Elezioni europee 2019: i sistemi elettorali degli Stati Membri a confronto
Elezioni Europee 2019: gli Stati Membri al voto
Le elezioni europee sono ormai alle porte: tra il 23 e il 26 Maggio gli Stati Membri saranno chiamati a eleggere i membri del Parlamento Europeo e a determinare, di conseguenza, gli equilibri tra i gruppi politici transnazionali che si formeranno in seno al nuovo Parlamento. Sebbene ogni Stato Membro sia libero di definire autonomamente in quali e per quanti giorni tenere le urne aperte per le votazioni nella finestra temporale indicata, lo spoglio avverrà contemporaneamente in tutti gli Stati Membri a partire dalle 23:00 del 26 Maggio 2019.
Le norme comuni stabiliscono il principio del suffragio universale diretto, della rappresentanza proporzionale e alcune incompatibilità con il mandato di deputato al Parlamento europeo[1]. Agli Stati spetta definire altri aspetti rilevanti, quali il sistema elettorale o il numero delle circoscrizioni.
Ma come varia la legge elettorale tra i vari Stati Membri?
La legge elettorale italiana
Nel nostro Paese la legge elettorale per il Parlamento Europeo risale alla VII Legislatura ed è la legge 24 gennaio 1979, n. 18 “elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 30 gennaio 1979. Essa definisce un sistema elettorale improntato al proporzionalismo puro, che vede l’Italia divisa in 5 circoscrizioni plurinominali (Italia nord-occidentale, Italia nord-orientale, Italia centrale, Italia meridionale e Italia insulare) . Se la Brexit si fosse già verificata, in questa tornata elettorale il Belpaese avrebbe avuto diritto a 76 seggi, ma essendo intervenuta la proroga che vede l’uscita del Regno Unito dall’Europa fissata per il 31 Ottobre 2019, anche il Regno Unito voterà e la distribuzione dei seggi che resteranno vacanti avverrà solo in seguito.
La ripartizione dei 73 seggi si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica per il numero dei membri spettante all’Italia e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti[2]. Questo metodo è definito “metodo Hare-Niemyer”.
All’interno di ogni circoscrizione, infine, i seggi sono assegnati alle varie liste in proporzione ai voti ottenuti. Dal 2009 l’Italia rientra tra i Paesi che hanno previsto una soglia di sbarramento, nel nostro caso del 4%, al di sotto della quale alle liste non può essere attribuito alcun seggio. A differenza di quanto accade in Olanda, Lettonia o Portogallo, inoltre, i partiti non possono presentarsi alle elezioni uniti in una coalizione, a meno che non si tratti di partiti espressione di minoranze linguistiche.
L’elettore potrà esprimere tre preferenze tra i candidati della stessa lista, purché essi siano di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda e della terza preferenza, come disposto dalla Legge 22 Aprile 2014, n.65.[3]
L’età minima per esercitare il diritto di voto in Italia, come in tutti gli Stati membri ad eccezione di Grecia (16 anni), Austria e Malta (17 anni) è di 18 anni.
Va rilevato, inoltre, che l’art.6 della legge n.18 del 1979 prevede altre cause di incompatibilità con la carica di parlamentare europeo, quali l’essere presidente di giunta regionale; assessore regionale; consigliere regionale, presidente di provincia oppure sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
Gli Stati membri che applicano una soglia di sbarramento
Le regole comuni sul sistema elettorale per le elezioni europee stabiliscono che la soglia di sbarramento prevista non può superare il 5% dei voti a livello nazionale. La soglia di sbarramento del 5% è prevista da ben 10 Stati Membri: Croazia, Francia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria e Belgio (quest’ultimo solo a livello circoscrizionale). L’Austria e la Svezia, come l’Italia, hanno una soglia di sbarramento del 4%, la Grecia del 3%. Cipro, invece, prevede una soglia dell’1,8%, ma solo in sede di recupero dei resti.
Negli altri paesi non vi è alcuna soglia. Tuttavia, in base a quanto stabilito della decisione 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018, andrebbe fissata una soglia minima obbligatoria compresa tra il 2 % e il 5 % per le circoscrizioni con più di 35 seggi, anche negli Stati membri a circoscrizione unica. Tale disposizione si applica dunque agli Stati più popolosi, quali Francia, Italia e Polonia, che già la prevedono, ma anche Regno Unito, Germania e Spagna, che non la prevedono. Gli Stati Membri che non si sono ancora conformati a tale disposizione dovrebbero farlo al più tardi entro le elezioni europee del 2024. Tuttavia, non tutti gli Stati sono disposti a introdurre tale soglia. Nota conseguenza di ciò è la sentenza della Corte costituzionale tedesca, Bundesverfassungsgericht (Bvg) del 2014, che ha dichiarato l’incostituzionalità della soglia del 3% inserita nella legge tedesca per le elezioni del Parlamento europeo. Ciò era avvenuto già nel 2011, sempre in relazione all’introduzione di una clausola di sbarramento (Sperrklausel), allora fissata al 5. Neppure l’abbassamento al 3% è stato ritenuto dai giudici tedeschi sufficiente a rimuovere il vizio di costituzionalità.[4]
Il sistema elettorale tedesco
L’assenza di una soglia di sbarramento non è l’unica peculiarità del sistema elettorale tedesco. La Germania, che è lo Stato Membro più popoloso, elegge il maggior numero di europarlamentari (96), attraverso il voto dei cittadini aventi diritto al voto alle sole liste, che sono bloccate, il che vuol dire che i cittadini non hanno la possibilità di esprimere la propria preferenza in merito ai singoli candidati. Vi possono essere liste nazionali (presenti cioè in tutti gli Stati federali) o regionali, presenti cioè in un singolo Stato federale. Altra peculiarità è la presenza di un candidato sostituto per ogni nome della lista: nel caso in cui un europarlamentare tedesco non possa portare a termine il mandato, infatti, vi sarà un candidato già designato in precedenza per sostituirlo. Qualora non fosse stato indicato, invece, si procederà in base all’ordine della lista elettorale, come avviene negli altri Stati Membri.
