giovedì, Marzo 28, 2024
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Dazi doganali e regole della WTO: Usa contro Ue e Cina

Nell’aprile del 1994 è stato firmato l’accordo istitutivo della WTO, la World Trade Organization (in italiano: Organizzazione Mondiale del Commercio) con la funzione generale di disciplinare e liberalizzare il commercio internazionale, il regime degli scambi e delle tariffe commerciali internazionali. Uno dei principi cardine dell’Organizzazione è quello di garantire la graduale liberalizzazione del commercio attraverso la negoziazione; tale principio trova esplicazione con la riduzione delle barriere commerciali, intendendo per esse sia i dazi doganali che le misure equivalenti[1].

In termini giuridici, i dazi doganali rappresentano dei tributi indiretti che gravano su merci e, o altri beni, in caso di passaggio di una frontiera. Fra i paesi dell’UE è stato fondamentale una regolamentazione degli stessi, al fine di raggiungere un’unione economica che avesse come obiettivo ultimo l’unione doganale e la libera circolazione delle merci, tramite il divieto di restrizioni quantitative. Gli articoli 28 e 30 del TFUE, infatti, stabiliscono: il divieto di applicare dazi doganali alle importazioni ed esportazioni tra gli Stati membri ed il divieto di adozione di qualsiasi tassa di effetto equivalente, ossia tutti gli oneri imposti sulle merci in maniera unilaterale da uno Stato, per il fatto che le stesse abbiano varcato la frontiera. Una volta regolamentata ed instaurata l’unione doganale tra i paesi membri dell’UE è stato, però, importante creare una tariffa doganale comune per le merci provenienti dai paesi terzi (i paesi extracomunitari), affinché i loro prodotti, regolarmente importati in un paese comunitario, godessero della stessa libertà di circolazione delle merci originarie dei paesi membri[2]. In questo modo, scopo ultimo degli Stati è stata la creazione di un sistema commerciale multilaterale e globale.

Tale sistema è stato attualmente messo in pericolo dalla guerra commerciale intrapresa dall’America contro l’Europa e la Cina a seguito della scelta del presidente americano Donald Trump di imporre dazi sui prodotti europei e cinesi. Nello specifico, i dazi riguardano acciaio e alluminio, colpendo settori chiave nell’economia e negli investimenti, come quello delle automobili. In risposta alle tariffe americane, l’UE e la Cina hanno reagito con delle contromisure, che potrebbero diventare di grande entità, dal volume di circa 294 miliardi di dollari, interessando il 19% dell’export dei prodotti americani[3]. L’UE ha risposto con l’imposizione, a sua volta, di dazi sui prodotti americani e la Cina ha minacciato ritorsioni immediate di ampia portata. La scelta americana di imporre i dazi sui prodotti cinesi è derivata dalla necessità di spingere la Cina a cambiare i suoi comportamenti scorretti sulla tecnologia, sull’innovazione e sui diritti della proprietà intellettuale. Questo tipo di intervento è stato giustificato dagli Stati Uniti, anche come una manovra politico-economica dettata dall’esigenza di riequilibrare lo squilibrio commerciale con la Cina. Tuttavia, quest’ultima non sembra aver fatto passi indietro sulle pratiche scorrette. Anzi, Cina e UE sembrano essere impegnate nella negoziazione di un accordo bilaterale di investimento, poiché entrambe le parti hanno convenuto di opporsi al protezionismo USA.

La questione in realtà non è tanto sul protezionismo o meno americano. Piuttosto, su quanto la manovra di Trump indebolisca e porti allo smantellamento delle regole che governano il commercio globale, costruite dalla WTO. Se America, Cina o Europa firmano accordi bilaterali, con condizioni di scambio privilegiate che discriminano gli altri partner, allora possono violare le regole dell’Organizzazione. Regole che valgono per tutti e, per tal ragione, tutti possono essere sanzionati se non le rispettano; il paese che le sottoscrive, accetta anche un principio di autolimitazione e un principio di non discriminazione. Accordi di libero scambio bilaterali, quindi, sono ammessi dalle regole sul commercio globale, ma solo se volti ad abbassare le barriere commerciali tra i Paesi membri e compatibili con le altre norme della Wto.

