venerdì, Marzo 29, 2024
Criminal & Compliance

I deficit di determinatezza della normativa antiriciclaggio

 

 

Le fattispecie di riciclaggio e autoriciclaggio, così come delineate rispettivamente dal decreto 90/2017 e dalla legge 186/2014, hanno dato luogo ad accesi dibattiti in dottrina[1]. In particolare, ci si è interrogati circa la piena compatibilità dei novellati dettati normativi con i principi di determinatezza, offensività e proporzione sanzionatoria, elementi cardine del diritto penale.

Basti pensare all’art. 648-ter. 1 c.p., che, incriminando la condotta di chi “impiega, sostituisce e trasferisce in attività economiche finanziarie imprenditoriali o speculative il denaro i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di un delitto non colposo”, va quasi a ricalcare, seppur con qualche tratto distintivo, le condotte già previste e sanzionate dagli articoli 648-bis e 648-ter c.p.

In particolare, rispetto a tali articoli è possibile rinvenire una vera e propria restrizione dell’area del penalmente rilevante, da un lato eliminando il riferimento al «compimento di altre operazioni», dall’altro recependo le conclusioni cui una parte della dottrina era già giunta richiedendo che le condotte siano tali da «ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa».

Il ricorso all’avverbio “concretamente” [2], evidenzia il peculiare grado di offensività, descrivendo la fattispecie in termini di reato di pericolo concreto.

Tuttavia, l’idoneità ostativa dovrà essere sottoposta a una valutazione autonoma e distinta rispetto a quanto avviene nelle ipotesi ex artt. 648-bis e 648-ter c.p.; pertanto, taluno ha suggerito di assumere come parametro di riferimento gli artifici e raggiri previsti dall’articolo 3 del d. lgs. 74/00, utilizzati al fine di impedire l’accertamento della falsa rappresentazione di elementi attivi e passivi nelle dichiarazioni tributarie[3].

L’esimente prevista al quarto comma dell’articolo 648-ter. 1, volta alla esclusione della punibilità delle condotte che si esautorano nella mera utilizzazione o nel mero godimento personale del denaro, beni od utilità del reato presupposto, parrebbe improntata ad un’esigenza di maggiore determinatezza ed adesione al principio di offensività.

Però, dovendo cogliere l’incidenza della novella in un’ottica sistemica è possibile affermare che l’adesione ai suddetti principi, ad una più attenta lettura, viene meno.

La nuova disposizione, infatti, è idonea ad inglobare una serie di altre fattispecie, andando a detrimento dei principi di tassatività e frammentarietà del diritto penale[4].

Volendo muovere dall’analisi delle tre condotte incriminate, ovvero impiego, sostituzione e trasferimento, tracciare una linea di demarcazione tra le ultime due appare compito arduo, atteso che quella di impiego non desta particolari dubbi di carattere interpretativo.

Nel concetto di sostituzione vengono fatte rientrare tutte le attività dirette alla c.d. “ripulitura” del provento criminoso, in modo tale da rimuovere ogni nesso con il reato presupposto, ad esempio mediante il cambio di denaro contante con altre banconote, il deposito in banca ed il successivo ritiro.

Nella nozione di trasferimento, invece, confluiscono tutte le condotte che implicano uno spostamento dei valori di provenienza delittuosa da un soggetto ad un altro o da un luogo all’altro, in modo da far perdere le tracce della titolarità, della provenienza e della effettiva destinazione.

Per quanto concerne il rapporto tra le suddette condotte, sebbene sia ricostruito dallo stesso tenore letterale in chiave alternativa, risulta agevole osservare come la condotta di impiego sia destinata ad assumere portata residuale accogliendo tutte quelle manifestazioni delittuose insuscettibili di essere sussunte sic et simpliciter nelle ipotesi di sostituzione o di trasferimento.

Si è discusso in dottrina, inoltre, se il riferimento alle «attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative» sia predicato solo del trasferimento[5] oppure di tutte e tre le condotte indicate, al di là di chi vi riscontra un mero pleonasmo[6].

La risposta positiva a questo interrogativo appare da preferire, dal momento che risulta maggiormente rispondente alla finalità di prevenire e reprimere l’inquinamento dei flussi economico-finanziari, con l’effetto che, in concreto, le condotte di sostituzione e trasferimento saranno destinate ad essere assorbite, come già avviene nell’art. 648-ter c.p., nella condotta di impiego, costituendone modalità espressive[7].

Analoghi deficit di determinatezza ritornano nell’identificazione dell’oggetto materiale della condotta, ovvero «denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di un delitto non colposo».

