venerdì, Aprile 19, 2024
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Distacco “conservativo” dei lavoratori: profili di legittimità e depenalizzazione

Una volta operata una doverosa panoramica sull’istituto del distacco dei lavoratori, come fatto in una precedente trattazione(https://www.iusinitinere.it/distacco-del-personale-disciplina-e-obblighi-per-i-datori-di-lavoro-11527)occorre approfondire invero una particolare tipologia di distacco, visti i dubbi di natura interpretativa dalla stessa destati.

Nell’ambito della materia concernente il distacco dei lavoratori, infatti, esiste una peculiare ipotesi che è quella cosiddetta del “distacco conservativo”.

Tale fattispecie ricorre quando l’imprenditore distaccante pone temporaneamente uno o più dipendenti a disposizione di altra impresa, al fine precipuo di gestire una crisi aziendale o un calo produttivo mantenendo però intatte le conoscenze tecniche e professionali del lavoratori.
L’intento ultimo è, infatti, quello di reinserire i lavoratori distaccati nell’organico aziendale una volta superata la crisi, avendo conservato o, anzi, anche aggiornato il know how del lavoratore.
Quindi, fondamentalmente, il datore ricorre a tale strumento quando intende conservare i posti di lavoro e non procedere a licenziamenti collettivi.

Emerge in maniera evidente come la nozione di interesse contenuta nell’art. 30 del d.lgs n° 276/2003 (Riforma Biagi) viene in parte distorta, in quanto in tale evenienza non si pone un interesse di natura economica, quanto piuttosto un interesse di tipo organizzativo del datore distaccante.

Oltretutto, ricorrendo a tale tipo di distacco, si viene di fatto ad eludere il complesso di norme esistenti relative agli ammortizzatori sociali o ai licenziamenti per giustificato motivo.

Affinchè il distacco cosiddetto conservativo dei lavoratori sia legittimo e possa essere disposto, occorre che accanto all’interesse economico, peculiare nel distacco conservativo, debbano ricorrere anche tutti gli altri requisiti richiesti dall’art. 30 del d.lgs n°276/2003 (sul punto si rimanda alla trattazione generale in materia di distacco disponibile qui).

Sulla questione si è espressa la Cassazione con sentenza n° 10484 del 2016. E’ doveroso premettere che in realtà la Suprema Corte, in questa significativa pronuncia, non si è soffermata sulla sostanza e natura giuridica dell’istituto in esame, ma ha piuttosto affrontato l’aspetto penale.

Il caso portato all’attenzione della Corte riguardava un’azienda distaccante che aveva stipulato con l’azienda distaccataria un contratto di distacco plurimo al fine di fronteggiare un calo produttivo.
Secondo la Direzione Territoriale del Lavoro, nel caso di specie mancavano i requisiti di legittimità richiesti dall’articolo 30 del D. lgs 276/2003 e, dunque, il distacco era illecito.
Il Tribunale in primo grado accoglieva tale motivazione e condannava le due aziende alla sanzione prevista dall’art. 18 del D.lgs 276/2003, in particolare ritenendo assente il requisito legittimante dell’interesse richiesto dall’art. 30 della stessa norma.

La Cassazione adita si è in realtà limitata ad annullare la sentenza di primo grado giustificando tale decisione con la ragione che la fattispecie in discussione non è più prevista come reato dalla legge.

La fattispecie è stata oggetto di depenalizzazione ai sensi del d.lgs n° 8 del 2016.
L’art. 18, comma 5 bis, del d.lgs 276/2003 cosi come novellato, ha previsto che “nei casi […] di distacco privo dei requisiti di cui all’articolo 30, comma 1, l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo”.

Ne deriva quindi che il d.lgs n° 8/2016 ha provveduto a depenalizzare l’ipotesi in cui manchi taluno dei requisiti richiesti dall’art. 3, mentre ha continuato a prevedere come reato l’ipotesi, più grave, in cui vi sia sfruttamento di minori.

Non essendosi espressa a tal riguardo la Corte di Cassazione, permangono ancora in giurisprudenza alcuni dubbi circa la corretta interpretazione dell’istituto del distacco conservativo che continua così a prestarsi ad innumerevoli interpretazioni.

 

Fonti:

  1. Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
  2. Cassazione penale, sez. III, sentenza del 14/03/2016 n° 10484 – testo disponibile qui  (testo della sentenza riportato da www.studiocerbone.com)
  3. Decreto legislativo del 15 gennaio 2016, n. 8, “Disposizioni in materia di depenalizzazione a norma dell’articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67. (16G00011)”

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

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