venerdì, Marzo 29, 2024
Labourdì

Dietro il contratto d’appalto

Dal punto di vista civilistico il contratto di appalto, secondo l’art. 1655 c.c., è un contratto con cui un soggetto (appaltatore) si obbliga per la realizzazione – con l’organizzazione dei mezzi necessari e sopportandone il rischio – di un’opera o di un servizio a vantaggio di un altro soggetto (committente) dietro un determinato corrispettivo in denaro.[1]

In virtù del richiamo all’art. 2082 c.c. l’appaltatore si configura come imprenditore; egli deve disporre di un’organizzazione di mezzi, capitale e lavoro e proprio per la presenza di una struttura organizzativa, su di lui ricade il rischio di impresa.

Il contratto di appalto può essere ascritto in due tipologie:

  • Appalto endoaziendale: l’appaltatore con i propri mezzi di produzione e la propria forza lavoro “entra” nel ciclo produttivo del committente.
  • Appalto esterno: il committente esternalizza attività che non sono proprie del suo ciclo produttivo e che non può svolgere con il proprio personale.

Nel caso in cui l’appaltatore si presenti “sgravato” dal rischio di impresa ci troveremo innanzi ad un appalto non genuino ovvero nel caso di una fornitura di mere prestazioni di lavoro. Ove l’appaltatore si limiti solo a fornire la manodopera, non assumendo nessun rischio economico in merito alla realizzazione dell’oggetto del contratto, il corrispettivo sarà di fatto correlato al solo costo dei lavoratori e si ricadrà all’interno del divieto di intermediazione di manodopera.[2]

In considerazione del suddetto divieto l’ordinamento ha previsto che l’attività di intermediazione sia svolta solo da specifici soggetti autorizzati, iscritti in un albo istituito presso il Ministero del Lavoro.[3] Il contratto di somministrazione di lavoro si caratterizza per la sua trilateralità; il lavoratore è assunto e retribuito dal somministratore[4] ed è inviato a svolgere la propria attività presso l’utilizzatore. Il contratto può essere sia a tempo determinato che indeterminato[5], qualora una Pubblica Amministrazione voglia usufruire di questa tipologia contrattuale, potrà avvalersi esclusivamente della somministrazione a tempo determinato. L’accesso al pubblico impiego, infatti, è blindato dal pubblico concorso ex art. 97 Cost. e considerando la nullità dei rapporti di pubblico impiego costituiti in difformità, ove una P.A. violi il divieto di intermediazione ed interposizione, ad esempio mascherando il contratto di somministrazione con un contratto d’appalto, non si potrà dichiarare la costituzione del rapporto di pubblico impiego.

Recentemente, con la sentenza n. 1571/2018, il Consiglio di Stato, Sez. III, ha chiarito i profili dell’appalto non genuino dissimulante, nel caso di specie, una somministrazione di personale. La natura di un affidamento deve essere ricercata negli elementi che caratterizzano il singolo rapporto contrattuale ed è su questa via che i giudici di Palazzo Spada hanno ricostruito la fattispecie:

il bando di gara – procedura aperta – aveva ad oggetto l’affidamento di attività di supporto[6] presso gli uffici della stazione appaltante, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per una durata biennale. La stazione appaltante aveva configurato la procedura come appalto di servizi anziché come somministrazione di personale, quest’ultima riservata ex lege alle Agenzie per il Lavoro. In conseguenza di ciò la partecipazione alla gara è stata consentita a tutte le imprese commerciali a cui è vietata la somministrazione di personale <<pena la commissione di un illecito amministrativo (cfr. art. 40 del d.lgs. n. 81 del 2015)>> ed è stata preclusa alle Agenzie per il Lavoro per via dei particolari requisiti d’accesso richiesti (svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto di gara).

