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Criteri di aggiudicazione: il rapporto tra i commi 3 e 4 dell’art. 95 del Codice

All’ Adunanza Plenaria la definizione del rapporto tra il comma 3 lett. a) ed il comma 4 lett. b) dell’art. 95 del Codice dei contratti, ovverosia se <<vada incondizionatamente declinato nei termini di specie a genere, con la conseguenza per cui, ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3, debba ritenersi, comunque, predicabile un obbligo cogente ed inderogabile di adozione del criterio dell’o.e.p.v.>>

I criteri di selezione dell’offerta migliore – ossia i c.d. criteri di aggiudicazione – hanno un ruolo fondamentale all’interno della disciplina dei contratti pubblici: il loro scopo è quello di garantire che l’aggiudicazione dei contratti avvenga, in un contesto concorrenziale e trasparente, nel pieno rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrazione.

La legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994 (c.d. Legge Merloni) nata sulle ceneri di Tangentopoli, ridusse al minimo la discrezionalità della Stazione Appaltante nell’individuazione dei propri contraenti e pertanto eleggeva quale criterio principe quello del prezzo più basso, rilevando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per i soli casi di appalti-concorsi o concessioni.1

Il codice del 2006 all’art. 81 disponeva che <<la miglior offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso>>.

L’adozione del criterio del prezzo più basso si sostanziava nell’aggiudicazione al concorrente che avesse offerto il minor prezzo rispetto all’importo posto a base della gara, il tutto attraverso un mero raffronto tra le offerte proposte, a priori da qualsiasi valutazione sulle caratteristiche dell’oggetto della prestazione.

Invece, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa era costruito per far sì che la competizione tra gli operatori non fosse esclusivamente economica, implicando anche valutazioni tecnico-qualitative sull’oggetto della prestazione.

La scelta del criterio di aggiudicazione da parte della S.A. era – ed è – espressione di discrezionalità tecnica, soggetta pertanto ad un sindacato giurisdizionale c.d. debole ovverosia, ad esempio, ammesso dal punto di vista dell’eccesso di potere allorquando vengano utilizzati criteri non adeguati all’offerta o ancora, illogici rispetto alla stessa.

Ad oggi, le Direttiva 2014/24/UE, 2014/25/UE e 2014/29/UE hanno rivisitato completamente il vecchio corpus normativo e superando il c.d. principio di equivalenza dei criteri di aggiudicazione2, hanno indirizzato il Legislatore nazionale verso la predilezione dell’ offerta economicamente più vantaggiosa rispetto al criterio del minor prezzo, identificando il primo nel miglior rapporto qualità-prezzo.

Il D.lgs. n. 50/2016 – come modificato dal c.d. correttivo del 2017 – in attuazione delle suddette ha sancito la preminenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, incentrato sul rapporto qualità-prezzo, da utilizzarsi obbligatoriamente per talune categorie ex art. 95 comma 3:

  1. i contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti dall’art. 50 comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a);

  2. i contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro.

Il criterio del prezzo più basso, rilegato sullo sfondo come criterio residuale, è previsto per le ipotesi contemplate dall’art. 95, comma 4, secondo cui può essere utilizzato:

  1. fermo restando quanto previsto dall’articolo 36, comma 2, lettera d), per i lavori di importo pari o inferiore a 2.000.000 di euro, quando l’affidamento dei lavori avviene con procedure ordinarie, sulla base del progetto esecutivo; in tali ipotesi, qualora la stazione appaltante applichi l’esclusione automatica, la stessa ha l’obbligo di ricorrere alle procedure di cui all’articolo 97, commi 2 e 8;

  2. per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato;

  3. per i servizi e le forniture di importo fino a 40.000 euro, nonché per i servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro e sino alla soglia di cui all’articolo 35 solo se, caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo.

Ebbene, qualora l’oggetto del contratto sia qualificabile tanto come servizio ad alta intensità di manodopera quanto come servizio con caratteristiche standardizzate, qual è il rapporto intercorrente tra il comma 3 e 4 dell’art. 95? È un rapporto di specie a genere o viceversa?

La III Sez. del Consiglio di Stato con la sentenza non definitiva n. 882/2019 ha affrontato la suddetta questione, decidendo di rimettere all’ Adunanza Plenaria la definizione del rapporto tra il comma 3 lett. a) ed il comma 4 lett. b) ovverosia se <<vada incondizionatamente declinato nei termini di specie a genere, con la conseguenza per cui, ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3, debba ritenersi, comunque, predicabile un obbligo cogente ed inderogabile di adozione del criterio dell’o.e.p.v.>>3.

