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Dieci anni dopo: lo status legale del Bitcoin nel mondo

Era il 31 ottobre 2008 quando un soggetto non ancora identificato, noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, pubblicava il celebre white paper “Bitcoin – A Peer-to Peer Electronic Cash System”[1], proponendo per la prima volta l’utilizzo di una moneta virtuale e decentralizzata, una rivoluzionaria alternativa alle valute tradizionali.

Stando a quanto affermato dall’autore del white paper, il Bitcoin prometteva di effettuare pagamenti senza ricorrere all’intermediario dell’istituto finanziario centrale, offrendo invece a un sistema sicuro e trasparente, in grado di registrare immutabilmente e in maniera anonima le transazioni come blocchi di una catena condivisa da tutti i membri nel network.

A dieci anni da quella fatidica notte di Halloween, si può sicuramente affermare che la prima e la principale fra le criptovalute ha dimostrato di avere le potenzialità per provocare uno slittamento paradigmatico del comune modo di intendere i normali pagamenti, i tradizionali processi finanziari e lo svolgimento di qualunque attività di rilievo economico. Ciò nonostante, lo status legale delle criptovalute a livello nazionale e internazionale rimane avvolto nell’incertezza.

Da 0 a 20.000, senza una normativa di riferimento

Il 31 ottobre 2018, il Bitcoin ha raggiunto il suo decimo anniversario lasciandosi dietro una scia fatta di alti e bassi, fra successi e controversie legati principalmente alla grande volatilità del suo valore. Partendo dal valore di 0,0004 dollari nel 2009, la criptomoneta raggiunse per la prima volta il rapporto 1:1 con il dollaro il 9 febbraio 2011, per poi affrontare un periodo di crescita fortemente instabile segnata, nel 2013, dal raggiungimento della soglia dei 1000 dollari, con un nuovo crollo a seguire quasi immediatamente questo sorprendente picco.

Ci vollero non meno di tre anni per raggiungere nuovamente il valore a tre zeri, traguardo che avrebbe però segnato l’inizio di quell’impennata che, in un limitatissimo arco temporale fra febbraio e dicembre 2017, avrebbe portato il Bitcoin a superare l’incredibile cifra di 20.000 dollari di valore. Il fino ad ora, il 2018 ha visto abbassarsi considerevolmente il prezzo della criptovaluta, offrendo in cambio un record di stabilità che spinge vari esperti del settore ad azzardare previsioni ottimistiche per il prossimo periodo. [2]

Se alcuni rimangono scettici circa le effettive potenzialità delle valute virtuali, e suggeriscono di concentrare piuttosto gli sforzi sullo studio di nuove applicazioni per le DLT (Distributed Ledger Technologies), altri sostengono invece che la stessa blockchain[3], la tecnologia alla base dei bitcoin, senza il successo e l’attenzione mediatica rivolta alle criptovalute, probabilmente non avrebbe conosciuto lo stesso sviluppo all’interno di molteplici industrie.[4]

Promesse e criticità

Uno dei settori più promettenti per quanto riguarda l’applicazione della tecnologia blockchain[5] è senz’altro quello bancario e del fintech, con numerose banche che da tempo valutano le sue caratteristiche di trasparenza e sicurezza come fonti di enorme potenziale per la trasformazione dei metodi di pagamento. Nonostante questo, siamo ancora lontani dal vedere un utilizzo diffuso della tecnologia tale da consentire una agevole circolazione del bitcoin.

Ciò è dovuto principalmente al fatto che la maggior parte dei governi non è ancora intervenuto a regolare la circolazione di bitcoin e altre criptovalute o, quando lo ha fatto, ha contribuito quasi esclusivamente con leggi finalizzate a limitarne l’utilizzo. Molti sostengono che la natura decentralizzata della blockchain abbia fra i vantaggi principali il fatto di poter superare da sola la mancanza di regole emesse dal legislatore, ma quello che questi ultimi dieci anni hanno dimostrato è che, senza un quadro normativo di riferimento, le banche e tutti gli altri grandi attori del panorama finanziario rimangono restii all’idea di accettare bitcoin alla pari di un qualunque altro tradizionale mezzo di pagamento.

