giovedì, Marzo 28, 2024
Labourdì

Dalle co.co.co alle co.co.org, una ricognizione della normativa

Quando parliamo di collaborazioni (co.co.co, co.co.org.) ci riferiamo al concetto di parasubordinazione, cos’è? Categoria che si pone nel mezzo tra i rapporti di lavoro subordinati di cui all’art.2094 e segg. cc e i rapporti di lavoro autonomi.

Sia il 2094 sia il 2222cc sono collocati nello stesso libro del codice civile, il libro “del lavoro”. Da qui si comprende come il lavoro sia nella forma autonoma che subordinata ha carattere comune, ed infatti anche il lavoro autonomo può comunque essere considerato fattore della produzione all’interno dell’impresa.

La prestazione così svolta deve chiaramente coordinarsi con l’attività dell’imprenditore presso cui il lavoratore autonomo svolge la sua attività di lavoro. Può indicare la durata della prestazione, oppure il luogo presso il quale deve svolgersi la prestazione, quindi in sostanza da delle direttive all’autonomo affinchè l’opera di quest’ultimo agisca come integrata all’opera del datore. La intensità con la quale questo tipo di coordinamento si svolge può creare dei problemi di qualificazione della fattispecie [nei casi pratici non è sempre facile capire se si tratta di lavoro subordinato o autonomo] da questa difficoltà la giurisprudenza prima insieme alla dottrina e poi il legislatore hanno dato vita alla figura delle parasubordinazione.

Si è sentita la necessità di creare questa figura perché i lavoratori parasubordinati essendo formalmente autonomi si trovano in una soggezione di tipo economico rispetto al committente nei confronti del quale svolgono la propria prestazione.

La figura del lavoratore parasubordinato viene riconosciuto per la prima volta dal legislatore nell’ambito di una legge processuale L. 533/1973 la legge che ha riformato il processo del lavoro. Con questa il legislatore stabilì che anche il rapporto parasubordinato fosse attribuito alla competenza del giudice del lavoro, prevedendo inoltre che i rapporti di lavoro parasubordinato sottostessero al 2113 cc articolo in tema di rinunce e transazioni.

Secondo questa legge era parasubordinato chi svolgeva una collaborazione che si concretava in una prestazione d’opera e che doveva avere i caratteri:

  • della continuità: si intende che il collaboratore deve svolgere la sua attività per un tempo ragionevolmente lungo.
  • del coordinamento rispetto all’attività del committente: è indispensabile che vi sia un collegamento tra l’attività svolta dal collaboratore e l’attività economica del committente, quindi l’attività del collaboratore può definirsi strumentale rispetto a quella del committente.
  • deve inoltre essere una attività prevalentemente personale: in tal senso si può agilmente distinguere dall’autonomo in quanto quest’ultimo può avvalersi di terzi suoi collaboratori.

Nel 1973 nascono quindi le co.co.co che si caratterizzano per libertà nell’esecuzione della prestazione, e libertà di organizzazione da parte del collaboratore.

Nel corso del tempo l’utilizzo di questo istituto è andato crescendo enormemente, ed in conseguenza mano a mano che la figura diventava centrale le tutele che il legislatore riconosceva sono aumentate.

La diffusione delle parasubordinazioni è sicuramente motivata dal fatto che si poteva fruire di un soggetto che era molto simile a un subordinato senza però tutte le tutele di quest’ultimo. Il rischio era perciò che venisse utilizzato in modo elusivo rispetto alla normativa per il subordinato.

Nel 1995 è stata prevista l’istituzione nell’ambito dell’INPS di una gestione “separata” nella quale vanno a confluire tutti i contributi versati dai parasubordinati.

Per quanto riguarda la contribuzione presso l’INPS si è assistito ad un aumento dell’aliquota contributiva, negli anni 90 era del 10%, quando i subordinati avevano già una aliquota del 33%, nel 2013 i parasubordinati erano sottoposti ad un aliquota del 27%, ma con la riforma Fornero si è previsto un progressivio aumento sino a parificarli.no

Ai lavoratori parasubordinati inoltre viene garantita anche la tutela dell’INAIL.