A tal proposito, l’art. 95 comma 2 è pienamente rappresentativo della netta preferenza – propria del nuovo codice – per il criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa:

fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici le stazioni appaltanti (…) procedono all’aggiudicazione (…) sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata..”.

Invero, quest’ultima <<assegna a tale criterio di selezione la dignità giuridica di metodo ordinario e generale di aggiudicazione, lasciando, al contempo, emergere, di contro, il palese sfavore per il criterio del prezzo più basso, cui resta riservato un rilievo del tutto residuale, circoscritto a fattispecie tipizzate e, peraltro, soggetto ad un rigoroso obbligo di motivazione>>4.

Orbene, in merito al predetto quesito una prima corrente giurisprudenziale affondando le sua radici nel valore semantico delle proposizioni normative in discorso, nonché nella lettura coordinata e sistematica dell’art. 95 secondo le coordinate date dal Legislatore delegante (L. 11/2016) esclude il ricorso al criterio del prezzo più basso in subiecta materia.

Il rapporto tra i commi in discorso dovrebbe esser declinato come di specie a genere poiché, allorquando ricorrano le fattispecie ex comma 3, sussisterebbe <<un obbligo speciale e cogente di adozione del criterio dell’’offerta economicamente più vantaggiosa che, sovrapponendosi e irrigidendo la ordinaria preferenza per tale criterio prevista in via generale dal codice, non ammetterebbe giammai deroghe, nemmeno al ricorrere delle fattispecie di cui al comma 4 ed indipendentemente dallo sforzo motivazionale compiuto dall’amministrazione>>5

Pertanto, fermo restando il rapporto regola/eccezione tra i commi 2 e 4 dell’articolo, il comma 3 in realtà avrebbe introdotto un’ulteriore previsione derogatoria ed autonoma, in virtù della quale, essendo esclusivo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dovrebbe escludersi in radice la possibilità di ricorrere al criterio del prezzo più basso per l’affidamento dei servizi ad alta intensità di manodopera.

Ancora, secondo questa chiave di lettura, la suddetta sarebbe altresì l’unica soluzione ermeneutica costituzionalmente compatibile in quanto, l’alternativa rappresentata dalla possibilità di ammettere una deroga all’anzidetto criterio per il caso di prestazioni standardizzate configurerebbe <<un contrasto frontale con le vincolanti coordinate ricavabili dalla legge delega (l. n. 11/2016 cit.)6(…) La ribadita e inequivoca presenza di divieti espressi e tassativi ad ipotesi di deroghe all’obbligo della offerta economicamente più vantaggiosa nel caso di appalti ad alta intensità di manodopera, come sopra declinati, escluderebbe, in radice, la possibilità per il legislatore delegato di orientarsi diversamente>>7.

Infine, tale tesi interpretativa troverebbe manforte nel fatto che, opinando diversamente, il comma 3 risulterebbe superfluo e ridondante, riespandendosi nuovamente la regola generale del comma 2 al di fuori delle ipotesi derogatorie del comma 4 nonché nelle linee guida A.N.A.C. n. 2 e 10, dalle quali si evince la prioritaria applicazione del comma 3 e la rilegazione delle ipotesi del comma 4 ai soli casi in cui il costo della manodopera sia inferiore al 50% del valore dell’appalto.

Inoltre, anche la Direttiva 2014/24, superando il summenzionato criterio di equivalenza, sembrerebbe avallare detta ricostruzione, comportando una stretta applicazione del criterio del prezzo più basso in favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

<<La maggior attenzione alle esigenze di protezione sociale a presidio delle quali si pone il criterio di cui all’articolo 95 comma 3 lettera a), e confluita nelle scelte di fondo che connotano l’innovativo assetto normativo sopra lumeggiato, rischierebbe di diventare recessiva in ambiti pur ritenuti dal legislatore particolarmente sensibili esponendo la dinamiche delle gare ad una costante rincorsa al ribasso tutta polarizzata sull’abbattimento del costo del lavoro.>>

La corrente giurisprudenziale che si oppone all’anzidetta ribalta completamente il rapporto di genere a specie, assegnando all’art. 95, comma 4, lett. b) una valenza derogatoria rispetto alla previsione speciale del comma 3, <<concludendo nel senso dell’idoneità della detta previsione derogatoria (ex articolo 95 comma 4 lett. b) del Dlgs. 50/2016) a reggere in via autonoma, e dunque a regolare, ogni appalto caratterizzato da “prestazioni standardizzate”, ancorchè “ad alta intensità di manodopera>>8.

