sabato, Dicembre 14, 2024
Diritto e Impresa

Il fenomeno del forum shopping e i principi UNIDROIT nella contrattualista internazionale

Le transazioni commerciali internazionali, per loro natura intrinseca, impongono un necessario raffronto tra le normative applicabili al contratto. Sulla scorta di tale considerazione, è invalsa la prassi, diventata un vero e proprio principio, che siano le parti stesse ad individuare ed indicare nel contratto la cd. legge applicabile attraverso l’incorporazione del negozio pactum de lege utenda (clausola per la designazione della legge applicabile) all’interno del dettato contrattuale.
Questo fenomeno, noto come “forum shopping”, cerca di prevenire il fenomeno di conflitto tra leggi, in base al quale più ordinamenti hanno la possibilità di avocare a sè la competenza a giudicare su eventuali vertenze nascenti dal contratto.
Per di più in ciascun ordinamento vigono delle norme differenti di diritto internazionale privato e, pertanto, gli Stati possono essere più o meno aperti alla possibilità che nel proprio ordinamento abbiano efficacia le norme di un altro.
Se, da un lato, la nascita del fenomeno del forum shopping è dovuta a questioni di opportunità nel cercare di ridurre il rischio che più ordinamenti possano disciplinare il dettato contrattuale, dall’altro invece è dovuta alla necessità della certezza del diritto. Esistono diverse ipotesi percorribili dalle parti, infatti, è possibile che le parti scelgano:

  • la legislazione del propio paese;
  • la legislazione del paese della controparte;
  • la legislazione di un paese terzo;
  • di applicare la lex mercatoria;
  • di applicare i principi UNIDROIT;
  • di applicare il diritto internazionale privato.

Nel tentativo di aiutare gli interpreti e gli operatori internazionali a delineare un quadro chiaro e completo circa l’applicazione del diritto, gli Stati si sono concentrati e impegnati sia ad effettuare l’unificazione del diritto del commercio internazionale tramite strumenti legislativi, sia ad armonizzare la regolamentazione del diritto del commercio internazionale attraverso strumenti non legislativi, i rimedi di cd. soft law.
I risultati ottenuti attraverso l’utilizzo delle diverse metodologie sono divergenti.
Infatti con l’utilizzo di strumenti legislativi il massimo risultato ottenuto è stato la sottoscrizione di una Convenzione Internazionale in materia di contratti di vendita di beni mobili , la c.d. CISG (Convention on Contracts for the International Sale of Goods) elaborata dall’UNICTRAL (United Nations Commission on International Trade Law). Il vantaggio di tale Convenzione internazionale  risiede nel fatto che la stessa si occupa di diritto sostanziale e qualora venga portata di fronte ad un giudice di uno qualunque degli Stati che l’hanno ratificato, dovrà necessariamente dare applicazione alla stessa.
La prassi ha fatto sì che l’applicazione di tale Convenzione, così come altre sorte sulla scorta di questa, fosse scarsa. Molti autori hanno sottolineato che lo strumento del Trattato Internazionale segue una logica dettata dalla frammentarietà delle materie a cui lo stesso viene applicato e per questa via una regolamentazione organica del diritto del commercio internazionale non può seguire questa strada.
I rimedi di soft law seguono una logica differente, includono nella formazione della prassi, gli operatori economici che la pongono in essere, creando una sorta di consuetudine di diritto internazionale in materia. Attraverso tali strumenti sono stati elaborati delle condizioni generali di contratto, codici di condotta, modelli contrattuali adottati a livello globale dalle varie associazioni professionali ed imprenditoriali sulla base delle consuetudini commerciali vigenti e concernenti
specifiche transazioni commerciali. Non sono mancate critiche circa l’utilizzo di tali strumenti, in quanto è stato sostenuto che si stava assistendo ad una progressiva privatizzazione dell’attività legislativa. Oltretutto è stato evidenziato che tali consuetudini presentano una marcata uniformità per settore commerciale e che nel caso di raffronto con altri settori condurrebbe alla cd. “battle of forms”, cioè la pretesa che ciascuna parte faccia valere le proprie condizioni contrattuali uniformi.
I principi UNIDROIT, invece, rappresentano l’elemento di razionalizzazione del sistema fin ora esposto e si qualificano quale opera di armonizzazione e sistemazione delle prassi invalse in settori commerciali differenti. Questi strumenti di soft law vengono applicati per la completezza e la forza persuasiva riconosciuta a livello internazionale dai maggiori operatori economici e commerciali e non per la vincolatività, di cui non sono dotati. La formulazione di tali principi è stata effettuata con un forte elemento di neutralità rispetto alle legislazioni nazionali in quanto non sono nati per l’applicazione all’interno degli ordinamenti statali, ma per delineare in modo coerente le prassi internazionali che andavano man mano consolidandosi.
In assenza di una scelta delle parti contraenti, il diritto internazionale privato vigente nel nostro ordinamento, per il tramite della legge 218/1995, presenta una disciplina al quanto lacunosa in materia, infatti si limita a stabilire una serie di criteri per dirimere il cd. conflitto tra leggi, che quale ultimo criterio prevede che sia “la legge con cui la transazione ha il collegamento più prossimo, che lascino un intollerabile margine di arbitrio all’interprete…”.
È evidente che il dettato normativo in tal modo non garantisce la certezza del diritto, in quanto da tale formulazione ne consegue un’imprevedibilità circa la normativa nazionale che effettivamente regolerà la transazione.
In questa varietà di ipotesi percorribili dalle parti, i principi UNIDROIT sembrano delineare una disciplina molto più organica e lineare rispetto a quanto possa dirsi delle altre ipotesi. Tuttavia, tra tutti, i principi UNIDROIT sono quelli meno utilizzati, anche se quelli più apprezzati dai grandi operatori economici e dalle istituzioni internazionali.
La prassi mostra che, invece, le parti per la maggior parte delle volte scelgono di comune accordo una normativa applicabile, alimentando sempre più il fenomeno del forum shopping e di tutte le problematiche che porta con sè.

Francesco Visone

Classe 1991. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi Federico II con tesi di laurea in Diritto del Commercio Internazionale. Consegue nel 2016 un Master in International Business. Collabora con una società di consulenza per la quale si occupa della compliance e della governance dei processi di internazionalizzazione delle imprese e degli investimenti diretti esteri. Svolge la pratica forense presso diversi studi legali che si occupano, tra l'altro, di diritto civile, commerciale e societario, sia nazionale sia internazionale. Appassionato di mercati finanziari e finanza internazionale, con particolare riguardo ai contratti derivati. La passione per l'orologeria lo ha portato a fondare con altri e gestire una startup che si occupa del settore.

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