venerdì, Marzo 29, 2024
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DESI 2021: prosegue il ritardo digitale dell’Italia, ma con la prospettiva di cambiamento grazie al PNRR

Introduzione

È stato pubblicato il DESI 2021, acronimo di Digital Economic and Society Index. Si tratta di una rilevazione da parte della Commissione Europea che viene resa pubblica ogni anno. Il DESI del 2021 si basa principalmente su dati del 2020 ed è stato adattato per riflettere iniziative politiche adottate a livello comunitario come Recovery Plan e il Digital Decade Compass.[1] L’Italia rispetto allo scorso anno è passata dalla 25° posizione alla 20°, ma penultima tra i paesi popolosi. Certamente nel corso del 2020 sono stati compiuti alcuni passi in avanti con la diffusione delle reti di connettività e quindi dei servizi ad esse collegate. Purtroppo il nostro paese registra, ancora una volta, un dato negativo sul fronte delle competenze digitali (le c.d. e-skill) posizionandosi al 25° posto. I dati, tuttavia, non mostrano segnali positivi per quanto riguarda il capitale umano come vedremo più avanti.

Gli indicatori DESI

Il DESI è un indice composto da una serie di indicatori quali capitale umano, connettività, integrazione e sviluppo delle tecnologie, digitalizzazione dei servizi pubblici. Per quanto riguarda l’indicatore del capitale umano, l’obiettivo, in raccordo con il Digital Decade Compass è che, entro il 2030, almeno l’80% (di fatto l’obiettivo è triplicare la percentuale) dei cittadini europei abbia le competenze digitali di base (nel 2019 solo il 56% le possedeva). In un futuro sempre più tecnologico e in una realtà sempre più digitalizzata è fondamentale contare su cittadini in grado di avere conoscenze digitali e che, quindi, possono rappresentare una forza lavoro qualificata dal punto di vista del digitale. Sarà fondamentale colmare una vero gap a livello di competenze e conoscenze. Quando parliamo di capitale umano come primo indicatore dobbiamo prendere in considerazione la voce “internet user skills”- le competenze degli utenti di Internet- che si basa sull’indicatore delle competenze digitali che viene calcolato sulla base delle attività, della loro complessità e la voce “advanced skills and develpoment”-competenze avanzate e sviluppo che invece ricomprende indicatori sugli specialisti in ICT, i laureati in queste discipline e sulla base di questi dati l’Italia (insieme a Romania e Bulgaria) occupa i gradini più bassi.[2]

Sicuramente il livello e gli indicatori delle competenze sono aumentati nel corso di questi ultimi anni e si può rilevare come almeno 80% dei giovani (fascia 16-24) e l’87% degli studenti abbiano le competenze digitali di base, mentre il dato cala drasticamente nella fascia di età tra i 55-74 anni con una percentuale del 33%. Va anche evidenziata la differenza tra chi vive in aree rurali (48% ha competenze digitali di base) e chi vive nelle città (62% ha competenze digitali di base). L’Italia si colloca così al 25° posto, un fanalino di coda rispetto alla media UE, davanti solo a Romania e Bulgaria. In Italia solo il 42% delle persone con età tra i 16 e 74 anni ha competenze digitali di base e il soltanto il 22% ha competenze digitali superiori a quelle di base contro il 31% della media UE. Solo il 3,6% degli occupati è specializzata nel settore tecnologico. Il gradino più basso è occupato dall’Italia con il numero inferiore- nell’intero territorio UE- di laureati in materie ICT (sotto il 3%). Nonostante questi dati non propriamente positivi, l’UE ha comunque apprezzato i tentativi e gli sforzi che il Paese sta compiendo. Quanto al secondo indicatore, quello della connettività[3], l’Italia si colloca al 23° posto su 27 stati membri. L’Italia ha una copertura di banda larga (100 Mbps) pari al 28% e una diffusione ad almeno 1 Gbps pari al 3,56% e una copertura della rete fissa ad altissima capacità pari al 34% e una diffusione della banda larga mobile pari al 49% (contro il 71% della media UE).