L’art. 95 comma 4, lett. b) consente, espressamente ed in via d’eccezione, che per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate ovvero le cui condizioni sono previste dal mercato, si possa ricorrere al criterio del minor prezzo. In vero, la ratio della disposizione sarebbe finalizzata alla garanzia di <<una significativa accelerazione della procedura, soprattutto quando le prestazioni non devono assolutamente differire da un esecutore ad un altro>>.9

Pertanto, l’ambito di applicazione del minor prezzo sarebbe circoscritto a procedure che, per loro natura, sono strettamente vincolate a precisi ed inderogabili standard tecnici o contrattuali talché non sarebbe ravvisabile alcuna necessità di procedere all’acquisizione di offerte differenziate.

In virtù di ciò, nell’ipotesi illustrata, si può prescindere <<da una peculiare e comparativa valutazione della qualità dell’esecuzione, in quanto questa viene fissata inderogabilmente a priori dal committente nell’allegato tecnico>>10.

Pertanto, contrariamente a come prospettato ex adverso, la lett. b), comma 4, art. 95 ha ad oggetto una fattispecie ontologicamente diversa tanto dall’ipotesi di “alta intensità di manodopera” del comma 3, lett. a) quanto da quella denotata <<da “notevole contenuto tecnologico” o di “carattere innovativo” di cui all’art 95 comma n. 4 lett. c) del codice dei contratti, attinenti tipicamente a prestazioni di contenuto evolutivo>>11.

Ai contratti con caratteristiche c.d. standardizzate, dunque, non sottostarebbe alcuna ragione e/o utilità relativa ad un’autonoma valutazione e valorizzazione degli elementi non meramente economici, in quanto proprio perché vincolati al c.d. standard devono coincidere tra le varie imprese, non essendovi necessità di acquisire offerte differenziate.

Il servizio standardr si pone come profilo discriminante e, pertanto, in virtù di quest’ultima chiave interpretativa, sarebbe ex se idoneo a giustificare <<lo scorporo dalla previsione operativa di cui al comma 3, già di per sé contraddistinta dalla dignità giuridica di norma speciale, di un nucleo ancor più ristretto di fattispecie da sottoporre a disciplina derogatoria>>.12

Più precisamente, la suddetta peculiarietà ammetterebbe l’isolamento – all’interno del più ampio genus dei servizi ad alta intensità di manodopera – di un particolare sottoinsieme che il Legislatore avrebbe inteso sottoporre ad una disciplina differenziata anche considerando che, essendo già definite in virtù di uno standard <<non avrebbe senso prescrivere una valutazione di “qualità/prezzo”.>>13 Pertanto, gli appalti ad alta intensità di manodopera devono essere ricondotti nell’ipotesi del comma 3 lett. a), a meno che non siano ascrivibili a quelli contrassegnati dalla c.d. standardizzazione della prestazione, nel qual caso ricadrebbero invece nel raggio d’applicazione del comma 4, lett. b).

Infine, appare opportuno precisare che il Collegio nel sottoporre il quesito all’Adunanza Plenaria ha altresì evidenziato che: <<questo Consiglio, in sede consultiva (Commissione speciale costituita con d.p.c.s. dell’11 settembre 2017), chiamato ad esprimere il proprio avviso sullo schema di linee guida per l’affidamento del servizio di vigilanza privata (parere n. 1173/2018 del 3.5.2018), dopo aver riportato la posizione dell’ANAC, secondo cui “il rapporto fra comma 3 (ricorso all’OEPV per gli appalti ad alta intensità di manodopera) e comma 4 del predetto articolo 95 (possibilità dell’utilizzo del minor prezzo negli specifici casi contemplati) sarebbe di specie a genere …”, ha così, sul punto, concluso “..questo Consesso rileva solo la confusione tra “genere” e “specie” contenuta nell’ultimo capoverso di pag. 11 dello schema di linee guida”, lasciando così ipotizzare una possibile portata derogatoria della previsione di cui al comma 4 rispetto a quella prevista al comma 3>>.

1 La scelta del Legislatore italiano dell’epoca venne poi bacchettata dalla Corte di Giustizia in quanto la Sez. II, 7 ottobre 2004, in causa C-247/2002, affermò che <<l’art. 30, n. 1, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale, ai fini dell’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici mediante procedure di gara aperte o ristrette, imponga, in termini generali ed astratti, alle amministrazioni aggiudicatici di ricorrere unicamente al criterio del prezzo più basso>>.

