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Crisi umanitaria in Afghanistan: un fronte ancora aperto

Nell’agosto 2021, in seguito alla caduta di Kabul per mano dei talebani, Unione europea e Italia hanno dovuto rispondere all’eccezionale flusso di rifugiati ridefinendo la politica migratoria europea di fronte alla crisi umanitaria in Afghanistan. A distanza di alcuni mesi e di un altro complicato conflitto in corso, si vuole analizzare il sistema di accoglienza dei profughi afghani in relazione alle misure che sono state adottate.

I numeri di una crisi e le reazioni dei Paesi occidentali

I dati divulgati dall’UNHCR nell’aprile 2022[1] riguardo alla crisi afghana parlano di 3,5 milioni di sfollati interni e 2,2 milioni di persone accolte nei Paesi vicini[2]. Da questo punto di vista, la prima linea di intervento adottata per affrontare la crisi afghana consisteva nel concedere contributi economici ai paesi limitrofi in cambio dell’accoglienza nei loro territori dei cittadini afghani in fuga. Quest’opzione è stata tuttavia osteggiata dagli Stati interessati adducendo l’impossibilità oggettiva di accogliere ancora altri rifugiati[3]. Nonostante queste dichiarazioni, le frontiere vengono quotidianamente attraversate dai cittadini afghani in fuga: per fare ciò, essi si rivolgono ai c.d. passeur o corrompono la polizia, andando incontro alle conseguenze che la presenza irregolare sul territorio comporta[4].

Per quanto riguarda la seconda opzione, ossia l’attivazione dei corridoi umanitari verso i Paesi occidentali, nel tempo si sono manifestate forti resistenze opposte da alcuni Stati europei. Nonostante la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen abbia enfatizzato il “dovere morale di aiutare gli afgani”[5], le reazioni di Paesi come Grecia e Polonia non si sono fatte attendere. Il 21 agosto 2021 la Grecia completava l’estensione del muro al confine turco da 12 a 40 km, per contrastare l’arrivo di possibili flussi migratori e per assicurare l’inviolabilità dei confini[6]. Nello stesso periodo, la Polonia passava alle cronache per i respingimenti ai confini e per la volontà legislativa di criminalizzare l’attraversamento illegale delle frontiere e di rendere più difficile il procedimento per la domanda d’asilo, in evidente contrasto con quanto statuito dalla Convenzione di Ginevra[7].

Dall’agosto del 2021 sono ormai trascorsi nove mesi, nel corso dei quali la crisi umanitaria in Afghanistan si è accentuata per una molteplicità di cause. In primo luogo, non sono ancora chiare le politiche che il governo talebano intenda perseguire, come affermato nel recente report della European Union Agency for Asylum (EUAA) “Country Guidance: Afghanistan”[8]. Da un lato, sembra rassicurante il fatto che il livello di violenza indiscriminata nel paese si sia significativamente abbassato[9] dopo la presa di potere dei talebani[10], ma dall’altro risulta evidente il pericolo che corrono le persone a vario titolo invise al governo talebano. A ciò si aggiunga una situazione di drammatica povertà diffusa in tutto il Paese: la mancanza di liquidità, la seconda siccità del 2021 in tre anni e il clima ostile dell’inverno afgano hanno ulteriormente aggravato la crisi umanitaria già in atto. A riprova di ciò, il Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha stimato che su 39 milioni di cittadini, 22,8 milioni vivono in una situazione di insicurezza alimentare acuta[11].

Le misure messe in campo dal governo italiano

Nell’ agosto 2021, il governo italiano riuscì ad evacuare 4.890 afghani con un ponte aereo da Kabul. Delle persone accolte, 3.672 sono entrate nel sistema di accoglienza italiano, assegnate tra reti SAI e CAS[12]. Il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, nel corso del Forum sulla protezione degli afghani a rischio, ha ribadito la necessità di “sviluppare la collaborazione con i Paesi terzi di transito per smantellare le reti dei trafficanti, rafforzando la capacità di accoglienza dei Paesi limitrofi all’Afghanistan [coerentemente con la prima strategia delineata, ndR] e contemporaneamente prevedere canali d’ingresso legali per le persone vulnerabili”[13]. È stato quindi siglato il Protocollo di intesa per la realizzazione di corridoi umanitari per l’Afghanistan, ossia per “l’apertura di flussi legali, numericamente sostenibili e auspicabilmente coordinati a livello europeo[14] e alternativi al traffico illegale di esseri umani, per l’ingresso di 1200 persone da individuarsi, secondo l’art. 1 del Protocollo “tra i cittadini afghani in evidente bisogno di protezione internazionale e i loro familiari”. Si tratta di una definizione che apre a un’interpretazione piuttosto ampia, idonea a far sì che l’individuazione di questi soggetti competa alla discrezionalità del singolo Stato. Inoltre, come evidenziato dalle voci più critiche[15], i corridoi umanitari non rappresentano lo strumento più incisivo nel quadro complessivo: essi costituiscono un aiuto per un numero molto ridotto di persone, prestandosi invece ad essere esaltati dal punto di vista della retorica pubblica.

