giovedì, Marzo 28, 2024
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La nuova direttiva europea in materia di diritto d’autore: quali insidie per la libera circolazione delle informazioni?

Diritto d’autore nel mercato unico digitale. Prospettive e discussioni.

Il diritto d’autore, più volte rimaneggiato e uniformato, ha un’origine non proprio recente: nasce nel secolo XVIII in Inghilterra con la legge della Regina Anna del 1710 e, successivamente, viene regolato in Francia con le leggi del 1791-1793. L’invenzione della stampa è stata l’humus che ha permesso la proliferazione delle opere e la loro conseguente utilizzazione economica, sia – in prima battuta – con la concessione dei c.d. “privilegi di stampa”, sia successivamente con i vari modi di utilizzazione delle opere resi possibili dallo sviluppo tecnico ed economico. Questo processo, partito dalla configurazione del copyright come diritto esclusivo di riproduzione di opere stampate, poi accresciutosi con i correlativi aspetti delle modalità di comunicazione al pubblico mediante rappresentazioni, esecuzioni e diffusioni a distanza delle opere stesse, ha ingigantito negli anni la concezione stessa di “diritto d’autore”, divenendo esso un istituto multifattoriale destinato a proteggere opere fortemente eterogenee[1].

In particolare, fino ad oggi si è cercato di uniformare quanto più possibile la materia, sia al livello internazionale che – con maggior intensità – al livello europeo. La più importante convenzione in materia, coinvolgente anche i diritti connessi al diritto d’autore, rimane tutt’oggi la Convenzione dell’Unione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, firmata a Berna nel 1886 e cui ha aderito il maggior numero di Stati, che hanno rivisto e modificato negli anni le sue disposizioni e hanno garantito uno sforzo globale di uniformazione delle tutele. Tale pattuizione internazionale ha riscosso un tale successo da comportare una successiva Convenzione (Convenzione Universale sul diritto d’autore) per includere anche gli Stati non aderenti alla CUB (fra cui gli Stati Uniti d’America). Ultimo in ordine cronologico, nonché innovativo sotto diversi aspetti, è l’Accordo TRIPs (Trade Related Intellectual Property rights) firmato a Marrakech nel 1994 nell’ambito della WTO (World Trade Organization) e per tale ragione ratificato da un numero ampio di Stati, anche in via di sviluppo, che sono entrati a far parte della CUB, eccetto che in materia di diritto morale.

Ciò che, piuttosto, nel nostro ambito territoriale ha maggiormente contribuito allo sviluppo di un’uniformità di tutele giuridiche per autori ed editori è certamente il diritto prodotto dall’Unione europea. Attraverso un processo di armonizzazione avviato dalle direttive, si sono toccati quasi tutti gli aspetti correlati al diritto d’autore, considerato anche che, grazie alla competenza della Corte di giustizia UE a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione di esse in forza dell’art. 267 TFUE[2], alcune delle pronunce giurisdizionali in materia hanno sancito un’evoluzione consistente nel modus cogendi di siffatto istituto.

Il 20 giugno, in prosecuzione di un iter che va avanti ormai da più di due anni[3], è stata discussa e approvata la proposta della Commissione giuridica (JURI) di direttiva in materia di diritto d’autore che è volta ad apportare alcune sostanziali modifiche all’apparato normativo tuttora vigente, in quanto tengono conto della recente emersione di nuovi modelli di business e del rafforzamento di Internet “quale principale mercato relativo all’accesso e alla distribuzione di contenuti protetti dal diritto d’autore”. Non sono mancati, peraltro, i detrattori di tale proposta, in particolare con riferimento a due articoli, che sembrerebbero minacciare conseguenze pericolose per la libera circolazione delle informazioni online. La bozza sarà votata il prossimo 4 luglio per la definitiva approvazione.

La proposta ha tenuto conto di fattori determinanti, quali i pareri degli stakeholders del settore, precedentemente ottenuti attraverso una serie di consultazioni pubbliche, studi giuridici ed economici[4], nonché una vera e propria valutazione d’impatto, all’esito della quale il 14 luglio 2016 il comitato di controllo normativo ha emesso parere positivo. Lasciando pressoché impregiudicato il settore della ricerca scientifica, la direttiva in corso di approvazione ha il preciso obiettivo di spostare il baricentro economico verso le PMI operanti nei settori dell’editoria, produzione e distribuzione di opere protette mediante semplificazioni procedimentali e migliorando anche i proventi dei titolari del diritto d’autore. Ricadute positive potrebbero esserci anche per altre parti interessate, ad esempio le piattaforme di video su richiesta (un esempio per tutti, YouTube).

