giovedì, Marzo 28, 2024
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Diritto, sharing culture e marketing: il caso CD Projekt, da The Witcher a Cyberpunk 2077

Diritto, sharing culture e marketing: da The Witcher a Cyberpunk 2077, il caso CD Projekt «il più grande successo europeo degli ultimi 10 anni»

 

Sommario: 1. Introduzione – 2. Please press “start button” – 3. Il diritto d’autore nei videogiochi: croce e delizia di un’industry – 4. CD Projekt: se il diritto è peso, come impiegarlo, a peso specifico – 5. Tra d(i)ritto e opportunità: origini con flashforward – 5.1 Fidelizzare, non ostacolare – 5.2 L’accordo della vita e la querelle – 6. Non conquistare ma converti il “pirata” che è in te  – 7. Gog.com: la summa dello spirito di CD Projekt – 7.1 «il DRM risolve la pirateria come un sacco di cemento risolve la fame» – 8. I confini di una nuova realtà… CYBERPUNKTM– 8.1 Streaming? Su Cyberpunk 2077 non ci sarà nessun problema – 8.2 Copyright, notice and take-down, ban e polemiche… Con le scuse di Twitch – 8.3 Diritto all’immagine: Ibrahimović all’attacco di EA Sports, FIFA 21 e FIFPro – 9. La fine è l’inizio

 

1. Introduzione

Il mondo della quarta rivoluzione[1], anche industriale[2], è in superficie semplice perché il substrato è complesso: esattamente come il funzionamento dei nostri smartphone rispondenti istantaneamente a un tap ma imperscrutabili, per noi comuni mortali, al loro interno in deistico connubio tra e di hardware-software.

Così, ad anni Venti del XXI secolo inaugurati, anche i confini professionali e i luoghi comuni si sono scompaginati: perché l’avvocato è sempre più un professionista tendente all’esperto generalista e quindi, per dire, se focalizzato nella tutela delle proprietà intellettuale, oggi, deve essere anche un alchemico del digitale, perché il core è lì, nell’infosfera[3]. E magari, proprio in questa dimensione miscellanea, scopre che i “giochini” cui sempre ha tacciato di bambinesco, sono letteralmente un ambiente ricco e da vivere, ove addirittura far fruttare le sue alte e lautamente compensate, competenze. A patto, però, di avere l’umiltà di capire e l’ambizione di inter-agire.

Di seguito si tratterà della nascita, della crescita, della strategia (in particolare tra diritto, comunicazione e marketing) di una società partita dalla periferia della Terra e raggiungente la di sua vetta (finanziaria, tecnologica e, in certa qual maniera, storica): analizzandola più che come best practice, come best fit di questa stupenda fluida epoca qual è la post-contemporaneità.

Siffatto articolo odisseico è proprio per chi, professionista, curioso o videogiocatore non importa, non si ferma dinanzi al prossimo, nuovo, esorbitante livello.

 

2. Please press “start button”

Avere tutte le ragioni del mondo, a volte, non vuole dire avere la ragione: questo vale nei giochi di ruolo e nella realtà. Chi lavora sul crinale tra giurisprudenza e business, lo sa bene: sovente è meglio essere di sua cerniera che faglia di rottura. E non che questo sia in re ipsa un male, una distopia, bensì è, semplicemente, la differenza tra l’ideale e il reale; tra la “pura” e dura lex, sed lex (la legge è dura, ma è legge) e una concreta mediazione; tra l’integralista fiat iustitia et pereat mundus (sia fatta giustizia e perisca pure il mondo) e il suggellare un compromesso, persino qualora fosse “politico”.

Ciò né deve spaventare le “anime belle” né nichilisticamente determinare chi è “uomo di mondo”: anche perché potrebbe essere favorevole pure per il diritto. Soprattutto in un pianeta iperconnesso, ubiquo, istantaneo e permanente com’è quello attuale, globalizzato e digitale nonché sotto steroidi per l’interconnessione di Internet ed esaltato dai social network. Una realtà tutt’oggi indomabile, persino donchisciottesca per chi profonde i massimi sforzi, davvero mai visti prima, sul controllo moderatorio di queste piattaforme in un “combinato disposto” di big data, intelligenza artificiale e operatori specializzati, ritenuti comunque ampiamente insufficienti[4]. In generale opporsi manu militari al cambiamento in atto, rivoluzionario, nella migliore delle ipotesi potrebbe rappresentare una fatica di Sisfo (ve la ricordate l’epoca degli spot stile «La Pirateria è un reato»[5]?) e quindi converrebbe perlomeno capirlo, questo mondo, fino a governarlo: soprattutto nella componente degli affari, ove la propria ragione, anche la più legittima, non è sempre la migliore soluzione. E così da una reinterpretazione dell’accordo potrebbero derivare abbastanza soddisfazioni per tutti, tanto da trasformarsi in circolo virtuoso.

Ciò per qualsiasi mercato ma soprattutto in un’industria multimediale che già vale più di quella discografica e cinematografica messe assieme[6] nonché in previsione di cubare 200 miliardi di dollari (mal contati equivalenti a circa 170 miliardi di euro) entro il 2023[7]. Eh sì, perché il videogame non è più solo un «“gioco da ragazzi”».

E in questo mercato ove le proprietà intellettuali sono talmente forti da passare da mezzo a medium (e, addirittura, forse, «metaverso»[8]), si procederà all’analisi di un’atipica ma vincente “best practice” che ha visto il peculiare uso della tutela delle IP come, quota parte, quello che è stato definito nientemeno che da Bloomberg «il maggior successo europeo [STOXX Europe 600 Index] degli ultimi dieci anni»[9]: CD Projekt S.A.

 

3. Il diritto d’autore nei videogiochi: croce e delizia di un’industry

La storia di CD Projekt è ai limiti del rocambolesco[10]: in una Polonia appena uscita dalle macerie sovietiche e sostanzialmente priva di efficace regolamentazione sul diritto d’autore[11], dei baldi giovani appassionati di elettronica colgono le potenzialità dell’«ultimo medium»[12] e si buttano, per dirla elegantemente, “almeno” prater legem[13] nella rivendita dei software videoludici più di successo del tempo, sulla scia trasversalmente unente Atlantico e Pacifico[14], ove gli affari risultavano ampiamente fiorenti. Il loro intento era sdoganare i videogiochi dai bazar di Varsavia a una nuova Polonia internazionale, già in trasformazione.

Fatti i primi soldi e consapevoli dell’avvento del progresso, non a caso proprio in coincidenza con la prima legge in materia di copyright del 4 febbraio 1994 a opera della divenuta Repubblica di Polonia, gli sbarbati Marcin Iwiński e Michał Kiciński decidono di fondare CD Projekt Sp. z.o.o., oggi trasformatasi in CD Projekt S.A.

Col senno del poi, l’obiettivo all’epoca ambizioso, non è soltanto stato conseguito, ma superato: sia nel mercato nazionale del gaming, sia per la percezione del videogame dinanzi il resto del mondo. Esemplificando, CD Projekt è il publisher di videogame più capitalizzato del Vecchio Continente[15], che ha contribuito a far crescere il mercato videoludico polacco fino a farlo valere mezzo miliardo di dollari(2018)[16], con anche nuove fisionomie finanziarie[17] per quella che ormai è una cultura di massa[18], addirittura pubblicamente resa con quello che può definirsi il primo regalo di stato videoludico mai scambiatosi[19] nientemeno che consegnato nelle mani di un presidente statunitense[20] e, latu sensu, anche contribuendo a progredire l’istruzione della nazione[21].

Così, il marchio registrato (®)[22] della corporation è da tempo (2014) ormai divenuto inconfondibile per tutti gli appassionati di videogaming.

 

4. CD Projekt: se il diritto è peso, come impiegarlo, a peso specifico

Le peculiarità nell’interpretare il “senso” delle proprietà intellettuali saranno una costante che caratterizzerà la strategia della compagnia nell’arco dei decenni successivi, fino a diventarne quintessenza: rendendola amata dai clienti per il suo approccio liberale e “pro-user”, anche nella gestione degli streaming e più in generale per un mood unico, ragionato, innovativo e sensato tanto appagante il mercato quanto la redditività degli azionisti.

In altre parole CD Projekt ha trovato quel mix a oggi perfetto in grado di tutelare cautelativamente i propri marchi: per una sopraffina marca amata in tutto il mondo.

 

5. Tra d(i)ritto e opportunità: origini con flashforward

Dalla fondazione e fin tutto l’inizio del nuovo millennio, CD Projekt non è stata in grado di sviluppare ex novo un videogioco: così li distribuiva. Ma non prima di averli customizzati a dovere. Infatti, dopo aver conseguito rilevanti accordi distributivi intra-confine aventi a oggetto importanti IP videoludiche da parte di prestigiose case di sviluppo e rinomati relativi publisher, si lanciarono anima e corpo nel creare un mercato (legale) domestico.

Perché già esisteva, ma era “parallelo”. L’humus culturale post-sovietico dell’epoca non era oltremodo propenso a spendere grandi somme di denaro per i “giochi elettronici” e, anche per questo, la pirateria la faceva da padrona (anche se era, come era, un mondo, o quasi, privo di Internet). I succitati imprenditori escogitarono così un business model improntato al taylor-made del software. Conoscendo il substrato dal quale loro stessi provenivano, infatti, attuarono una politica non già di persecuzione bensì di seduzione: una strategia che avrebbe permesso di penetrare il ventre molle del mercato polacco. Nel breve così come nel lungo termine.