Nella quasi totale assenza di leggi ad hoc, si può tuttavia notare un crescente e sempre più diffuso interesse da parte di organi governativi nazionali e sovranazionali, al punto che risulta oggi possibile identificare degli schemi comuni ed effettuare confronti nel modo in cui diversi stati e regioni affrontano questo nuovo mercato in rapidissimo sviluppo.[6]

Diversi (e limitati) approcci normativi

Che siano etichettate come valute digitali (come in Thailandia e Australia),[7] beni virtuali (Messico),[8] valute virtuali (Italia e Argentina)[9] o crypto-token (Germania),[10] quelle che sono più diffusamente note come criptovalute (cryptocurrencies) sono state oggetto di attento studio sulle varie opportunità e sui relativi rischi del loro impiego. Nella maggior parte dei casi, tali analisi hanno portato molti stati e banche centrali a diffondere delle note per educare i cittadini circa le differenze fra le valute emesse da un organo centrale e le valute decentralizzate, ponendo l’accento in particolare sugli svantaggi della sua volatilità e sui rischi delle transazioni non regolate da leggi emesse da un organo centrale, che come tali quindi non prevedono il ricorso a misure legali in seguito al verificarsi un eventuale danno patrimoniale.

Molte delle note formulate dai vari organi governativi evidenziano anche le opportunità che tali valute creano per lo svolgimento di attività illecite, quali riciclaggio e finanziamento di gruppi terroristici. Tuttavia, solo in rari casi (Australia, Canada)[11] ci si è spinti a emendare le preesistenti leggi in materia di antiriciclaggio e antiterrorismo, includendo obblighi di vigilanza specifici per tutti quelle istituzioni che permettono o agevolano transazioni di criptovalute.

In alcune parti del mondo si è invece andati oltre la semplice previsione di un controllo, imponendo serie restrizioni sugli investimenti in valute virtuali. Tali restrizioni possono riguardare solo le attività svolte entro i confini nazionali, lasciando inalterate la possibilità di effettuare transazioni all’estero (come nel caso del Qatar),[12] mentre un ristretto numero si stati si spinge a proibire esplicitamente qualunque attività che implichi l’impiego di tali forme di pagamento (come ad esempio gli Emirati Arabi Uniti).[13]

Scarsa regolamentazione in materia di ICO

Un numero ancora più limitato di stati è intervenuto poi a regolare le cosiddette ICO (Initial Coin Offerings)[14], cioè gli ormai diffusi metodi alternativi di raccolta fondi che, coinvolgendo le criptovalute invece delle valute tradizionali, permettono di aggirare tutti i controlli e le autorizzazioni richieste per le normali IPO (Initial Public Offering). Se da un lato Cina e Corea del Sud sono intervenute a vietare tutte le ICO senza eccezioni,[15] altri Paesi (come la Nuova Zelanda e i Paesi Bassi), permettono questo tipo di transazioni a seguito di una valutazione effettuata caso per caso, a seconda del fatto che l’offerta riguardi dei titoli di credito, di debito o degli strumenti derivati.[16] Per quanto riguarda l’Unione europea, il 13 novembre 2017 l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati ha rilasciato una dichiarazione in cui ricordava che tutti i soggetti coinvolti nelle ICO non sono esenti dagli obblighi previsti dalla normativa europea in materia di antiriciclaggio e di trasparenza dei mercati. [17]

Molti Stati, tra cui Canada, Australia e Regno Unito, stanno adottando il cosiddetto “sandbox approach”, allo scopo di creare delle zone franche per agevolare attori quali start up FinTech e fornire la possibilità di operare senza dover rispettare tutti i requisiti generalmente previsti dalla legge.[18] Tale approccio, in grado di aggirare i costi e gli obblighi generalmente previsti per le imprese operanti nel settore, è prevalentemente finalizzato a guadagnare una posizione di leadership nel mercato delle ICO, così da attrarre investimenti sempre maggiori nel settore delle industrie tecnologiche e finanziarie.

Criptovalute e tassazione

Uno dei contesti nei quali si rivela più importante definire lo status legale dei Bitcoin è senz’altro quello della normativa tributaria. L’inquadramento fiscale delle criptovalute si rivela di primaria importanza per favorire una diffusione sostenibile del fenomeno, agevolando l’innovazione nel settore e limitando i fenomeni di evasione.

