venerdì, Marzo 29, 2024
Criminal & Compliance

Domestic Violence Act – la violenza psicologica è reato

In Irlanda il primo Gennaio 2019 è entrato il vigore il Domestic Violence Act affinché gli abusi di cui sono vittime le donne possano trovare un’antagonista nella formulazione di un nuovo reato  il quale punisce severamente coloro i quali esercitino un “controllo coercitivo” sulle donne.

Da sempre ciò che viene punito in ambito familiare e non, sono i soprusi fisici a cui le donne vengono sottoposte, rientranti nel più ampio specchio della violenza domestica e fisica che viene esercitata sul “sesso debole”. La scelta di introdurre questa nuova fattispecie di reato in realtà non è “innovativa”, altre nazioni come la Francia, il Galles, la Scozia ed il Regno Unito negli anni precedenti (precisamente nel 2010 e nel 2015) avevano già provveduto a disciplinare la materia prevedendo pene severe di detenzione mista ad una sanzione civile, per chi si macchia di tali soprusi nei confronti delle donne-partner.

Quanto detto, sicuramente mette in luce il fatto che la violenza psicologica sia un fenomeno piuttosto diffuso e che non può essere ignorato. La FRA (Agenzia dell’unione europea per i Diritti Fondamentali) ha condotto un’indagine coinvolgendo circa 42.000 donne, alle quali ha sottoposto dei quesiti circa la loro condizione psicologica, la loro relazione con il partner, le eventuali violenze subite in ambito familiare ed ha ottenuto dei risultati allarmanti: ciò che deriva dell’indagine è che due donne su cinque (circa il 43 %) hanno subito una forma di violenza psicologica da parte del partner attuale o di uno precedente; questo dato include il 25 % delle donne che sono state sminuite o umiliate in privato da un partner, il 14 % delle donne il cui partner ha minacciato di ferirle fisicamente e il 5 % delle donne alle quali il partner ha vietato di uscire di casa, tolto le chiavi dell’auto o le ha rinchiuse. Tutti questi elencati, sono atteggiamenti che inevitabilmente hanno segnato l’esistenza di queste donne, sia da un punto di vista emotivo sia per ciò che concerne la loro personalità, causando talvolta anche dei crolli di attenzione nonché di autostima[1].

Il messaggio che l’Irlanda ha voluto mandare – introducendo questa legge – sia alle vittime che a coloro che pongono in essere gli abusi, è che la società non tollererà più la violazione della fiducia commessa da un partner contro l’altro in un contesto intimo.

Non si parla, nell’Domestic Violence Act, soltanto di violenza come sopruso psicologico o offesa verbale, ma si mira a tutelare anche coloro che vengono coartate verso un matrimonio indesiderato; questo vuol dire che non si tutelano solo le donne legate da un vincolo coniugale con il partner ma anche coloro che “are dating” ossia abbiano solo degli appuntamenti – siano “uscenti”- se si vuole tradurre in lingua italiana ciò che il ministro della Giustizia Charlie Flanagan ha annunciato.

Il legislatore irlandese quindi, ha avuto a cuore la criminalizzazione anche dei matrimoni forzati andando a sostituire la precedente legislazione, la quale rendeva possibile il matrimonio tra minorenni; altro aspetto che tocca il Domestic Violence Act è la possibilità per le vittime di abusi sessuali domestici di richiedere misure particolari di protezione.

La problematica della violenza psicologica però non è un fenomeno solo esterno al nostro ordinamento, infatti, in Italia secondo i dati Istat, sono circa il 35% delle donne a subire violenza psicologica: il tasso sale se ci si sposta nel meridione e nella fascia d’età ricompresa tra i 16 ed il 24 anni. E’ anche per questo che la violenza psicologica nello stato italiano, ha una rilevanza non solo dal punto di vista penale ma anche civilistico, in ordine al danno non patrimoniale. Non esiste però una legislazione unitaria per tale fenomeno, bensì una serie di norme che puniscono coloro che esercitano pressioni psico-fisiche su soggetti disparati.

Per quel che concerne l’ambito familiare si può far menzione dell’art. 572 c.p. rubricato “Maltrattamenti contro familiari o conviventi” il quale, novellato dalla l. 172/2012, mira a tutelare l’integrità psico-fisica dei componenti di un nucleo familiare, o con rapporti para-familiari o addirittura di convivenza, prevedendo pene più severe qualora dall’evento di lesione, ne derivasse una lesione personale grave. Recentemente la Corte di Cassazione ha statuito che “Il delitto di maltrattamenti in famiglia è integrato anche quando le sistematiche condotte violente e sopraffattrici non realizzano l’unico registro comunicativo con il familiare, ma sono intervallate da condotte prive di tali connotazioni o dallo svolgimento di attività familiari, anche gratificanti per la parte lesa, poiché le ripetute manifestazioni di mancanza di rispetto e di aggressività conservano il loro connotato di disvalore in ragione del loro stabile prolungarsi nel tempo”[2].

Altra norma cui si fa riferimento, è certamente l’art. 612 c.p. “Minaccia”, il quale ha ad oggetto un comportamento intimidatorio del soggetto agente sulla sfera morale della vittima, andando a ledere quel che è la sua capacità di autodeterminazione e ledendo la sua sfera di sicurezza personale, procurandogli un c.d. danno ingiusto; anche per questa fattispecie è previsto dal legislatore un aggravio della pena qualora le modalità d’azione siano effettuate ex art. 339 c.p..