Il rilascio di un visto d’ingresso per entrare regolarmente in Italia rappresenta invece uno strumento dalla portata più ampia: il visto d’ingresso per ricongiungimento familiare costituisce una possibile via per i familiari di cittadini afghani presenti in Italia, a maggior ragione per coloro che avevano già avviato il procedimento per il ricongiungimento e che si sono visti impossibilitati ad accedere agli uffici delle autorità consolari in Afghanistan[16].

Il diritto al rilascio di visti umanitari

Il Codice europeo dei visti[17] all’art. 25 prevede il diritto al rilascio di un visto con validità territoriale limitata eccezionalmente

a) quando, per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali, lo Stato membro interessato ritiene necessario:

i) derogare al principio dell’adempimento delle condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Schengen;

ii) rilasciare un visto nonostante l’opposizione al rilascio di un visto uniforme manifestata dallo Stato membro consultato a norma dell’articolo 22; oppure

iii)    rilasciare un visto per motivi di urgenza benché non abbia avuto luogo la consultazione preliminare a norma dell’articolo 22;

[…]”.

È chiaro che l’emergenza in Afghanistan non è stata la prima occasione in cui si è discusso della potenziale applicazione di questo tipo di visto, ossia di concedere, in via eccezionale, un visto umanitario per fare ingresso in Europa al fine di presentare domanda di protezione internazionale. Con il ricorso a questa tipologia di visto, si potrebbe aprire un canale di mobilità legale e sicuro verso i Paesi europei[18]. Tuttavia, di questo meccanismo gli Stati membri hanno fatto un utilizzo assai limitato e altamente discrezionale, forti delle conferme provenienti dalla Corte di Giustizia e dalla Corte EDU. Infatti, nel caso X e X c. Belgio deciso il 7 marzo 2017[19], la Corte di Giustizia si è pronunciata sulla questione del rilascio di un visto per motivi umanitari a favore di una famiglia siriana in fuga dalla città assediata di Aleppo. In particolare, pur avendo riconosciuto la sussistenza dei “motivi umanitari” previsti dal Regolamento 810/2009, la Corte nega che l’art. 25 costituisca un obbligo positivo per gli Stati membri di concedere un visto umanitario quando la protezione internazionale è l’unico mezzo per evitare il rischio di violazione dei diritti umani. Nella sua interpretazione restrittiva, la Corte aggiunge che, a voler accogliere il ricorso, si consentirebbe ai cittadini di paesi terzi “di presentare domande di visto finalizzate ad ottenere il beneficio di una protezione internazionale nello Stato membro di loro scelta, il che lederebbe l’impianto generale del sistema istituito dal Regolamento n. 604/2013 [Regolamento Dublino III]” [20]. Successivamente, la Corte EDU nella sentenza M.N. c. Belgio[21] del 2020 ha confermato la pronuncia dei giudici di Lussemburgo, ribadendo che l’applicazione della normativa creerebbe “un obbligo illimitato per gli Stati contraenti di consentire l’ingresso a individui che potrebbero essere a rischio di trattamenti contrari alla Convenzione al di fuori della loro giurisdizione”. L’interpretazione sottesa a queste sentenze riconosce in capo ai singoli Stati la discrezionalità di decidere o meno se rilasciare il visto d’ingresso. Lo stesso Ministero per gli affari esteri e per la cooperazione internazionale (nel prosieguo, MAECI) ha fatto riferimento a questa giurisprudenza per sottolineare fumosamente che “l’Italia fa ricorso a tale tipo di visto esclusivamente nell’ambito degli strutturati programmi di apertura di canali legali che, oltre ai corridori umanitari, includono il programma nazionale reinsediamenti e le evacuazioni umanitarie gestite dal Ministero dell’Interno”.[22]