Queste fino a poco tempo fa erano le tutele accordate ai parasubordinati. A partire da queste poche disposizioni si sono verificati dei fenomeni di elusione della normativa sul lavoro subordinato.

Nella storia dell’istituto dopo la sua istituzione tre sono stati gli interventi principali, dapprima la riforma Biagi con il d.lgs. 276/2003 negli artt. da 61 a 69, poi la riforma Fornero L. 92/2012 ed infine il Jobs Act con il d.lgs. 81/2015.

Nel 2003 il legislatore aveva cercato di dare una definizione più chiara di lavoro parasubordinato, l’elemento a cui il legislatore aveva pensato era il “progetto” tanto è vero che le co.co.co hanno preso il nome di co.co.pro.. In particolare il decreto 276/2003 dava una definizione di progetto indicando che questo tipo di collaborazioni dovevano essere sempre riconducibili a uno o più progetti che fossero specifici programmi di lavoro o fasi di esso, questi progetti dovevano essere programmati dal committente ma gestiti in modo autonomo dal collaboratore, in funzione di un risultato specifico e indipendentemente dal tempo impiegato per raggiungerlo. Quindi non c’è in capo al committente il potere direttivo e conformativo del datore, e la legge specifica che il risultato deve essere raggiunto indipendentemente dal tempo impiegato.

Si è pensato fosse importante legare il progetto alla collaborazione perché il senso della stessa sta proprio nell’espletamento di un progetto preciso, certamente comunque inserito in un contesto aziendale, ma non in modo permanente, in assenza di un progetto infatti il rapporto si doveva ritenere subordinato a tempo indeterminato.

Erano poi escluse alcune categorie dalla disciplina dei co.co.pro con i quali era ancora possibile stipulare un co.co.co., in particolare potevano ancora costituire co.co.co.:

  • professionisti intellettuali iscritti ad un albo.
  • coloro che svolgevano l’attività nell’ambito di associazioni sportive dilettantistiche.
  • componenti degli organi di amministrazione e collegi sindacali delle società.
  • coloro che percepivano la pensione di vecchiaia,

Nonostante la creazione di questa figura il rapporto parasubordinato veniva ancora utilizzato per eludere la normativa del lavoro subordinato. Proprio per questo la L. 92/2012 ha cercato nuovamente di dare un giro di vite.

In particolare questa riforma interviene sul concetto di progetto dicendoci che affinché ci sia una co.co.pro. genuina il progetto deve essere collegato ad un risultato finale, che non può coincidere con una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente e non può comportare lo svolgimento di attività meramente esecutive e ripetitive. Altrimenti il progetto darebbe vita ad un rapporto subordinato camuffato. Laddove poi si stabilisce un risultato finale specifico si vuole inibire al committente il potere di conformare l’esecuzione della prestazione, si cerca di escludere l’etero organizzazione che è la base del lavoro subordinato.

Sempre nel 2012 la legge stabilì inoltre che i co.co.pro dovessero avere forma scritta e che nell’ambito della pattuizione per iscritto fossero indicati la durata della prestazione oltre che il progetto; venne inserita inoltre una presunzione assoluta, laddove il contratto non avesse previsto il progetto allora lo stesso si sarebbe considerato come rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato senza che fosse possibile dare prova contraria. Oltre a questa presunzione assoluta venne prevista una presunzione semplice, chiaro tentativo del legislatore di distinguere i co.co.pro. dalla cattiva prassi delle cd. False partite iva, prevedendo che laddove si fossero presentati due dei seguenti presupposti, in un rapporto di lavoro autonomo, questo si sarebbe considerato co.co.pro.:

  • La collaborazione aveva una durata superiore a 8 mesi per due anni consecutivi.
  • Il corrispettivo che il collaboratore percepiva nell’arco di due anni solari consecutivi costituiva più dell’80% dei corrispettivi percepiti.
  • Nel caso in cui il lavoratore avesse una posizione fissa nell’ambito della sede del committente.

Chiaramente trattandosi di presunzione semplice si sarebbe sempre potuta dare la prova contraria.

