giovedì, Aprile 18, 2024
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Criminal Profiling: facciamo un po’ di chiarezza

Introduzione.

Di Criminal Profiling si sente spesso parlare, ma in realtà le conoscenze in merito sono poche e, molte volte, fuorvianti. Per questo motivo, in questo articolo ci si propone di disegnare un quadro più chiaro e preciso di Criminal Profiling, in modo da fugare ogni fraintendimento.

 

Che cosa si intende quando si parla di Criminal Profiling.

Innanzitutto, secondo il noto agente dell’FBI Howard Teten, il Criminal Profiling può essere definito «il metodo per identificare l’autore di un reato basato sulla analisi della natura del crimine e del modo in cui questo è stato commesso, partendo dal presupposto che vari aspetti della personalità dell’autore si riflettono nelle azioni che sceglie di compiere, prima, durante e dopo il crimine»[1].

Sulla base della definizione fornita da Howard Teten si può comprendere immediatamente quale sia la premessa fondamentale del Criminal Profiling: le azioni riflettono la personalità del soggetto, ovvero, rappresentano, più o meno coerentemente, i movimenti interiori, i pensieri, le intenzioni e il carattere dell’offender.

Alla luce di quanto sopra esposto, in concreto, che cosa è il Criminal Profiling? Cosa dovrebbe fare il criminal profiler a fronte della commissione di un reato?

Il Criminal Profiling è una «tecnica investigativa che individua l’insieme di tutte quelle informazioni riguardanti un sospetto sconosciuto, tra cui principalmente caratteristiche comportamentali e di personalità, tramite lo studio e l’analisi dei crimini che ha commesso»[2].

Di conseguenza, considerato che le tracce lasciate sulla scena del crimine possono rappresentare il risultato di determinati comportamenti e azioni, compito del profiler[3] diventa quello di acquisire ed analizzare tutte le informazioni ricavate dalla scena del crimine e usarle per definire la personalità e il comportamento del possibile autore di reato. Il profiler, in particolare, deve saper raccontare che tipo di persona può avere commesso quel fatto e quali possono essere i tratti della personalità di quell’individuo. E il profiler è in grado di stilare il ritratto psico-comportamentale del reo proprio perché, come anticipato, l’offender quando agisce esibisce un determinato modello comportamentale, la cui individuazione e il cui studio permettono di inferire una certa personalità, certe caratteristiche dell’autore del crimine. La scena del crimine, in questo contesto, rappresenta la fotografia della mente dell’individuo; la stessa diventa un canale di comunicazione tra l’offender, che lascia tracce di sé, e il profiler, che le deve raccogliere ed analizzare.

Si precisa che[4] si parla di “modello comportamentale” perché, di fatto, l’offender, per quanto possa variare e usare la fantasia nel modus operandi, avrà sempre un nucleo comportamentale che rimane immutato. Questo succede perché, come si dirà anche nel prosieguo della trattazione, l’individuo quando commette un reato sente anche la necessità di soddisfare i suoi bisogni interiori e più profondi, attraverso modalità che sono in grado di caratterizzarlo univocamente. Nel caso del mostro di Firenze, ad esempio, il modus operandi dei diversi omicidi è cambiato, si è evoluto nel tempo, ma è stato ugualmente sostenuto che gli omicidi non potessero essere stati commessi da più di un soggetto. Perché? Perché il nucleo comportamentale del “Mostro” era il medesimo in ogni singolo omicidio: immediatezza nell’uccidere e concentrazione nella donna, con modalità di azione molto particolari. Si è, tra l’altro, aggiunto che questo nucleo era troppo particolare per poter essere comune a più soggetti.

Da quanto esposto fino a questo momento, si desume dunque che l’obiettivo principale del Criminal Profiling consiste nel raccogliere e analizzare elementi della scena del crimine per aiutare le forze di polizia nell’identificazione dei responsabili ancora ignoti, così da fungere da supporto per le indagini[5]. Il Criminal Profiling, in particolare, fornisce utili informazioni agli investigatori sul possibile autore del reato, senza che quest’ultimo venga identificato nel suo aspetto fisico, quanto piuttosto in quello psico-comportamentale. Da questo punto di vista, l’utilizzo del Criminal Profiling consente, pertanto:

  • il miglior impiego delle risorse investigative, indirizzate solo verso coloro che possiedono certe caratteristiche di personalità e di comportamento;
  • la (conseguente) riduzione del numero dei sospettati, nell’ampia rosa di possibilità, se non addirittura l’individuazione del vero colpevole;
  • la formulazione di strategie per condurre un interrogatorio efficace e per portare il sospettato a confessare.