Pochi stati fino ad ora hanno definito il regime fiscale applicabile: in Israele e Bulgaria i bitcoin e altre monete alternative (altcoins) sono sottoposti allo stesso trattamento delle rendite finanziarie,[19] mentre in Svizzera e nel Regno Unito la tassazione applicabile è la stessa relativa alle valute straniere.[20] Ancora, in Paesi quali Spagna, Argentina e Danimarca, i Bitcoin sono soggetti alle tradizionali imposte sul reddito,[21] così come accade negli Stati Uniti, dove già dal 2014 la Security and Exchange Commission ha chiarito che Bitcoin ed Ether sono considerate proprietà ai fini della tassazione, e pertanto ogni transazione va registrata nella dichiarazione dei redditi ed è soggetta a relativa imposta.[22]

Per quanto riguarda l’UE, il 22 ottobre 2015 la Corte di Giustizia Europea ha stabilito nella sentenza Hedqvist che gli scambi aventi per oggetto criptovalute rientrano nella categoria di operazioni esenti  dal pagamento dell’IVA, come disciplinato dall’art. 135, paragrafo 1, lettera c della direttiva 2006/112/CE (direttiva IVA).[23] Ciò si riflette anche in Italia, dove l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sia per chiarire la non imponibilità delle plusvalenze generate dall’acquisto delle criptovalute, sia per confermare come queste ultime debbano essere considerate alla stregua di valute estere.[24]

Dieci anni dopo

Al di là di questi primi tentativi definitori e di chiarimento sul quadro normativo applicabile, sono molto più rari gli interventi volti a stabilire delle linee guida per gli esercizi commerciali che accettano pagamenti in criptovalute, motivo per il quale la maggior parte dei commercianti utilizza applicazioni in grado di convertire istantaneamente i bitcoin direttamente in moneta fiat, affidandosi però ad un tasso di conversione altamente variabile e di natura speculativa.

Fino ad ora, l’atteggiamento prudente dei grandi attori del settore finanziario (banche e governi) ha contribuito solamente a creare incertezza, limitando di fatto la diffusione della stessa tecnologia.

È in questo contesto normativo, prevalentemente scarno e disomogeneo, che risiede il paradosso del Bitcoin: una valuta alternativa che in dieci anni ha visto crescere il proprio valore in maniera esponenziale, ma non è ancora in grado di intervenire a modificare radicalmente le modalità con cui la ricchezza circola ogni giorno.

[1] Satoshi Nakamoto, A peer-to-peer electronic cash system, Ottobre 2008, disponibile in versione originale a:  https://bitcoin.org/bitcoin.pdf

[2] Cointelegraph, Gareth jenkinson, SEC, CFTC Breathe Life Into Floundering Crypto Market, Febbraio 2018 disponibile in versione originale a:  https://cointelegraph.com/news/sec-cftc-breathe-life-into-floundering-crypto-market

[3] Simone Cedrola, La tecnologia blockchain: caratteristiche e possibili applicazioni, Febbraio 2018, Ius in itinere, disponibile a: https://www.iusinitinere.it/blockchain-caratteristiche-e-possibili-applicazioni-8228

[4] US Commodity future trading commission, Written testimony of Chairman J Christopher Giancarlo before the Senate Banking Committee, Febbraio 2018, disponibile in versione originale a: https://www.cftc.gov/PressRoom/SpeechesTestimony/opagiancarlo37

[5] Vedi supra n. 3

[6] Conferma di questo interesse sempre maggiore è la nascita di nuove organizzazioni e riviste scientifiche specializzate in Blockchain e cryptocurrencies. Lo scorso febbraio, l’Unione europea ha lanciato l’iniziativa dell’Osservatorio Europeo sulla Blockchain, nato con lo scopo di educare e aiutare i leader del vecchio continente a cogliere le opportunità generate da questa nuova tecnologia (link al sito ufficiale: https://www.eublockchainforum.eu). Dall’altra parte dell’Atlantico, l’Università di Stanford ha da poco visto nascere lo Stanford Journal of Blockchain Law and Policy, guidato da un board di accademici provenienti dalle Università di Stanford, Hong Kong, Tartu, Sydney, Manila e San Paolo e focalizzato, almeno per il primo volume, proprio sullo status delle criptovalute nel mondo (in particolare si segnala Wulf Kaal, Initial Coin Offerings: The Top 25 Jurisdictions and their Comparative Regulatory Responses (as of May 2018), Settembre 2018, disponibile a: https://stanford-jblp.pubpub.org/pub/ico-comparative-reg).