Ultime importanti declinazioni, idonee a dare maggior tutela ai parasubordinati furono: la previsione che la retribuzione oraria non fosse inferiore ai minimi retributivi come indicati dal ccnl del settore più vicino a quello del lavoratore a progettoe l’obbligo di garantire al lavoratore un preavviso in caso di recesso.

Nel 2015 è intervenuto il Jobs Act con il decreto 81/2015, rimescolando le carte. L’obiettivo derivava da un esigenza pratica, l’aumento di norme non era stato sufficiente a creare una distinzione tra i rapporti.

L’obiettivo era portare i rapporti di lavoro o alla disciplina del subordinato o a quella del lavoro autonomo, con delle precisazioni.

Innanzitutto le collaborazioni in vita al 25 giugno 2015 avrebbero avuto diritto di proseguire ed essere disciplinate con la vecchia normativa. Dal 2015 non esiste più la possibilità di stipulare le co.co.pro. i percettori di pensione di vecchiaia non possono più accedere a co.co.co liberamente, e sono state spazzate via le presunzioni sulle false partite iva.

Si è cercato di fare un pò di ordine, l’assetto dei contratti di lavoro appaiono quindi con questa riforma così suddivisi, da un lato troviamo il lavoro autonomo di cui all’art. 2222 cc, leggermente più in direzione del lavoro subordinato risorgono le co.co.co. quelle dell’art 409 cpc così come modificato nel 1973 ed all’estremo opposto troviamo il lavoro subordinato classico.

L’art 2 c 1 d.lgs. 81/2015 ci dice che ai rapporti di collaborazione che si concretano in una prestazione di lavoro esclusivamente personale che siano continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e luoghi di lavoro, si applica la disciplina del lavoro subordinato. Se abbiamo una prestazione esclusivamente personale, se la prestazione è continuativa e se il committente ha il potere di indicare come indicare il lavoro allora si applica la disciplina del lavoro subordinato.

Queste vengono chiamate co.co.org. collaborazioni continuative organizzate, si differenziano rispetto alle altre per la etero organizzazione. Nel lavoro subordinato abbiamo la etero direzione, qui invece la etero organizzazione, indicata dal committente, se c’è la etero organizzazione si applica la disciplina del subordinato.

La circolare 3/2016 del ministero ci spiega meglio quando siamo in presenza di “co.co.org”. I tre requisiti devono coesistere e la mancanza di uno di essi fa si che non vi sia un rapporto qualificabile co.co.org.,inoltre la normativa ci indica cosa si intende per organizzazione dei luoghi e dei tempi di lavoro, per l’orario il committente deve imporre in modo unilaterale l’orario di lavoro, per le ulteriori modalità di svolgimento l’interpretazione è da ritenere che siamo in presenza di co.co.org. se il committente può incidere sul quando sul come e sul dove. Abbiamo quindi un committente che si comporta in modo simile ad un datore di lavoro.

Anche qui valgono le eccezioni, salvo che per i pensionati, in linea generale se si verificano questi tre presupposti siamo in presenza di co.co.org. salvo in alcune ipotesi:

  • Prestazione di professionisti iscritti ad albi.
  • Sindaci e amministratori di società.
  • Contratti certificati da Commissioni di certificazione.
  • Prestazioni rese ad Associazioni sportive dilettantistiche
  • Il caso in cui il ccnl sottoscritto dal sindacato comparativamente più rappresentativo abbia espressamente individuato particolari tipi di collaborazione per le quali sia presente un particolare trattamento economico normativo.

 

LE ULTIME NOVITA’ NORMATIVE – la Legge 81/2017 Statuto dei Lavoratori Autonomi

 

Dal 2015 al 2017 abbiamo avuto la situazione di cui sopra ed ai i co.co.co. venivano assicurate solo le tutele dell’art. 409cpc e 2113cc INPS e INAIL. Lo statuto degli autonomi è intervenuto per garantire quindi una serie di tutele per questi soggetti. Questa legge si costituisce di due capi, una sui lavoratori autonomi in senso stretto, uno sullo smart working (che riguarda però il lavoro subordinato).

