venerdì, Marzo 29, 2024
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Eccesso di potere giurisdizionale: soluzioni in itinere

Alcune recenti pronunce della Corte di Cassazione offrono nuovamente lo spunto per parlare di eccesso di potere giurisdizionale e, dunque, dei limiti al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo.

Il tema si colloca pieno titolo “tra i più tormentati e controversi” tra le querelle di giustizia amministrativa, nonché tra le questioni maggiormente oggetto di interventi da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. [i]

Per comprenderne la portata, è bene partire dal dato normativo.

Il comma 8 dell’art. 111 Cost. prevede che, avverso le decisioni del Consiglio di Stato “il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”. A sua volta, l’art 110 c.p.a. ne ha mutuato la formulazione letterale. Per altro, l’espressione “motivi attinenti alla giurisdizione” presente all’ art. 362, comma 1, c.p.c. è stata ritenuta sostanzialmente coincidente con quella rinvenibile nella norma processual-amministrativa.[ii]

Quando si parla di motivi inerenti alla giurisdizione è, tuttavia opportuno porre un distinguo: posto che la legge attribuisce la giurisdizione agli organi giudicanti, la stessa vale ad individuare c.d. limiti esterni, tracciando ambiti in cui non vi è soggezione alla legge e, dunque alla giurisdizione, e c.d. limiti interni, i quali individuano i criteri di attribuzione della potestà di risolvere le controversie tra i vari giudici dell’ordinamento.[iii]

La violazione dei c.d. limiti esterni da luogo al c.d. difetto assoluto di giurisdizione che  comporta un sindacato circa la spettanza della stessa giurisdizione, ossia sulla potestas iudicandi. Viceversa, la violazione dei c.d. limiti interni configura il c.d. difetto relativo di giurisdizione, comportante un sindacato esteso, oltre che alla spettanza della giurisdizione, alle modalità di esercizio concreto attraverso l’applicazione delle regole processuali che valgono ad individuare i relativi poteri cognitori e decisori.

È ammissibile un sindacato da parte della Suprema Corte nei casi in cui la decisione sia viziata da difetto relativo di giurisdizione, ravvisabile nell’ipotesi in cui il Consiglio di Stato abbia giudicato su una controversia devoluta alla giurisdizione ordinaria o ad altro giudice speciale, ovvero nel caso in cui abbia negato la propria giurisdizione nel convincimento che la stessa fosse di spettanza di altro giudice.

Il sindacato della Corte di Cassazione si estende alle decisioni viziate da difetto assoluto di giurisdizione laddove il Consiglio di Stato, in materia attribuita alla propria giurisdizione limitatamente ad un sindacato di legittimità degli atti amministrativi, abbia compiuti un sindacato esteso al merito: in tal caso si è soliti parlare di sconfinamento. Segnatamente, si tratta dei casi in cui il Consiglio di Stato afferma la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale. Lo sconfinamento si ha, dunque, nelle ipotesi in cui l’indagine condotta non sia stata circoscritta entro i limiti richiesti dal riscontro della legittimità del provvedimento impugnato, ma risulti funzionale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto del carattere annullatorio del giudizio, si sia, in concreto, sostituita a quella dell’amministrazione.

Peraltro, si ravvisa una violazione dei limiti esterni allorché il giudice amministrativo violi quanto prescritto dall’art. 7, comma 1, c.p.a., ossia estenda la propria cognizione ai c.d. atti politici.

La presenza del comma 7 dell’art. 111 Cost., il quale ammette  il sindacato in Cassazione per “violazione di legge” avverso le sentenze del giudice ordinario e i provvedimenti restrittivi della libertà personale, inibisce un sindacato in relazione alle sentenze amministrative affette da error in iudicando o error in procedendo, elementi censurabili a mezzo di rimedi impugnatori in seno alla stessa giurisdizione amministrativa.  Tuttavia, il sindacato sull’error in procedendo è ammesso per tutti quei casi in cui l’inosservanza della legge processuale vale ad integrare un radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da concretizzare un evidente diniego di giustizia: in sostanza, quando si tramuta in violazione di un limite esterno.[iv]

Sul punto si è avvertita una certa tensione. In particolare, vi è stato chi ha giudicato tale sindacato sproporzionato, ritenendo che la Corte di Cassazione avesse avocato a sé la funzione di giudice dell’impugnazione amministrativa, e ha invocato una lettura marcatamente restrittiva della questione.