Per l’Italia il PNRR è, sicuramente, un’occasione dal punto di vista di investimenti che sostengono la diffusione della banda larga ultraveloce. Per quanto riguarda l’integrazione e lo sviluppo delle tecnologie l’Italia si pone in una posizione che fa ben sperare (10° posto). Ciò significa che le tecnologie digitali consentono alle imprese di diventare più competitive sul mercato e nel mercato con il 69% delle imprese che ha raggiunto un livello base di intensità digitale (media UE pari a 60%). Per la prima volta l’Italia ha presentato un piano di Strategia Nazionale per le Competenze digitali e un piano operativo fissando quindi degli obiettivi da perseguire nei prossimi anni. Invece, per quanto riguarda l’indice della digitalizzazione dei servizi pubblici dobbiamo registrare ancora dati non del tutto positivi poiché l’Italia si colloca al 18° posto tra gli stati UE, ma con una percentuale che resta ancora bassa. Certamente vi è stato un incremento dal 30% al 36%, ma ben al di sotto della percentuale del 64% che rappresenta la media europea. Se da un lato l’Italia guadagna posizioni in termini di servizi pubblici per le imprese, dall’altra è ben al di sotto della media in termini di offerta di servizi pubblici digitali per i cittadini. Nell’anno della pandemia in Italia si è registrato un forte incremento nell’adozione delle piattaforme abilitanti per i servizi pubblici digitali.[4] Il Governo aveva reso obbligatorio l’uso dell’app IO per alcuni incentivi finanziari e esortandone l’utilizzo e dando, in un secondo momento, anche la possibilità di effettuare il download del Green Pass proprio per incoraggiare l’uso, da parte dei cittadini, degli strumenti digitali. Anche ANPR (acronimo di Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente) ha come scopo la creazione di un unico registro che raccolga i dati anagrafici della popolazione che sono “sparsi tra le varie amministrazioni”. Senza dubbio l’Italia con il piano di investimenti previsto dal PNRR punta sulla digitalizzazione della PA e sulla modernizzazione della sua infrastruttura digitale andando con investimenti anche nel campo della cybersecurity e sulla creazione del Cloud nazionale.[5] Un punto chiave è favorire l’interoperabilità dei servizi pubblici online e delle piattaforme.[6]

L’Italia, la digitalizzazione e il divario tra donne e uomini

Purtroppo si deve rilevare che l’Italia oltre a presentare un divario- notevole- con gli altri stati membri UE, presenta un divario al suo interno. Un divario tra donne e uomini nell’accesso, utilizzo e conoscenze informatiche e tecnologiche. Una prima differenza emerge alla voce “Internet users” il 74% delle donne contro il 78% degli uomini pone l’Italia al 24° posto nel rank UE con percentuali di circa 10 punti inferiori rispetto ai dati UE. In Italia il 16% delle donne non ha mai usato internet contro il dato del 10% che emerge a livello comunitario. Una differenza significativa del ritardo che il nostro Paese vive emerge alla voce “e-Government users” dove solo il 35% delle donne utilizza i servizi di e-Government cioè i servizi pubblici digitali contro il 64% delle donne che vivono negli altri Stati UE, praticamente una differenza del 50%. Questa è, sicuramente, la voce che fa registrare il divario più ampio rispetto alla media UE. È, purtroppo, l’ulteriore dimostrazione del ritardo, ormai cronico, che il Paese vive andando ad occupare il 26esimo posto (un vero e proprio fanalino di coda). Anche dal punto di vista delle conoscenze digitali di base il 38% delle donne in Italia ha le c.d. conoscenze “basic digital skills” contro il 54% in Europa: questo dato porta l’Italia a posizionarsi, ancora una volta in coda, al 25° posto. Nell’insieme di questi dati e numeri, che purtroppo nella realtà non sono solo dei numeri bensì concrete difficoltà nell’interagire con i servizi pubblici, il nostro Paese si inserisce a 23esimo posto nel rank comunitario del Women in Digital Index.[7]

L’Italia e la digitalizzazione: i progetti ambiziosi nel PNRR

Questo quadro che emerge al DESI 2021 e dal Women in Digital Index restituisce una fotografia di una Italia ancora in gran parte in “bianco e nero”. Solo nel 2020 l’Italia ha finalmente varato la sua prima Strategia Nazionale per le Competenze Digitali e un Piano operativo ad essa correlato verso una Transizione 4.0 che il Paese attende da troppo tempo. Senza dubbio si tratta di un progetto ambizioso per i prossimi cinque anni. Il Piano italiano per la Ripresa e la Resilienza, sul piano del digitale, prevede investimenti per circa 48 miliardi di euro (il 25,1% dell’intero Piano). Una serie di riforme che dovranno rappresentare la transizione digitale dell’Italia relative a tutti gli aspetti del DESI. Chiaramente lo sforzo che l’Italia dovrà fare richiede costanza nel tempo e serietà anche perché i progetti presenti nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevedono “una tabella di marcia ambiziosa, con riforme e investimenti relativi a tutti gli aspetti del DESI”[8]. L’obiettivo deve essere quello di occuparsi dello sviluppo e quindi, di riflesso, anche del miglioramento delle competenze digitali della popolazione italiana.[9] Grazie al PNRR sono previsti investimenti importanti a sostegno della diffusione della banda larga ultraveloce e reti 5G per ridurre il divario digitale, andando a creare un progetto di “Scuole Connesse” per fornire fin da subito anche agli studenti gli strumenti digitali.