[7] Senate Economic References Committee, Digital Currency – Game Change Or Bit Player, Aug. 2015, https://www.aph.gov.au/Parliamentary_Business/Committees/Senate/Economics/Digital_currency/~/media/Committees/economics_ctte/Digital_currency/report.pdf; Bank of Thailand, Press Release: Financial Institutions Must Not Provide Bitcoin-Related Services at ATMs , Gennaio 2014, disponibile in lingua originale a: https://www.fsc.gov.tw/ch/home.jsp?id=96&parentpath=0,2&mcustomize=news_view.jsp&dataserno=201401060003&toolsflag=Y&dtable=News.

[8] Ley para Regular las Instituciones de Tecnología Financiera [Law to Regulate Financial Technology Companies] arts. 30–34, Diario Oficial de la Federación [D.O.F], Mar. 9, 2018, disponibile in lingua originale a:  .

[9] Banca D’Italia, Comunicazione del 30 gennaio 2015- Valute virtuali, disponibile a: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-vigilanza/2015-01/20150130_II15.pdf, Infotecnologia, El Banco Central Argentino Considera Riesgoso Operar con Bitcoins [Central Bank of Argentina Considers Risky Operations with Bitcoins], Maggio 2014, disponibile a: http://www.infotechnology.com/internet/El-Banco-Central-argentino-considera-riesgoso-operar-con-bitcoins-20140528-0003.html.

[10] BaFin, Hinweisschreiben (WA). Aufsichtsrechtliche Einordnung von sog. Initial Coin Offerings (ICOs) zugrunde liegenden Token bzw. Kryptowährungen als Finanzinstrumente im Bereich der Wertpapieraufsicht [Information Letter (WA). Regulatory Qualification of Tokens or Cryptocurrencies on Which So-Called Initial Coin Offerings (ICOs) are Based as Financial Instruments for Purposes of Securities Regulation], Novembre 2017, disponibile a:  https://www.bafin.de/SharedDocs/Downloads/DE/Merkblatt/WA/dl_hinweisschreiben_einordnung_ICOs.pdf?__blob=publicationFile&v=2.

[11] In Australia, a partire dall’approvazione della nuova legge sulle misure anti-riciclaggio e di contrasto al terrorismo, tutte le transazioni di Bitcoin devono essere inserite in un apposito registro tenuto dall’AUSTRAC (Australian Transaction Reports and Analysis Center) allo scopo di identificare i soggetti coinvolti negli scambi e riportare transazioni sospette: Anti-Money Laundering and Counter-Terrorism Financing Amendment Act 2017 (Cth) sch 1 pt 2, Dicembre 2017, disponibile in inglese a: https://www.legislation.gov.au/Details/C2017A00130. Inoltre, nel giugno 2014, il Governatore Generale del Canada ha sottoscritto alcuni emendamenti alla legge sul processo penale in materia di riciclaggio e al Terrorist Financing Act, allo scopo di includere le criptovalute e i Bitcoin: Bill C-31, An Act to Implement Certain Provisions of the Budget Tabled in Parliament on February 11, 2014 and Other Measures, Statutes of Canada 2014, Ch. 20, disponibile in inglese a: http://www.parl.ca/DocumentViewer/en/41-2/bill/C-31/royal-assent.

[12] Con una circolare, la Banca Centrale del Qatar ha proibito a tutte le banche operanti nel territorio nazionale di operare con le criptovalute, istituendo pesanti sanzioni. Vedi Central Bank of Qatar, Circular No. 6/2018 (Feb. 2, 2018), http://www.qcb.gov.qa/sitelists/CircularsToBanks/Lists/Circulars/Attachments/173/Circular%20no.%206-2018.pdf.

[13] Central Bank of the United Arab Emirates, Regulatory Framework for Stored Values and an Electronic Payment System, art. D.7.3, Gennaio 2017, disponibile a: .

[14] Michele Pietroluongo, ICO cosa sono e possibile disciplina, Giugno 2018, Ius in itinere, disponibile a: https://www.iusinitinere.it/ico-cosa-sono-e-possibile-disciplina-10979

[15] Forbes Technlogy Council, How will the China and South Korea ICO Bans Impact Cryptocurrencies?, Dicembre 2017, disponibile a: https://www.forbes.com/sites/forbestechcouncil/2017/12/11/how-will-the-china-and-south-korea-ico-bans-impact-cryptocurrencies/#4aef21de5124.

