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ESMA: stop momentaneo per opzioni binarie e limitazioni per CFD

Il 1° giugno 2018 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea due decisioni adottate dall’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (ESMA):

  • Decisione (UE) 2018/795, avente ad oggetto il divieto temporaneo della commercializzazione, della distribuzione o della vendita di opzioni binarie ai clienti al dettaglio nell’Unione Europea.
  • Decisione (UE) 2018/796, avente ad oggetto la limitazione temporanea dei contratti per differenze (CFD) nell’Unione Europea.

Opzioni binarie

Le opzioni binarie sono strumenti finanziari derivati, ossia sono prodotti il cui valore è legato all’andamento di un altro strumento finanziario detto asset sottostante, che può essere, indifferentemente: un’azione, una valuta, una materia prima, ecc. Esse incorporano il diritto ad una remunerazione fissa correlata ad un predeterminato andamento del prezzo, del livello o del valore del sottostante entro la data di scadenza.

Le opzioni binarie sono tipicamente degli investimenti a breve termine, che possono scadere anche solo pochi minuti dopo l’acquisto; ciò le rende prodotti di natura estremamente speculativa. Il prezzo delle opzioni binarie è determinato sulla base della probabilità di accadimento di un evento. I fornitori di queste tipologie di prodotti finanziari di solito agiscono in qualità di controparte della negoziazione, ciò pone gli interessi del fornitore in conflitto con quelli del cliente. L’investimento in opzioni binarie si conclude solitamente in due modi: o si ottiene un rendimento estremamente elevato o si perde completamente il capitale investito. Alla luce di queste peculiarità si sono notate non poche similitudini con prodotti tipici del gioco d’azzardo e con i comportamenti che ad esso sono associati. Tutte queste caratteristiche rendono inoltre inidonee le opzioni binarie ad essere utilizzate come strumenti di copertura in relazione ad altri investimenti al fine di generare un beneficio compensativo.

La misura in questione vieta la commercializzazione, la distribuzione e la vendita di tali strumenti agli investitori al dettaglio. Si è arrivati a questa decisione in quanto l’ESMA ha concluso che si trattano di prodotti estremamente rischiosi e difficili da comprendere[1], per tale ragione essi non sono adatti alla maggior parte degli investitori. Queste considerazioni si sono avverate, in quanto la maggioranza dei clienti al dettaglio perde il denaro investito[2].

CFD (contract for difference)

I CFD, dall’acronimo inglese contract for difference ossia contratto per differenza, sono anch’essi strumenti finanziari derivati. Si tratta di un tipo di contratto in base al quale viene scambiata la differenza di valore di un determinato asset sottostante, maturata tra il momento di apertura e il momento di chiusura del contratto. Con l’acquisto del CFD non si acquista il sottostante ma si crea una posizione che replica l’andamento del sottostante stesso. Essendo un prodotto a leva, all’investitore è richiesto di versare solo una frazione del valore complessivo dell’operazione (c.d. margine iniziale), l’effetto leva comporta l’assunzione in prestito di capitale per conseguire un aumento dell’esposizione. In quanto prodotti a leva, agli investitori può essere richiesto il deposito di ulteriori somme ad integrazione di quelle depositate inizialmente per effetto dell’andamento del bene sottostante (c.d. margine aggiuntivo), ciò significa che l’investimento in questo tipo di prodotti finanziari può comportare profitti elevati così come perdite che eccedono il valore dell’investimento. Oltre a profitti e perdite, ci sono vari tipi di costi da considerare per quanto riguarda le operazioni in CFD, tali costi spesso non sono né chiari né trasparenti e si ripercuotono sul rendimento effettivo, ad esempio: commissioni applicate dai gestori, costi di finanziamento giornalieri e overnight, bid-offer spread.