L’Italia è chiamata a fronteggiare carenze croniche in materia di competenze digitali sia quelle di base che, di riflesso, quelle più avanzate che rischiano di “tradursi nell’esclusione digitale di una parte significativa della popolazione e di limitare la capacità di innovazione delle imprese”. Sicuramente la pandemia ha portato ad una accelerazione nell’uso delle piattaforme per i servizi pubblici digitali da parte delle PA, ma il Piano prevede anche significativi investimenti sul piano della digitalizzazione della PA per l’ammodernamento dell’infrastruttura digitale. La sfida è molto grande e tutti-Istituzioni e cittadini- siamo chiamati ad essere attori protagonisti di un progetto di cambiamento che sta attraversando il Paese anche grazie ai fondi del PNRR. Occorrono investimenti, ma occorre anche un cambio di mentalità per comprendere che il “il treno” che sta passando sarà probabilmente l’ultimo per portare il Paese fuori dal “medioevo digitale” in cui vive da anni e superare il gap tecnologico con gli altri Stati membri UE e il gap di competenze tra il “capitale umano” che ci porta ad essere ultimi in Europa.[10]

[1] Il Digital Decade Compass è un piano decennale europeo in cui sono stati presentati gli obiettivi da raggiungere entro il 2030. L’UE si pone finalità quella di dare maggiore forza a imprese e cittadini per un futuro digitale incentrato sulla persona, che al sia anche più sostenibile. Uno dei punti chiave è proprio la cittadinanza digitale in cui vengono ribaditi alcuni diritti (compresa la tutela dei dati personali e della privacy) e principi (tra cui servizi pubblici e amministrazione digitale accessibili e incentrati sulla persona) e viene inquadrato un percorso da seguire per il prossimo decennio. Qui disponibile: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/europe-fit-digital-age/europes-digital-decade-digital-targets-2030_it

[2]The human capital dimension of the DESI has two sub-dimensions covering ‘internet user skills’ and ‘advanced skills and development’. The former draws on the European Commission’s Digital Skills Indicator, calculated based on the number and complexity of activities involving the use of digital devices and the internet. The latter includes indicators on ICT specialists, ICT graduates and enterprises providing dedicated ICT training. According to the latest data, Finland is leading in Human capital, followed by Sweden, the Netherlands and Denmark. Italy, Romania and Bulgaria rank the lowest. In comparison to last year, the largest increases in Human capital were observed in Finland (+2.6 percentage points), Estonia (+1.7 percentage points) and Greece (+1.6 percentage points).” In DESI 2021

[3] Connectivity: Fixed broadband take-up, fixed broadband coverage, mobile broadband and broadband prices

[4] SPID ha raggiunto 20 milioni di utenti nell’aprile 2021 (+400%) e con un +80% tra le PA che utilizzano lo SPID.

[5]Investimenti per 1,9 miliardi di EUR dovrebbero contribuire a costruire un’infrastruttura ibrida nazionale basata sul cloud sicura ed efficiente sotto il profilo energetico (denominata “Polo Strategico Nazionale”), e a migrare il sistema informatico delle amministrazioni pubbliche locali e centrali verso un sistema basato sul cloud per un’erogazione più efficiente e sicura dei servizi pubblici. Inoltre, è prevista una riforma (“cloud first e interoperabilità”) per eliminare gli ostacoli all’adozione del cloud, razionalizzare i processi di scambio dei dati tra le pubbliche amministrazioni e promuovere un’ampia adozione dei servizi digitali, introducendo una serie di incentivi e obblighi.” In Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) 2021) Italia.

[6] 556 milioni di euro per la creazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati sfruttando anche ANPR, SPID e l’app IO con la finalità di garantire interoperabilità dei dataset e rafforzare il c.d. principio del once-only.

[7] Si veda il Women in Digital Scoreboard 2021-Country Profiles, qui disponibile: https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/desi

[8] Si veda Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) 2021 Italia

[9] Far sì che il 70% della popolazione sia in possesso almeno delle competenze digitali di base e provare-riuscendoci- a colmare il divario di genere. Cercare di arrivare ad un raddoppio della popolazione con competenze digitali avanzate e poi triplicare il numero dei laureati in ICT.

[10] G. Cavallari, Il “medioevo digitale”: il DESI 2020 e la posizione dell’Italia nella classifica sulla digitalizzazione, in Ius in Itinere 13.06.2020, qui disponibile: https://www.iusinitinere.it/il-medioevo-digitale-il-desi-2020-e-la-posizione-dellitalia-nella-classifica-sulla-digitalizzazione-28850

Giulia Cavallari

Nata a Bologna nel 1992. Dopo aver conseguito la maturità classica prosegue gli studi presso l'Università di Bologna iscrivendosi alla Facoltà di Giurisprudenza. Laureata con una tesi in Diritto di Internet dal titolo "Il Regolamento generale sulla protezione dei dati e il consenso dei minori al trattamento dei dati personali" sotto la guida della Professoressa Finocchiaro. Nel novembre 2017 ha relazionato all'Internet Governance Forum- IGF Youth. E' in questo periodo che si avvicina e appassiona al diritto di internet e all'informatica giuridica sentendo la necessità di approfondire gli studi in materia.  Gli interessi principali spaziano dalla protezione dei dati personali alla cybersecurity e all'ambito delle nuove tecnologie al ruolo che il diritto di internet ha assunto e assumerà nei prossimi anni.

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