Il nocciolo della questione è la reciprocità, richiesta da Trump, ma letta in chiave protezionistica. La non reciprocità è prevista dall’Organizzazione Mondiale del commercio (WTO), soprattutto per proteggere i paesi in via di sviluppo, visto che i dazi in paesi con economie più deboli sono in media più alti rispetto a quelli con economie più mature. Il problema è che Trump chiede ai partners che le esportazioni americane possano godere delle stesse condizioni garantite dall’America. Quindi, se il dazio sulle esportazioni di automobili americane in Cina è il 25%, quello per le automobili cinesi esportate in America non può essere il 2,5% (come è attualmente)[4]. L’opinione prevalente, sostiene che l’intenzione degli Stati Uniti sia quella di sfasciare la World Trade Organization. Questo perché l’amministrazione statunitense, passando all’offensiva con i dazi alla Cina e all’Europa, ha oramai iniziato una vera e propria guerra commerciale globale, che mette a rischio la crescita dell’economia mondiale. In un contesto di continue minacce di sanzioni sul commercio, il rischio di porre fine all’era di libero scambio e di controllo ideata dalla Wto, è davvero alto.

Da un punto di vista legale, l’Europa ha agito presentando un reclamo sulle tariffe dei metalli statunitensi presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio, in modo tale da sfidare la legalità delle tariffe americane sulle automobili[5]. A giustificare la mossa dell’Europa è la Commissaria europea al commercio, Cecilia Malmström, “Non volevamo trovarci in questa posizione, ma la decisione unilaterale e ingiustificata degli Usa di imporre dazi su acciaio e alluminio all’UE significa che non ci resta altra scelta. Il commercio internazionale, che abbiamo sviluppato negli anni insieme ai nostri partner americani non può essere violato senza una reazione da parte nostra. La nostra risposta è misurata, proporzionata e in linea con le regole del Wto. Inutile dire che se gli Usa rimuovono i loro dazi anche le nostre misure saranno rimosse[6].

Come precedentemente detto, risposta ai dazi di Trump è giunta anche dalla Cina, ma per quest’ultima, l’amministrazione Trump utilizzerà (molto probabilmente) una legge di emergenza per imporre le restrizioni sugli investimenti alle compagnie cinesi, citando motivi di sicurezza nazionale. È la Legge Internazionale sui poteri economici di emergenza del 1977, che permetterebbe al presidente di adottare misure contro un altro paese durante una “emergenza nazionale”. Con l’amministrazione Trump, infatti, gli accordi sostenuti dalla Cina sono stati sottoposti ad un controllo maggiore da parte della commissione per gli investimenti esteri americana. Il comitato, precisamente, valuta se determinate operazioni potrebbero fornire ad un investitore straniero il controllo di un’azienda americana per quanto concerne i rischi per la sicurezza nazionale[7]. Ma, dopo l’imposizione da parte degli Stati Uniti di dazi doganali pari a 34 miliardi di dollari sull’import cinese, una controffensiva sarà necessaria, e molto probabilmente riguarderà l’import agricolo americano, in modo tale da danneggiare la base elettorale di Trump. Il vicecapo dell’Istituto di ricerca sulla macroeconomia della Repubblica Popolare Cinese, Bi Jiyao, sostiene che la Cina riuscirà a trionfare sull’egemonismo commerciale degli Stati Uniti, visto che i dazi doganali su 34 miliardi di dollari dei prodotti cinesi, avrà un impatto limitato sulle esportazioni e sulla crescita dell’economica cinese poiché essi ricadono su prodotti appartenenti a settori differenti e sparpagliati. Inoltre, l’economia cinese farà affidamento sull’ampio mercato interno: il mercato al dettaglio, che supera enormemente quello americano[8].