[16] The Law Library of Congress, “The Regulation of Cryptocurrency Around the World, Giugno 2018, disponibile a:

[17] European Securities and Markets Authority, ESMA alerts firms involved in Initial Coin Offerings (ICOs) to the need to meet relevant regulatory requirements (ESMA50-157-828), 13 novembre 2017, disponibile a: https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma50-157-828_ico_statement_firms.pdf.

[18] Dan Cummings, Regulatory Sandboxes: a Practice for Innovation that is Trending Worldwide, marzo 2017,

[19] Come tali, esse sono sottoposte alla tassa sugli utili di capitale (capital gain tax). Vedi, per Israele, gli emendamenti apportati all’ Ordinanza per l’imposta sul reddito (n. 7721 del 1961) e la legge per l’imposta sul valore aggiunto (n. 5836-1975). L’Agenzia delle Entrate Bulgara ha invece esplicitamente dichiarato che “l’utile derivato dalla vendita di Bitcoin deve essere considerato come utile generato dalla vendita di beni finanziari”, vedi Marin Marinov, Legal and Tax Treatment of Bitcoin in Bulgaria, Novembre 2017, disponibile a: https://www.ruskov-law.eu/bulgaria/article/legal-tax-treatment-bitcoin.html.

[20] L’approccio dei diversi territori della Federazione Svizzera può essere esemplificato da un fascicolo prodotto dal Cantone di Zurigo: Kanton Zug. Finanzdirektion. Steuerverwaltung [Canton Zug. Finance Directorate. Tax Administration], Kryptowährungen (Bitcoin, Ethereum, Tokens Usw.): Merkblatt Steuern Für Privatpersonen [Cryptocurrencies (Bitcoin, Ethereum, Tokens Etc.): Explanatory Leaflet For Private Persons], Novembre 2017, disponibile a: https://www.zg.ch/behoerden/finanzdirektion/steuerverwaltung/kryptowaehrungen/download/Kryptowaehrungen%20-%20Merkblatt%20def.%20-%2030.11.2017.pdf/download. Per quanto riguarda invece il Regno Unito, l’Autorità responsabile per le entrate e le dogane (Her Majesty’s Revenue and Customs) ha dichiarato: “[f]or the tax treatment of virtual currencies, the general rules on foreign exchange and loan relationships apply. We have not at this stage identified any need to consider bespoke rules.” (testo completo: HM Revenue & Customs, Revenue and Customs Brief 9 (2014): Bitcoin and Other Cryptocurrencies, Marzo 2014, disponibile a: https://www.gov.uk/government/publications/revenue-and-customs-brief-9-2014-bitcoin-and-other-cryptocurrencies/revenue-and-customs-brief-9-2014-bitcoin-and-other-cryptocurrencies.

[21] The Law Library of Congress, nota 14.

[22] U.S. Security and Exchange Commission, Investor Alert: Bitcoin and other virtual currency-related investments, Maggio 2014, disponibile a: https://www.sec.gov/oiea/investor-alerts-bulletins/investoralertsia_bitcoin.html

[23] Corte di Giustizia UE, sentenza n. 264/14, 22 ottobre 2015.

[24] Risoluzione n.72/E, Trattamento Fiscale Applicabile alle Societa che Svolgono Attivita di Servizi Relativi a Monete Virtuali, 2 Settembre 2016, disponibile a: .

Marianna Riedo

Classe 1996, frequenta l’ultimo anno di  Giurisprudenza presso l’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna. Da tempo interessata al rapporto fra diritto e nuove tecnologie e desiderosa di approfondire questa tematica con un periodo di studio all’estero, ha deciso di trascorrere un semestre di exchange in Australia. Qui ha frequentato la UTS: University of Technology Sydney, dove ha seguito corsi inerenti a materie quali proprietà intellettuale, informatica e innovazione imprenditoriale. Attualmente si trova in Estonia, dove collabora con il ruolo di Research Trainee presso l’IT Law Programme dell’Università di Tartu. Nel febbraio 2017 ha iniziato a collaborare con ELSA Bologna (the European Law Students’s Association) per poi assumere la guida dell’area Attività Accademiche in qualità di Vicepresidente e, infine, arrivare a ricopre il ruolo di Presidente. È Senior Associate Editor della University of Bologna Law Review, realtà con la quale collabora dal 2016.

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