Tuttavia, nell’ambito della crisi umanitaria afghana, non sono mancati i ricorsi d’urgenza presentati al fine di ottenere il visto umanitario in forza di una pronuncia giudiziale. In particolare, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 21 dicembre 2021 ha ordinato al MAECI di rilasciare visti umanitari, ai sensi dell’art. 25 del Codice dei visti, dopo aver accertato l’esistenza del rischio di grave compromissione dei diritti umani in conseguenza della presa di potere dei talebani. Nel caso di specie, il Tribunale di Roma si è pronunciato a seguito di ricorso urgente ex art. 700 c.p.c. a favore di due giovani giornalisti afgani, affermando che “la situazione dei ricorrenti nel loro paese sia di esposizione a rischio effettivo per l’incolumità personale e per la stessa permanenza in vita”, condizione che integra pienamente la ricorrenza dei motivi umanitari prefigurati dal Codice visti[23].

In conclusione, pare di poter affermare che il rilascio di visti umanitari rappresenti un canale piuttosto limitato per l’ingresso di cittadini afghani in Italia, stante il fatto che non tutti possiedono i mezzi e il supporto per accedere al ricorso giudiziale.

Conclusioni

Risulta di conseguenza evidente che la maggioranza degli ingressi di cittadini afghani in Europa avvenga irregolarmente, al termine di un lungo viaggio, di cui sono note le dinamiche di abuso dei diritti fondamentali. Come si evince dai dati FRONTEX, sono stati 5.369 gli ingressi irregolari di cittadini afghani dalla frontiera orientale nei primi tre mesi del 2022[24]. È questo un dato che stride con il fatto che il 97% delle domande di protezione internazionale presentate da cittadini afghani nel 2021 sono state accolte[25], ad evidente conferma della necessità di tutelare delle persone che ad oggi non possono far rientro in un Paese ancora in piena crisi umanitaria.

A tal proposito, il giorno 5 aprile 2022, il Parlamento Europeo ha formulato una Proposta di risoluzione[26] in cui si delinea chiaramente il quadro complessivo: in primis, si denuncia che “molti richiedenti asilo afghani nell’UE si trovano in una situazione di limbo giuridico che continua a non essere affrontata dagli Stati membri”[27]. In secondo luogo, rispetto ai visti umanitari, il Parlamento riconosce come essi rappresentino un’ancora di salvezza per coloro che cercano di lasciare il paese, oltre che a una possibile via di ingresso legale nell’Unione, rammaricandosi del loro limitato utilizzo[28]. Lo stesso Parlamento auspica l’attivazione della Direttiva 2011/55/CE[29] sulla protezione temporanea anche a favore dei cittadini afghani, una forma di tutela che gli Stati membri hanno prontamente azionato per la crisi ucraina dopo il 24 febbraio 2022. In questa circostanza, l’Unione europea ha reagito con misure sanzionatorie economiche, ponendo particolare attenzione ai risvolti della crisi umanitaria sul piano dell’accoglienza e della tutela dei diritti dei profughi [30]. In questo modo, si è dimostrata la capacità dell’Unione di rispondere con prontezza ed efficacia. Visti i numeri della popolazione sfollata e le condizioni drammatiche di vita, si può affermare che anche l’Afghanistan sia teatro di una crisi umanitaria tutt’ora in corso, per la quale rimane ancora molto da fare a favore della tutela dei diritti umani.

 

[1] UNHCR. Operational Data Portal, Afghanistan, https://data2.unhcr.org/en/situations/afghanistan

[2] Il Pakistan ha accolto 1.282.901 persone, Iran 780.000, Tajikistan 6.775 (dati aggiornati al 31.03.2022).

[3] Il Pakistan, ad esempio, già a fine agosto 2021 ospitava complessivamente 3 milioni di afghani, di cui 1,4 milioni registrati e 1,6 milioni in condizioni di irregolarità.

[4] Fondazione ISMU, Ventisettesimo Rapporto sulle migrazioni 2021, a cura di V. Cesareo, 2022, FrancoAngeli s.r.l., p. 11 ss.

[5]https://www.euronews.com/2021/08/21/ursula-von-der-leyen-says-it-is-a-moral-duty-to-help-afghans

[6] L’affermazione appartiene al Ministro greco per la Protezione dei cittadini Michalis Chrisochoidis. https://www.open.online/2021/08/21/grecia-muro-confine-turchia-migranti-afghani/

[7]Sul punto si veda https://www.euronews.com/2021/08/24/migrants-in-limbo-at-poland-belarus-border-as-polish-legalise-pushbacks

[8] European Union Agency for Asylum (EUAA), “Country Guidance: Afghanistan. Common analysis and guidance note”, aprile 2022, p. 46.