Elementi fondamentali del Criminal Profiling.

Chiarito che cosa si intende per Criminal Profiling, si può proseguire sostenendo che, sebbene non esista una metodologia universalmente accettata nell’approccio allo stesso, vi sono alcuni elementi fondamentali per la ricostruzione di un profilo psicologico[6], condivisi da molti autori esperti del settore.

L’analisi della scena del crimine rappresenta il primo elemento fondamentale; il secondo riguarda lo studio della vittima e delle possibili relazioni con il suo aggressore. Infine, vi è il case linkage[7].

  • Per quanto riguarda il primo elemento, in aggiunta a quanto è già stato detto sul punto, si rileva che l’analisi della scena del crimine ed il Criminal Profiling sono tecniche investigative differenti. L’analisi della scena del crimine, infatti, si occupa delle tracce e delle prove fisiche, con l’obiettivo di determinare “che cosa è accaduto” e “in che modo è accaduto”. Il Criminal Profiling, invece, parte dall’analisi delle prove rinvenute sulla scena del crimine e dalla ricostruzione della dinamica dell’evento, basata su tali prove, per affrontare la questione del “perché ciò è accaduto” e “cosa questo ci racconta del soggetto che lo ha commesso[8]. Ciò detto, risulta chiaro il motivo per cui l’analisi della scena del crimine è il primo elemento fondamentale del Criminal Profiling: non si può capire il chi e il perché senza sapere il cosa e il come.
  • La maggior parte dei reati violenti prevede una relazione tra la vittima e l’aggressore. Per l’importanza che ha assunto oggi, rispetto al passato, pare opportuno soffermarsi su questo aspetto. La vittimologia, invero, è una branca della criminologia che studia la vittima come soggetto passivo del reato e l’incidenza che essa ha nell’analisi della scena del crimine, attraverso lo studio delle sue caratteristiche e del rapporto che ha con il reo. L’idea sulla base della quale è nata tale scienza è che il criminale non sia l’unico attore, in quanto anche la vittima diventa uno strumento fondamentale ai fini della risoluzione del reato e della comprensione della dinamica delittuosa[9]. L’attenzione incentrata sulla vittima, come elemento essenziale per interpretare il reato a partire dalla relazione interpersonale con il reo, è una conquista della psicologia giuridica e delle tecniche investigative. Oggi, una delle tecniche più efficaci per lo studio della vittima è l’autopsia psicologica[10], cioè «una perizia post – mortem, utilizzata anche in casi di morte equivoca». È chiaro, quindi, che l’autopsia psicologica presuppone la conoscenza dell’identità della vittima, anche se comunque è necessario ricostruire le cause e le dinamiche della morte. È bene sottolineare che questo metodo non ha solo l’obiettivo di raccogliere i dati riguardanti la vittima, ma anche quello di valutare in che misura questi dati possano aver assunto un ruolo nella criminogenetica; tale metodo serve anche a porre le basi per la creazione del profilo psicologico del criminale.
  • Prima di passare a definire il terzo ed ultimo elemento, risulta necessario mettere in luce che il campo applicativo del Criminal Profiling è rappresentato da quei reati in cui emerge maggiormente l’attività deviante del soggetto. Si tratta, segnatamente, di quei reati che possono essere definiti “violenti”, in quanto si ritiene che, in essi, i soggetti tendano a manifestare maggiormente i tratti tipici della loro personalità. A tale proposito, si rileva che, dal punto di vista criminologico, per crimini violenti si intendono: l’omicidio, la violenza sessuale e l’incendio doloso[11]. Inoltre, tali crimini oltre ad essere violenti devono presentare il tratto della serialità, per tale intendendosi il fatto che una serie di crimini vengano commessi da uno stesso soggetto. In sintesi, quindi, il tradizionale settore in cui si utilizza la tecnica del Criminal Profiling è la categoria dei crimini violenti di matrice seriale[12]. A questo punto, occorre sottolineare che non è possibile definire, all’inizio di un’indagine, se un omicidio faccia parte o meno di una catena di reati. Per poterlo sostenere, è necessario, in primis¸ studiare separatamente ogni singolo omicidio. Successivamente, una volta analizzate le matrici soggettive, le vittime e gli aspetti comportamentali che emergono da ogni omicidio, laddove si individuassero una serie di atti criminali, allora si potranno eventualmente connettere i diversi reati l’uno con l’altro. Orbene, questo procedimento di analisi è denominato case linkage. Il case linkage[13], terzo ed ultimo momento fondamentale del Criminal Profiling, è un metodo analitico per mezzo del quale si possono stabilire dei «legami tra casi in precedenza non correlati». Gli elementi utili per poter procedere a questa analisi sono:
  • Prove fisiche.
  • Riscontri medico – legali.
  • Modus Operandi[14]: cioè, le modalità con cui l’offender pone in essere il crimine; in altri termini, è il comportamento che l’autore del reato compie per mettere in atto il reato. Si rileva che tale comportamento è dinamico di conseguenza, modificabile nel tempo.
  • Firma[15]: cioè, quelle attività che il reo non pone in essere per raggiungere il suo obiettivo, ma per soddisfare le sue esigenze personali e i suoi bisogni psichici. In accordo con quanto in precedenza accennato, la firma, a differenza del modus operandi, è un comportamento statico che si ripete, immutato, in ogni scena del crimine.
  • Analisi della vittima.
  • Geographical Profiling.