Il nodo centrale della questione risiede nell’interpretazione del concetto di provenienza, suscettibile di essere inteso in un’accezione più o meno ampia, sebbene si dovrebbe privilegiare la seconda, attese le implicazioni derivanti in senso sfavorevole al reo.

Ci si è chiesti, in particolar modo, se il termine «provenienti» possa esser riferito solo alle utilità che abbiano determinato un incremento immediato e diretto di ricchezza, e dunque flusso in entrata al patrimonio, ovvero anche alla mancata diminuzione del patrimonio e, dunque, un risparmio di imposta.

La soluzione della questione è dirimente al fine di stabilire se tra i reati presupposto possano o meno essere ricondotti tutti quei reati che, come la frode fiscale[8] o il falso ideologico, producono un arricchimento del reo sotto forma di un mancato depauperamento.

Ancora più discussa[9] ed indeterminata è la nozione di “personale” quale predicato delle locuzioni «mera utilizzazione e godimento» previste ai fini dell’esimente di cui al quarto comma e ciò specialmente in ragione della clausola d’apertura «fuori dei casi».

Se sul piano della teoria generale del reato sembra trattarsi di una causa oggettiva di esclusione della tipicità del fatto, con gli inevitabili riverberi sul piano del concorso eventuale di persone nel reato, più complesso è stabilire cosa debba intendersi esattamente per «uso e godimento personale». A tal proposito, è possibile distinguere diverse tesi.

La prima, più estrema, vuole che tanto l’utilizzazione quanto il godimento siano esclusivamente personali; una seconda, invece, estende la non punibilità anche ai casi di utilizzazione/godimento non strettamente unipersonali, distinguendosi da chi, da un canto, ritiene necessaria la prevalente utilizzazione/godimento da parte dell’autore del reato presupposto e chi, dall’altro prescinde dal requisito della prevalenza.

Ciò, ovviamente, nella misura in cui non si configurino gli estremi del tentativo, poiché la causa di non punibilità si presenta, con natura essenzialmente soggettiva, personale ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 119 del Codice Penale.

La dottrina, dal canto suo, ha già profilato una serie di ipotesi dubbie; basti pensare al caso in cui l’acquisto, pur essendo in ultima battuta finalizzato al godimento e all’uso personale, sia stato compiuto da una società interamente controllata dall’autore del reato presupposto ovvero, ancora, al caso in cui l’autore del reato presupposto versi il contante sul conto corrente di un terzo, il quale poi materialmente acquisterà l’immobile destinato al godimento del primo.

Sul punto, la proposta Greco aveva tracciato una via maestra prevedendo al secondo comma l’incriminazione di chi sostituisce, trasferisce o attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo.

In assenza di un’indicazione normativa chiara e precisa, si dovrebbe optare tra una lettura analitica e una sintetica.

Nel caso in cui si aderisse alla prima, considerando le condotte nella loro individualità, difficilmente potrebbe negarsi che almeno una parte della complessiva vicenda graviterebbe nell’orbita del penalmente rilevante.

Si profilerebbe, per il primo segmento, una condotta concretamente ostativa di sostituzione-trasferimento del denaro alla società o al terzo, cui solo successivamente accede una condotta di mera utilizzazione-godimento personale del bene sostituito.

Al contrario, qualora si propendesse per un’ottica puramente teleologica, si valorizzerebbe lo scopo di godimento o mera utilizzazione perseguito dall’agente e, dunque, la destinazione ultima dei proventi illeciti.

Entrambe le impostazioni, tuttavia, patiscono profili di criticità giacchè, seguendo la prospettiva analitica, si avrebbe come contraltare un’interpretazione restrittiva dell’ambito dell’esimente[10]; d’altro canto, seguendo quella sintetica, dal momento che, in ultima analisi, la quasi totalità delle condotte autoriciclatorie si esplicita nel godimento del provento illecito, se ne estenderebbero eccessivamente i contorni.

Altrettanto discussa e, dunque, degna di nota alla luce delle problematiche trattate in questo capitolo, è la formulazione al quinto comma dell’aggravante per il caso in cui i fatti siano commessi nell’esercizio di un’attività bancaria, finanziaria o altra attività professionale.

Sarebbe stato, infatti, preferibile la scelta legislativa già adottata negli artt. 648-bis e 648-ter c.p. ove il riferimento nella formulazione dell’aggravante alla sola attività professionale suscettibile di ricomprendere tanto quella finanziaria quanto quella bancaria.