[9] Ivi, pag. 12.

[10] Diversamente, Emergency denuncia una situazione critica in relazione ai frequenti attentati che si stanno verificando a Kabul, da ultimo il giorno 29 aprile 2022 con l’esplosione in una moschea. https://www.emergency.it/blog/dai-progetti/afghanistan-senza-pace/.

[11] Si ha insicurezza alimentare acuta quando la persona non è in grado di consumare alimenti adeguati e perciò la vita o la sussistenza in immediato sono in pericolo. Per approfondire: https://www.fao.org/news/story/it/item/1397611/icode/#:~:text=Si%20ha%20insicurezza%20alimentare%20acuta,la%20sussistenza%20in%20immediato%20pericolo.

[12] L. Misculin, Che fine hanno fatto gli afghani arrivati in Italia, disponibile https://www.ilpost.it/2022/02/14/afghani-italia/

[13]

[14] Protocollo di intesa per la realizzazione del progetto “Corridoi umanitari/ Evacuazioni per l’Afghanistan” tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Interno, la Conferenza Episcopale Italiana, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche, la Tavola Valdese, ARCI – Associazione Ricreativa e Culturale Italiana, INMP – Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà, OIM Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e UNHCR.

[15] In particolare, avv. S. Fachile, “La retorica sui corridoi umanitari e i pericoli annessi”, per Il Manifesto del 28 agosto 2021, disponibile: https://www.asgi.it/notizie/la-retorica-sui-corridoi-umanitari-e-i-pericoli-annessi/

[16] A questo proposito, ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) ha sollecitato tramite lettera del 28.11.2021 destinata al Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, il trasferimento delle competenze relative al rilascio di visti di ingresso per cittadini afghani alle rappresentanze consolari italiane presenti nei Paesi limitrofi. https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2021/09/2021_lettera_Maeci_28_settembre_-afghanistan-1.pdf

[17] Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009 , che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). Si rammenta che i Regolamenti europei sono dotati di efficacia diretta, pertanto sono fonti del diritto vincolanti negli ordinamenti nazionali senza che sia necessaria alcuna normativa di recepimento.

[18]A. Pasquero, M. Micheletti, E. Riffaldi, Anche la Cedu chiude ai visti umanitari, in Questione Giustizia, disponibile https://www.questionegiustizia.it/articolo/anche-la-cedu-chiude-ai-visti-umanitari

[19] Corte di Giustizia, causa C-638/16, X e X c. Belgio, 7 marzo 2017.

[20] Ivi, §48.

[21] Corte Edu, M. N. and others v. Belgium, sentenza del 5 maggio 2020, ric. n. 3599/18, §123.

[22]Facendo seguito alla lettera di sollecito sottoscritta da ASGI, il MAECI ha divulgato il 29 settembre 2021 la sua risposta, disponibile qui: https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2021/10/Lettera-del-Direttore-Generale-Luigi-Maria-Vignali.pdf

[23] Trib. di Roma, ordinanza del 21 dicembre .2021. Sul punto anche Trib. di Roma, ordinanza del 14 gennaio 2022.

[24] È possibile scaricare i dati qui: https://frontex.europa.eu/we-know/migratory-map/

[25] C. Baldi, Afghani e minori, ecco chi sono i richiedenti asilo in Italia: nel 2021 sono stati 56 mila, più del doppio dell’anno precedente, in La Stampa, 13 aprile 2022, disponibile: https://www.lastampa.it/cronaca/2022/04/13/news/afghani_e_minori_ecco_chi_sono_i_richiedenti_asilo_in_italia_nel_2021_sono_stati_56_mila_piu_del_doppio_dell_anno_precede-2981719/

[26] Parlamento Europeo, Proposta di risoluzione sulla situazione in Afghanistan, in particolare la situazione dei diritti delle donne (2022/2571(RSP)) https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2022-0198_IT.html

[27] Ivi, §AC.

[28] Ivi, §33.

[29]Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi, G.U. n. L 212 del 07/08/2001 pag. 0012 – 0023.

[30] S. Casu, Crisi ucraina: l’accoglienza dei profughi tra obblighi di fonte UE e discrezionalità, in Ius in itinere, disponibile: https://www.iusinitinere.it/ucraina-accoglienza-profughi-42221

Isabella Pagin

Isabella Pagin, dottoressa in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Ferrara e (ormai ex) studentessa del Percorso d'Eccellenza Andrea Alciato, con focus sul diritto europeo ed internazionale. Padovana di origine, ma mi sto milanesizzando... Volevo dire ambientando!

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