Sussidiario e più complesso della minaccia, è l’art. 612-bis, “Atti persecutori” il quale mira, fatta salva la clausola di sussidiarietà appunto che apre la norma, a punire tutti coloro che pongono in essere condotte reiterate di minaccia o molestia verso il prossimo – non per forza congiunto o avente con questi rapporti para-familiari – che siano altamente lesive della libertà morale della vittima; per individuare tali lesioni non sarà necessario l’intervento di un medico legale, quanto piuttosto di un’accurata osservazione circa il dato comportamentale di colui che lamenta la lesione. In tale fattispecie normativa è ricompreso il più grave reato di stalking. Gli Ermellini nel settembre del 2018 a tal proposito hanno evidenziato che “Si configura il delitto di atti persecutori nella ipotesi in cui, pur essendosi la condotta persecutoria instaurata in epoca antecedente, si accerti, anche dopo l’entrata in vigore del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con L. 23 aprile 2009, n. 38, la reiterazione di atti di aggressione e di molestia idonei a creare nella vittima lo status di persona lesa nella libertà morale in quanto condizionata da costante stato di ansia e di paura”[3].

In tutte queste fattispecie, la violenza psicologica è uno strumento attraverso cui il reato viene compiuto.

Al ripetersi degli atti denigratori e prevaricatori del compagno si cagiona nella donna un senso molto forte di frustrazione che, devastandola interiormente, riesce ad annullare le sue capacità di reazione al dolore spingendola talvolta ad una condotta suicida, la quale costituisce aggravante di reato per esempio nei maltrattamenti contro familiari.

Quanto viene subito dalla donna è concreta ed attuale violazione degli artt. 2 e 32 della Costituzione per cui, sarà lecito per questa chiedere in via giudiziale un risarcimento del danno c.d. esistenziale subordinato alla dimostrazione del nesso causale esistente tra la condotta del reo ed il danno psicologico subito.

E’ da ammettersi che non è facile riconoscere la venuta ad esistenza del reato di violenza psicologica in quanto la vittima molto spesso non ha nemmeno le competenze per classificare, quello a cui è sottoposta, reato e pertanto non è spinta a rivolgersi ad un legale o ad una figura competente, anche in campo psicologico, che possa aiutarla a liberarsi dal pressing e dalle lesioni subite e subendi.

Per stimolare la donna a denunciare, sono diverse le iniziative statali prese: oltre a le svariate campagne pubblicitarie volte alla sensibilizzazione contro la violenza ed il vantaggio delle denunce, anche centri antiviolenza appositamente creati.

Talvolta però si è scoraggiati dal denunciare anche per il difficile regime probatorio a cui si va incontro; proprio per ovviare a tale onere la Cassazione nel 2017[4]ha statuito che “ai fini della prova, anche le registrazioni di telefonate avvenute senza il consenso dell’aggressore, hanno valenza legale solo però qualora siano avvenute tra quest’ultimo e la vittima ma non qualora vi abbiano partecipato terzi; in quanto in questi casi, sarà necessaria l’autorizzazione preventiva da parte della polizia o del magistrato”.

[1]https://fra.europa.eu/sites/default/files/fra-2014-vaw-survey-at-a-glance-oct14_it.pdf

[2]Cassazione, Sez. VI Penale, sent. 16 novembre 2018, n. 51950

[3]Cassazione, Sez. V Penale, sent. 7 settembre 2018, n. 40153

[4]Cassazione, ord. del 01 marzo 2017 n. 5259

Fonte dell’immagine: Pixabay

Valeria D'Alessio

Valeria D'Alessio è nata a Sorrento nel 1993. Sin da bambina, ha sognato di intraprendere la carriera forense e ha speso e spende tutt'oggi il suo tempo per coronare il suo sogno. Nel 2012 ha conseguito il diploma al liceo classico statale Publio Virgilio Marone di Meta di Sorrento. Quando non è intenta allo studio dedica il suo tempo ad attività sportive, al lavoro in un'agenzia di incoming tour francese e in viaggi alla scoperta del nostro pianeta. È molto appassionata alla diversità dei popoli, alle differenti culture e stili di vita che li caratterizzano e alla straordinaria bellezza dell'arte. Con il tempo ha imparato discretamente l'inglese e si dedica tutt'oggi allo studio del francese e dello spagnolo. Nel 2017 si è laureata alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli, e, per l'interesse dimostrato verso la materia del diritto penale, è stata tesista del professor Vincenzo Maiello. Si è occupeta nel corso dell'anno di elaborare una tesi in merito alle funzioni della pena in generale ed in particolar modo dell'escuzione penale differenziata con occhio critico rispetto alla materia dell'ergastolo ostativo. Nel giugno del 2019 si è specializzata presso la SSPL Guglielmo Marconi di Roma, dopo aver svolto la pratica forense - come praticante avvocato abilitato - presso due noti studi legali della penisola Sorrentina al fine di approfondire le sue conoscenze relative al diritto civile ed al diritto amministrativo, si è abilitata all'esercizio della professione Forense nell'Ottobre del 2020. Crede fortemente nel funzionamento della giustizia e nell'evoluzione positiva del diritto in ogni sua forma.

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