Avrebbero potuto benissimo “portare in Tribunale” i pirati ma, invece, scesero in campo e si sporcarono le mani: blandendo e non minacciando la nascente comunità dei videogiocatori nazionale, con premialità.

5.1 Fidelizzare, non ostacolare

Acquistavi il titolo originale? Allora eri parte di un circolo ristretto. Letteralmente.

Come fu possibile? Per la prima volta in terra natia[23] tradussero dall’inglese al polacco, a loro spese, non soltanto cover e manuali, ma ciascuno e tutti interamente i videogiochi che distribuivano; quando fu possibile, aggiunsero un doppiaggio integrale con le voci dei migliori attori nazionali; rivestendo e rifinendo i packaging, la serigrafia sui dischi dei giochi nonché premurandosi di selezionare i migliori materiali di costruzione; inserendo anche bonus come cimeli, gadget o preziose sorprese: feature che permisero di sestuplicare i successi fin dal giorno di lancio[24] e al contempo creando una fanbase fedelmente inimitabile.

5.2 L’accordo della vita e la querelle

Passata ormai da tempo la fase stratup, i vertici aziendali decisero così di inaugurare la costola CD Project Red, red perché rossa era la passione che muoveva quel primo team: che si sarebbe verticalmente occupato esclusivamente dello sviluppo dei videogiochi.

La stessa realtà aziendale che garantirà il salto di qualità: quello che nei successivi lustri consacrò l’intero gruppo al successo planetario.

Per fare questo, però, necessitavano di una base di appoggio importante, un pezzo da novanta. Come fare?

Non smentendosi e anzi perseverando nella propria traiettoria: insistendo sulla glocalità (neologismo coniugante l’afflato globale con la forza della tradizione locale); dovendo ottenere una licenza di proprietà intellettuale, possibilmente legata a un altro media, di assoluta fama (almeno nell’est Europa), “rinfrescarla” con il quid dell’interattività genomico del videogioco e renderla una nuova IP videoludica qualitativamente “imperdibile” per l’intera platea di gamer.

Come fare? Puntando sull’all-in della vita, cercando di ottenere la licenza dal romanziere Andrzej Sapkowski, autore dei best seller della Saga di Geralt di Rivia (Wiedźmin in originale): una serie di romanzi fantasy leggendaria, da milioni di copie, peculiarmente nel Centro e nell’Est europeo, per tutti i Novanta del 1900.

Una missione più facile a dirsi che a farsi. Ma anche no, evidentemente perché la fortuna aiuta gli audaci: l’accordo[25] sui diritti di proprietà intellettuale anziché essere estenuante, lungo e arduo fu invece immediato, easy, per un importo risibile[26] e, soprattutto, da versarsi una tantum.

Come fu possibile? Lo stesso scrittore, innumerevoli anni dopo, dirà[27]: «Sono stato così stupido da vendergli tutti i diritti; mi hanno offerto una percentuale dei loro profitti ma gli dissi: ‘No, non esiste, non ci sarà nessun profitto: datemi i miei soldi adesso, datemi l’intero importo subito!’ È stato stupido. Sono stato cotanto scemo da lasciargli tutto perché non credevo nel loro successo, ma all’epoca, chi poteva prevederlo?».

E qui allora preme far emergere un altro aspetto di CD Projekt, usare il diritto per premunirsi nell’avere ragione ma, comunque, non disattendere le aspettative (anche non legalmente fondante) delle plurime controparti cui ha dinanzi. Se valevoli. Quanto più se proficue anche per esigenze di marketing.

Ma chiariamo quel che accade da allora a ora.

Il videogioco The Witcher ha complessivamente fruttato centinaia di milioni di euro in guadagni netti per la compagnia[28], così Sapkowski nel 2018 chiese 16 milioni di dollari[29], CD Projekt rigetta la pretesa «nel merito e nel quantum pattuito» ma, attenzione, parlando di una «volontà di mantenere buoni rapporti con gli autori di opere che hanno ispirato le nostre stesse creazioni. Di conseguenza, faremo tutto il possibile per assicurare una risoluzione amichevole della corrente controversia»[30].

Andrzej Sapkowski, cui lo si sente anche aggettivato come il Tolkien polacco[31], sarebbe un personaggio fumantino[32], ma, appunto, è una leggenda vivente della letteratura cui è meglio avere come “amico” e trovare la quadra per il “bene” complessivo (anche dei fan originali del romanzo), pure al netto di quel contratto allora siglato e che poteva garantire tutte le ragioni a CD Projekt.

Cosa non a caso puntualmente poi accaduta poco dopo un anno, il 20 dicembre 2019, quando CD Projekt annuncia la firma di un accordo riservato che «soddisfa e chiarisce completamente le esigenze e le aspettative di entrambe le parti, passate e presenti, e definisce un quadro per la futura cooperazione tra le medesime.» Non prima di ricordare, comunque, che «L’accordo […] conferma il titolo della società della proprietà intellettuale di The Witcher per i videogiochi, le graphic novel, i giochi da tavolo e il merchandise»[33].

Appare palese in questa prima parte di storia, pertanto, che il duo Iwiński-Kiciński, sapeva fare fin da allora del buon uso del diritto della proprietà intellettuale: dal cavalcare il crinale dei primi anni di “limbo” del crollo dell’URSS fino a surfare l’onda grande della regolamentazione (attraverso le sottoscrizioni di importanti licenze distributive) e assicurandosi, sempre, di galvanizzazione e non ostracizzare il proprio pubblico (pagante e non).

Cionondimeno, CD Projekt era davvero soltanto agli albori.

 

6. Non conquistare ma converti il “pirata” che è in te 

La pirateria è un problema e inerisce pure il videogioco[34], anzi, in certo qual modo n’è coeva compagna fin dalla sua stessa nascita[35]. Empiricamente[36] si potrebbe ritenere che essa, seppur in minima parte e incidentalmente, abbia potuto contribuito alla popolarità del medium e finanche al successo di vendite di certi hardware da salotto: 3 delle 4 console domestiche ad aver mai superato i 100 milioni di pezzi venduti nella storia, volente o nolente, sono facilmente modificabili[37], con prezzi di manomissione relativamente contenuti fin dagli esordi[38]. L’industria del videogaming ha fatto e sta facendo l’impossibile per arginare il fenomeno, a dispetto della musica e della filmografia, riuscendoci[39], per ora, anche senza ricorrere in medias res ai servizi di streaming simil Spotify e Netflix[40]: i non paganti creano comunque una cospicua voragine[41] ma i produttori di software videoludici, combatterebbero la pirateria come “figlio illegittimo” di qualcosa di più grande e assolutamente legale eppure per loro più impattante, com’è il mercato dell’usato[42]. Come? “Surrettiziamente”, creando esperienze sempre più gigantesche, vive, connesse e in costante e continuo aggiornamento e mutamento: trasformando il rapporto videogamer-videogame da lineare a circolare, con i cosiddetti game as a service[43].

Si capisce, allora, che CD Projekt in uno scenario così fluido e in ripido mutare poteva essere pesantemente colpita nel suo offrire esperienze esclusivamente offline, presumibilmente trovandosi ben presto in difficoltà: soprattutto avendo pubblicato, per anni, i propri giochi in esclusiva per computer[44] (perché non aveva le risorse economico-umano-finanziarie e di know-how per approdare su differenti sistemi, come le console; maturazione che invece compirà agli inizi degli anni Dieci del XXI secolo). Ma quella che per molti sarebbe stata una sfida improba e a colpi anche di tribunale per scoraggiare i renitenti all’acquisto legale, per l’ormai importante impresa polacca, fu la “semplice” prosecutio rodata e perfezionata di una campagna di ammaliamento e non già di combattimento verso il popolo giocante.

Come? Producendo videogiochi coinvolgenti, impegnativi, quantitativamente sconfinati, con cura al dettaglio digitale[45]; rilasciando contenuti gratuiti per aggiornamenti contenutistici ingaggianti ed espansioni sesquipedali (DLC)[46] a prezzi ragionevoli[47]; facilitando la vita dei modder[48]; rilasciando esclusivamente titoli privi di sistema di protezione come il “famigerato” Digital Rights Management (DRM; il migliore in ambito gaming è quello di Denuvo), un sofisticato sistema di individuazione di copie pirata. Il DRM è un software teoricamente per “buoni” ma ha una nomea pessima (e sovente a torto) nella gaming culture perché, si dice, rovinerebbe l’esperienza prestazionale del titolo non ai pirati bensì ai legittimi acquirenti[49]. Tanto è vero che viene letteralmente definito da CD Projekt come «la cosa peggiore nel settore dei giochi, in grado di limitare i diritti di giocare ai giochi di proprietà dei gamer»[50] e in grado di suscitare sentimenti di odio[51].

