giovedì, Marzo 28, 2024
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Il regime dell’espropriazione nel diritto internazionale degli investimenti

espropriazione

Coerentemente con il principio di sovranità territoriale, il diritto internazionale ha acquisito il principio in base al quale riconosce in capo all’host State il diritto di espropriare la proprietà straniera, sebbene tale diritto presenti delle limitazioni. 

Il tema dell’espropriazione, e del relativo diritto, ha cominciato a porsi sulla scena internazionale a partire dal XX secolo, in conseguenze alle numerose nazionalizzazioni operate in Paesi come Russia e Messico, che costituivano motivi di contrasto tra l’host State e lo stato nazionale dell’investitore straniero.

La più pregnante problematica concernente le espropriazioni era costituita dalla circostanza che tali attività erano spesso accompagnate da una insufficiente, quando non inesistente, compensazione; al riguardo, le richieste di un “full” o “adequate” indennizzo conseguente all’espropriazione erano avanzate dai Paesi capital-exporting, al fine di offrire la miglior tutela possibile ai capitali investiti.

La formula che imponeva il pagamento di una “prompt, adequate and effective compensation” venne utilizzata per la prima volta nel 1938 dal Segretario di Stato americano Cordell Hull (poi nota come “Hull formula”) in una nota indirizzata al Ministro degli Esteri messicano Eduardo Hay, relativa alla politica di espropriazione condotta dal governo messicano a danno dei proprietari statunitensi di terreni agricoli:

The Government of the United States adverts to a self evident fact when it notes that the applicable precedents and recognised authorities on international law support its declaration that, under every rule of law and equity, no government is entitled to expropriate private property, for whatever purpose, without provision for prompt, adequate and effective payment therefor […]. The universal acceptance of this rule of the law of the nations, which, in truth, is merely a statement of common justice and fear-dealing, does not in the view of this Government admit of any divergence of opinion.[1]

La fase successiva relativa alla elaborazione e alla risoluzione delle problematiche poste dalla espropriazione si inserisce nel momento storico della decolonizzazione e vede gli Stati di recente indipendenza difendere la propria sovranità, sia in senso politico che economico, attraverso il diritto all’espropriazione; tali istanze furono al centro di una serie di dibattiti nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite relativi al Nuovo Ordine Economico Internazionale. Uno dei temi più pregnanti era costituito dall’ammontare del quantum dell’indennizzo che avrebbe dovuto seguire il provvedimento ablatorio; al riguardo le visioni erano fortemente polarizzate e, a fronte del sostegno dei Paesi industrializzati all’adozione della “Hull formula”, che avrebbe garantito il pagamento di un indennizzo equivalente al fair market value delle proprietà espropriate, i Paesi in via di sviluppo invocavano uno standard inferiore, basato sulla lata formula della “adequate compensation”, determinato sulla base della legge dell’host State, e che avrebbe potuto ammontare ad un quantum inferiore al valore di mercato del bene.

Nel 1981 venne istituito il Tribunale Iran-Stati Uniti (Iran-United States Claims Tribunal) ai sensi degli Accordi di Algeri stipulati tra i due Paesi, il cui articolo II individuava quale criterio rationae materiae per stabilire la giurisdizione del Tribunale, tra gli altri, le controversie concernenti l’espropriazione e altri provvedimenti riguardanti i diritti di proprietà.

Il Tribunale, nel corso della sua attività, ha dato vita ad un corpo di regole riguardanti l’espropriazione, facendo riferimento quasi esclusivamente al diritto internazionale consuetudinario. La maggioranza delle controversie riguardanti l’espropriazione indiretta esaminate da questo Tribunale hanno poi influenzato i lodi resi dai collegi arbitrali instaurati in forza dei Trattati Bilaterali di Investimento (Bilateral Investment Treaties – BITs), nei quali sono stati richiamati e applicati molti dei criteri elaborati al fine di individuare se il provvedimento interferisse con il controllo dell’investitore sul relativo investimento.

 

[1] Hackwort G. H., Digest of International Law, vol. III, Washington, USGPO, 1942, pp. 658-659.

 

Francesca Salvatore

Francesca Salvatore, napoletana, classe 1993. Studentessa di Giurisprudenza all'Università Federico II, laureanda in Diritto del commercio internazionale con una tesi sul capitolo 11 dell'Accordo Nordamericano di libero scambio, relativo alla tutela degli investimenti stranieri. Iscritta a ELSA Napoli, parteciperà alla 16esima edizione della ELSA Moot Court Competition, organizzata con la partnership della WTO.

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