lunedì, Novembre 11, 2024
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Default: nuova definizione, conseguenze e domande

A seguito delle modifiche apportate al Regolamento europeo relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento, dal 1° gennaio 2021 è entrata in vigore una nuova definizione di default.

La nuova definizione riguarda il modo con cui le banche e gli intermediari finanziari devono classificare i clienti a fini prudenziali, ossia ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali minimi obbligatori per le banche stesse e gli intermediari finanziari. Dunque, la nuova normativa non modifica nella sostanza le segnalazioni alla Centrale dei Rischi, utilizzate dagli intermediari nel processo di valutazione del “merito di credito” della clientela.

La nuova definizione di default può, tuttavia, avere riflessi sulle relazioni creditizie fra gli intermediari e la loro clientela, la cui gestione, come in tutte le situazioni di default, può comportare l’adozione di iniziative per assicurare la regolarizzazione del rapporto creditizio.

È bene precisare un fatto assodato e importante al fine di non cedere a paure immotivate: le modifiche non introducono un divieto a consentire sconfinamenti. Le banche, nel rispetto delle proprie policy aziendali, possono consentire ai propri clienti, ora come prima, utilizzi del conto che comportino uno sconfinamento oltre la disponibilità presente sullo stesso ovvero, in caso di affidamento, oltre il limite di fido concesso.

L’articolo 178 del Regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR) che contiene la disciplina prudenziale applicabile alle banche, prevede che, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali minimi obbligatori, i debitori siano classificati in “Default” al ricorrere di almeno una delle seguenti condizioni:

  1. il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni nel pagamento di un’obbligazione rilevante;
  2. la banca giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alla sua obbligazione (unlikeliness to pay).

Le banche applicano la disciplina sul Default avendo presente l’insieme delle esposizioni di un debitore (c.d. approccio per debitore); limitatamente alle esposizioni al dettaglio, possono considerare la singola transazione da cui origina l’esposizione (c.d. approccio per transazione).

Tale definizione è stata integrata da ulteriori regole emanate in sede europea: le Linee Guida EBA sull’applicazione della definizione di Default (EBA/GL/2016/07) e il Regolamento Delegato (UE) n. 171/2018 della Commissione europea del 19 ottobre 2017, che individua la soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato (Regolamento delegato).

Queste regole, a cui le banche dovranno conformarsi entro il 1° gennaio 2021, introducono criteri che risultano, in alcuni casi, più stringenti rispetto alla vigente normativa nazionale.

Al fine di fare maggiore chiarezza sul tema in oggetto e con riguardo alle informazioni disponibili su internet o riportate da organi di stampa che configurano un quadro poco chiaro sulla portata delle modifiche alla definizione di Default dal punto di vista della clientela, è utile fornire alcuni chiarimenti.

La seconda condizione era già in vigore precedentemente la nuova normativa. Per quanto riguarda la prima condizione, invece, è importante fare chiarezza sulla terminologia “obbligazione rilevante”.

Il Regolamento delegato – come attuato nella normativa nazionale – stabilisce che la rilevanza di un’esposizione creditizia scaduta deve essere considerata tale quando l’ammontare dell’arretrato supera entrambe le seguenti soglie:

  1. 100 euro per le esposizioni al dettaglio e 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio (soglia assoluta):
  2. l’1 per cento dell’esposizione complessiva verso una controparte (soglia relativa).

Superate entrambe le soglie, prende avvio il conteggio dei 90 giorni consecutivi di scaduto, oltre i quali il debitore è classificato in stato di default.

La nuova definizione di default, dunque, non modifica nella sostanza i criteri sottostanti alle segnalazioni alla Centrale dei Rischi, utilizzate dagli intermediari nel processo di valutazione del “merito di credito” della clientela, ma può avere riflessi sulle relazioni creditizie fra gli intermediari e la loro clientela, la cui gestione, come in tutte le situazioni di default, può comportare l’adozione di iniziative per assicurare la regolarizzazione del rapporto creditizio.

Inevitabile, in ogni caso, la possibilità di eventuali conseguenze sulle relazioni creditizie tra intermediari e clienti. Per questo motivo, la Banca d’Italia ha inviato una comunicazione al sistema per chiedere agli operatori di adoperarsi per assicurare la piena consapevolezza da parte dei clienti sull’entrata in vigore delle nuove regole e sulle conseguenze che possono produrre sulle dinamiche dei rapporti contrattuali.

Gli interventi sollecitati riguardano il rafforzamento dei canali di informativa e di assistenza ai clienti, per sensibilizzarli sulle implicazioni della nuova disciplina, aiutarli a comprendere il cambiamento in atto e adottare comportamenti coerenti con la nuova disciplina.

È stato anche chiesto di potenziare, specie in fase di avvio della nuova normativa, i contatti su base individuale con la clientela, per prevenire possibili inadempimenti non connessi con la difficoltà finanziaria dei debitori. Particolare attenzione va prestata ai clienti che potrebbero presentare un maggior rischio di classificazione in default in seguito all’entrata in vigore della nuova definizione.

Per spiegare questi impatti, oltre ad aver chiesto agli istituti di credito di comunicare le norme nel modo più chiaro possibile ai clienti, sono state diffuse sul sito di Banca d’Italia[1] una serie di risposte alle domande più frequenti.

Innanzitutto, è stato specificato che le modifiche non rappresentano un cambiamento improvviso poiché i criteri utilizzati per identificare le esposizioni in stato di default sono disciplinati uniformemente a livello europeo e la data del 1° gennaio era nota da tempo in quanto termine ultimo per adottare le nuove disposizioni, alcune banche già si sono adeguate in anticipo.

Inoltre, viene chiarito l’aspetto più controverso della vicenda, ossia che le nuove regole non introducono un divieto a consentire sconfinamenti, poiché resta sempre consentito sulla base del singolo contratto tra la banca e il cliente (e specie se la banca prevede la presenza di fidi). Tuttavia, viene introdotto il criterio della soglia di rilevanza dello sconfinamento, oltre la quale viene segnalata la posizione di default. Ciò accade quando lo sconfinamento supera contemporaneamente sia la soglia assoluta (100 o 500 euro, a seconda della natura del debitore) sia quella relativa (1% dell’esposizione) e che tale sconfinamento abbia durata di oltre 90 giorni consecutivi.

Un ultimo aspetto riguarda i nuovi criteri di classificazione per il default e la Centrale Rischi. La definizione di “sofferenze” non viene toccata dalle nuove regole europee sul default, dunque non viene automaticamente compromessa la possibilità di accesso al credito per il cliente con una segnalazione in Centrale Rischi[2] nel caso si verifichi uno sconfinamento di 100 euro.

 

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[1] https://www.bancaditalia.it/media/notizie/2020/qa-nuova-definizione-default/index.html

[2] https://www.iusinitinere.it/conto-sofferenza-la-vexata-quaestio-materia-risarcimento-danni-2479

Matteo Capasso

Matteo Capasso nasce a Roma nel 1995. Consegue la maturità tecnica industriale in elettronica e telecomunicazioni nel 2014. Si laurea in Scienze Economiche nel 2017 presso la facoltà di economia dell’Università "La Sapienza" di Roma. Nello stesso anno inizia il corso di laurea magistrale in FINASS (Finanza e Assicurazioni), specializzandosi nel comparto assicurativo. Da settembre 2020 lavora presso Mediocredito Centrale, occupandosi dell'istruttoria delle domande di garanzia pervenute presso il Fondo di Garanzia per le PMI.

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