CD Projekt accrebbe inoltre la sua consideration anche regalando le copie perfezionate, rifinite, rivedute e corrette dei giochi (le cosiddette Enhanced Edition)[52] agli stessi acquirenti della primissima versione del titolo; nuovamente poi puntando su localizzazioni, traduzioni e doppiaggi tra i migliori del genere[53] e nel maggior numero possibile degli idiomi dei mercati in cui i giochi sarebbero approdati[54]; distribuendo edizioni pantagrueliche e da collezione[55], ma anche con piccole e grandi sorprese per quelle standard[56] e coccolando il pubblico con significative gratificazioni morali come fu la lettera di inclusa in ciascuna e tutte le copie vendute nel giorno di lancio della loro prima opera magna, The Witcher 3 Wild Hunt, che così recitava:

«Prima di tutto vi ringraziamo per il supporto. Apprezziamo davvero molto la vostra decisione di spendere i sudati risparmi per il nostro gioco e ci auguriamo che vi divertiate. Oltre 200 di noi hanno lavorato al titolo negli ultimi tre anni ed è con grande piacere ed umiltà che vi presentiamo il risultato.»[57]

Non è frutto fortuito o di mero marketing: bensì è manna coerente a una cultura del business che ha da sempre interpretato la diversità come valore arricchente e non fattore invalidante.

Dagli anni Novanta del XX secolo agli anni Venti del 2000 alla CD Projekt si sono cimentati in una maratona. E stava pagando: «[quello di essere “laschi” nel diritto di copyright] è una delle strategie intraprendibili: quella di investire sul lungo termine concentrandosi sugli end users [per fidelizzarli, anziché agire giudiziariamente contro di loro o intervenendo in Tribunale contro le piattaforme streaming et similia ospitanti contenuti violanti il copyright creati dai loro utenti (es.: YouTube; Twitch, etc.)]»[58]. E ci stavano riuscendo.

Certo, questa è una strategia tra le altre e tra le tante: non valevole sempre e in assoluto, ma è funzionale a spiegare il caso concreto da inizio a fine.

 

7. Gog.com: la summa dello spirito di CD Projekt

Se c’è una cosa che rappresenta intimamente l’identità nel fare business di CD Projekt attraverso le proprietà intellettuali e i contenuti coperti da copyright, bene, quella è GOG.com.

Acronimo di Good Old Games (i cari bei vecchi giochi), è una piattaforma di videogaming in digitale, inizialmente di nicchia e incentrata sul “recupero” delle perle del passato nel settore videoludico affinché non vengano dimenticate[59] bensì nuovamente poste sul proscenio attraverso rimasterizzazioni di tutto punto; essa nondimeno ha un altro, vero, asset iconico e fondativo: l’opposizione oltranzista al DRM.

7.1 «il DRM risolve la pirateria come un sacco di cemento risolve la fame»[60]

Per capire di cosa stiamo parlando e in che termini, seguirà una libera reinterpretazione congiunta di 2 interviste occorse nell’arco degli ultimi anni a membri focali della compagnia. La prima e più sostanziosa fu fatta da Eddie Makuch, giornalista di Gamespot[61], a Guillaume Rambourg (allora Managing director di GOG.com) e l’altra, sempre dallo stesso corrispondente[62], a Marcin Iwinski (co-founder e CEO di CD Projekt). Esse sono il non plus ultra dello spirito incarnato nell’intendere il diritto di copyright come strumento parziale rispetto un tutto alt(r)o.

«Quando lanciammo GOG nel corso del 2008 l’obiettivo iniziale era quello di far rivivere i giochi “classici”, quelli del passato, e di portarli al meglio per i giocatori moderni. Ma l’altra e forse più importante missione che avevamo e che abbiamo ancora, è quella di liberare i giochi e i giocatori dalle catene del DRM. Perché per noi il DRM è come una prigione (sia per i videogame vecchi e nuovi; indie; tripla A o addirittura per i film). E dopo tanti anni crediamo di aver testimoniato che sia possibile, sostenibile e redditizio: tutti ci davano per spacciati ma da un progetto di nicchia siamo divenuti uno dei più importanti store digitali al mondo, con migliaia di giochi disponibili e centinaia di editori partner. Siamo noi del management di GOG che dobbiamo dare ai videogamer le buone ragioni per acquistare i nostri titoli legalmente: questo è quello che ci guida nella conduzione dell’azienda. Un esempio? Il “prezzo equo nel cambio valuta”: lo status quo dell’industry permette di lucrare sui vari valori delle monete durante l’acquisto di un gioco (i dollari australiani non sono dollari statunitensi e non equivalgono alla sterlina del Regno Unito né tanto meno all’euro, etc.). Noi non vogliamo “specularci” e, credetemi, questa è stata una sfida: ma l’abbiamo superata ideando un algoritmo in base al quale ovunque tu ti trovi nel mondo, pagherai eguale, quindi sempre rimborsandoti la differenza di prezzo rispetto il listino unico, cosicché noi incassiamo per quel che effettivamente vendiamo senza trarne vantaggio surrettiziamente in virtù del cambio di valuta.

Ora, guardateci, qualcuno potrebbe aspettarsi che con il nostro successo e con l’accrescimento dimensionale di GOG la nostra essenza venga a snaturarsi ma, con tutto il cuore e sicuri al 101%, vi diciamo, no. È impossibile: noi ci atterremo sempre ai nostri valori. Non siamo un’azienda avida e, certo, senza infingimenti non siamo neppure un’associazione no-profit: pagheremo sempre tutti i creditori (fornitori; bollette; revenue) ma lo faremo con la forza della nostra etica.

Perché, sapete, GOG è una specie di progetto filosofico: non si parla solo di soldi bensì di trattare degnamente i gamer, perché noi stessi siamo giocatori. E questo vale anche per gli sviluppatori di videogiochi che si interfacciano con noi, soprattutto quelli più piccoli e gli indie: non siamo un mercato delle vacche… Da noi ogni tot esce una selezionata fetta di nuovi titoli e questa è una nostra scelta deliberata. Perché? In quanto vogliamo assicurarci che ogni nostro partner abbia il giusto tempo di esibizione: pretendiamo che ogni progetto abbia la possibilità di brillare dinanzi ai nostri clienti e lasciando loro il giusto tempo per decidere se acquistare o no quel prodotto.

E sappiate che non ci fermeremo ai videogiochi ma arriveremo anche a Hollywood. E lì, ancor più che nella nostra industria, il problema è il DRM. Tutti concordano che il DRM sia totalmente inefficace. Le stesse major ce lo dicono. Lì ancora, comunque, si deve rompere il tetto di cristallo. Poi, poi verrà da sé: ma ci vorrà del tempo. La speranza, comunque, è che gli avvocati e i dirigenti delle grandi compagnie di produzione multimediale, vedendo il nostro esempio cambino il loro mindset su quest’universo.»

I ricavi del primo semestre del 2020 derivanti dalle vendite su GOG.com sono di circa 22 milioni di euro[63], in crescita del 35% rispetto il medesimo periodo del 2019.

 

8. I confini di una nuova realtà… CYBERPUNKTM

No, non è la cultura dell’open source stile Silicon Valley degli anni che furono. È qualcosa di differente: che si muove alchemicamente tra un sapiente uso del diritto delle IP ma tollerante quando la realtà supera le rigide fattispecie formali (come dinanzi la comunità dei gamer e, ora, vedremo, con lo streaming); pragmatico tra le proprie ragioni e la ragione (come nel caso dello scrittore Sapkowski) e ampiamente nonché preventivamente impiegato per una legittima tutela dei propri interessi… Come sta accadendo.

Divenuta una player mondiale nell’industry, col suo fare ormai ben noto, CD Projekt ottiene i diritti su Cyberpunk, un gioco di ruolo da tavolo in ambientazione distopica e sci-fi, scritto negli anni Ottanta del Novecento da Mike Pondsmith e pubblicato da R. Talsorian Games. Pondsmith è stato un consulente di CD Projekt Red per la realizzazione dell’opera[64] monstre quale primo e per ora unico videogame pubblicato dalla software house al di fuori dell’universo The Witcher, ovverosia, quel clamorosamente annunciato[65] via spettacolare teaser trailer (2013)[66] d’esordio di Cyberpunk 2077.

Manifestatosi pubblicamente quando ancora imperavano (2005-2013) sul mercato Xbox 360 e PlayStation 3[67], ovverosia quasi 8 anni prima di quello che sarà poi il suo day one (che, per capirci, è su PlayStation 5 e 4 nonché su Xbox One e Series S | X[68]), in oltre mezzo decennio di lavori serrati e con un budget a 8 cifre[69], il videogame ambisce a essere il turning point di un genere (appunto, il cyberpunk), per un medium (qual è il videogioco) e per l’entertainment. Nuovamente marcando le sue peculiarità, anche nella prospettiva del diritto.

Cyberpunk 2077 è, un videogioco di ruolo (GDR) luculliano[70], unicamente in single player[71], open world, altamente personalizzabile[72], dalle mille sfaccettature, biforcazioni e concatenazioni nonché da una longevità complessivamente impressionante[73] e dall’esasperata rigiocabilità. Prevederà vieppiù un costante sistema di supporto alla community con aggiornamenti gratuiti massicci e continui, non soltanto correggenti i bug ma implementanti nuove feature, modalità e missioni e con un sistema di retroazione per l’implementazione dei feedback; vi saranno poi DLC, a pagamento, quanti-qualitativamente poderosi: tutto questo (nuovamente anche) per scoraggiare, proattivamente e propositivamente, il fenomeno (legale) dell’usato che, come visto, è un elemento determinante nella user base videoludica e soprattutto per i giochi fortemente story driven com’è Cyberpunk 2077.

