giovedì, Aprile 18, 2024
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Fashion ecodesign: l’importanza dei tessuti sostenibili

  1. Il fashion ecodesign e la strategia europea in materia di prodotti tessili sostenibili

È prevista per il mese corrente l’adozione, da parte della Commissione Europea, della Strategia Europea in materia di prodotti tessili sostenibili[1]. L’iniziativa è volta ad elaborare una revisione della normativa tessile, tale da incidere sui pilastri della cd. rivoluzione verde: economia circolare, eco-design, riciclo, responsabilità del produttore e molti altri aspetti. L’obiettivo è quello di regolarizzare e disciplinare la transizione del settore verso un’economia climaticamente neutra, considerando che il settore tessile, in particolare, è il quarto per maggior impatto in relazione all’utilizzo di materie prime e acqua[2] (dietro a cibo, abitazioni e trasporti).
Sostenibilità ed eticità, nella moda ed in altri campi dello sviluppo economico, sono oggi argomenti caldi, che impattano sui regimi di produzione e, di conseguenza, sulla legislazione.
Al centro di questi temi si trova il cd. fashion eco-design, il quale consiste nella creazione di un prodotto di moda concepito per produrre il minor impatto possibile sull’ambiente. L’obiettivo degli eco-designer è quello di generare e diffondere un nuovo metodo di produzione, una nuova forma mentis, per sviluppare una moda sensibile, attenta al cambiamento climatico e all’ambiente. È necessario che ciascun prodotto sia concepito per durare a lungo, ponendosi in un’ottica assolutamente antitetica a quella del fast fashion e del consumismo di massa. In un’ottica di sensibilizzazione e cambiamento è essenziale, inoltre, che il produttore agisca nel rispetto della tracciabilità e della trasparenza, al fine di rendere chiare al consumatore le politiche aziendali e le scelte etiche. Fondamentale, in questa ottica, è l’utilizzo di materiali con caratteristiche di sostenibilità, qualità, durabilità e omogeneità, nonché di risorse rinnovabili che determinano un progressivo risparmio energetico. L’eco-designer e il produttore assumono una responsabilità nei confronti dei consumatori, i quali a loro volta contribuiscono a rendere sostenibile la vita futura e a migliorare l’ambiente. In questo modo, oltre a porre attenzione ai materiali ed al metodo di lavorazione, il consumatore può scegliere dove e come acquistare il bene, per esempio in boutique e non online, diminuendo l’impatto inquinante dei trasporti. Al fine di operare un controllo delle fasi di produzione è stato progettato l’LCA (Life Cycle Assesment)[3], che permette all’impresa di verificare il consumo di acqua, l’utilizzo di coloranti e sostanze chimiche, l’emissione di CO2. Grazie ai controlli e alle verifiche viene attestato fedelmente l’impatto della catena produttiva e i risparmi in relazione alla materia sostenibile e a quella che non lo è.
Per quanto riguarda il packaging, ossia la fase di confezionamento, esso deve essere ridotto al minimo, realizzato con materiale riciclabile o comunque di scarto, in modo tale da essere riutilizzato o smaltito nel modo meno impattante possibile. Per quanto riguarda il processo di vendita, il minor impatto si raggiunge certamente commercializzando il prodotto a pochi km dal luogo di produzione, evitando le spedizioni, in modo da garantire minori immissioni possibili di CO2.

Minore è l’impiego di materiali artificiali e minore è il processo di lavorazione, maggiore sarà la possibilità per il capo di mantenere le sue qualità anche dopo diversi utilizzi e lavaggi, garantendo non solo la fidelizzazione del consumatore, che compra un capo potenzialmente eterno, ma garantendo anche il rispetto dell’ambiente. L’utilizzo di materiali sintetici, poliestere, acrilici e fibre petrolifere abbassa, infatti, la qualità e rende difficilmente riciclabile il prodotto.

A ciò si aggiunge, la direttiva ecodesign 125/2009 CE[4] del 21 ottobre 2009, la quale ha introdotto l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile di prodotti connessi all’energia. Essa definisce un quadro normativo generale e stabilisce regole per la definizione dei requisiti tecnici ai quali i produttori devono attenersi, già in fase di progettazione, per incrementare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale negativo dei propri prodotti durante tutto il loro ciclo di vita (produzione – uso – fine vita). Il procedimento inizia con il reperimento della materia prima, passa dalla sua lavorazione e confezionamento e arriva alla distribuzione: tutti questi passaggi, se coerenti con il modello dell’ecodesign, conducono ad un prodotto con un ciclo di vita potenzialmente infinito. I passaggi necessari per strutturare una produzione sostenibile si concretizzano in tre fasi: la fase reattiva (in cui si analizzano le possibili certificazioni ottenibili e i regolamenti, cui è necessario uniformarsi), la fase proattiva (in cui si analizza il ciclo di vita del prodotto per rendere il procedimento più efficiente e a basso impatto ambientale), la fase innovativa (in cui si sviluppano e si implementano le politiche d’innovazione). La finalità dell’ecodesign è quella di eliminare l’impatto negativo della produzione sull’ambiente, attraverso un design intelligente e più efficiente.