Altri invece, con atteggiamento marcatamente più aperto, hanno evidenziato come la presenza di errori di giudizio o di attività del giudice rappresentino dei campanelli di allarme del superamento dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa. Secondo tale orientamento, l’insindacabilità degli errores varrebbe a negare ex se la stessa configurabilità del sindacato sull’eccesso di potere giurisdizionale riservato alla Cassazione.

L’applicazione concreta di tali principi, come testimoniato dalla cospicua casistica, può portare agli esiti più disparati, specie nei casi il confine tra legittimità e merito amministrativo è flebile, e in particolare “nei casi di sindacato della discrezionalità dell’amministrazione e delle scelte “opinabili”, dove è sottile la linea di confine tra del g.a. sulla discrezionalità che si mantiene nei limiti del controllo di ragionevolezza, logicità, corretta ricostruzione dei fatti, e sindacato che “sconfina” sostituendo una scelta della p.a. con una scelta del giudice amministrativo”[v].

Le situazioni di piena discrezionalità sono ontologicamente più difficili da cogliere rispetto alle situazioni in cui il sindacato si risolve nel confronto con una norma precisa. A ciò si aggiunge una tipicità propria, data dal mutamento di prospettiva che si acquisisce con il tempo in merito ai contorni di ciò che vale a qualificarsi come azione amministrativa.

Un esempio in tal senso è fornito dall’art. 122 c.p.a.[vi] La norma attribuisce al giudice amministrativo giurisdizione sulla sorte del contratto di appalto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione. Al giudice è richiesto di stabilire se, annullata l’aggiudicazione, si possa dichiarare inefficace il contratto, con subentro o meno del ricorrente vittorioso.

A tal proposito, infatti, la norma ha dato adito ad un contrasto esegetico, derivante dalla portata testuale della stessa che sembrerebbe consentire al giudice di dichiarare inefficace il contratto solo in caso di annullamento dell’aggiudicazione, per vizi che non comportano l’obbligo di rinnovo della gara, ossia solo quando alla inefficacia possa conseguire il subentro del ricorrente vittorioso, e non anche quando all’annullamento consegue l’obbligo di rinnovo della gara. A tale conclusione si sono opposti altri orientamenti: un primo orientamento ha ritenuto che la dichiarazione di inefficacia del contratto non potrebbe essere mai pronunciata in presenza di vizi che non abbiano influito sulla mancata aggiudicazione; viceversa si è ritenuto che l’inefficacia del contratto dovrebbe essere pronunciata laddove i vizi dedotti dal ricorrente abbiano avuto influenza diretta sulla mancata aggiudicazione.

È tuttavia incontrovertibile che la decisione affidata al giudice circa l’inefficacia discende dall’esito di un complesso giudizio composto da una molteplicità di elementi fattuali allegati dalle parti.

È proprio in relazione a tale aspetto che possono celarsi patologie inerenti l’esercizio dell’azione giudiziale, quale un eccesso di potere giurisdizionale nella forma dello sconfinamento del potere.

Sul punto le Sezioni Unite sono intervenute a più riprese sottolineando che “non sussiste violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa in caso di declaratoria di inefficacia del contratto di appalto ai sensi dell’art. 122 cod. proc. amm., conseguente ad annullamento dell’aggiudicazione per vizi comportanti la rinnovazione della gara”[vii]. Si tratta, infatti, di un potere valutativo attribuito dalla legge al giudice che, nel dichiarare inefficacia un contratto, è sottoposto alla valutazione degli interessi delle parti e dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, nonché dello stato di esecuzione del contratto. Nel caso in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e sia stata proposta domanda di subentro, il potere del giudice è soggetto, oltre che alle valutazioni anzidette, anche alla valutazione circa la possibilità di subentrare nel contratto e alla proposizione della domanda di subentro nel contratto. [viii]