Chi acquisterà il videogioco per l’ottava era di console lo otterrà gratuitamente per l’appena arrivata nona generazione[74].

8.1 Streaming? Su Cyberpunk 2077 non ci sarà nessun problema

Non abbastanza in gaudio dei player, contrariamente alle politiche restrittive passate e non, di certune grandi[75] case di sviluppo, i developer non si avvarranno mai del notice and take down system concernenti il copyright che ostacoli le attività degli streamer e della condivisione in generale di contenuti audio-video di cui CD Projekt ha la totalità dei diritti.

Mentre per le licenze di cui non hanno l’esclusività, tra cui quelle che compongono la colonna sonora, hanno previsto fin da subito l’implementazione di un’apposita modalità-filtro che, selezionata, disabilita immediatamente tutti file coperti da diritto d’autore così da essere immediatamente condivisi ovunque e liberamente.

E per cogliere anche il tone of voice della società pure per questioni “tecniche”, come la corrente, ai propri fan, si legga un estratto del magistrale messaggio rivolto alla community pubblicato il 23 novembre 2020[76]:

«Vogliamo affrontare alcune preoccupazioni emerse di recente in merito a possibili problemi di copyright legati allo streaming di Cyberpunk 2077 e alla sua colonna sonora.

Da sempre incoraggiamo a creare e condividere video utilizzando i nostri giochi. Non vediamo l’ora di vedere i vostri stream, playthrough, video gameplay e guide agli obiettivi.

Cyberpunk 2077 conterrà tantissimi brani dei nostri compositori interni: per questi non c’è problema ma, sfortunatamente, il mondo della legge sul copyright è complicato e non tutte le canzoni comunque presenti nel gioco possono essere riprodotte in streaming.

Pertanto, abbiamo creato una funzione dedicata per tutti i content creator: il pulsante ‘Disabilita musiche protette da copyright, disponibile con un semplice click e che ti permetterà di trasmettere senza alcuna violazione di copyright

Pazzesco. Se possibile, nondimeno, è stato persino superato poco dopo. Perché questa volta si parla di divieti che CD Projekt impone ai suoi clienti. Specificatamente ci si riferisce al banner diffuso sui social del gioco[77] ove si “invita” l’utenza a non diffondere i contenuti del videogame in live prima della release mondiale. Perché? Non per ragioni concernenti violazioni del copyright ma al fine di offrire ai gamer di tutto il mondo la possibilità di giocare senza spoiler.

8.2 Copyright, notice and take-down, ban e polemiche… Con le scuse di Twitch

Per capire ulteriormente le “soft skill” di CD Projekt è doveroso un parallelo occorso pochi giorni prima della succitata, prima, comunicazione sulla libera condivisione dello streaming grazie «Il pulsante ‘Disabilita musiche protette da copyright». Essa è infatti immediatamente successiva al pasticcio di Twitch.tv che si è trovata costretta per proprie deficienze organizzative e di design tecnologiche pregresse, ad abbattere contenuti e segnalare account anche di suoi importanti streamer, per violazioni di copyright (in virtù del Digital Millenium Copyright Act (DMCA) di matrice statunitense).

Il casus belli nasce da lontano ma l’occasione l’ha fornita la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso.

Il social dei long-live video per eccellenza, Twitch per l’appunto, da anni è noto per avere un atteggiamento piuttosto “moscio” verso la propria community, anche in termini di (non) rispetto del copyright. Beninteso, i crismi formali sono pienamente rispettati, del resto si sta parlando della piattaforma di Amazon.

L’articolo 10 delle Condizioni per l’utilizzo del servizio prevede infatti il totale rispetto delle leggi sul copyright, menzionando espressamente proprio la DMCA. Strutturalmente, poi, la procedura si compone del “classico” metodo impiegato anche da altri lidi virtuali: I. notifica a Twitch del right holder per una potenziale violazione di copyright; II. inoltro della notifica intermediata da Twitch al content creator con informazione sulla sua facoltà di i. invio di contro-notifica o di ii. contatto diretto con il reclamante; comunque tenendosi sempre aperta la possibilità di take-down, da parte di Twitch, a prescindere dalla scelta o dall’ignavia del reclamato[78].

Sennonché la procedura risultava sostanzialmente lettera morta per molto tempo. Tanto ma non eternamente, perché dalla scorsa estate le segnalazioni in particolare provenienti dalle case discografiche hanno inondato il social viola (soprattutto per le cover di canzoni e per le musiche di sottofondo, anche provenienti dagli speaker dei videogiochi): con innumerevoli alert. Scenario che ha poi portato a successivi cospicui ban, anche “eccellenti”. Va da sé che la comunità degli streamer si è infervorata contro la piattaforma ospitante che, effettivamente, si è pubblicamente scusata (attenzione alle date: l’11 novembre 2020, 12 giorni prima del comunicato di Cyberpunk 2077), impiegando queste[79] parole: «Uno degli errori che abbiamo commesso è stato nel non aver creato per tempo strumenti adeguati per consentire ai creatori di gestire le proprie librerie VOD e Clip. Sei giustamente sconvolto dal fatto che l’unica opzione che abbiamo fornito fosse uno strumento di eliminazione di massa per Clip e che ti abbiamo dato solo 3 giorni di preavviso per utilizzarlo. Avremmo potuto sviluppare strumenti più sofisticati e di facile utilizzo. E quello che non abbiamo fatto dipende da noi. Avremmo infatti potuto fornire ai creatori un periodo di tempo più lungo per indirizzare le loro librerie VOD e Clip – e anche questo è stato un errore. Siamo veramente dispiaciuti per tutti questi passi falsi e promettiamo che faremo meglio».

Per CD Projekt, aver connaturato questo proattivo spirito di intendere il copyright, ha permesso di prevenire qualsiasi rischio fin dal giorno di lancio. Tutelando sé stessa e, soprattutto, la propria clientela sempre più cementata dalle attenzioni della casa.

8.3 Diritto all’immagine: Ibrahimović all’attacco di EA Sports, FIFA 21 e FIFPro

E non è l’unico centro di CD Projekt in questa storia, perché relativamente alle licenze e, questa volta, di autentiche triple A ancorché non per presunte violazioni di copyright bensì di diritto all’immagine[80], potrebbe essere incappata persino EA (e/o FIFPro) col suo titolo videoludico più celebre e complessivamente venduto al mondo[81]: Fifa 21.

In quello stesso 23 novembre, su Twitter, irrompono due tweet[82] al fulmicotone del pluripremiato campione calcistico Zlatan Ibrahimović: «Chi ha concesso a FIFA EA Sport il permesso di usare il mio nome e la mia faccia? Non sono a conoscenza di essere un membro di FIFPro e io sono stato messo lì senza alcuna reale conoscenza, attraverso una strana manovra. Di sicuro non ho mai permesso a @FIFAcom o FIFPro di fare soldi usando me.» Per poi concludere: «Qualcuno sta facendo profitto sul mio nome e sulla mia faccia senza alcun accordo, per tutti questi anni. È ora di indagare.»

Essendo il fuoriclasse svedese anche un influencer da 7 milioni di follower ha principiato una cascata tra gli addetti ai lavori (tra cui subito[83] innumerevoli altri colleghi) e una slavina mediatica consecutiva, tanto su EA quanto su FIFPro.

Sostanzialmente, Ibrahimović ha pubblicamente contestato alle predette di aver utilizzato, per anni, la sua immagine, le movenze e il suo nome senza che egli e il suo entourage ne avessero mai saputo alcunché né, tantomeno, avessero sottoscritto un accordo e, ovviamente, senza essere stati adeguatamente compensati.

Suscitando una ribalta mediatica ben oltre la camera di eco della videoludica, Electronic Arts ha rilasciato uno statement alla BBC Sport Wales[84]:

«EA Sports Fifa è il videogioco di calcio leader nel mondo e per creare un’esperienza autentica lavoriamo anche con FIFPro. Acquistiamo queste licenze direttamente da campionati, squadre e singoli giocatori; inoltre, la relazione con FIFPro è teleologicamente orientata nell’assicurarci di poter includere quanti più giocatori possibile per creare il videogame più autentico possibile.»

La polemica al calor bianco è immediatamente proseguita con un’intervista esclusiva a The Telegraph[85] del manager del già Pallone d’oro, Mino Raiola, che parla di un movimento che da Ibrahimović ora coinvolge centinaia di calciatori e che inerisce una questione di principio e che dà origine a «qualcosa di nuovo» o, meglio, a «una rivoluzione» con l’obiettivo di «riscrivere l’intero sistema» (sui diritti all’immagine), lanciando accuse fortissime: «Perché i giocatori dovrebbero essere venduti così? Non sono burattini ma esseri umani. Siamo forse dinanzi a dei nuovi schiavisti?» Il sistema sarebbe marcio e per questo «combatteremo finché non ci sarà chiarezza, porteremo la lotta in tribunale. EA Sports dice che hanno fatto accordi con persone che ne hanno i diritti, ma costoro dicono di avere qualcosa che non hanno: è come se vendessi una casa che non è mia». Secondo Raiola, quindi, tutti sapevano fuorché gli stessi calciatori e questo, prosegue, sarebbe un modus operandi perdurante anni, forse per decenni (la saga videoludica nasce nel 1993) e che avrebbe contribuito a fruttare decine di milioni di copie vendute per miliardi di euro complessivamente fatturati.