Il documento dovrà essere approvato entro fine anno o nei primi mesi del 2019, ma in questi giorni si sono moltiplicati gli appelli agli europarlamentari da parte di giuristi, attivisti e organizzazioni per la tutela della libertà di espressione per evitare che siano mantenuti i due articoli più contestati, ossia l’articolo 11 e l’articolo 13[5].

Articoli 11 e 13 della proposta di direttiva. Quali criticità per il futuro del diritto d’autore su Internet?

È il caso di procedere con ordine: l’articolo 11 è rubricato “protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale” ed è mirato anzitutto a riconoscere agli editori di giornali il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte di una serie di opere elencate dal primo comma dell’art. 2 della direttiva 2001/29/CE[6], nonché dal secondo comma dell’art. 3 e, per l’effetto di un’ulteriore previsione nella nuova direttiva, riconosce anche i diritti e gli obblighi correlati alle eccezioni, misure tecnologiche da adottare, sanzioni e mezzi di reclamo previsti nella medesima direttiva negli articoli da 5 a 8. Si effettua una “scissione” rispetto alla situazione soggettiva dell’autore dell’articolo, il quale, ai sensi del secondo comma dell’art. 11 del progetto di direttiva, mantiene inalterate le sue prerogative in ordine agli ulteriori usi relativi alla propria opera. Si prevede, infine, una durata di 20 anni per l’esercizio dei diritti sopra menzionati da parte dell’editore giornalistico. I motivi di un tale rafforzamento sono evincibili dal considerando (31) della bozza, il quale mira a garantire una “parità delle armi” tra editori e autori nella partecipazione ai cambiamenti della digital economy. Tale conclusione, con il suo iter inarrestabile, lascia dubbi su alcuni degli Stati membri continentali, come l’Italia, che nei propri sistemi legislativi in materia di diritto d’autore presuppongono che il titolare sia solitamente la persona fisica che genera l’opera[7].

Si era previsto un parziale cambiamento di direzione, nel senso di introdurre una presunzione legale di cessione dei diritti correlati all’opera del giornalista, così da poter dare all’editore, dotato di maggior potere negoziale, la possibilità di reprimere eventuali illeciti perpetrati da terzi sulla propria creazione[8]. È una possibile lettura che tuttavia non pare emergere dalla lettera della norma in esame, la quale sembra concedere ab origine tali diritti all’editore giornalistico, che ne esce rafforzato.

La seconda norma di cui in epigrafe, ancora più impattante sul framework normativo fino ad oggi edificato, è forse ancora più foriera di dubbi ed incertezze, tanto da essere additata come la principale minaccia alla libera circolazione di informazioni in Internet dalla Electronic Frontier Foundation, che ha inviato una lettera al Presidente del Parlamento europeo Tajani esponendo i pericoli che comporterebbe la sua introduzione nell’Unione europea[9]. Il titolo della rubrica è molto lungo e precisamente recita “utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti”. In buona sostanza, si vogliono responsabilizzare i prestatori dei servizi relativi alla società dell’informazione nella gestione di contenuti protetti da diritto d’autore, stabilendo dialoghi tra portatori di interessi e internet service providers, strumenti adeguati per il filtraggio del materiale pubblicato sulle piattaformeuser generated content (come YouTube, Instagram, Twitch ecc.), le quali dovrebbero premurarsi di ottenere preventivamente la licenza a trasmettere i relativi contenuti dagli utenti, nonché meccanismi sanzionatori promossi dagli Stati membri a favore dei prestatori stessi.

Invero, tale soluzione ha comportato le sopraesposte polemiche per diverse ragioni. In primo luogo, una direttiva discussa e progettata nel 2016 entrerebbe in vigore entro il 2019 per produrre i suoi effetti in tutto il territorio eurounitario solo dopo anni. Viene giustamente rilevato come, nel settore dell’information society, le tempistiche legislative del Regolatore europeo non corrispondono alle relative esigenze socio-economiche, che mutano quasi con cadenza mensile. Inoltre, come d’altronde rilevato anche nella lettera dell’EEF e anche da prestigiosi esperti della materia[10], emanare una direttiva solo per richiamare all’ordine l’uso incontrastato di contenuti di terzi da parte degli over the topcome Google serve solo a condurre all’esito parossistico secondo cui, mentre tali providers ne uscirebbero rafforzati, possedendo le risorse economiche e tecniche per gestire una gestione delle opere dell’ingegno degli utenti in modo da rispettare anche questa “zavorra” imposta dall’UE, le PMI del settore ne verrebbero travolte in pieno e rischierebbero l’estinzione, nulla dicendo la norma più che delle generiche affermazioni relative alla compliance necessaria per garantirne il rispetto, lasciando al prestatore di servizi l’onere di capire come fare. Peraltro, molte grosse realtà (come YouTube) possiedono già degli identificatori di contenuti protetti messi oramai a punto da anni e migliorati nel corso del tempo; ragione in più per la quale non faticherebbero a trovare la soluzione.