Cosicché,  l’eccesso di potere giurisdizionale è configurabile quando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma abbia contenuto analogo ad una valutazione riservata alla pubblica amministrazione.[ix]

Da ultimo, la Corte Suprema è stata chiamata ad affrontare proprio un caso di eccesso di potere giurisdizionale in cui il ricorrente aveva lamentato l’illegittima sostituzione del giudice alla stazione appaltante nel compito di svolgere un’attività valutativa ad essa riservata. In particolare, nel caso di specie, la società ricorrente in Cassazione sosteneva che il giudice amministrativo si sarebbe spinto oltre i limiti del proprio sindacato, compiendo valutazioni di merito in ordine alla rilevanza di una condotta delittuosa imputata alla ricorrente ai fini della partecipazione alla procedura di gara.

Conformemente all’orientamento della giustizia amministrativa sul punto, la Corte di Cassazione ha nuovamente statuito così: “L’eccesso di potere giurisdizionale denunziabile ai sensi dell’art 111 Cost. sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito è configurabile solo allorquando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprime una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’Amministrazione, nel senso che, procedendo ad un sindacato di merito, si estrinsechi in una pronunzia autoesecutiva, intendendosi per tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l’esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa”.[x]

 


[i] Per un’analisi approfondita  R. De Nictolis, L’eccesso di potere giurisdizionale (tra ricorso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione e ricorso per violazione di legge), in www.sipotra.it, 2017

[ii] In tal senso A. Lamorgese, Eccesso di potere giurisdizionale e sindacato della Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, in Federalismi, n. 1,  3 gennaio 2018

[iii] Tale elaborazione, a ragion veduta sintetica, è presente in E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2018

[iv] In relazione a error in iudicando o error in procedendo di norme di derivazione europea si veda Cass. Sez. Un., sentenza n. 31226, 29 dicembre 2017

[v] L’aspetto è così sottolineato da R. De Nictolis, L’eccesso di potere giurisdizionale (tra ricorso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione e ricorso per violazione di legge), in /www.sipotra.it, 2017

[vi] Introdotto con d.lgs 53/2010 di attuazione della c.d. direttiva ricorsi 2007/66/CEE

[vii] Ex multius Si veda Cass., Sez. Un., sent. 7295, 22 marzo 2017

[viii] Ivi

[ix] Ex multius Cass., Sez. Un., sentenza n. 1053, 25 giugno 2012

[x] Cass., Sez. Un., sentenza n. 414, 14 gennaio 2020

 

Marica De Angelis

Marica De Angelis nasce a Monza il 16 Febbraio 1996. Consegue la maturità scientifica presso il Liceo Scientifico Statale Alberto Romita di Campobasso nell’estate 2015.  Nel periodo liceale frequenta corsi di lingua inglese conseguendo le relative certificazioni. Dalla lettura quotidiana di articoli giornalistici, sviluppa la curiosità e la voglia di comprendere le dinamiche del diritto e decide di iscriversi al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Durante il percorso universitario sviluppa un particolare interesse per il Diritto Pubblico e in particolare per il Diritto Amministrativo e prende parte a diverse attività extracurricurali promosse dall’ateneo come processi simulati e seminari. Nel luglio 2020 conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza con una tesi in Diritto Amministrativo, relatore Prof. Giuseppe Caia, dal titolo "Le regole del contenzioso in materia di contratti pubblici: nuove prospettive e rinnovate criticità dopo l'abrogazione del rito super-speciale". La voglia di approfondire le tematiche oggetto dello studio, la porta, a partire da maggio 2019, a collaborare con la rivista giuridica “Ius In Itinere” per cui, ad oggi, riveste il ruolo di Vicedirettrice per l'area di Diritto Amministrativo. Attualmente svolge la pratica forense presso lo studio legale LEGAL TEAM presso la sede di Roma. Contatti: marica.deangelis@iusinitinere.it

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