Il procuratore sportivo italiano, imperterrito, insinuerebbe che il tutto non sarebbe frutto di dimenticanza (vista anche la dimensione degli studi legali delle corporation e associazioni coinvolte) bensì di qualcosa di artatamente studiato: «una multinazionale sa molto bene che prima di acquistare qualcosa da qualcuno, quest’ultima deve inequivocabilmente dimostrare di avere il diritto di poterlo vendere».

Incessante, aggiunge che nessuno sta contestando la bontà del videogame in questione ma precisa anche che, esso, senza i calciatori fedelmente ricostruiti, sarebbe come un teatro privo di attori: e non è ammissibile considerare i protagonisti come pupazzetti.

Cosa accadrà? «Andremo avanti fino alla fine e se necessario anche contro Fifa e FIFPro nonché tutti coloro che vendono diritti che non hanno. Dovessero continuare così, quindi, li porteremo in tribunale», chiosa Raiola.

Poche decine di ore dopo, Tuttosport pubblica[86] due consecutive dichiarazioni ufficiali, la prima di EA Sports e l’altra di FIFPro (il “sindacato” dei football player), che ribadiscono la giustezza delle loro ragioni.

La questione, verosimilmente, proseguirà (vedremo se amicalmente o meno), apparendo oltremodo complessa e borderline[87] nonché, qualora dovesse sfociare dinanzi alla giustizia, tale da ingenerare un precedente giurisprudenziale storico[88].

Anche qui, CD Projekt, sembra essersi mossa con grande anticipo e assicurata lungimiranza, contrattualizzando direttamente innumerevoli stelle del mainstream (come il peso massimo Keanu Reeves, ma anche, tra gli altri: Gavin Drea; Cherami Leigh; Michael-Leon Wooley e Samuel Barnett) che compariranno come personaggi nei sobborghi di Cyberpunk 2077. Riuscendo anche a coinvolgerli al di là del “cachet”, come col già main character di Matrix che si rese addirittura protagonista, da testimonial, di un momento virale assurto a (good) meme dell’Internet[89] proprio durante l’Electronic Entertainment Expo, uno degli eventi più importanti del videogioco[90]. Un’altra testimonianza prendeva corpo sui social proprio mentre la querelle tra Ibrahimović-EA esplodeva, ove vedeva scambiarsi tweet d’“amore” (addirittura con nudità integrale inclusa)[91] tra la cantante Grimes (non-player character del gioco) e l’account ufficiale di Cyberpunk 2077.

Il videogame è talmente tanto sconfinato che potrebbero emergere a distanza di mesi innumerevoli altre “collaborazioni” con personaggi famosissimi, come si vocifera una comparsata del compagno della succitata star musicale qual è Elon Musk e, forse, con un’apparizione del non a caso (?) denominato Cybertruck di Tesla. Se queste però sono “speculazioni”, permane certo che la fittizia megalopoli di Night City cui è ambientata il videogame brulicherà di sponsor, come Porsche. Ennesima dimostrazione di lungimiranza: se non inedita, certamente speciale[92].

8.4 Il trademark[93] di Cyberpunk? Una lezione di stile comunicativo e uso del diritto

E non è finita qui: perché come il titolo del capitolo ha impresso a fuoco, è necessario ora parlare del lato meno accondiscendente ma naturalmente previdente impiego giurisprudenziale di CD Projekt: il “clamoroso” ™ di Cyberpunk[94].

Si tenga presente che nella significazione propria il cyberpunk è una corrente artistico-letteraria, non in sé uno specifico prodotto o servizio. Dirà[95] Bruce Sterling, uno dei suoi padri intellettuali: «ll cyberpunk ha una identità visiva molto forte ed è quindi facile da riconoscere», approcciarvisi oggi senza aver letto i romanzi seminali della propria letteratura «è un po’ come guardare un film sui vampiri senza aver letto il Dracula originale di Bram Stoker», ma questo non è un problema perché «sono passati quarant’anni anni da quando il cyberpunk rappresentava una novità, ora è semplicemente diventato parte dell’immaginario collettivo, della cultura pop, forse è persino un retaggio culturale» e non ha nulla in contrario se «operatori culturali dell’est Europa facciano un mucchio di soldi con Cyberpunk 2077».

Anche perché, ormai, avevano provveduto a muoversi negli uffici competenti.

Sin dagli albori dello scorso decennio, infatti, CD Projekt si è affaccendata nell’ottenere i diritti per Cyberpunk da R. Talsorian Games, conseguiti i quali si è subito premunita di tutelarsi in tutte le sedi che sarebbero state opportune per la salvaguardia dei propri interessi commerciali in vista dello sviluppo e del lancio del videogioco Cyberpunk 2077[96].

Nel 2017 la questione del trade mark “vidimato” viene alla ribalta e il “popolo del Web”, anche per le ataviche pratiche precipuamente “liberal” della compagnia, la prende quasi sul personale e addirittura come un tradimento[97]: nientemeno che “commesso” da quella che fino ad allora era stata la beniamina degli interessi (anche) dei gamer. È un sostanziale caso di crisis management che, a ben vedere, nasce per una questione da nulla ma che avrebbe potuto intaccare non già il marchio bensì la marca di CD Projekt. Accortasi della gravità, la società dà immediata e immaginifica chiarificazione con una lunga ma semplice descrizione, pure giuridica, pubblicata sui social della compagnia[98]. Lì la società dichiarava in un linguaggio conciso e semplice, alcuni dei concetti fondamentali dietro la tutela giuridica delle proprietà intellettuali e in particolare rassicurava l’utenza che il trademark su Cyberpunk fosse stato registrato come minimale autodifesa, come egida da azioni illegali di eventuali concorrenti sleali. In particolare precisando come il trademark non avesse nulla in comune né con il brevetto né con il copyright. Perché il trademark non avrebbe vietato di utilizzare la parola CYBERPUNK, se non per chi l’avesse impiegata per confondere i clienti in un intento commerciale.

A giudicare dalla reaction al post supra riassunto e dall’estinguersi della risacca polemica, CD Projekt che comunque nulla più aveva fatto che il minimo sindacale per tutelarsi previamente (cui poi la storia darà fattivamente ragione[99]), combina una consapevolezza di essere, una strategia di marketing e una delineata comunicazione[100], anche di crisi, che ha inevitabilmente contribuito a portarla come caso di scuola analizzato nel corrente articolo per Ius In Itinere.

A proposito di “tradizione”, CD Projekt continuò la sua vision di estensione del prodotto da digitale (software) a reale (merchandising), come già fece con The Witcher: lanciando con grande successo, certificato da innumerevoli sold out, una linea di vestiario sci-fi per il suo nuovo brand videoludico. Una rarità per un videogame alla sua prima apparizione, sapendo oltretutto che per acquistare l’intero guardaroba griffato Cyberpunk 2077 è necessario spendervi oltre 1.600 euro[101].

 

9. La fine è l’inizio

In virtù del lockdown mondiale, per almeno innumerevoli settimane, miliardi di individui nel mondo, per 24 ore al dì sono rimaste a casa nel contrastare il SARS-CoV-2: pertanto c’è da aspettarsi che la domanda di videogiochi veda un’esplosione, prevedibilmente portando l’industria a conseguire l’anno più redditizio della sua storia. E, nuovamente, CD Projekt non si è limitata passivamente a beneficiarne[102], perché Cyberpunk 2077, must have dell’anno solare chiudentesi, è uscito in contemporanea mondiale lo scorso 10 dicembre 2020 segnando achievement memorabili[103].

Ovvio, vivendo nel reale e non nell’ideale, non è tutto oro quel che luccica[104]. Nondimeno, per certi, questi aspetti analizzati, CD Projekt ci ha insegnato qualcosa. Cosa?

GAME OVER.

Press start button. Again.

 

[1] L. Floridi, La quarta rivoluzione: Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina Editore, 31 agosto 2017.

[2] K. Schwab, La quarta rivoluzione industriale, Franco Angeli, 15 febbraio 2019.

[3] L. Floridi, Pensare l’infosfera. La filosofia come design concettuale, Raffaello Cortina Editore, 3 febbraio 2020.

[4] C. Jee, Facebook needs 30,000 of its own content moderators, says a new report, MIT Technology Review, 8 giugno 2020.

[5] Qualcosa di simile ma dal tono diverso è stato rilanciato negli ultimi mesi con una campagna di comunicazione dell’United States Immigration and Customs Enforcement (ICE), dove assieme all’aumento di consapevolezza sull’illegalità compientesi con la pirateria (per un bottino pari a oltre $1 miliardo di dollari di furto) affiancano un’informazione ancorata sulla sicurezza: in cui si avverte che con il download illegale di opere coperte da copyright, tradizionalmente su siti “poco raccomandabili”, vi siano connaturati intrinseci rischi per la sicurezza personale della propria estensione virtuale, come malware comportanti email hack, computer ransomware o svuotamento di conti correnti, come peraltro sostenuto da S. Francis, direttore della National Intellectual Property Rights Coordination Center in Illicit Streaming PSA (canale YouTube di wwwICEgov, 16 settembre 2020) e Operation Intangibles (ICE), 17 settembre 2020.