Questo statuto risponde ad una tendenza espansiva al lavoro subordinato poiché la tutela garantita negli anni ai subordinati si è dimostrata efficace e qualora si riscontri la debolezza di un soggetto nel mondo del lavoro si cerca di estendere a questi le garanzie del lavoro subordinato. Quindi l’obiettivo è:

  • Maggiore tutela per gli autonomi.
  • Appesantire il costo del lavoro autonomo nel senso che si disincentiva la prassi di utilizzo fraudolento di questo per mascherare il lavoro subordinato.

L’ambito di applicazione dello Statuto lo troviamo all’art. 1, si applica a rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo terzo libro V° del codice civile, esclusi gli imprenditori, anche se piccoli(coltivatori diretti, artigiani e commercianti). Quindi questo statuto si applicherà:

  • A professionisti con partita iva
  • Ai prestatori d’opera
  • Ai co.co.co.

Si prevede per la maternità una novità, i lavoratori parasubordinati e autonomi equiparati possono fruire dell’indennità di maternità anche nel caso in cui non si astengano dal lavoro. In passato per avere la tutela la lavoratrice doveva non lavorare, ora anche se continua a esercitare l’attività.

Si prevede poi che tutte le attività di formazione siano deducibili fino a 10000 euro, corsi convegni master etc, poi c’è una particolare ipotesi di tutela per i pagamenti, in caso di ritardo nel pagamento ma solo quando la transazione sia tra professionisti, tra professionisti e p.a. e professionisti e imprese, sono dovuti gli interessi moratori, cosa che era prevista solo per gli imprenditori in passato.

Sono poi considerate clausole abusive e quindi nulle:

  • quella che stabilisca un termine di pagamento superiore a 60 gg.
  • la possibilità per il committente di modificare unilateralmente il rapporto. Si vuole garantire una tutela al soggetto debole.

Viene ritenuto inoltre abusivo il comportamento del committente che non voglia stipulare per iscritto, questa è un assoluta novità, e di certo la forma scritta è garanzia di certezza.

Viene stabilizzata poi, in riferimento ai soli co.co.co. la dis.col. i collaboratori hanno diritto a ricevere un sussidio di disoccupazione se restino senza loro colpa senza lavoro.

Non viene invece estesa a professionisti con partita iva e prestatori d’opera la tutela sul piano processuale, però si stabilisce un’altra novità, le scritture contabili dei lavoratori autonomi si ritiene costituiscano prova scritta per poter ottenere un decreto ingiuntivo

Questo è certamente segno di un importante cambiamento nel mondo del lavoro, finalmente infatti, coloro che vivono del proprio lavoro, le piccole partite iva, i professionisti, hanno tutele maggiori e non sono più considerati i poteri forti del mondo del lavoro.

Fonti:

  1. Legge n.81/2017 –“Statuto dei lavoratori autonomi
  2. Legge “Biagi” – d.lgs. n. 276/2003
  3. Legge n.92/2012 – cd. “Fornero
  4. D.lgs. n.81/2015 – Jobs Act

Gioia Boscariol

Gioia Boscariol nasce a Oderzo (TV) nel 1994. Dopo aver conseguito la maturità tecnico commerciale all'I.T.C.G "Jacopo Sansovino" intraprende la strada che sognava sin da bambina, lo studio del diritto. E' studentessa al quarto anno all'Università degli Studi di Udine. Nel corso degli anni passati all'Ateneo Friulano scopre l'interesse e la propensione per il Diritto del Lavoro, ed in particolare per quel settore, a cavallo tra il diritto italiano ed il diritto europeo, rappresentato dal Diritto Antidiscriminatorio. Durante il suo corso di studi si occupa anche di sviluppare le soft skills, sia nell'associazionismo studentesco prima come Vice Presidente Seminari e Conferenze e poi come Presidente dell'Associazione ELSA Udine, sia nella rappresentanza studentesca, da quest'anno è infatti Rappresentante degli studenti in Consiglio di Amministrazione, in consiglio di corso e dipartimento e membro del Consiglio degli Studenti dell'Università degli Studi di Udine. Puoi contattarmi all'indirizzo e-mail: gioia.boscariol@iusinitinere.it

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