Nel contratto d’appalto genuino, l’appaltatore deve avere il potere di organizzazione dei mezzi necessari allo svolgimento dell’attività richiesta, il potere direttivo sui lavoratori impiegati nella stessa ed infine deve sopportare il rischio di impresa[7]. Lo schema seguito in questa figura contrattuale è quello dell’obbligazione di risultato mentre quello cui corrisponde il contratto di somministrazione risponde all’obbligazione di mezzi[8]. Inoltre, in relazione al potere direttivo sui lavoratori, nel caso dell’appalto questi restano nella disponibilità della società appaltatrice mentre, nel caso della somministrazione il potere direttivo “passa” all’utilizzatore impartendo ai lavoratori le varie direttive da seguire.

La suprema Corte di Cassazione[9] è intervenuta più volte nel delineare i tratti dell’appalto non genuino dissimulante una somministrazione di personale:

a) la richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro;

b) l’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente;

c) l’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente;

d) la proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività;

e) l’organizzazione da parte del committente dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore.

Tali indici, attestanti il carattere fittizio dell’appalto, sono riscontrabili anche nella fattispecie ad esame del Collegio. Considerando che il tratto qualificante la direzione tecnica ed organizzativa – da parte dell’appaltatore – dev’essere verificato in concreto rispetto all’oggetto ed al contenuto intrinseco dell’appalto, soprattutto nel caso di appalto endoaziendale[10], la natura delle prestazioni richieste dalla stazione appaltante mal si ascrive ai servizi, essendo identificabili in un numero di ore annue. Questo elemento, a parer dei giudici di Palazzo Spada, dimostra come l’obiettivo della P.A. sia, sostanzialmente, quello <<di integrare il proprio personale interno, dimostratosi insufficiente, con altro personale esterno>>.

Il quadro delineato risponde più alla somministrazione di lavoro a tempo determinato che alla logica dell’appalto di servizi ed infatti, risulta chiaro come, in aderenza al suddetto schema, <<la ricerca di lavoratori da utilizzare per i generici scopi>> debba leggersi in chiave di integrazione del personale già presente in organico. Il Consiglio arriva alle medesime conclusioni anche in relazione all’analisi della base d’asta ed alla disciplina di remunerazione del servizio[11].

Inoltre, la <<sostanziale contaminazione>> tra i lavoratori della stazione appaltante e quelli dell’appaltatore – ovvero l’assenza di autonomia per quest’ultimi – trova addirittura conferma nel disciplinare di gara, secondo il quale le <<prestazioni (dei lavoratori dell’appaltatore) sono pienamente integrate nel ciclo di produzione degli uffici aziendali e presentano un contenuto omogeneo a quello delle attività svolte dal personale stabilmente inserito nella pianta organica (della stazione appaltante)>>. Pertanto appare chiaro come, in difetto del criterio dell’effettivo esercizio del potere di organizzazione e direzione da parte dell’appaltatore, si manifesti l’impossibilità di individuare <<un obiettivo di risultato, concluso ed autonomo, realizzabile dall’appaltatore e distinguibile dal continuum delle attività principali alle quali quelle appaltate sono chiamate a fornire ausilio>>. L’importanza di quest’elemento è stata sottolineata dalla giurisprudenza[12] che ha chiarito come <<in fattispecie di appalto in cui la prestazione richiede esclusivamente l’impiego di manodopera, il criterio dell’effettivo esercizio del potere di organizzazione e di direzione, da parte dell’appaltatore o del committente, assuma valore decisivo al fine di valutare la genuinità o meno dell’appalto>>.

Infine, anche l’elemento del rischio di impresa risulta essere assente ovvero configurato in modo tale da ricadere nello schema della somministrazione;

– l’aggiudicatario non si fa carico di alcun costo in relazione l’acquisto e l’organizzazione dei mezzi richiesti per lo svolgimento delle prestazioni;

– non vi è traccia di alcun apporto di capitale ovvero di know-how e beni immateriali forniti dall’appaltatore;

– i “servizi” richiesti sono quantificati in ore di lavoro e sono retribuiti << retribuiti unicamente per le ore lavorate>>, esattamente come avviene nella somministrazione: ad essere retribuito infatti, non è il servizio in quanto tale bensì le ore di lavoro effettivamente prestate;

– sull’aggiudicatario ricade l’onere di sostituzione del personale assente, proprio come nella somministrazione: in questa, poiché l’oggetto della prestazione è la “fornitura” del lavoratore, nel caso in cui quest’ultimo sia assente dev’essere sostituito senza alcun onere per il committente.

