giovedì, Aprile 18, 2024
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Dal mutuo di scopo al credito al consumo finalizzato?

Il mutuo di scopo è il contratto attraverso il quale una parte (mutuante) mette a disposizione dell’altra (mutuatario) una certa quantità di danaro per la realizzazione di una finalità espressamente individuata nel regolamento negoziale. Il mutuatario, oltre all’obbligazione di restituzione della somma ricevuta, eventualmente maggiorata degli interessi, ha l’obbligo di realizzare il predetto scopo.

Tale figura non deve essere assimilata al mutuo disciplinato dal codice civile dal quale si differenzia per svariati elementi.

Gli artt. 1813 e ss c.c. infatti delineano un contratto a natura reale il cui elemento costitutivo è la consegna del denaro (cd traditio).

Il mutuo di scopo, la cui qualificazione giuridica è stata oggetto di annoso dibattito dottrinario e giurisprudenziale, è un contratto consensuale, con funzione creditizia, in cui assume rilievo fondamentale l’esecuzione dello scopo per il quale è stato richiesto ed in cui la dazione delle somme è un mero adempimento di un’obbligazione.

Nell’ambito della fattispecie in parola occorre altresì distinguere il mutuo di scopo legale da quello volontario.

La prima tipologia prevede un regolamento ben preciso individuato per legge, generalmente leggi-incentivo (come ad esempio in tema di sviluppo del settore industriale, interventi per il Mezzogiorno), nel quale le opere da realizzare, per cui è possibile accedere a formule di credito speciali o agevolate, sono testualmente indicate e sottintendono altresì l’esistenza di un interesse di natura pubblicistica.

Nel mutuo di scopo volontario la finalità da realizzare è rimessa integralmente alla volontà delle parti. Tale impianto negoziale pertanto è atipico, espressione dell’autonomia contrattuale, con cui i contraenti possono liberamente determinare il fine sotteso all’erogazione del mutuo, l’ammontare dello stesso, gli interessi, le modalità ed i termini dell’esecuzione dello scopo e della restituzione delle somme mutuate.

Proprio l’esecuzione dello scopo da parte del mutuatario è considerata l’obbligazione dalla quale discende la validità del contratto. Pertanto all’atto della sottoscrizione il predetto fine deve essere lecito e di possibile realizzazione. In mancanza di questi elementi molte pronunce giudiziarie hanno sancito la nullità dei contratti di mutuo, travolgendo conseguentemente anche le garanzie costituite a tutela del mutuante per la restituzione delle somme (Cass. Civ. 6395/2015).

Ancora, nei casi di distrazione dell’importo ricevuto dalla realizzazione delle finalità convenzionalmente pattuite, molte sentenze hanno proclamato la risoluzione per inadempimento, con diritto del mutuante ad ottenere l’immediata restituzione di quanto versato.

Il predetto modello negoziale è stato in più occasioni rinvenuto dalla giurisprudenza di legittimità nei contratti di credito al consumo finalizzati all’acquisto di beni.

Pertanto in presenza ad esempio di tali convenzioni (si pensi ad esempio al fenomeno diffuso di credito concesso per l’acquisto delle autovetture), la Suprema Corte ha riscontrato la sussistenza di uno schema negoziale sussumibile al mutuo di scopo.

Tale impostazione ha permesso di riconoscere ai consumatori alcune tutele che altrimenti sarebbero state inapplicabili.

Vediamo in che modo.

Il contratto di credito finalizzato all’acquisto di un bene/servizio normalmente si realizza con la conclusione di due contratti: uno con il soggetto che eroga la somma e l’altro con il fornitore dei beni o dei servizi volti alla realizzazione dello scopo.

Le problematiche connesse sono pertanto svariate. Ad esempio la mancata esecuzione dell’obbligazione da parte del fornitore del bene o del servizio, quali conseguenze provoca sul contratto di finanziamento? Il consumatore resta comunque vincolato alla restituzione della somma, già corrisposta al fornitore, anche in assenza del raggiungimento dello scopo non dipendente dalla sua volontà?

Vivo era il contrasto tra la tesi di chi riconosceva un collegamento necessario tra due contratti e l’opposta teoria che sosteneva l’autonomia degli stessi in quanto dotati di cause radicalmente distinte.

La giurisprudenza, contrariamente alla dottrina, ha costantemente individuato il predetto collegamento, affermandone la sussistenza anche in caso di “contratti stipulati tra soggetti diversi” qualora “gli stessi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde consentire il raggiungimento dello scopo voluto dalle parti.” (Cass. Civ. 131164/2007 – Cass. Civ. 12454/2012).

Individuando pertanto l’unitarietà dell’operazione economica ed inquadrando il predetto impianto quale mutuo di scopo, al mancato ottenimento del bene o del servizio corrisponde il diritto del consumatore / mutuatario di essere liberato dall’obbligazione di restituzione della somma nonché di ricevere la restituzione delle rate eventualmente corrisposte, dovendo il mutuante esercitare le proprie azioni direttamente nei confronti del fornitore inadempiente a cui è stata consegnata la somma.

Tale orientamento è stato poi recepito nel testo unico bancario- ponendo finalmente termine ai contrasti interpretativi- che all’articolo 125 quinquies testualmente prescrive “nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore di beni o dei servizi, il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrano le condizioni di cui all’art. 1455 c.c.” prevedendo altresì al secondo comma che “la risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato”.

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

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