2 Il quale comunque era mitigato dal c.d. principio di adeguatezza del criterio prescelto che imponeva la scelta del criterio più adeguato in relazione alle specifiche dell’oggetto del contratto.

3 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

4 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

5 cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 2014 del 2 maggio 2017; Cons. Stato, Sez. V, 16.8.2018, n. 4945, nella parte in cui ha richiamato la cogenza del disposto di cui all’articolo 95 comma 3; TAR Lazio, Roma, Sezione Terza Ter, n. 12439 del 12.12.2016; Sezione Seconda Ter n. 11323 del 15.11.2016.

6 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019: <<Com’è noto l’art. 1, co. 1, lett. ff)1, l. cit indica, tra i “principi e criteri direttivi specifici”, l’utilizzo, per l’aggiudicazione, del “criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”, con riferimento all’“approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita” e al “«miglior rapporto qualità/prezzo» valutato con criteri oggettivi …” , prevedendo altresì la “regolazione espressa dei criteri, delle caratteristiche tecniche e prestazionali e delle soglie di importo entro le quali le stazioni appaltanti ricorrono al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta..”.

Al contempo, la successiva lett. gg), dettata, fra gli altri, in riferimento ai contratti relativi ai servizi “ad alta intensità di manodopera”, e definiti come quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto, precisa che l’aggiudicazione può avvenire “esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come definita dalla lettera ff), escludendo in ogni caso l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta”.

Di poi, e con distinta previsione, compendiata alla lettera fff), il legislatore delegante ha imposto la “previsione di una disciplina specifica per gli appalti pubblici di servizi, diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera, definiti come quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto, prevedendo l’introduzione di «clausole sociali» volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prendendo a riferimento, per ciascun comparto merceologico o di attività, il contratto collettivo nazionale di lavoro che presenta le migliori condizioni per i lavoratori ed escludendo espressamente il ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta, comunque nel rispetto del diritto dell’Unione europea”.>>

7 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

8c.f.r. Cons. Stato, Sez, III, 13.3.2018, n. 1609, il cui indirizzo è stato ripreso in varie pronunce di primo grado:

cfr. T.A.R. Sicilia, Sez. III, 20 dicembre 2018, n. 2695; T.A.R. Sicilia, Sez. II, 28 novembre 2018, n. 2519; Tar Puglia Lecce, Sez. II – sentenza 23 aprile 2018 n. 718; TAR Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 16.8.2018, n. 333;13.1.2017 n. 30

9 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

10 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

11 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

12 Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

13Consiglio di Stato, III Sez., sentenza non definitiva n. 882/2019.

Federica Gatta

Giovane professionista specializzata in diritto amministrativo formatasi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza a 23 anni il 18/10/2018 con un lavoro di tesi svolto con la guida del Professor Fiorenzo Liguori, sviluppando un elaborato sul Decreto Minniti (D.l. n. 14/2017) intitolato "Il potere di ordinanza delle autorità locali e la sicurezza urbana" , ha iniziato a collaborare con il Dipartimento di Diritto Amministrativo della rivista giuridica “Ius in Itinere” di cui, ad oggi, è anche Vicedirettrice. Dopo una proficua pratica forense presso lo Studio Legale Parisi Specializzato in Diritto Amministrativo e lo Studio Legale Lavorgna affiancata, parallelamente, al tirocinio presso il Consiglio di Stato dapprima presso la Sez. I con il Consigliere Luciana Lamorgese e poi presso la Sez. IV con il Consigliere Silvia Martino, all'età di 26 anni ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense, esercitando poi la professione da appartenente al COA Napoli. Da ultimo ha conseguito il Master Interuniversitario di secondo livello in Diritto Amministrativo – MIDA presso l’Università Luiss Carlo Guidi di Roma, conclusosi a Marzo 2023 con un elaborato intitolato “La revisione dei prezzi nei contratti pubblici: l’oscillazione tra norma imperativa ed istituto discrezionale”. Membro della GFE ha preso parte alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, Guida Editore; inoltre ha altresì collaborato con il Comitato di inchiesta “Le voci di dentro” del Comune di Napoli su Napoli Est. Da ultimo ha coordinato l'agenda della campagna elettorale per le elezioni suppletive al Senato per Napoli di febbraio 2020 con "Napoli con Ruotolo", per il candidato Sandro Ruotolo. federica.gatta@iusinitinere.it - gattafederica@libero.it

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