Pertanto, la “causa tipica” non può non coincidere con quella della somministrazione di lavoro, il cui fine è l’integrazione del personale dell’organizzazione del committente[12] e dunque la gara è illegittima nella parte in cui omette di richiamare <<quali requisiti di partecipazione, il possesso dell’Autorizzazione Ministeriale e la conseguente iscrizione all’Albo – tutte norme di garanzia applicabili esclusivamente alla “somministrazione di lavoro” e non invece ai contratti d’appalto di servizi – ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 276 del 2003, dell’art. 30 del d.lgs. n. 81 del 2015 e dell’art. 83, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016; sia nella parte in cui prevede requisiti di ammissione inerenti lo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto di gara (cfr. disciplinare pag. 2) – essendo questi propri delle imprese che svolgono appalti di servizi ma non anche delle agenzie di lavoro che, come la società appellante, operino esclusivamente nel campo della somministrazione di personale>>.

 

 

[1] Trattasi dunque di un contratto consensuale, ad effetti obbligatori di carattere personale, non formale, a titolo oneroso con prestazioni corrispettive, commutativo e ad esecuzione continuata.

In relazione al carattere dell’onerosità si rimanda a F.Gatta “Concezione debole del contratto a titolo oneroso nell’ottica europea e del Codice Appalti”, pubblicato in www.iusinitinere.it

[2] L. n. 1369/1960 nasce per combattere il fenomeno del “caporalato” tramite il quale si alimentava lo sfruttamento della manodopera soprattutto in ambito agricolo ed edile.

[3] Il D.Lgs. n. 276/2003 prevede l’istituzione, presso il Ministero del lavoro, di un apposito albo delle agenzie del lavoro, strutture per la mediazione tra domanda ed offerta di lavoro, suddiviso nelle seguenti sezioni (articolo 4):

– agenzie di somministrazione di lavoro, abilitate a svolgere tutte le attività relative al contratto di somministrazione;

– agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, abilitate a operare esclusivamente in una delle attività di cui all’articolo 20, comma 3, lettere da a) a h);

– agenzie di intermediazione;

– agenzie di ricerca e selezione del personale;

– agenzie di supporto alla ricollocazione professionale.

Le agenzie interessate a svolgere attività di intermediazione dovranno possedere appositi requisiti giuridici e finanziari. Alcuni di questi sono comuni a tutte le agenzie, altri sono specifici in relazione al tipo di attività e prevedono disposizioni a garanzia dei crediti dei lavoratori impiegati e dei relativi crediti contributivi (articolo 5).

[4] L’agenzia di somministrazione è titolare dell’obbligazione retributiva e contributiva nonché del potere disciplinare

[5]   Può essere sia a tempo determinato che indeterminato. La prima tipologia, molto simile al vecchio lavoro interinale, è prorogabile, il limite quantitativo per il suo utilizzo è affidato ai c.c.n. e la soglia massima oltre la quale scatta l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato è di 36 mesi ove ricorrano le seguenti condizioni:

– la prestazione è stata svolta da un lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dall’Agenzia di somministrazione;

– durante la missione il lavoratore ha svolto mansioni equivalenti a quelle per le quali ha lavorato con il contratto a termine.