  1. Il green deal program

Nell’ambito della rivoluzione verde, l’UE ha introdotto anche il cd. green deal program[5], il quale, utilizzando il modello dell’economia circolare e l’ecodesign, permetterà all’Unione di divenire carbon free entro il 2050. I requisiti minimi[6] imposti nella produzione dell’abbigliamento, nonché i robusti standard tecnici cui le aziende sono tenute, costituiscono uno step essenziale per iniziare la trasformazione del settore tessile verso la circolarità. La commissione europea sta, così, ampliando il progetto di sostenibilità, iniziato con il settore dell’energia elettrica, tramite il progetto #ecodesignfortextiles. Le raccomandazioni della commissione europea contengono:

  • La direttiva ecodesign su tessili e scarpe;
  • Requisiti minimi di design per durabilità, riciclabilità e riduzione di carboni;
  • Standard scientifici per stabilire i requisiti e i target per determinare il potenziale impatto ambientale della catena tessile;
  • La creazione di un mercato efficiente per i secondary raw materials;
  • Incentivi per la stimolazione del business circolare.

Dal 1975 la produzione globale di fibre tessili è triplicata e l’utilizzo di fibre sintetiche ha superato il 65%[7]. Se estendessimo la vita dei vestiti ad oltre 9 mesi, i costi verrebbero ridotti del 20% e il consumo di carbone ed acqua verrebbe ridotto fino al 30%.
I requisiti obbligatori dell’ecodesign e gli standard tecnici garantiranno una maggior vita dei prodotti tessili, renderanno i prodotti riutilizzabili, riparabili, riciclabili, toxic free, limiteranno le microplastiche rilasciate dai tessili, promuoveranno i materiali grezzi più sostenibili ed etici, introdurranno una responsabilità del produttore estesa nel campo tessile e imporranno la creazione di un cd. passaporto del prodotto per assicurare la tracciabilità e la trasparenza. Il programma europeo include, inoltre, una legislazione specifica sulla dovuta diligenza e su precise modalità di reclamo avanti all’autorità giudiziaria in presenza di violazioni sulla conformità ambientale dei prodotti o in presenza di danni ambientali causati dai fornitori. L’UE si è imposta il raggiungimento di questi obiettivi entro il 2027, in collaborazione con le politiche degli Stati membri.

  1. L’etichettatura

A livello italiano, il recente Dlgs n. 68/2020[8] relativo alle disposizioni in merito all’utilizzo di cuoio, pelle e pelliccia impone l’obbligo d’etichettatura della composizione dei prodotti che richiamano i termini cuoio, pelle e pellicce sanzionando l’omissione di informazioni al consumatore. Tale normativa costituisce non solo uno strumento di contrasto alla concorrenza sleale e alla contraffazione, ma anche una risorsa fondamentale per determinare con chiarezza la qualità e la sostenibilità dei materiali utilizzati.
Oltre al citato decreto, il settore tessile è disciplinato, a livello europeo, dal regolamento n. 1007/2011[9] che stabilisce norme specifiche su fibre tessili, etichettatura prodotti (la cd. certificazione Ecolabel UE), menzioni, contrassegni e determinazione della composizione fibrosa dei prodotti. In particolare, l’etichettatura è lo strumento che conferisce maggior trasparenza alle scelte produttive aziendali e permette gli scambi commerciali UE. L’indicazione della composizione fibrosa soddisfa, infatti, l’esigenza di garantire ai consumatori una informazione trasparente e chiara sulle caratteristiche dei prodotti, in conformità a quanto disposto dall’art. 14 della direttiva 125/2009. Nonostante il regolamento non preveda obblighi ulteriori, alcune informazioni non previste possono comunque essere richieste da altre normative UE. Per esempio, i prodotti tessili devono comunque rispettare le disposizioni della legislazione generale UE in materia di beni di consumo quali: la direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti (direttiva n. 95/2001)[10], che stabilisce i requisiti generali di sicurezza per tutti i prodotti immessi sul mercato per i consumatori; il regolamento REACH (regolamento n. 1907/2006 sulla registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche)[11]; nonché il regolamento n. 850/2004 relativo agli inquinanti organici persistenti[12].
L’autorità di vigilanza del mercato e il ministero dello sviluppo effettuano controlli sui prodotti tessili immessi sul mercato, in relazione alla conformità della composizione fibrosa e alla sicurezza dei prodotti. Qualora i risultati non siano corrispondenti alle disposizioni, chiara è la normativa relativa alle sanzioni: nel settore tessile le disposizioni si trovano nella legge n. 883/1973(Disciplina delle denominazioni e dell’etichettatura dei prodotti tessili) e nel dlgs n.194/1999 (Attuazione della direttiva 96/74 relativa alle denominazioni del settore tessile); mentre la disciplina generale si trova all’interno del codice penale e del codice del consumo.  La Commissione Europea favorisce il confronto con i singoli Stati membri per elaborare nuove iniziative, anche di carattere nazionale, nell’ambito delle politiche commerciali europee.