Considerato quanto è stato appena esposto, si può dunque confermare che la serialità non è un presupposto di partenza, ma al contrario è ciò che si viene a trovare. Grazie all’analisi effettuata con il Criminal Profiling si possono eventualmente ricostruire delle connessioni tra casi.

In conclusione, alla luce di quanto sopra esposto, si può affermare che il Criminal Profiling risulta essere una tecnica che permette di leggere la scena del crimine in maniera dinamica. A fronte della commissione di un reato, invero, non ci si limita più alla mera analisi della scena del crimine, quanto piuttosto alle connessioni che da essa si possono costruire rispetto all’aspetto psicologico e comportamentale del possibile autore di reato. Questo risultato, peraltro, diviene di fondamentale importanza soprattutto per quanto riguarda i crimini violenti di matrice seriale; crimini, cioè, per i quali l’individuazione del reo diventa tanto essenziale quanto difficoltosa. Orbene, a fronte di ciò, il Criminal Profiling – come tecnica di supporto alle indagini – ha il pregio di indirizzare gli investigatori verso quello che, con più probabilità, risulta essere l’autore del reato, in quanto si tratterà di colui che, più di altri, corrisponderà al profilo tracciato dal profiler.

 

Fonte dell’immagine: pixabay

 

[1] F. De Rinaldis, Appunti in tema di Criminal profiling, Università degli Studi della Tuscia, A.A 2019-2020, p. 1, disponibile qui: https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-della-tuscia/criminologia/appunti-di-lezione/12-profssa-de-rinaldis-il-criminal-profiling-appunti/7032548/view.

[2] V. Pasqual, Riassunto dettagliato e specifico sul Criminal Profiling, 4 dicembre 2018, articolo pubblicato su “igorvitale.org”, disponibile qui: https://www.igorvitale.org/riassunto-dettagliato-e-specifico-sul-criminal-profiling/.

[3] R. Bruzzone, Criminal Profiling, Corso tenuto dall’associazione Nerocrime, Roma, 1-2 marzo 2019.

[4]Ibidem.

[5] S, J. Hicks, B. D. Sales, Criminal Profiling, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2009, p. 134.

[6] M. Picozzi, A. Zappalà, Criminal Profiling. Dall’analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale, McGraw Hill Education, Milano, 2002, pp. 5-6.

[7] I. Severini, Criminal Profiling, 9 maggio 2017, articolo pubblicato su “crimint.it”, disponibile qui: http://www.crimint.it/criminal-profiling/.

[8] A. M. Paccilli, Dal “Criminal Profiling” alla scoperta del “colpevole”, 29 agosto 2016, articolo pubblicato su “annamariapacilli.it”, disponibile qui: https://www.annamariapacilli.it/2016/08/29/dal-criminal-profiling-alla-scoperta-del-colpevole/.