Il sistema elettorale spagnolo e quello portoghese
La Spagna, che ha diritto a 54 seggi, non è divisa in circoscrizioni, ma vi è un unico collegio elettorale nazionale . Se la Brexit si fosse verificata prima delle elezioni, la Spagna sarebbe stata insieme alla Francia il paese che ne avrebbe tratto maggior beneficio in termini numerici per quanto riguarda i seggi assegnati, che sarebbero passati a 59. Lo Stato iberico adotta un sistema proporzionale puro e, come detto, non è prevista una soglia di sbarramento. Come accade in Germania, le liste sono bloccate e dunque non è possibile esprimere la preferenza per i singoli candidati.
Un sistema elettorale analogo è quello portoghese, anch’esso con sistema proporzionale puro: un unico collegio nazionale e nessuna soglia di sbarramento. Anche i 21 deputati portoghesi sono eletti attraverso liste bloccate. I partiti portoghesi, poi, godono della citata possibilità di unirsi in coalizioni.
Il sistema elettorale francese
La Francia, che elegge 74 deputati al Parlamento Europeo ( sarebbero stati 79 in caso di Brexit, mentre erano 72 nel 2009), utilizza un sistema proporzionale con seggi attribuiti alla liste attraverso il metodo D’Hondt, applicato in altri 14 Stati membri, il quale più o meno rispetta le quote proporzionali, dividendo il totale dei voti ottenuti da ogni lista per numeri crescenti a partire da uno sino al numero di seggi da assegnare nel collegio, per poi attribuire i seggi scegliendo i quozienti più alti. Come l’Italia, la Francia è divisa in circoscrizioni, che in questo caso sono 8, e la soglia di sbarramento è del 5%.
Un caso particolare: il sistema elettorale irlandese
Sebbene tutti gli Stati Membri siano obbligati ad utilizzare il metodo proporzionale, in base a quanto stabilito dal Trattato di Amsterdam, vi sono due eccezioni: la Repubblica d’Irlanda e Malta, che votano attraverso il sistema del voto singolo trasferibile. È una pratica tipicamente anglosassone secondo cui con un unico voto l’elettore può stilare una classifica dei candidati sulla scheda elettorale, in base alle proprie preferenze, numerandoli[5]. In Irlanda sono inoltre presenti molte restrizioni per gli elettori che vivono all’estero. L’unico modo per votare, infatti, è recarsi fisicamente ai seggi: non esiste il voto postale, tranne in casi eccezionali, né quello dall’estero. Solo i diplomatici e i militari in missione possono votare fuori dal territorio irlandese.
[1] La carica di deputato al Parlamento europeo è incompatibile con quella di membro del governo di uno Stato membro, membro della Commissione, giudice, avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia, membro della Corte dei conti, membro del Comitato economico e sociale, membro dei comitati od organismi creati in virtù o in applicazione dei trattati comunitari per provvedere all’amministrazione di fondi dell’Unione o all’espletamento di un compito permanente e diretto di gestione amministrativa, membro del consiglio di amministrazione, del comitato direttivo o dell’organico della Banca europea per gli investimenti nonché funzionario o agente, in attività di servizio, delle istituzioni dell’Unione europea o degli organismi specializzati che vi si ricollegano. Altre incompatibilità sono state introdotte nel 1997 (membro del Comitato delle regioni) e nel 2002 (membro del consiglio d’amministrazione della Banca centrale europea, Mediatore dell’Unione europea e, soprattutto, membro di un parlamento nazionale). Cfr. http://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/21/il-parlamento-europeo-modalita-di-elezione
[2] Art. 2 Legge 24 Gennaio 1979, n.18.
[3] Legge 22 Aprile 2014, n.65 ,recante norme per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, in materia di garanzie per la rappresentanza di genere, e relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell’anno 2014.
[3]., No di Karlsruhe alla soglia del 3%, in AffarInternazionali, 2014 (https://www.affarinternazionali.it/2014/03/no-di-karlsruhe-alla-soglia-del-3/)
[5] https://www.ilpost.it/2019/05/18/elezioni-europee-irlanda/
Nata nel 1995, laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Accanto alla pratica forense in diritto civile e del lavoro, da sempre mi dedico allo studio del diritto internazionale ed eurounitario. Attualmente frequento il Corso di Perfezionamento in Diritto dell’Unione Europea a cura del professor Roberto Mastroianni.