[6] OppenheimerFunds [offerto da], Investing in the Soaring Popularity of Gaming, Reuters, 14 dicembre 2018.

[7] Concordando con queste previsioni una molteplicità di fonti: C. Gough, Gaming market value worldwide 2012-2023, Statista, 28 agosto 2020; il report primaverile di Newzoo Global Games Market Report 2020 e il Video Games Market Value to Grow to Over $200 billion by 2023, Despite Declining Purchase Revenue dello scorso 8 settembre.

[8] M. Ball, The Metaverse: What It Is, Where to Find it, Who Will Build It, and Fortnite, MatthewBall.wc, 13 gennaio 2020.

[9] K. Krasuski, Medieval Fantasy Warrior Is Key to 21,000% Stock Gain in Decade, Bloomberg, 21 dicembre 2019, disponibile qui: https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-12-21/medieval-fantasy-warrior-is-key-to-21-000-stock-gain-in-decade

[10] Per l’integrale cronistoria ufficiale: History, CD Projekt (sito ufficiale), (aggiornata al) 2020.

[11] Chissà che questo non abbia almeno una minima inerenza anche con la causa intentata dalla Polonia e tutt’ora pendente dinanzi la Corte di giustizia dell’Unione europea (Action brought on 24 May 2019 — Republic of Poland v European Parliament and Council of the European Union (Case C-401/19), InfoCuria) “contro” l’articolo 17 della DSM (Digital Single Market) copyright directive, formalmente nota come Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE.

[12] L. Federici, «Videogame, cultura e business: la terna (im)possibile» – Intervista a Luca Federici di Vincenzo “Heianelf”​ Terracciano, LinkedIn, 1 dicembre 2020.

[13] L’allora Repubblica Popolare Polacca era uno stato satellite dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS): le proprietà intellettuali risultavano formalmente unicamente protette via legge sul diritto d’autore del 1926 (emendata nel 1935) e dalla legge sul copyright del 1926 (modificata nel 1952).

[14] Gli USA e il Giappone, rispettivamente, sono la patria e la rinascita dei videogiochi ex postAtari shock”. L’exploit della commercializzazione videoludica, ormai prossima al mezzo secolo di vita (unanimemente principiatasi con Pong, dell’Atari nel 1972) comportò una crescita vertiginosa e caotica anche nell’offerta che deluse la domanda e deflagrò in una cupa crisi culminata con plurime bancarotte di software house canadesi e statunitensi. La raffigurazione della tragedia del settore venne condensata con l’iconica sepoltura sotto metri di terra nel deserto del New Mexico presso la discarica di Alamogordo di migliaia di cartucce del videogioco E.T. the Extra-Terrestrial, rimaste invendute, quale «videogame peggiore di tutti i tempi». E. Townsend, The 10 Worst Games of All Time, PCWorld, 23 ottobre 2006. Z. Penn, Atari: Game Over, Microsoft Video Store, 20 novembre 2014; F. Costrel, High Score – 1. Il boom e la crisi, Netflix, 19 agosto 2020.

[15] Per una visione più complessiva: M. Handrahan, CD Projekt’s market cap rivals Ubisoft – but not for much longer | Opinion, Gamesindustry.biz, 21 maggio 2020, disponibile qui: https://www.gamesindustry.biz/articles/2020-05-21-cd-projekts-market-cap-rivals-ubisofts-but-not-for-much-longer-opinion

[16] Poland’s video game market growing faster than in EU, Poland In, 6 luglio 2018.

[17] La borsa di Varsavia (WSE) ha inserito (2019) un indice speciale chiamato WIG.Games (specificatamente riferito al videogioco). N. Đorđević, Taking gaming seriously has paid off for Poland, Emerging Europe, 14 ottobre 2020,

[18] «È quasi banale dire che chiunque oggi pensi di poter escludere i giochi dalla storia della cultura, per un qualsiasi motivo o “cavillo”, dovrebbe solo rimettersi a studiare.» M. A. Rickards, Il Capitale Interattivo: industria dei videogiochi e alta cultura nel sistema economico globale, Magazine Atlante – Treccani, 28 gennaio 2020.

[19] The Witcher 2 Presented to President Barack Obama, CD Projekt Red, 30 maggio 2011.

[20] Nel 2011 il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica di Polonia (2007-2014), Donald Tusk (già Presidente del Consiglio europeo, 2014-2019), regalò una copia del videogioco The Witcher 2: Assassins of Kings in Collector’s Edition al Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama (2009-2017). D. Smith, Poland’s Prime Minister loves this spectacular video game so much he gave it to Obama as a gift, Business Insider, 30 luglio 2015.

[21] L. Francescangeli, Il primo videogame a essere adottato come “libro di testo” scolastico, Wired, 23 giugno 2020.

[22] Raffigurante sulla sinistra un Raróg stilizzato, ovverosia un piccolo uccellino dei buoni auspici classico della mitologia polacca, dal colore rosso, come l’omonimo falco infuocato dell’epica slava, essendo affiancato a sua volta, sulla destra, da un’importante scritta in maiuscolo, CD PROJEKT, identificante proprio il nomen della compagnia.

[23] M. Rafałowicz, Twórcy Wiedźmina, Technopolis, 6 dicembre 2007.

[24] V. Lettera, P. Greco (a cura di), La Storia di The Witcher – Punto Doc, Multiplayer.it, 19 aprile 2018.

[25] Concernente l’IP per videogame, giochi da tavolo; graphic novel e merchandise.

[26] La cifra permane segreta, rumor la identificherebbero comunque, al massimo, con poche decine di migliaia di euro (attualizzate al 2020).

[27] R. Purchese, Meeting Andrzej Sapkowski, the writer who created The Witcher, Eurogamer, 25 marzo 2017, disponibile qui: https://www.eurogamer.net/articles/2017-03-24-meeting-andrzej-sapkowski-the-writer-who-created-the-witcher

[28] The Witcher uscì nel 2007; The Witcher 2: Assassins of Kings nel 2011 e il terzo e ultimo capitolo, The Witcher 3: Wild Hunt, approdò negli store nel 2015. Si pensi che da allora a tutto lo scorso anno, esclusivamente quest’ultimo ha venduto circa 30 milioni di copie, facendo del 2019 il secondo miglior anno commerciale dietro solo quello della release (L. Moore, The Witcher 3 Has Now Sold Roughly 28 Million Copies, DualShockers, 8 aprile 2020).

[29] Regulatory Announcements – Current report no. 15/2018, CD Projekt, 2 ottobre 2018.

[30] Id.

[31] H. J. Sims, A Polish Tolkien? The fantasy world of Andrzej Sapkowski, MercatorNet, 13 dicembre 2016.

[32] R. Lucas, La storia di The Witcher, Multiplayer Edizioni, 4 giugno 2020.

[33] CD PROJEKT S.A. Solidifies Relationship with Witcher Books Author Andrzej Sapkowski, CD Projekt, 20 dicembre 2019.

[34] S. Coleman, N. Dyer-Witheford, Playing on the digital commons: collectivities, capital and contestation in videogame culture, Media, Culture & Society, SAGE Publications, Vol. 29(6): 934–953, 2007. A. Piacentini, The Effects of Piracy and Counterfeiting in the Video Games Industry, Luiss Guido Carli (Department of Business and Management; MSc in Management – Digital Innovation), A.A. 2017-2018.

[35] M. Barton, B. Loguidice, The History Of Pong: Avoid Missing Game to Start Industry, Gamasutra, 9 gennaio 2009.

[36] A. Fucito, Quanto ha influito la pirateria nella diffusione dei videogiochi?, Tanzen & Friends [Gameplay Café], 21 ottobre 2020.

[37] Cosa che preoccupò tantissimo l’esordiente casa di Tokyo (M. Leone, The legacy of PlayStation creator Ken Kutaragi, in 24 stories, Polygon, 26 novembre 2018; La TOP 10 delle curiosità che non sai su PlayStation, Rolling Stone, 4 dicembre 2019) e situazione che vede ormai da decadi, “senza confini”, la grande N nel dichiarare guerra ai violatori delle IP (M. Kamen, Nintendo wins major anti-piracy court battle, Wired, 16 novembre 2015).

[38] Dalla console più venduta alla meno: PlayStation 2; PlayStation 4; Nintendo Wii e PlayStation (C. Gough, Video game console sales worldwide for products total lifespan as of September 2020, Statista, 11 settembre 2020). Wii, la console domestica più di successo della casa di Kyoto, fu hackerata ad appena 2 mesi dal lancio, con prezzi di “intervento”, attualizzati e convertiti, di circa €55,00 (R. Grasso, Aggirato il software anti-pirateria di Nintendo Wii, Hardware Upgrade, 29 gennaio 2007); al netto delle portatili, l’unica console Sony a essersi fermata lungi dal predetto tetto (85.000.000) fu PlayStation 3, peraltro uno dei sistemi da gioco più difficile da manomettere, circostanza avvenuta (un record!) soltanto mezzo decennio dopo il day one (A. De Agostini, PS3 avvia un gioco pirata, gli hacker sfidano Sony, Tom’s Hardware Italia, 11 gennaio 2011). PlayStation 4 rimane la console esclusa dal quartetto perché, pur avendo ampiamente superato il tetto dei 100 milioni, permane più difficile da modificare (anche per le intrinseche funzioni online altrimenti disabilitate che ne rappresentano una funzione “vitale”, almeno nella percezione degli utenti odierni, dell’entertainment).

