mercoledì, Aprile 24, 2024
Fashion Law Influencer Marketing

E-commerce e concorrenza sleale nel mondo della fashion industry

a cura di Dott.ssa Alessandra Commendatore, collaboratrice della cattedra di diritto commerciale dell’Università degli Studi di Perugia

Il Tribunale di Milano, con l’ordinanza del 3 luglio 2019, ha sancito che la commercializzazione, da parte del grande rivenditore online Amazon, di prodotti di lusso a marchio Sisley accanto a inserti pubblicitari di prodotti appartenenti a fasce di mercato più economiche, sono atti lesivi del prestigio e dell’immagine dei prodotti di lusso e del marchio Sisley, non operando nella fattispecie il principio dell’esaurimento comunitario.

Nell’era digitale, l’e-commerce, ovvero il commercio che ha per oggetto servizi e/o prodotti messi a disposizione degli utenti in rete, gode, oggi, di una crescente diffusione, centralità, tanto da essere, in molti casi, il canale di acquisto preferito da alcune categorie di consumatori; per tale ragione, non possono che considerarsi rilevanti le nuove problematiche giuridiche che si sono poste per i contratti telematici. A tal proposito, degna di nota è la pronuncia del Tribunale di Milano, che si è pronunciato in materia di contratto di distribuzione selettiva con riferimento alla questione della applicazione o meno, del principio di esaurimento nazionale e comunitario.

Preliminare a qualsiasi disamina è proprio la definizione di principio dell’esaurimento, introdotto dalla giurisprudenza Corte di Giustizia dell’Unione Europea, al fine di accordare il principio della libera circolazione delle merci all’interno del mercato unico, con la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e industriale prevista dai singoli Paesi membri.

Esso rappresenta, difatti, una restrizione all’esercizio del diritto di esclusiva che l’ordinamento riconosce ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale e industriale; i titolari di brevetti, marchi di impresa, modelli e disegni, gli autori di opere di ingegno e i titolari di diritti che insistono sul diritto di autore vantano un diritto di esclusiva per lo sfruttamento economico che deriva dal loro esercizio, tuttavia, con il principio dell’esaurimento, tale diritto soccombe nel momento in cui la merce, nella quale il bene immateriale insiste, è messa in vendita per la prima volta dal titolare stesso del diritto (o con il suo consenso).

L’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano ha sancito che i comportamenti del rivenditore di una nota piattaforma di e-commerce, ossia Amazon, di cui l’obiettivo principale è l’offerta, la commercializzazione e la pubblicizzazione di cosmetici di lusso a marchio Sisley, sono da ritenersi atti contrari al prestigio e al lusso del marchio Sisley dal momento che tali prodotti di lusso sono stati accostati a prodotti destinati a un mercato low-cost.

La Corte ha escluso che i suesposti comportamenti possano essere, in qualche modo, legittimati dal principio dell’esaurimento nazionale e comunitario nella considerazione che non tutti rivestono la qualifica di distributori autorizzati dei prodotti a marchio Sisley.

L’importanza della decisione del Tribunale milanese risiede nel fatto che essa getta un ponte per approfondire i presupposti di liceità della distribuzione selettiva e la violazione del marchio, che connota i prodotti di lusso, da parte di un rivenditore che, pur nell’ipotesi che costui abbia acquistato i prodotti da licenziatari o da rivenditori autorizzati, non è comunque inserito nella rete di distribuzione selettiva.

Per «sistema di distribuzione selettiva si intende un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, solo a distributori selezionati, sulla base di criteri specificati e nel quale questi si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema» [1].

Con riferimento alla tutela del marchio, tali sistemi di distribuzione selettiva sono consentiti, in presenza delle seguenti circostanze:

  1. il prodotto commercializzato sia un articolo di lusso o di prestigio che legittimi la scelta di ricorrere ad un sistema di distribuzione selettiva;
  2. la conformità alla normativa antitrust, ovvero la non applicabilità del divieto di intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE;
  3. sussista un pregiudizio effettivo all’immagine di lusso o di prestigio del marchio per effetto della commercializzazione effettuata da terzi estranei alla rete di distribuzione selettiva.

La presenza combinata dei suddetti presupposti si rende indispensabile per escludere il principio dell’esaurimento nazionale e comunitario – sul punto si prenda in esame l’articolo 5 del decreto legislativo del 10 febbraio 2005, n. 30 e all’ articolo 15 del Regolamento (UE) n. 1001/2017 – e, infine, per legittimare il ricorso a sistemi di distribuzione selettiva, da parte del titolare del marchio per contraddistinguere uno o più prodotti di lusso.