Le opinioni politico economiche divergono sull’impatto che questo round di dazi avrà sulle economie e sul commercio mondiale. Quel che è certo è che ci troviamo dinanzi ad una guerra commerciale su vasta scala, che porta con sé rischi notevoli alle catene di produzione, alle imprese e alla fiducia dei consumatori, che a loro volta, potrebbero avere un effetto negativo sugli investimenti, sulla crescita economica e sulla stabilità dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). In un clima del genere, la proposta del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, è stata quella di mettere sù una “squadra di lavoro” per riformare, e non distruggere, il commercio globale e la Wto: una squadra composta da Europa, Stati Uniti, Cina e Russia. Da un lato, però, Trump nell’ultima intervista rilasciata, ha ulteriormente alimentato la tensione definendo l’Unione Europea, la Russia  e la Cina “nemici”. Dall’altro lato, l’Europa ha trovato un nuovo alleato commerciale, il Giappone, firmando a Tokyo un accordo di libero scambio avviato nel 2013. Si tratta del Jafta, il Japan-UE free trade agreement, la più grande intesa economia mai negoziata tra le due aree economiche, che interesserà un terzo del Pil mondiale e 600 milioni di persone, con la garanzia di ridurre i dazi doganali tra Ue e Giappone[9].

I tempi di un accordo di una riforma o di una pace commerciale sembrano essere piuttosto lontani.

[1] Francesco Visone, “I principi fondamentali della WTO”. Ius in Itinere, 16 giugno 2017.

I principi fondamentali della WTO

[2] Appunti Giurisprudenza: “Il divieto di dazi doganali e di tasse di effetto equivalente”.

[3] Cri online: “Ue: dazi doganali Usa su automobili provocheranno ritorsioni”. 2018

[4] Giorgio Barba Navaretti, “Così salta la Wto”. Il sole 24 ore, 13 maggio 2017
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-05-13/cosi-salta-wto-094226.shtml?uuid=AE9icTLB

[5] Alanna Petroff, “How Europe could fight back it Trump taxes car imports”. CNN Money, 25/06/2018
http://money.cnn.com/2018/06/25/investing/chinese-investment-in-us-restrictions/index.html

[6] Sky Tg24, “Dazi Usa, l’Europa prepara le contromisure: Non avevamo altra scelta”. 20 giugno 2018

[7] Jethro Mullen and Kevin Liptak, “Chinese tech investment is next target in Trump’s crackdown”. CNN Money, 25/06/2018
https://money.cnn.com/2018/06/25/investing/chinese-investment-in-us-restrictions/index.html

[8] Cri online, “Guerra commerciale Usa: la Cina è in grado di salvaguardare lo sviluppo sano e durevole della propria economia”. 2018

[9] Silvia Finazzi, “Commercio: accordo fra Europa e Giappone sul libero scambio”, Business People, 18 Luglio 2018.
http://www.businesspeople.it/Business/Economia/Intesa-Europa-Giappone-sul-libero-scambio-106682

Maria Rosaria Salzano

Nata nel 1991 in provincia di Caserta, ha frequentato l'Università Federico II di Napoli, laureandosi nel Febbraio 2018 in Diritto del commercio internazionale con una tesi sul "Partenariato Transatlantico per il commercio e gli investimenti". Dopo circa due mesi in Scozia, nel Regno Unito, per frequentare una scuola di lingua inglese, attualmente è studentessa presso il Dipartimento di Scienze Sociali della Federico II per l'Executive Master in Gestione delle Risorse Umane. Sogna di diventare una giurista d'impresa, non rinunciando però alle sue passioni, come quella di: suonare la chitarra, di scrivere e di viaggiare. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale, con particolare interesse per il commercio internazionale.

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