  1. La EPR

Oltre alla direttiva ecodesign e alle nuove iniziative in ambito di sostenibilità, nella rivoluzione ambientale si inserisce la cd. EPR (Extended Producer Responsibility), quale risultato di due importanti direttive contenute nel Pacchetto Economia Circolare dell’UE, ossia la direttiva 2018/851/UE[13] e la direttiva 2018/852/UE[14]. Tali disposizioni onerano coloro che immettono i prodotti in commercio, a sostenere tutti i costi ambientali associati alla gestione della fase finale del ciclo di vita del prodotto, quando questo diventa rifiuto, gestendo tutte le operazioni di raccolta, cernita e trattamento. Il produttore si farà dunque carico anche dello smaltimento successivo.
In altri settori tale sistema è già operante: per esempio, per gli elettrodomestici, viene versato il contributo RAEE[15], ai fini dello smaltimento.

Nel settore della moda il progetto risulta molto più difficoltoso a causa dell’ingente mole di prodotti caratterizzati da una fortissima volatilità, i quali generano un’alta quantità di rifiuti. A questo si aggiunga la mancanza, in Italia, di precisi sistemi di gestione e riciclo del tessile tali da ritenersi efficienti e idonei allo smaltimento. In questo senso, la Francia è l’unico paese UE ad avere non solo una normativa EPR nel settore moda, ma anche una regolamentazione normativa ad hoc del settore tessile[16]. Ma vi è di più. Recentemente la Francia si è spinta oltre ed ha ottenuto anche il primato di primo paese al mondo a dotarsi di una normativa anti-spreco[17], volta ad impedire alle grandi industrie di bruciare i prodotti rimasti invenuti. Questo sistema prevede che ogni anno le aziende dichiarino il volume degli articoli che hanno immesso sul mercato l’anno precedente, per calcolare un contributo annuale per finanziare la distruzione dei rifiuti prodotti, secondo lo slogan “chi inquina paga”.
Anche il Regno Unito sta introducendo una normativa specifica per contrastare il fast fashion, che determina goni giorno ingenti conseguenze ambientali come inquinamento, rilascio di microplastiche, consumo del suolo e delle acque. Sono stati proposti innanzitutto regimi fiscali differenti per chi utilizza materiali riciclati o si impegna nella progettazione in ottica di eco-design.
In Italia, il dlgs 116/2020[18] ha imposto la raccolta differenziata dei rifiuti tessili, a partire dal 1° gennaio 2022, con l’intento di raggiungere il medesimo obbligo entro il 2025[19], in tutti i paesi europei.  Il dlgs dà attuazione al cd. pacchetto economia circolare[20], prevedendo una scomparsa dell’assimilazione dei rifiuti speciali ai urbani, la riforma della EPR, nonché nuove previsioni in materia di raccolta differenziata.
A ciò si aggiungano le iniziative proposte nell’ambito del PNRR, tra le quali la pubblicazione di specifici decreti ministeriali con l’obiettivo di definire le responsabilità e gli obiettivi di gestione dei rifiuti, oltre all’istituzione di uno specifico sistema di raccolta e di contributi finanziari[21].

  1. Conclusioni

Tra i brand più incisivi ed impegnati in tema ambientale e di sostenibilità vi è Guerlain, celebre maison di bellezza parte del colosso LVMH. Da anni Guerlain si impegna per produrre eco-formule innovative e sostenibili, utilizzando circa il 95% di ingredienti di origine naturale, sostenendo e sviluppando l’”eco-design credo” basato sulle parole chiave “reuse, reduce, recycle”[22]. Il packaging dei prodotti è meno voluminoso, più leggero, a bassa emissione di Co2 e viene realizzato con vetro riciclato. Anche Moncler, Prada e, più recentemente, Chiara Ferragni brand hanno intrapreso un percorso di consapevolezza e sostenibilità, introducendo l’etichetta o il logo “Recycle” anche sui propri capi, in modo da rendere assolutamente chiaro al consumatore l’impegno ambientale.
Queste politiche costituiscono oggi l’ago della bilancia nella scelta di un compratore attento e sensibile alla sostenibilità.