Partiamo con il primo prerequisito, quello della conformità del sistema di distribuzione selettiva alla normativa antitrust; esso non determina l’applicazione del divieto di intese restrittive della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

In merito, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea un sistema di distribuzione selettiva è conforme all’articolo 101 del TFUE soltanto se è volto a salvaguardare l’immagine dei prodotti di lusso, attraverso la scelta «di rivenditori secondo criteri oggettivi d’indole qualitativa, stabiliti indistintamente per tutti i potenziali rivenditori e applicati in modo non discriminatorio e che i criteri definiti non vadano oltre il limite necessario» [2].

Tale circostanza è stata dalla Corte ritenuta sussistente nel caso in questione, giacché Sisley ha disposto nel contratto di distribuzione selettiva che «Il rivenditore autorizzato si impegna a vendere i prodotti Sisley solo nei punti vendita autorizzati da parte del Fornitore, anche quando questo sia proprietario di più punti vendita. È vietata la vendita a rivenditori non autorizzati da parte del Fornitore, mentre è consentita la rivendita dei prodotti a operatori commerciali facenti parte del sistema di distribuzione selettiva Sisley, come le parti qui espressamente riconoscono».

Orbene, come già detto, nella tutela dei prodotti di lusso contraddistinti da un marchio consolidatosi e affermatosi nel settore di mercato di riferimento, si rinviene il secondo presupposto dell’accordo di distribuzione selettiva.

Lo status di prodotto di lusso è dato dalla compresenza di due elementi, e in particolare: dal livello di celebrità dell’attività imprenditoriale del titolare del marchio, e dal livello di popolarità del marchio che contraddistingue il prodotto.

A conferma di quanto detto, con due ordinanze del 2018, rispettivamente del 18 dicembre 2018 e del 19 novembre 2018, il Tribunale di Milano ha definito prodotti di lusso quei prodotti contraddistinti da marchi celebri.

Lo stesso Tribunale di Milano, nella fattispecie, ha disposto testualmente che «Per ciò che attiene alla natura dei prodotti Sisley, può ritenersi pacifico che si tratti di prodotti di lusso o comunque di prestigio”, riconoscendo che Sisley “è titolare sia di registrazioni per marchio internazionale estese in Italia, sia di marchi dell’Unione Europea ed è nota per la produzione di prodotti considerati a livello internazionale cosmetici di qualità molto elevata nel campo della fitocosmesi di alta gamma».

Un ulteriore presupposto è il concreto riscontro di un danno alla immagine, alla reputazione, al prestigio del marchio che il produttore ha in animo di salvaguardare con il meccanismo di distribuzione selettiva, il quale, a sua volta presuppone sistemi di commercializzazione di prodotti a brand di lusso, con il coinvolgimento di soggetti estranei alla rete di distribuzione selettiva.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con riferimento a quanto sopra, ha deciso che «una vendita online di prodotti di lusso tramite piattaforme che non appartengono ad alcun sistema di distribuzione selettiva di tali prodotti, nell’ambito della quale il fornitore non ha la possibilità di controllare le condizioni di vendita dei suoi prodotti, determina il rischio di uno scadimento della presentazione di detti prodotti su Internet, idoneo a nuocere alla loro immagine di lusso e, quindi, alla loro stessa natura»[3]. Così facendo, per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’insorgere del danno si verificherebbe nel momento in cui vengono poste in essere modalità di vendita non conformi a quanto stabilito dall’accordo di distribuzione da parte del rivenditore non autorizzato.

Tuttavia, quanto enunciato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non è stato negli anni considerato sufficiente dal Tribunale di Milano per dichiarare la sussistenza del danno all’immagine e al prestigio del marchio; per il Tribunale, infatti, non è sufficiente la prova che le predette modalità di vendita non siano conformi alla distribuzione selettiva, in quanto è necessario che esse costituiscano in concreto, la fonte di un danno patrimoniale [4].

La sentenza milanese ha, altresì, accolto tale impostazione, per cui «occorre verificare se la parte reclamata [Amazon] rispetti gli standard che Sisley generalmente esige dai propri distributori autorizzati e, in caso di esito negativo, se tali modalità di commercializzazione, non conformi agli standard richiesti, siano lesive della reputazione del marchio celebre azionato».

In questo senso, il Tribunale di Milano, tramite l’ordinanza del 3 luglio 2019, ha in primo luogo accertato che «i prodotti Sisley vengono mostrati e offerti [da Amazon] mescolati ad altri articoli, quali prodotti per la casa e per le pulizie, prodotti comunque di basso profilo e di scarso valore economico. Anche nella sezione Bellezza ‘Luxury’ il marchio Sisley è accostato a marchi di fascia bassa, di qualità, reputazione e prezzo molto inferiori o comunque di gran lunga meno prestigiosi».

E, ancora, che «nei propri contratti, Sisley esplicitamente richiede che i propri prodotti vengano venduti in profumerie di lusso o in reparti specializzati di profumeria e cosmesi di grandi magazzini, con personale qualificato, in un determinato contesto urbano, appare indubbiamente inadeguata, rispetto agli standard richiesti, la messa in vendita dei prodotti in questione accanto a contenitori per microonde, prodotti per la pulizia dei pavimenti e per gli animali domestici».