La misura in questione ha introdotto significative limitazioni alla vendita dei suddetti strumenti alla clientela retail. Nello specifico l’ESMA ha introdotto determinati requisiti che i CFD devono avere per essere scambiati dalla clientela al dettaglio:

  • Limiti all’effetto leva sull’apertura delle posizioni, stabilendo soglie diverse in funzione della volatilità del sottostante relativo alle varie posizioni (30:1 per le coppie valutarie principali; 20:1 per le coppie valutari non principali, oro e principali indici azionari; 10:1 per materie prime diverse dall’oro e indici azionari non principali; 5:1 per singoli indici azionari e altri sottostanti non altrimenti menzionati; 2:1 per le criptovalute).
  • Meccanismi di chiusura automatica della posizione al raggiungimento del margine in base al conto (50% del margine minimo richiesto). Nello specifico, se il margine complessivo in un conto scende a meno del 50% dell’importo del margine iniziale richiesto in relazione ai CFD aperti, il fornitore è tenuto a chiudere uno o più posizioni sui CFD.
  • Meccanismi di protezione dal saldo negativo del conto in caso di impossibilità di chiusura automatica della posizione. Con questa misura si limitano le perdite massime che un investitore può subire, ed è stata concepita come ultima risorsa quando la chiusura automatica al raggiungimento del margine non funziona a causa delle condizioni di mercato estreme. In questo modo l’investitore non può mai perdere più della somma totale investita per negoziare i CFD.
  • Limitazioni degli incentivi offerti per la negoziazione di CFD, in particolare bonus e di alcuni tipi di benefici non monetari.
  • L’introduzione di disclaimer in formato standardizzato volti a rendere edotta la clientela sui rischi specifici dell’operazione, contenenti anche la percentuale dei conti intestati ai clienti retail operanti in CFD che hanno registrato delle perdite negli ultimi dodici mesi.

Anche in questo caso la decisione dell’ESMA è stata suggerita dalla crescente distribuzione dei CFD nel mercato al dettaglio di massa, nonostante si trattino di strumenti complessi[3] inadatti alla maggior parte degli investitori al dettaglio. L’ESMA ha infatti dato atto che dalle ultime analisi svolte dalle Autorità competenti degli Stati membri in relazione alla negoziazione di CFD è emersa che una percentuale compresa tra il 74% e l’89% dei conti dei clienti al dettaglio è in perdita sugli investimenti effettuati[4].

Entrambe le decisioni sono state assunte conformemente all’art. 40 del Regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (MiFIR), che regola i poteri d’intervento temporaneo (product intervention) dell’ESMA. Tale disposto conferisce all’ESMA, tra l’altro, il potere di vietare o limitare temporaneamente la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di determinati strumenti finanziari o di strumenti finanziari aventi particolari caratteristiche specifiche o di un tipo di attività o pratica finanziaria. Il divieto della commercializzazione, della distribuzione o della vendita di opzioni binarie è entrato in vigore il 2 luglio 2018 mentre le limitazioni dei CFD entreranno in vigore a partire dal 1° agosto 2018. Entrambe le misure hanno una durata di tre mesi, durante i quali l’ESMA valuterà la necessità o meno di prorogare i divieti e le limitazioni stabilite per i successivi tre mesi.

Queste misure risultano particolarmente importanti se si considera il fatto che gli stessi prodotti vengono distribuiti molto spesso facendo ricorso a pratiche commerciali che, attraverso pubblicità diffuse e fuorvianti, chiamate telefoniche ripetute e insistenti, invio massivo di e-mail e bonus iniziali; possono condizionare le scelte dei risparmiatori che finiscono con l’acquistare questi prodotti senza una reale comprensione del loro funzionamento e dei rischi cui sono connessi.

 


[1] Le opzioni binarie non soddisfano i criteri per poter essere considerate strumenti finanziari non complessi a norma del combinato disposto dell’art. 25, paragrafo 4 della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e dell’art. 57 del regolamento delegato (EU) 2017/565 della Commissione.

[2] Cfr. decisione (UE) 2018/795, paragrafo 2.3, punti 35 e 36.

[3] I contratti per differenze (CFD) non soddisfano i criteri per poter essere considerate strumenti finanziari non complessi a norma del combinato disposto dell’art. 25, paragrafo 4 della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e dell’art. 57 del regolamento delegato (EU) 2017/565 della Commissione.

[4] Cfr. decisione (UE) 2018/796, paragrafo 2.3, punti 35 e 36.

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