Nondimeno, l’aggravante tende ad apprestare un più severo trattamento sanzionatorio parificando, però, situazioni alquanto differenti tra loro, come è stato opportunamente rilevato nell’ipotesi dell’autoriciclaggio consumato in seno ad un grande gruppo bancario e di quello commesso da un qualunque soggetto iscritto ad un albo professionale[11].

 

 

[1] In argomento si vedano, tra gli altri: E. Bronzo, Introdotto il reato di autoriciclaggio, in Cass. pen., 2015, 26 ss.; A. S. Cavallini – L. Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del vicino ingombrante, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2015, 95 ss.; F. Cosulich, La norma penale doppia. Ne bis in idem sostanziale e politiche di prevenzione generale: il banco di prova dell’autoriciclaggio, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2015, 55 ss.; A. M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche e investigative, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 804 ss.; A. D’Avirro – M. Giglioli, Autoriciclaggio e reati tributari, in op. cit. nota 13; Gullo, Autoriciclaggio, Voce per il libro dell’anno Treccani 2016; in op. cit. nota 20; A. Lanzi, L’autoriciclaggio e la necessità di un intervento di razionalizzazione da parte della giurisprudenza, in L’indice penale, 2015, 1 ss.; F. Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2015, 108 ss.; D. Piva, Il volto oscuro dell’autoriciclaggio: la fine di privilegi o la violazione di principi?, in Resp. amm. soc., 2015, 3, 59; F. Sgubbi, Il nuovo delitto di autoriciclaggio: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2014, 137 ss.

[2] Gullo, Autoriciclaggio, Voce per il libro dell’anno Treccani 2016.

[3] A. D’Avirro – M. Giglioli, op. cit.

[4] Sul punto, cfr. Cavallini – Troyer, op. cit.

[5] In tal senso cfr.A. D’Avirro – M. Giglioli, op cit.; Cavallini – Troyer, op. cit.

[6] F. Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2015.

[7] Così Gullo, Autoriciclaggio, Voce per il libro dell’anno Treccani 2016.

[8] P. Costanzo, Il riciclaggio di disponibilità di provenienza illecita. La disciplina italiana alla luce delle regole internazionali comunitarie, in Trattato di diritto penale dell’impresa, vol. nono, I reati del mercato finanziario, (a cura di) A. Di Amato, Padova, 2007. 570 ss.; G. Flora, Sulla configurabilità del riciclaggio di proventi da frode fiscale, in Il foro Ambrosiano, 1999, 441 ss.; F. Hinna Danesi, Proventi di frode fiscale e riciclaggio, in AA. VV. Il riciclaggio di denaro nella legislazione civile e penale, (a cura) di C. G. Carvese e V. Santoro, Milano 1996, 283 ss.

[9] F. Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, op. cit., secondo il quale l’esimente del comma 4 contribuirebbe a definire in negativo i comportamenti di sostituzione e trasferimento sanzionati al comma 1. Contra, invece, Sgubbi, Il nuovo delitto di autoriciclaggio: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2014, secondo cui sarebbe espressione di un favor legislativo per «l’edonismo ed il piacere individuale», a discapito dell’investimento in attività produttive.

[10] Ne paventa una interpretatio abrogans Sgubbi, Il nuovo delitto di autoriciclaggio: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2014.

[11] Cavallini – Troyer, op. cit.

Dott. Giovanni Sorrentino

Giovanni Sorrentino è nato a Napoli nel 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica con il massimo dei voti presso il Liceo Classico Jacopo Sannazaro, intraprende lo studio del diritto presso il dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Nel dicembre del 2017 si è laureato discutendo una tesi in diritto penale dal titolo "Il riciclaggio", relatore Sergio Moccia. Attualmente sta svolgendo la pratica forense presso lo Studio Legale Chianese. Nel 2012 ha ottenuto il First Certificate in English (FCE). Ha collaborato dal 2010 al 2014 con la testata sportiva online "Il Corriere del Napoli". È socio di ELSA (European Law Students' Association) dal 2015. Nel 2016 un suo articolo dal titolo "Terrore a Parigi: analisi e possibili risvolti" è stato pubblicato su ElSianer, testata online ufficiale di ELSA Italia. Nel 2017 è stato selezionato per prendere parte al Legal Research Group promosso da ELSA Napoli in Diritto Amministrativo (Academic Advisors i proff. Fiorenzo Liguori e Silvia Tuccillo) dal titolo "L'attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni tra diritto pubblico e diritto privato", con un contributo dal titolo "Il contratto di avvalimento". Grande appassionato di sport (ha giocato a tennis per dieci anni a livello agonistico) e di cinema, ama viaggiare ed entrare in contatto con nuove realtà. Email: giovanni.sorrentino@iusinitinere.it

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