sabato, Novembre 9, 2024
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DDL Capitali, Capital Markets Union e la soluzione del voto plurimo per attrarre le PMI

A cura di Filippo Scotti

  1. Introduzione

Il 12 marzo 2024 il DDL Capitali è diventato legge grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge 5 marzo 2024, n. 21; l’intervento si pone l’obiettivo di rendere più agevole l’accesso al mercato dei capitali per le imprese italiane e incrementare la competitività delle stesse.

Il contesto della recente legge si inserisce all’interno di un quadro normativo più ampio già oggetto di riforma da parte dell’Unione Europea. Proprio la Commissione, infatti, avvertendo l’esigenza di creare un mercato unico per la circolazione dei capitali, a partire dal 2015 ha intrapreso il progetto della Capital Markets Union (CMU), un diffuso corpus normativo che si pone l’obiettivo di migliorare le regole alla base del mercato dei capitali sulla base di diversi pilastri.

All’interno di entrambi i progetti di riforma sopra citati è ravvisabile la volontà di rendere più accessibile e più appetibile l’ingresso all’interno del mercato dei capitali per le piccole e medie imprese, sia italiane che comunitarie. La seguente trattazione si pone, quindi, l’obiettivo di analizzare le modalità attraverso cui questo fine viene perseguito, ponendo particolare attenzione alla misura del voto plurimo e al suo potenziale impatto positivo come driver per il ricorso al mercato dei capitali.

  1. La Multiple-Vote Shares Directive

A seguito dell’accordo di trilogo con il Consiglio, raggiunto il 14 febbraio 2024, il 24 aprile u.s. il Parlamento Europeo ha approvato la proposta di direttiva sulle azioni a voto multiplo [1], per effetto della quale viene garantita la possibilità di adottare strutture a voto plurimo con riguardo alle imprese che intendono negoziare le proprie quote all’interno degli SME growth markets [2], una nuova categoria di Multilateral Trading Facilities (MTF) ideata ed introdotta dalle direttive MiFID II [3] e MiFIR [4], e finalizzata a semplificare e agevolare l’accesso delle PMI al mercato dei capitali.

L’origine della citata direttiva nasce dalla proposta della Commissione Europea del 7 dicembre 2022 e si inserisce all’interno del progetto della Capital Markets Union. Nello specifico, la direttiva fa parte del Listing Act”, ossia il pacchetto legislativo inerente al punto 2 del piano di azione del 2020 della CMU, denominato “Supporting access to public markets”.

La proposta di direttiva, come approvata dal Parlamento Europeo, all’articolo 3.1 prevede che gli Stati membri garantiscano alle imprese non quotate in un mercato regolamentato o in un MTF il diritto di adottare una struttura che preveda la presenza di azioni a voto plurimo previa ammissione alla negoziazione delle proprie azioni all’interno di un MTF, includendo così la categoria degli SME growth markets. La proposta prevede inoltre presidi finalizzati alla tutela dei soci non titolari di azioni a voto plurimo, ad esempio, le votazioni a maggioranza qualificata, il limite al numero di voti per azioni, e le cosiddette “sunset clauses”, come previsto all’articolo 4.2, ossia delle particolari limitazioni alla possibilità che il numero di voti per azione, e pertanto il privilegio legato alla persona del socio, venga trasmesso e alienato senza ostacoli.

  1. Voto Plurimo e DDL Capitali, l’articolo 13

Se il legislatore europeo ha provveduto ad intervenire, con vigore, sulla materia solo nel 2022, il legislatore italiano, seguendo il modello di altri Stati membri quali Paesi Bassi e USA, ha permesso già nel 2014, con il D.L 91/2014 all’articolo 20, l’adozione di strutture di azioni a voto plurimo. L’aggiornamento avvenuto nel 2014 riguarda la modifica dell’articolo 2351 c.c., al quarto comma viene infatti sancita la possibilità in via statutaria di emettere azioni con diritto di voto plurimo, in grado di assicurare fino a un massimo di tre voti per azione.

Peraltro, risulta interessante ricordare il contesto storico ed economico che ha portato all’introduzione di questo istituto nel nostro ordinamento. La scelta del legislatore si inserisce a seguito della ristrutturazione societaria effettuata da Fiat-Chrysler nel 2014 [5] per effetto della quale la storica casa automobilistica italiana decise di trasferire la propria sede legale proprio nei Paesi Bassi, permettendo così di godere di un quadro normativo più favorevole dal punto di vista della corporate governance, e che già integrava la possibilità di beneficiare delle azioni a voto plurimo.

Il DDL Capitali in esame è intervenuto innovando ulteriormente la materia e concedendo, per effetto della modifica contenuta all’articolo 13 con riferimento alla previsione dell’articolo 2351 c.c., la possibilità di garantire fino a dieci voti per azione a voto plurimo.

È evidente la scelta dell’ordinamento italiano, che trova riscontro nell’orientamento del legislatore comunitario nella proposta di direttiva, di insistere sulle potenzialità di adottare strutture a voto plurimo con l’obiettivo di facilitare l’accesso ai mercati per le piccole e medie imprese del territorio nazionale.

  1. Le potenzialità del voto plurimo

Fino ai più recenti orientamenti “aperturisti” al voto plurimo, l’opinione comune fra gli stati dell’Unione Europea, fra cui l’Italia stessa, si è attestata nel principio del “one share-one vote”.

Per lungo tempo, in dottrina, l’orientamento prevalente si è posizionato in seno al principio “rischio-potere” come parametro giustificativo del principio “un’azione-un voto”.

