciascun anno[6] e l’ammontare complessivo dei crediti richiesti, a determinare la percentuale massima del credito d’imposta e a comunicare all’impresa il riconoscimento oppure il diniego dell’agevolazione e, nel primo caso, l’importo effettivamente spettante.

La possibilità di incentivare la quotazione delle PMI su mercati regolamentati e su sistemi multilaterali di negoziazione tramite il credito d’imposta per le attività di consulenza trova il suo fondamento giuridico nel regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, il quale all’articolo 18 sancisce che gli aiuti alle PMI per servizi di consulenza sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall’obbligo di notifica purché soddisfino le condizioni di cui al capo I del medesimo regolamento ed inoltre:

  • l’intensità di aiuto non supera il 50 per cento dei costi ammissibili;
  • i costi ammissibili corrispondono ai costi dei servizi di consulenza prestati da consulenti esterni;
  • i servizi in questione non sono continuativi o periodici ed esulano dai costi di esercizio ordinari dell’impresa connessi ad attività regolari quali la consulenza fiscale, la consulenza legale o la pubblicità.

Il credito d’imposta in esame si pone in continuità con altri interventi normativi (si allude ad esempio alle norme sui mini-bond[7] e sui PIR[8]) in materia di incentivi alla quotazione per le PMI, infatti, la dimensione ridotta delle imprese e la natura familiare della proprietà hanno spesso reso restii gli imprenditori ad aprire il capitale all’ingresso di nuovi soci o a reperire fondi sul mercato di Borsa.

 


[1] Decreto interministeriale 23 aprile 2018, Modalità e criteri di concessione del credito d’imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI, disponibile al seguente link: https://www.mise.gov.it/images/stories/normativa/DM-credito-imposta-quotazione-PMI-con-ALLEGATI.pdf.

[2] Il presente regolamento dovrebbe applicarsi in linea di principio alla maggior parte dei settori dell’economia. Tuttavia, in alcuni settori, come il settore della pesca e dell’acquacoltura, il campo di applicazione dovrebbe essere limitato in considerazione delle norme specifiche vigenti in questi settori.

[3] Cfr. articolo 2, comma 18, regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014.

[4] La due diligence finanziaria è un processo investigativo posto in essere al fine di conoscere le condizioni finanziarie di un’impresa, il valore della stessa e gli eventuali rischi di natura finanziaria connessi all’operazione.

[5] La due dligence legale è un processo investigativo posto in essere al fine di verificare la regolarità e legittimità delle situazioni di fatto e di diritto dell’azienda nonché la regolarità degli adempimenti contrattuali per ravvisare l’esistenza di passività effettive o potenziali derivanti da rapporti giuridici, contrattuali e societari dell’impresa.

[6] Le risorse stanziate corrispondono al limite complessivo di 20 milioni di euro per l’anno 2019 e 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021.

[7] Per maggiori approfondimenti sul tema si veda Michele Pietroluongo, I mini-bond: caratteristiche e funzione, ottobre 2018, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/i-mini-bond-caratteristiche-e-funzione-12834.

[8] Per maggiori approfondimenti sul tema si veda Michele Pietroluongo, Piani Individuali di Risparmio (PIR): il punto a ormai due anni dalla loro introduzione, gennaio 2019, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/piani-individuali-di-risparmio-pir-il-punto-a-ormai-due-anni-dalla-loro-introduzione-16319.

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