Le disposizioni e le imposizioni della direttiva eco-design, del green deal program e della strategia europea in materia di prodotti tessili sostenibili dimostrano la necessità di un’importante e unitaria rivoluzione legislativa nel settore tessile, che permetta, sia a livello europeo, sia a livello italiano, di ridurre l’impatto ambientale di una delle industrie, ad oggi, più inquinanti al mondo.

[1] Sito ufficiale Commissione Europea https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12822-Strategia-dellUE-in-materia-di-prodotti-tessili-sostenibili_it

[2] Briefing dell’European Evironment Agency https://www.eea.europa.eu/publications/textiles-in-europes-circular-economy/textiles-in-europe-s-circular-economy

[3] Fashion Research Italy https://ffri.it/fashion-journal/sostenibilita-moda/pillole-moda-sostenibile-life-cycle-assessment/ , novembre 2020

[4]Testo https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:285:0010:0035:it:PDF

[5]Per maggiori informazioni visitare il sito della Commissione Europea https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it

[6]Requisiti europei in materia di progettazione ecocompatibile https://europa.eu/youreurope/business/product-requirements/compliance/ecodesign/index_it.htm

[7] Report European Environmental Agency https://www.eea.europa.eu/publications/textiles-in-europes-circular-economy

[8] Testo normativo Dlgs 68/2020 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/06/26/20G00084/sg

[9] Testo del Regolamento n. 1007/2011 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32011R1007&from=IT

[10]Testo della Direttiva n. 95/2001 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32001L0095&from=IT

[11]Testo del Regolamento REACH https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32006R1907R(01)&from=DE

[12] Testo del Regolamento n. 850/2004 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32004R0850&from=it

[13]Testo della Direttiva n. 851/2018 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018L0851&from=IT

[14]Testo della Direttiva n. 852/2018 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018L0852&from=IT

[15]Dlgs attuativo della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche https://www.governo.it/sites/governo.it/files/75158-9343.pdf

[16] S. Gambi, La responsabilità estesa del produttore per il settore moda: lo spreco si combatte per legge, Febbraio 2020; disponibile al seguente link: https://www.solomodasostenibile.it/2020/02/04/la-responsabilita-estesa-del-produttore-per-il-settore-moda-lo-spreco-si-combatte-per-legge/

[17] K. Willsher, Landmark French law will stop unsold goods being thrown away, Gennaio 2020, disponibile qui:  https://www.theguardian.com/world/2020/jan/30/france-passes-landmark-law-to-stop-unsold-goods-being-thrown-away

[18] Testo normativo Dlgs 116/2020 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/09/11/20G00135/sg

[19] G. Crivelli, Rifiuti tessili, le aziende italiane sono più veloci della normativa europea, Il Sole 24 ore, Luglio 2021.

[20] Le direttive del pacchetto economia circolare sono: direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) e le direttive “speciali” in materia di rifiuti di imballaggio (1994/62/CE), discariche (1999/31/CE), rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cosiddetti RAEE (2012/19/UE), veicoli fuori uso (2000/53/CE) e rifiuti di pile e accumulatori (2006/66/CE). Maggiori informazioni possono essere reperite al seguente link: https://temi.camera.it/leg18/post/OCD15_14155/pubblicati-i-decreti-sull-economia-circolare.html

[21] Il consumo dei tessili – La gestione del fine vita in Italia e in Europa, Fondazione Fashion Research Italy (FFRI), 2022.

[22] Per maggiori informazioni sulle politiche di Guerlain: https://www.guerlain.com/it/it-it/c/our-commitment.html

Si legga ancora: Cergnai, La COP26 il suo impatto “green” nel settore moda, Ius in itinere disponibile al seguente link: https://www.iusinitinere.it/cop-e-impatto-green-40549 

 

Camilla Gentile

Avvocato. Camilla Gentile nasce in provincia di Brescia il 12 Aprile 1994. Dopo il conseguimento della maturità classica, si laurea in giurisprudenza nell’aprile 2019 presso l’Università degli Studi di Brescia con una tesi dal titolo “La tutela giuridica dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale nel settore della moda”, con un approfondimento sulla disciplina della contraffazione in Italia, America e Francia. Dopo la laurea si iscrive al registro praticanti del Foro di Brescia e svolge la pratica forense in uno studio legale di diritto civile e penale. Contraddistinta da una forte passione per il diritto e la moda, successivamente segue diversi corsi specifici in tema di proprietà industriale ed intellettuale. Si distingue per curiosità, entusiasmo ed impegno. Collabora per Ius in Itinere nell’area di Fashion Law ed Influencer Marketing. Mail: avv.camillagentile@gmail.com

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