venerdì, Marzo 29, 2024
Tax Driver

Disciplina dei costi black list in Italia: excursus normativo

A cura di Susanna Trino

 

Come noto, prima del 2015, la normativa di riferimento per i costi sostenuti a favore di imprese fiscalmente domiciliate in Stati non appartenenti alla Unione Europea aventi regimi fiscali privilegiati (c.d.costi black list”) era individuabile nell’art. 110, commi 10-12 bis del TUIR in vigore ratione temporis .

La normativa in parola tendeva a contrastare i tentativi dei soggetti residenti di trasferire parte della loro base imponibile all’estero mediante la deduzione di componenti negativi di reddito derivanti da operazioni effettuate con imprese domiciliate in Stati o territori aventi una minore pressione fiscale rispetto a quella italiana, presupponendo la mancanza della sostanza economica dell’operazione, ovvero la fittizietà, totale o parziale, delle operazioni de quibus.

In particolare, non venivano ammessi in deduzione dal reddito d’impresa le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’art. 168-bis del D.P.R. n. 917/1986.

Tuttavia, stante la mancata emanazione di tale lista continuava ad assumere rilevanza la lista contenuta nel decreto ministeriale 23 gennaio 2002 che contempla una serie di Paesi esteri “in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti” (cfr. paragrafo 9 della circolare del 6 ottobre 2010, n. 51/E).

Tuttavia, la deduzione dei componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, era comunque ammessa, ai sensi del comma 11 dell’art. 110 del TUIR, qualora il soggetto residente dimostrasse alternativamente:

  • Lo svolgimento, prevalente, di un’attività commerciale effettiva da parte delle imprese estere (d.prima esimente”); oppure
  • La rispondenza ad un effettivo interesse economico delle operazioni poste in essere e la loro concreta esecuzione (d.seconda esimente”).

In aggiunta, il citato comma 11 dell’art. 110 del TUIR prevedeva che le spese e gli altri componenti negativi deducibili [ai sensi della disciplina sopra richiamata] fossero separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.

A tal fine, sono stati previsti specifici punti destinati all’indicazione:

–           dell’ammontare complessivo dei costi delle operazioni intercorse con imprese domiciliate nei paradisi fiscali (quale variazione in aumento);

–           della parte deducibile dei predetti costi/spese nel caso di sussistenza delle condizioni esimenti (variazione in diminuzione).

A partire dall’esercizio fiscale 2015, la normativa in materia di costi black list e più specificatamente i commi 10-12 dell’art. 110 del TUIR, hanno subìto notevoli cambiamenti.

In particolar modo, l’art. 5 dello “schema di Decreto recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese” (di seguito anche “Decreto Crescita”), approvato nel corso del 2015 dal Consiglio dei Ministri ha modificato:

  • il testo dell’articolo 110, comma 10, del TUIR consentendo la deducibilità delle spese entro il limite del valore normale dei beni e dei servizi acquistati in base ad operazioni che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti in Stati aventi regimi fiscali privilegiati;
  • il testo del comma 11 del medesimo articolo, liberando il contribuente dalla prova della cosiddetta “prima esimente” sopra citata.

Orbene, a pochi mesi di distanza dalle modifiche introdotte con il Decreto Crescita, il legislatore fiscale è nuovamente intervenuto sul regime in parola con l’articolo 1, comma 142, della legge di stabilità 2016.

In particolare, tale ultimo intervento normativo ha ulteriormente modificato la disciplina delle transazioni con fornitori localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata, prescrivendo l’abrogazione tout court dello speciale regime di limitazione di deducibilità riservato ai costi black list.

Conclusivamente, con l’eliminazione dei commi da 10 a 12-bis dell’articolo 110 del TUIR e, dunque, della disciplina ad hoc prevista per i suddetti costi si sono verificati i seguenti effetti:

  • la deducibilità integrale dei costi black list;
  • il venir meno dell’obbligo della separata indicazione in dichiarazione dei costi black list e della inapplicabilità della relativa sanzione;
  • il venir meno degli elenchi tassativi degli Stati o territori a fiscalità privilegiata.

 

-TUIR “Testo unico imposte sui redditi” disponibile qui:

-Circolare Agenzia delle Entrate n. 51/E del 2010 recante “Disciplina relativa alle controlled foreign companies (CFC) –
Dividendi provenienti e costi sostenuti con Stati o territori a fiscalità privilegiata – Chiarimenti” – disponibile qui

Rossana Grauso

Studentessa della facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Napoli "Federico II" e tesista in diritto finanziario, è socia di Elsa Napoli. Appassionata di tributaristica e diritto del lavoro, prende parte al progetto "Ius in Itinere" a giugno 2016, divenendone nel gennaio 2017 responsabile dell'area di diritto tributario e diritto del lavoro. Dall'ottobre 2017 è collaboratore editoriale per AITRA - Associazione Italiana Trasparenza ed Anticorruzione. Nel futuro, un master in fiscalità d'impresa e contrattualistica internazionale. Email: rossana.grauso@iusinitinere.it

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