[39] R. Chess, Movie Piracy Is Rising With Studios Skipping Theater Releases, Bloomberg, 6 ottobre 2020, disponibile qui: https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-10-06/movie-piracy-is-rising-with-studios-skipping-theater-releases

[40] Che con un legale abbonamento mensile di massimo €15,00 permettono di usufruire di una libreria gargantuesca, varia, immediata, originale e in costante aggiornamento, anche in esclusiva (è ormai leggendaria la nomea di Netflix Originals): qui vi sarebbe da sottolineare, nondimeno, la presunta insostenibilità dei servizi di musica come Spotify e Apple Music (M. Savage, MPs to investigate whether artists are paid fairly for streaming music, BBC News, 15 ottobre 2020) rispetto quelli video (N. Laporte, How Netflix created a $1 billion arms race for TV writers, Fast Company, 27 febbraio 2019; J. Izquierdo-Castillo, El nuevo negocio mediático liderado por Netflix: estudio del modelo y proyección en el mercado español, El Profesional de la Información; Vol. 24, Núm. 6 (2015); 819-826). Il più clamoroso esempio di next big thing in abbonamento streaming videoludico (per un massimo mensile di €15,00), però, potrebbe essere ancor più vicino di quanto si possa pensare, grazie a Xbox Game Pass di Microsoft (N. Patel, Microsoft’s Phil Spencer on launching the new Xbox and the future of games, The Verge, 24 novembre 2020).

[41]  The Unwinnable War on Video Game Pirac, Richmond Journal of Law and Technology, 9 febbraio 2020.

[42] B. Depoorter, What Happened to Video Game Piracy?, Communications of the ACM, May 2014, Vol. 57 No. 5, pagine 33-34.

[43] W. Cai, M. Chen, V. C.M. Leung, Toward Gaming as a Service, IEEE Computer Society, Maggio 2014, pagine 12-18.

[44]DemonicSkies”, “Piracy is Killing the PC” – Game Devs Predict a Grim Future for PC Gaming, Game Skinny, 26 aprile 2018.

[45] Esemplificativamente, The Witcher 3: Wild Hunt è diventato il videogame ottenente più premi (Game of The Year) della storia fino a quel momento (M. Procida, The Witcher 3 diventa il gioco con più GOTY Awards ricevuti: batte The Las of Us con 251 premi, Eurogamer.it, 17 marzo 2016).

[46] Acronimo di downloadable content, percepiti, spesso, dalla community come parti sottratte al gioco originale e vendute separatamente per “speculare” su quel tassello mancante dell’esperienza originale e che per completarsi davvero dovrà essere necessariamente acquistata a parte (caso emblematico ne fu nientemeno che Assassin’s Creed, col II capitolo concernente l’importantissima Sequenza 12 del gioco, che nel titolo base scavalcava semplicemente da 11 a 13 la storyline e che, appunto, per “recuperare”, si doveva acquistare a parte. F. Facchetti, Assassin’s Creed II: La Battaglia di Forlì, Eurogamer.it, 27 gennaio 2010). Mentre, all’opposto, quelli a pagamento del terzo capitolo di The Witcher (Hearts of Stone e Blood and Wine) assursero a emblema stellare del “buon” DLC, essendo quasi comparabili a un intero gioco (in particolare il secondo, P. Greco, Nelle cantine di Geralt, Multiplayer.it, 25 maggio 2020) nonché dalla qualità pressoché mai raggiunta da un equivalente contenuto scaricabile (sempre per l’ultimo add-on rilasciato, Metascore di 91/100 in versione PC, Metacritic)

[47] Il costo di lancio per singola espansione era di €18,00 (per 15-18 ore di gameplay minime), a fronte di giochi stand alone con prezzi consigliati al pubblico di €60,00.

[48] Le mod sono alterazioni, hardware e software, poste in essere dagli utenti sulla versione originale di un bene/servizio anche coperto da copyright: sovente originariamente ostracizzate dall’industry (D. Leoni, Rockstar Games chiarisce la sua posizione sulle mod, Everyeye.it, 24 giugno 2017). Il brand videoludico The Witcher ha concesso ampia libertà di intervento ai fan nel modificare pressoché la qualsiasi nei suoi giochi. Su tutti il III (Interview: Marcin Iwinski, co-founder, CD Projekt, MCV Develop, 21 gennaio 2014). Le summenzionate mod non sono da confondere con il cheating che, pur essendo una parimenti pratica di mutazione del software originale, sono teleologicamente preordinate per barare o sabotare il gioco e/o il divertimento dell’altrui esperienza, minando per ciò stesso l’integrità del software. Quest’ultimo è un gravissimo problema (equivalente al doping ma nel mondo virtuale) nel caso degli eSport.

[49] D. Cucchiarelli, Quanto è dannosa (realmente) la pirateria su PC?, Eurogamer.it, 20 novembre 2011, disponibile qui: https://www.eurogamer.it/articles/2011-11-videogiochi-20-quanto-e-dannosa-realmente-la-pirateria-pc-articolo

[50] Il virgolettato è tratto da un expressis verbis del capo progetto di The Witcher 3, Konrad Tomaszkiewicz (E. Kain, Talking ‘The Witcher 3’ With CD Projekt RED: Single-Player Only, DRM ‘Worst Thing’ In Video Game Industry, Forbes, 24 aprile 2013).

[51] L’allora responsabile marketing e public relations della compagnia, Michał Platkow – Gilewski, disse: «Non vogliamo aggredire nessuno. Ogni volta che pensiamo a una decisione, la prima regola è che dobbiamo trattare i giocatori come vorremmo essere trattati. Non crediamo nel DRM perché lo odiamo. inoltre, è inutile: non raggiunge il suo scopo, non protegge, alcunché. Infatti i giochi vengono crackati in pochi minuti, ore o giorni: ma sono sempre crackati. Se vuoi piratare troverai un modo. Ma se sei un giocatore ingaggiato e anzi stai legalmente acquistando il gioco perché dovremmo metterti una barriera proprio a te?» L. Karmali, The Witcher 3 Developer Talks DLC and DRM, IGN, 30 settembre 2014.

[52] The Witcher: Enhanced Edition, Fandom, consultata nel dicembre 2020.

[53] Addirittura “scavalcando” il solitamente molto scrupoloso atteggiamento dei publisher più grandi che customizzano il parlato di tutti i loro videogame più importanti in dirittura d’arrivo. Ebbene, mentre CD Projekt si cimentava con il copione più grande della sua storia e dell’intera industry (Cyberpunk 2077), interpretato in 11 differenti lingue compreso l’italiano (e tradotto per un’altra decina di idiomi abbondanti), Electronic Arts (che appartiene alla TOP 10 dei publisher mondiale), abdicava al doppiaggio per il Bel paese proprio per la serie fantascientifica di punta del proprio listino, Mass Effect (Andromeda, 2017).

[54] Per l’ultimo arrivato di casa CD Projekt, Cybperpunk 2077, vi è stata una traduzione, localizzazione e doppiaggio titanica: dal tweet del 5 ottobre sul profilo ufficiale di Yuki Nishio, Localisation manager giapponese della compagnia, si vede una parte di sceneggiatura del gioco corrispondente a 4 pile di fogli A4 per migliaia di pagine, dal peso complessivo di diverse decine di kg. Dal Community e PR manger italiano, Alessandro Fileni, si è reso edotto che Keanu Reeves ha, nel gioco, linee di dialogo superiori a quelle della somma dell’intera carriera di prolifico attore hollywoodiano. Il costo complessivo mondiale di quest’ultimo lavoro di traduzione-doppiaggio, sempre per dirla con le parole del manager, equivale quasi alla spesa di una produzione videoludica ad alto budget (cosiddetta tripla A). Si badi che il mercato italiano, nella medesima intervista, è stato definito neppure propriamente strategico per la compagnia (non rientrante nel cosiddetto segmento tier 1), P. Greco, A. Pianesani, F. Serino, Cyberpunk 2077: Parliamo con CD Projekt – Il Cortocircuito, Multiplayer.it, 21 novembre 2020.

[55] A. Adinolfi, The Witcher 3: Wild Hunt, la gigantesca confezione della Collector’s Edition in foto, VideoGamer Italia, 11 maggio 2015.

[56] Per il terzo episodio di The Witcher, prevedendo: CD con la colonna ufficiale del gioco; artbook Witcher Universe – The Compendium; mappa dettagliata del mondo di gioco; set di adesivi unici a tema e un elegante manicotto protettivo (J. Masera, Rivelati i contenuti delle standard e collector edition di The Witcher 3, GameSource, 6 maggio 2014).

[57] D. Bucci, CD Projekt RED ringrazia i giocatori di The Witcher 3 Wild Hunt, Everyeye.it, 19 maggio 2015.

[58] M. Birnhack, conferenza, Università Bocconi, 4 dicembre 2020.

[59] Il cosiddetto retrogaming.

[60] E. Kain, Good Old Games: GOG.com And The DRM-Free Revolution, Forbes, 30 maggio 2013.

