giovedì, Marzo 28, 2024
Diritto e Impresa

Debiti aziendali tra responsabilità ed irresponsabilità

debiti

Prendendo le mosse da una recente pronuncia della Corte di Cassazione[1] è dato discettare dell’interpretazione dell’art. 2560 c.c. in tema di cessione d’azienda e sorte dei debiti a questa legati. Il decisum della Corte si inscena nell’ambito di una procedura fallimentare avverso la società E.D.A. s.p.a., la quale aveva tempo addietro affittato la propria azienda alla società E.D.A. E. s.p.a. trasferendo (com’è ovvio) i relativi crediti e debiti.  Quest’ultima società aveva amministrato i beni aziendali piegandoli alle proprie esigenze ed addivenendo alla stipula di un contratto d’appalto con l’ A.C. s.p.a. per beneficiare di un servizio che questa si impegnava a prestare.

Aperta la procedura fallimentare, ed esercitato da parte del curatore il diritto di recesso dal contratto d’affitto con seguente retrocessione dell’azienda in capo alla società fallita, l’A.C. s.p.a. richiedeva d’essere ammessa al passivo fallimentare per una somma pari a 187.200 euro in chirografo per la sorte ed in privilegio per l’iva.  Suddetta richiesta veniva respinta con decreto del Tribunale di Roma emesso contro l’opposizione della A.C s.p.a. e questa presentava ricorso per Cassazione fondato su un solo motivo: la violazione dell’art. 2560 c.c. comma secondo (ritenuto inapplicabile dal giudice di prime cure al caso di specie) anche alla luce dell’art. 104bis della legge fallimentare. Il ricorso viene accolto ed il decreto cassato con rinvio.

La breve ricostruzione del fatto mette in luce l’esigenza di conoscere il disposto del primo e del secondo comma dell’art. 2560 c.c. che regolamenta un peculiare aspetto del trasferimento d’azienda (si badi che il trasferimento è un effetto contrattuale assolutamente incolore rispetto al tipo di contratto adoperato che può essere una compravendita piuttosto che una locazione). L’art. 2650 prescrive al comma uno che l’alienante dell’azienda non viene per ciò solo liberato dai debiti pregressi, salvo che i creditori non vi acconsentano, e tale disposizione si completa con riferimento al suo secondo comma, il quale dispone una responsabilità solidale dell’acquirente e venditore dell’azienda sub specie di accollo cumulativo dei debiti di colui al quale l’azienda è trasferita, e con il disposto del primo comma dell’art. 2558 che prescrive il trasferimento dei contratti non aventi carattere personale e stipulati nell’interesse aziendale all’acquirente.

Perciò, nei contratti a prestazioni corrispettive, è da verificare se ambedue le prestazioni siano rimaste ineseguite (ed in tal caso si applica l’art.2558 c.c.) ovvero se solo una di queste sia inadempiuta, residuando in tal caso un debito a carico dell’alienante dell’azienda (donde si applica l’art.2560 c.c.)[2].

Se questo è il quadro generale nel quale districarsi appare evidente del perché la Cassazione abbia censurato quanto deciso dal primo giudice; infatti, allineandosi a suoi precedenti orientamenti, gli Ermellini hanno argomentato sulla diversità tra la successione nei contratti ex art. 2558 e la successione nei debiti dell’art. 2560, ritenendo la prima un effetto che discende dalla volontà delle parti che possono anche derogarvi contrattualmente, mentre la seconda è una conseguenza automatica ed indefettibile del trasferimento d’azienda a cui può derogarvisi solo se lo consentono i creditori, poiché a loro favore è disposta la responsabilità solidale. A conferma indiretta di questa soluzione è da considerare, come si diceva, l’ultimo comma dell’art. 104bis l.f.: “La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile”.

La norma in parola non è applicabile alla controversia perché disciplina solo i contratti con cui viene trasferita l’azienda nel contesto fallimentare e non al di fuori di questo (infatti in questo caso il solo recesso dell’affitto si innesta nella procedura concursuale), nondimeno i giudici la usano come canone ermeneutico poiché si evince la sua natura eccezionale nella misura in cui deroga l’art.2560 c.c. prevedendo che la retrocessione dell’azienda al fallimento non importa successione nei debiti.

Da tutto ciò ne inferisce che normalmente, ed anche in tale controversia, ad ogni trasferimento d’azienda così come è da intendersi anche la retrocessione della stessa, si applica la responsabilità solidale dell’art. 2560 a nulla rilevando chi abbia tratto giovamento o abbia contratto i debiti (mozione questa ritenuta, invece, dirimente dal giudice di primo grado). Perciò l’E.D.A. s.p.a. è corresponsabile nei confronti dell’A.C. s.p.a.  per il corrispettivo del contratto d’appalto non adempiuto dall’ E.D.A. E. s.p.a.

[1] Cass. 09 Ottobre 2017 n. 23581

[2] Si veda ex multis Cass. 20 Luglio 1991 n.8121

 

Angelo D'Onofrio

Angelo D'Onofrio è uno studente di giurisprudenza iscritto al IV anno all'Università Federico II di Napoli. Ha partecipato alla NMCC Elsa tenutasi a Perugia nel 2016 , alla NMCC Elsa in diritto penale tenutasi a Napoli nel 2017 ed alla Local Moot Court Elsa in diritto privato a Napoli , vincitore del premio miglior oratore in quest'ultima . Vanta, inoltre, una partecipazione alla National Negotiation di Elsa a Siena. Attualmente sta lavorando ad un LRG in diritto bancario dal titolo " Il nuovo diritto societario della crisi dell'impresa bancaria. Profili di specialità rispetto al diritto comune " .

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