La “correlazione fra rischio e potere” implica la circostanza per cui chi più rischia, in termini di impiego di capitale, risulta maggiormente incentivato a calibrare in modo efficiente e oculato le proprie scelte attraverso l’espressione del proprio diritto di voto, producendo in tal modo un effetto auspicabilmente positivo in termini di gestione [6].

Giungendo agli anni più recenti, numerose legislazioni degli Stati membri hanno progressivamente accolto l’emissione di azioni in grado di fornire più voti per singolo titolo, con risultati positivi in termini di adesione delle imprese ai rispettivi quadri giuridici, producendo in tal modo un effetto trainante per l’economia interna, dettato dal sempre maggiore interesse delle società a stabilirsi in Paesi in cui poter godere dei suddetti benefici.

Come precedentemente indicato, le azioni a voto plurimo sono azioni che attribuiscono più di un voto al proprio titolare, segnatamente al massimo dieci nel contesto nazionale.

Al riguardo quindi la domanda che, evidentemente, si pone è quella di verificare quale sia l’effetto positivo del voto plurimo, che può qui sintetizzarsi nella possibilità per le società emittenti di ottenere i benefici della partecipazione ai mercati finanziari, attraverso la raccolta di capitale – per effetto di emissione di nuove azioni – senza tuttavia rischiare un’eccessiva diluizione del controllo del titolare di azioni a voto plurimo, in quanto la propria posizione risulta rafforzata dalla moltiplicazione di voti per singola azione rispetto ad azioni ordinarie. Per questa ragione, il voto plurimo rientra all’interno dei Control Enhancing Mechanisms (CEM) in quanto finalizzato a separare l’investimento nel capitale e il potere esercitato in sede assembleare [7].

Come illustrato dal considerando 2 della direttiva multiple-vote shares, il timore di perdere il controllo della società, tramite la diluizione della propria quota capitale, rappresenta uno dei principali deterrenti al ricorso ai mercati da parte delle imprese, specialmente per le sopracitate piccole e medie imprese, principali destinatarie delle suddette iniziative normative, le quali presentano, nella maggior parte dei casi, una struttura di controllo connotata dalla presenza di gruppi familiari che detengono la maggioranza delle azioni.

Le strutture a voto multiplo, inoltre, offrono la possibilità di creare differenti categorie di azioni, ognuna con diverso numero di voti, producendo un effetto auspicabilmente positivo nella misura in cui permettono di catturare gli interessi degli investitori e la volontà di mantenere salda la struttura di controllo.

L’impatto positivo è stato ulteriormente evidenziato dall’Unione Europea che prevede un deciso effetto trainante nell’adozione di sistemi a voto plurimo, pronosticando un incremento potenziale delle quotazioni nei mercati del 20% all’interno dell’Unione [8].

Infine, l’armonizzazione normativa conseguente alla ormai prossima entrata in vigore della direttiva contribuisce a limitare il fenomeno frequente della già citata migrazione verso Stati con regolamentazioni più favorevoli, introducendo un campo di gioco più equo e livellato per le società tra i vari Stati membri.

  1. Considerazioni finali

Di fronte a un indirizzo ormai segnato dall’intenzione di facilitare l’ingresso al mercato dei capitali per le imprese, riducendo barriere normative pregiudizievoli per la circolazione dei capitali, è doveroso ricordare che l’impegno comune, sia dello stato italiano per effetto delle più recente innovazioni, sia dell’Unione Europea, connotato da una decisa volontà di armonizzare il mercato dei capitali fra gli Stati membri, non si attesta esclusivamente nell’intenzione di intervenire sulle disposizioni in merito al voto plurimo ma assume una prospettiva di più ampio respiro, includendo nei progetti di riforma una vastità di segmenti in grado di influenzare in modo positivo l’accesso ai mercati.

L’esito e i risultati delle suddette innovazioni saranno ravvisabili nel corso dei prossimi anni, ma non potranno certamente essere osservati singolarmente, bensì nella globalità delle introduzioni normative finalizzate al progetto comune di facilitare l’accesso ai mercati.

 

Note:

[1] European Parliament legislative resolution of 24 April 2024 on the proposal for a directive of the European Parliament and of the Council on multiple-vote share structures in companies that seek the admission to trading of their shares on an SME growth market https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2024-0352_EN.pdf

[2] Directive 2014/65/EU on markets in financial instruments and amending Directive 2002/92/EC and Directive 2011/61/EU, (MiFID II), article 33

[3] Directive 2014/65/EU on markets in financial instruments and amending Directive 2002/92/EC and Directive 2011/61/EU, (MiFID II)

 [4] Regulation (EU) No 600/2014 of the European Parliament and of the Council of 15 May 2014 on markets in financial instruments (MiFIR)

[5] M. Ventoruzzo, “The Disappearing Taboo of Multiple Voting Shares: Regulatory Responses to the Migration of Chrysler-Fiat” Marzo 2015, disponibile qui https://www.ecgi.global/sites/default/files/working_papers/documents/SSRN-id2574236.pdf

[6] M. Spolidoro, “Il voto plurimo: i sistemi europei”, in Rivista delle Società, 2015, p. 138

[7] F. Luvisotti “Multiple voting shares nelle società quotate: Italia e Stati Uniti a confronto” Luiss Law Review, 2/2018, disponibile qui https://lawreview.luiss.it/files/2016/09/Multiple-voting-shares-nelle-societ%C3%A0-quotate-italiane-Italia-e-Stati-Uniti-a-confronto-1.pdf

[8] European Commission “ACCESSING PUBLIC FINANCIAL MARKETS: simpler listing rules for companies, especially SMEs” Dicembre 2022, disponibile qui: https://finance.ec.europa.eu/document/download/ad3c3517-b9c0-4634-b1ca-4e58b5687e5c_en?filename=221207-capital-markets-union-package-listing-act-factsheet_en.pdf

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