La Corte ha ulteriormente accertato che «devono pertanto ritenersi lesive del prestigio e dell’immagine del marchio Sisley la commercializzazione, l’offerta in vendita, la promozione e la pubblicizzazione di prodotti di quest’ultima accanto a materiale pubblicitario di prodotti di altre marche, anche di segmenti di mercato più bassi, nella stessa pagina internet. Ancora, appaiono lesivi anche l’accostamento a prodotti non appartenenti alla sfera del lusso e la presenza di link che indirizzano a siti di prodotti del tutto diversi. Infine, la mancanza di un idoneo servizio clienti, analogo a quello assicurato dalla presenza nel punto vendita fisico di una persona in grado di consigliare o informare i consumatori in maniera adeguata, giudicata esigenza legittima da parte della Corte di Giustizia, in quanto riferita alla qualificazione del personale, concorre a compromettere quell’aura di esclusività che ha sempre contraddistinto l’immagine del marchio Sisley, assicurando alla sua titolare fama ed elevata considerazione nel mercato dei cosmetici».

Per quanto sopra esposto, una volta individuati i presupposti rilevanti per l’accordo di distribuzione selettiva, è opportuno stabilire, con specifico riferimento alla tutela dei prodotti di lusso e dei relativi marchi, se la commercializzazione di tali prodotti da parte dei soggetti estranei alla rete della distribuzione selettiva, possa integrare una ipotesi di contraffazione del marchio, o invece, se i rivenditori estranei alla distribuzione selettiva possono domandare l’applicazione del principio di esaurimento nazionale e comunitario, di cui agli articoli 5 del decreto legislativo del 10 febbraio 2005, n. 30 e 15 del Regolamento (UE) n. 1001/2017.

Alla luce delle presenti norme, i diritti di privativa industriale possono essere esercitati qualora i prodotti che ne costituiscono l’oggetto, siano stati immessi sul mercato dal titolare (o da terzi con il consenso del titolare), nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro dell’UE o dello SEE. Tuttavia, sulla scorta del combinato disposto del secondo comma dell’articolo 5 del decreto legislativo del 10 febbraio 2005, n. 30, e del paragrafo 2 dell’articolo 15 del Regolamento (UE) n. 1001/2017, si esclude il ricorso al principio dell’esaurimento in tutti quei casi in cui il titolare della privativa industriale si opponga alla commercializzazione del prodotto, per la presenza di «motivi legittimi».

A questo proposito, la Corte di Giustizia, facendo espresso riferimento alla distribuzione selettiva, ha ritenuto che gli accordi di distribuzione selettiva costituiscano un «motivo legittimo» preclusivo alla applicazione del principio dell’esaurimento, in tutti quei casi per cui il prodotto commercializzato sia un prodotto di lusso e che vi sia non un mero danno potenziale, quanto bensì, un concreto danno all’immagine del lusso o del prestigio del prodotto e del marchio, come conseguenza della messa in vendita posta in essere dai predetti soggetti terzi, estranei alla rete distributiva[5].

Proprio per questo, il titolare di un marchio, in presenza di tale «motivo legittimo», può opporsi con l’azione di contraffazione, alla commercializzazione dei propri prodotti nei confronti dei rivenditori estranei alla rete distributiva dallo stesso creata.

Per concludere, il Tribunale di Milano, ha disposto che il contratto di distribuzione selettiva costituisce un motivo legittimo che esclude l’applicazione del principio di esaurimento, legittimando, nello specifico, l’azione di contraffazione esercitata da Sisley nei confronti di Amazon[6].

 

[1] Articolo 1, lett. e) del Regolamento (UE) n. 330/2010.

[2] Corte Giust. UE, 6 dicembre 2017, C-230/16.

[3] Corte Giust. UE, 6 dicembre 2017, C-230/16.

[4] Trib. Milano, 18 dicembre 2018; Trib. Milano, 19 novembre 2018; Trib. Milano, 11 gennaio 2016.

[5] Corte Giust. UE, 23 aprile 2009, C-59/08; Trib. Milano, 18 dicembre 2018; Trib. Milano, 19 novembre 2018; Trib. Milano, 11 gennaio 2016.

[6] A.Bottarini, E-commerce: quando la distribuzione selettiva non tutela il marchio? su Quotidiano giur., del 29 luglio 2019.

 

Riferimenti normativi:

Articolo 101 TFUE;

Articolo 1, lett. e), Regolamento (UE) n. 330/2010;

Articolo 15 Regolamento (UE) n. 1001/2017;

Articolo 5 D. Lgs. 10.2.2005 n. 30.

Tribunale di Milano, ordinanza 3 luglio 2019

 

Fonte immagine: www.edevelopment.com

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