[61] E. Makuch, GOG Celebrates Six Years of Advancing the “DRM-Free Movement”, GameSpot, 8 settembre 2014.

[62] E. Makuch, The Witcher Dev’s GOG.com Adds DRM-Free Movies to Its Lineup, GameSpot, 27 agosto 2014.

[63] Management board report on the Activities of the CD Projekt Group (between 1 January and 30 June 2020), CD Projekt, pagina 35.

[64] P. Sacco, P. Polsinelli, Cyberpunk 2077, beyond gameplay, IULM – Libera Università di Lingue e Comunicazione, 9 dicembre 2020.

[65] Per spaccare il capello in 4, il primissimo annuncio relativo al titolo venne fatto durante la conferenza estiva di CD Projekt Red, ma fu incomparabilmente inferiore, in termini di risonanza, al teaser trailer del 2013. Life28SK, CD Projekt RED – Cyberpunk 2077 announcement first video, YouTube, 2012.

[66] Visto oltre 22 milioni di volte, al momento della pubblicazione di quest’articolo.

[67] Xbox One e PlayStation 4 sarebbe uscite ben 10 mesi dopo (novembre 2013), per un ciclo da protagoniste durato sino all’autunno 2020.

[68] PC e Stadia.

[69] D. Strickland, Gaming CDPR has spent over $121 million on Cyberpunk 2077’s development, TweakTown, 3 settembre 2020.

[70] Presumibilmente iniziatore di una nuova serie di videogame, similmente a quanto accaduto con The Witcher.

[71] Adam Kiciński (Presidente e CEO di CD Projekt): «Il multigiocatore di Cyberpunk non lo chiamiamo ‘modalità’ online. È infatti una grande produzione dedicata e separata: la pensiamo come autonoma. Ovviamente, non è del tutto scissa, in quanto proviene dall’universo di Cyberpunk ed è correlata al gioco in singolo. Ma dal nostro punto di vista è un’altra cosa, indipendente, creata da un distinto gruppo di persone. E no, la data di rilascio non l’abbiamo ancora annunciata». CD Projekt S.A. (OTGLF) CEO Adam Kiciński on Q3 2020 Results – Earnings Call Transcript, Seeking Alpha, 25 novembre 2020.

[72] Con possibilità di customizzazione che si spingono a includere più tipi di pene e di vagina, potendo scegliere la loro dimensione nonché l’eventuale distribuzione di peli pubici. A. Walker, Everything We Know About Cyberpunk 2077’s Character Customisation, Kotaku, 4 dicembre 2020.

[73] Ł. Babiel (tweet), Twitter, 21 novembre 2020.

[74] A. Tomazzolli, Cyberpunk 2077: aggiornamento gratis su PS5 e Xbox Series X, ecco come funzionerà, Everyeye.it, 26 agosto 2020.

[75] Su tutte, Nintendo. J. Thomas, A Heartfelt Plea to Nintendo about Content ID Claims…, TheBitBlock (YouTube), 6 marzo 2017; J. Alexander, YouTubers are calling out Nintendo for its policy on streaming, uploads, Polygon, 6 novembre 2017; id., Nintendo’s new content guidelines make it easier for YouTube creators to get paid, The Verge, 28 novembre 2018; A. Donaldson, Nintendo drops the hammer on YouTube music rippers, hitting popular channels hard, VG247, 14 agosto 2019.

[76] Opzione di cyberpunk 2077 per i creatori di contenuti: “disabilita musiche protette da copyright”, Cyberpunk.net, 23 novembre 2020.

[77] Cyberpunk 2077 (tweet), Twitter, 2 dicembre 2020.

[78] D. Filosa, N. Beccari, Copyright: il caso delle sound[t]racks su Twitch, EsportsLaw Review, 3 dicembre 2020.

[79] Music-Related Copyright Claims and Twitch, Blog Twitch, 11 novembre 2020.

[80] G. Calimà, Il diritto all’immagine dei calciatori professionisti, Ius In Itinere, 20 novembre 2020, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/il-caso-ibrahimovic-contro-electronic-arts-33215

[81] Fifa è la saga videoludico-sportiva più venduta della storia, non distante dai 300 milioni di copie complessivamente piazzate. E. D. Cerretti, FIFA è la saga sportiva più venduta di sempre, con oltre 260 milioni di copie: e voi quante ne avete possedute?, SmartWorld, 6 settembre 2018.

[82] Zlatan Ibrahimović (tweet x2), Twitter, 23 novembre 2020 (ambedue alle 18:31).

[83] «@Ibra_official Interesting… what is @FIFPro? #TimeToInvestigate». Gareth Bale, Twitter, 23 novembre 2020 (19:49).

[84] D. Pritchard, Fifa: Gareth Bale and Zlatan Ibrahimovic query EA Sports game image rights, BBC Sport Wales, 25 novembre 2020.

[85] J. Burt, Three hundred players considering legal action against EA Sports’ Fifa franchise, says super agent, The Telegraph, 25 novembre 2020.

[86] Ibra-Fifa21, EA Sports risponde a Raiola, Tuttosport.com, 26 novembre 2020.

[87] G. Calimà, Il caso Ibrahimovic contro Electronic Art, Ius In Itinere, 7 dicembre 2020, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/il-caso-ibrahimovic-contro-electronic-arts-33215

[88] L. Mazzei, La querelle Ibrahimović EA Sports sui diritti di immagine FIFA 21, EsportsLaw Review, 5 dicembre 2020.

[89] xXBrokenSilence616Xx, Cyber Punk 2077 Keanu Reeves reaction to someone Shouting ” You’re Breath Taking” Clip, YouTube, 10 giugno 2019.

[90] K. Stuart, E3 2013: a guide to the biggest gaming show on earth, The Guardian, 10 giugno 2013.

[91] Retweet del profilo ufficiale di Cyberpunk 2077 del tweet dall’account verificato di Grimes del I dicembre 2020.

[92] E. Cozzi, Cyberpunk 2077 e gli altri, quando i videogame riscrivono le regole della pubblicità, Wired, 23 ottobre 2020.

[93] La grafia della presente parola apparirà indifferentemente nell’usanza statunitense (trademark, unito) che in quella del Regno Unito (trade mark, separata).

[94] CYBERPUNK – Trademark Details, JUSTIA Tradamarks, data di deposito: 19 luglio 2012; data di registrazione: 18 aprile 2017.

[95] A. Contin, Videogiochi: Cyberpunk 2077, la parola a Bruce Sterling, La Stampa, 1 dicembre 2020.

[96] CYBERPUNK 2077 017912301, EUIPO, (data di deposito) 4 giugno 2018.

[97] M. Ricchiuto, CD Projekt Red Has Registered A Trademark On “Cyberpunk” And The Internet Is Unhappy, Bleeding Cool, 7 aprile 2017.

[98] CD Projekt Red, Twitter, 6 aprile 2017.

[99] S. Tagliaferri, Cyberpunk 2077: Steam va riempiendosi di cloni di ogni tipo con l’arrivo del gioco, Multiplayer.it, 29 novembre 2011.

[100] Ad esempio: l’account ufficiale di Cyberpunk 2077 fu “(auto-)silenziato” per 4 anni, perché i lavori erano in alto mare: e tornò alla ribalta con un tweet del 10 gennaio 2018 con un semplice «*beep*» che mandò in visibilio gli internauti. Cyberpunk 2077, Twitter, 10 gennaio 2018.

[101] T. Lyles, Living the full Cyberpunk 2077 lifestyle will cost you over $2,000 and your dignity, The Verge, 2 dicembre 2020.

[102] I ricavi sono prossimi al raddoppio rispetto al 2019 (Management board report on the Activities of the CD Projekt Group (between 1 January and 30 June 2020), CD Projekt, 2020). A questo ha giovato anche l’appropinquarsi al nuovo anno dell’uscita (20 dicembre 2019) di The Witcher, il serial, su Netflix: che ha rappresentato un incredibile successo di visualizzazioni e di consecutivo ritorno di fiamma del videogame (E. Arnlod, “The Witcher” Breaks Netflix Viewing Records – But Was Sorcery At Play?, Bleeding Cool, 22 gennaio 2020).

[103] CD Projekt S.A. (OTGLF) CEO Adam Kiciński on Q3 2020 Results – Earnings Call Transcript, Seeking Alpha, 25 novembre 2020.

[104] A. Sorichetti, CD Projekt Red e la cultura del crunch, I Love Videogames, 11 ottobre 2020.

Luca Federici

Classe 1992: giurista (2018); comunicatore (2019); coach (2020) e wanna be esperto generalista (corporate investigation, 2019; corporate storytelling, 2020; sviluppo e cooperazione internazionale, 2020; Master of Laws in Law of Internet Technology, 2021); autore di articoli, anche scientifici, ha pubblicato il libro Mafia e mafie: Cosa nostra e la dote vincente (2018) e ha tenuto interventi e conferenze sia nazionali che internazionali. Ha discusso la tesi di laurea in Giustizia Costituzionale che è stata oggetto di scambio epistolare con la Cancelleria Federale di Germania (2019); nominato (2019) under 35 change-maker per The Economy of Francesco (2020) e premiato «Giovane Straordinario» dalla propria città d'origine (2020). È grato alla vita per essere sopravvissuto a un incidente stradale (2006) ed entusiasta di averne poi salvate tre (2009 e 2011).

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