Per quanto riguarda la seconda tipologia, anche detta staff leasing, potrà essere utilizzata nel limite del 20% rispetto al numero di lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore alla data del 1° gennaio dell’anno in cui viene a stipularsi il contratto. Inoltre, il contratto è stipulabile solo in alcuni casi e settori produttivi – sia pubblici che privati – per far eseguire servizi di cura e assistenza alla persona, di sostegno alla famiglia come cliniche private, case di cura, case di riposo, sanità, nello specifico:

– Servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, ivi compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet, siti web, sistemi informatici, sviluppo di software, caricamento dati;

– Servizi di pulizia, custodia, portineria;

– Servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e non, movimentazione di macchinari e merci;

– Gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;

– Attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;

– Attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;

– Gestione di call-center e per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1;

– Costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all’edilizia e alla cantieristica navale etc;

– Tutti gli altri casi previsti dai CCNL territoriali o aziendali e per tutti i settori produttivi, pubblici e privati, per l’esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona e di sostegno alla famiglia.

[6] << supporto giuridico, amministrativo, tecnico e contabile; supporto e gestione dei servizi centrali, distrettuali e ospedalieri; archiviazione, data entry e front office; supporto amministrativo contabile riferito al procedimento di liquidazione fatture e degli ulteriori documenti contabili; segreteria alle Direzioni Aziendali, Ospedaliere e Distrettuali.>>

[7] in tal senso l’art. 29 del d.lgs. 276/2003 recita: “Ai fini dell’applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione di mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio di impresa”

[8] Già sulla base di questa distinzione è evidente come l’appaltatore nella fattispecie non abbia alcun risultato da perseguire poiché l’oggetto esclusivo della procedura è lo svolgimento di mere mansioni lavorative.

[9] Si veda Cass. civ., sez. lav., 7 febbraio 2017, n. 3178.

[10] Cfr. Cass. civ. sez. lav., 3 giugno 2014, n. 12357.

[11] Punto 3.4 “in diritto” sentenza n.1571/2018 III Sez. CdS

[12] Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 2017, n. 7796

[13] Inoltre, <<la carenza di misure atte a scongiurare l’interferenza e la commistione tra i lavoratori, unitamente all’assenza di linee di cesura in grado di differenziare autonome fasi di produzione, forniscono ulteriore conferma della natura fittizia dell’appalto>>.

Federica Gatta

Giovane professionista specializzata in diritto amministrativo formatasi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza a 23 anni il 18/10/2018 con un lavoro di tesi svolto con la guida del Professor Fiorenzo Liguori, sviluppando un elaborato sul Decreto Minniti (D.l. n. 14/2017) intitolato "Il potere di ordinanza delle autorità locali e la sicurezza urbana" , ha iniziato a collaborare con il Dipartimento di Diritto Amministrativo della rivista giuridica “Ius in Itinere” di cui, ad oggi, è anche Vicedirettrice. Dopo una proficua pratica forense presso lo Studio Legale Parisi Specializzato in Diritto Amministrativo e lo Studio Legale Lavorgna affiancata, parallelamente, al tirocinio presso il Consiglio di Stato dapprima presso la Sez. I con il Consigliere Luciana Lamorgese e poi presso la Sez. IV con il Consigliere Silvia Martino, all'età di 26 anni ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense, esercitando poi la professione da appartenente al COA Napoli. Da ultimo ha conseguito il Master Interuniversitario di secondo livello in Diritto Amministrativo – MIDA presso l’Università Luiss Carlo Guidi di Roma, conclusosi a Marzo 2023 con un elaborato intitolato “La revisione dei prezzi nei contratti pubblici: l’oscillazione tra norma imperativa ed istituto discrezionale”. Membro della GFE ha preso parte alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, Guida Editore; inoltre ha altresì collaborato con il Comitato di inchiesta “Le voci di dentro” del Comune di Napoli su Napoli Est. Da ultimo ha coordinato l'agenda della campagna elettorale per le elezioni suppletive al Senato per Napoli di febbraio 2020 con "Napoli con Ruotolo", per il candidato Sandro Ruotolo. federica.gatta@iusinitinere.it - gattafederica@libero.it

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