Ci si chiede, infine, a quale esito porterebbero tali nuove regole in ordine ai sistemi di DRM (digital rights management) e alle licenze creative commons, create appositamente per le incertezze relative al regime dei diritti nella circolazione dei contenuti digitali online. Da ultimo, pare non essere coinvolta l’eccezione di cui all’art. 68-bisdella l. n. 633/1941, che rispetto alla lettera dell’articolo 13 della bozza di direttiva è riferita ai prestatori di servizi che non danno accesso pubblicamente ai contenuti.

Che tale direttiva rappresenti l’ennesima soluzione fallimentare per il regolatore europeo, tale da rendere i big players gli esclusivi leader nella gestione e nella diffusione delle informazioni attraverso la rete? Che sia il caso, piuttosto, di rivedere la direttiva e-commerce, ormai ventennale, per adeguarla alle nuove esigenze?

 

[1]P. Auteri, Diritto di autore, in P. Auteri, G. Floridia, V. Mangini, G. Olivieri, M. Ricolfi, R. Romano, P. Spada, Diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, 2016, 565 ss.

[2]M. Bertani, Diritto d’autore europeo, 2011.

[3]Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, 2016/0280 (COD) ).

[4]Studio sull’applicazione della direttiva 2001/29/CE sul diritto d’autore e i diritti connessi nella società dell’informazione: http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/studies/index_en.htm ; Studio sul quadro giuridico per l’estrazione di testo e di dati: http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/studies/1403_study2_en.pdf ; Studio sul diritto di messa a disposizione e sul suo rapporto con il diritto di riproduzione nelle trasmissioni transfrontaliere in digitale: http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/studies/141219-study_en.pdf ; Studio sulla remunerazione di autori e artisti (interpreti o esecutori) per l’uso delle loro opere e la fissazione delle loro esecuzioni:  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/commission-gathers-evidence-remuneration-authors-and-performers-use-their-works-and-fixations

[5]Redazione IlPost, “L’Unione Europea potrebbe rompere Internet” (https://www.ilpost.it/2018/06/23/unione-europea-regolamento-copyright/).

[6]Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32001L0029).

[7]Nella l. n. 633/1941 ci sono ben sei norme (artt. 6-11) che si occupano della titolarità, senza mai coinvolgere direttamente l’editore.

[8]V. Falce, “La direttiva Ue sul copyright si ispira all’Italia”, in IlSole24Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-12-18/la-direttiva-ue-copyright-si-ispira-all-italia–091609.shtml?uuid=AErlUJTD).

[9]Per il contenuto della lettera al Presidente, v. https://www.eff.org/files/2018/06/13/article13letter.pdf.

[10]Molto interessanti, sul punto, le considerazioni di G. Scorza su Agenda Digitale europea, “Direttiva Ue sul copyright, Scorza: “Minaccia alla libertà di espressione, ecco perché” (https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/direttiva-ue-sul-copyright-scorza-minaccia-alla-liberta-di-espressione-ecco-perche/).

Edoardo Palazzolo

Laureato a pieni voti presso l'Università di Pisa, è abilitato alla professione di Avvocato. Consegue nel gennaio 2018 il Master Universitario di 2° livello (CMU2) in Internet Ecosystem: Governance e Diritti presso l'Università di Pisa in collaborazione con il CNR-IIT, nell'ambito del quale svolge un tirocinio formativo presso il Servizio Affari Legali e Istituzionali della Scuola Normale Superiore, occupandosi di data protection e, in particolare, dell'applicazione del GDPR nel settore pubblico. Discute una tesi relativa all'applicazione del GDPR nelle Università statali e i conflitti con la trasparenza amministrativa dopo il decreto FOIA (d.lgs. 97/2016). Ha collaborato con diversi studi legali nel ramo del diritto civile e commerciale, da ultimo specializzandosi nel contenzioso bancario e nelle soluzioni innovative per la previsione della crisi aziendale. Ad oggi è funzionario presso l'Istituto Nazionale Previdenza Sociale, sede provinciale di Venezia, occupandosi di vigilanza documentale e integrazioni salariali. All'interno dell'Istituto collabora altresì con la Direzione Centrale Audit e Monitoraggio Contenzioso, svolgendo attività di internal auditing. e-mail di contatto: edoardo.palazzolo@iusinitinere.it

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