[9] S. Sicurella, Lo studio della vittimologia per capire il ruolo della vittima, settembre-dicembre 2012, p. 63, articolo pubblicato su “vittimologia.it”, disponibile qui: https://www.vittimologia.it/rivista/articolo_sicurella_2012-03.pdf.

[10] L. Volpini, Dal criminal profiling all’autopsia psicologica della vittima, 1-2/2012, p. 162, disponibile sul sito: https://www.ledonline.it/index.php/linguae/.

[11] J. E., Douglas, R. K., Ressler, A. Burgess, Crime Classification Manual. Second edition, Jossey-Bass edition, 2006.

[12] Questo si spiega perché «Una serie di omicidi o una serie di aggressioni sessuali sono crimini che vengono solitamente compiuti sulla spinta di particolari spinte motivazionali e fantasie che fanno parte stabilmente del’universo psicologico dell’assassino e che ne connotano profondamente i vissuti ed i bisogni/desideri. In questi casi è molto più probabile ritrovare tracce di queste fantasie e di queste motivazioni nei crimini commessi da questo tipo di soggetti. Maggiore è la disponibilità di tali tracce comportamentali e tanto più accurata sarà l’elaborazione del profilo e quindi più agevole il lavoro del profiler»; R. Bruzzone, Professione Profiler, aprile 2007, articolo pubblicato su “robertabruzzone.com”, disponibile qui: .

[13] F. delicato, Elementi fondamentali del criminal-profiling, articolo pubblicato su “crimine.it”, disponibile qui: .

[14] M. Picozzi, A. Zappalà, Criminal Profiling., cit., p. 1.

[15] Ibidem.

Avv. Maria Vittoria Maggi

Avvocato penalista, esperta in Scienze Forensi, Vice Responsible dell'area di Criminologia di Ius in Itinere. Maria Vittoria Maggi nasce a Padova il 29/07/1992. Dopo un percorso complesso, ma ricco, si laurea  in giurisprudenza il 7 dicembre 2016 con voto 110/110, con tesi in procedura penale, dal titolo "L'esame del testimone minorenne". Prima della laurea, Maria Vittoria svolge uno stage di sei mesi presso il Tribunale di Trento: i primi tre mesi, svolge mansioni legate alla  sistemazione dei fascicoli del giudice e alla citazione di testimoni; per i restanti tre mesi, affianca un magistrato nell'espletamento delle sue funzioni, con particolare riferimento alla scrittura dei capi di imputazione e dei decreti, alla partecipazione alle udienze, alla risoluzione di problematiche giuridiche inerenti a casi in corso di udienza. Una volta laureata, il 7 febbraio 2017 Maria Vittoria decide di continuare il percorso iniziato in precedenza e, così, diventa tirocinante ex art. 73 d.l. 69/2013 presso il Tribunale di Trento. Durante i 18 mesi previsti di tirocinio , la stessa ha assistito un Giudice Penale partecipando alle udienze e scrivendo le motivazioni delle sentenze. Contestualmente al primo anno di tirocinio, Maria Vittoria ha voluto approfondire in maniera più seria la sua passione. Ha, così, iniziato un Master di II livello in Scienze Forensi (Criminologia, Investigazione, Security, Intelligence) presso l'università "La Sapienza" di Roma. Ha concluso questo percorso il 16 febbraio 2018, con una votazione di 110/110L e una tesi dal titolo "L'interrogatorio e l'analisi finalizzata all'individuazione del colpevole". Una volta concluso anche il tirocinio in Tribunale, Maria Vittoria ha intrapreso la pratica forense presso uno studio legale a Trento, approfondendo il diritto civile. Dal 29 ottobre 2018 si è, quindi, iscritta al Registro dei praticanti dell’Ordine degli Avvocati di Trento. Dopo questa esperienza, nell'ottobre 2019 Maria Vittoria decide di frequentare anche un rinomato studio penale di Trento. Questa frequentazione le permette di completare, a tutto tondo, l'esperienza penalistica iniziata con un Pubblico Ministero, proseguita con un Giudice e conclusa con un avvocato penalista. Il 23 ottobre 2020, Maria Vittoria si abilita all'esercizio della professione forense. Dal novembre 2020 Maria Vittoria fa, inoltre, parte di LAIC (Laboratorio Avvocati-Investigatori-Criminologi). Collabora per le aree di Diritto Penale e Criminologia di Ius in itinere. email: mvittoria.maggi92@gmail.com

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