giovedì, Aprile 18, 2024
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FinTech e banche digitali: facciamo il punto

“Tra il 2015 e il 2016 il FinTech è esploso e, oggigiorno, pullula di applicazioni che in un futuro molto prossimo potranno impattare con forza sul private banking. Proprio per questo motivo le banche si troveranno ad acquisire start up FinTech, al fine di integrare i propri servizi tradizionali con servizi digital avanzati sempre più concepiti con un approccio user centered, utilissimi e facili da usare in ogni luogo e momento (a differenza dei servizi spesso sviluppati dagli istituti stessi).”[1]

Nell’ottobre del 2017 scrivevamo questo, ma oggi?

Per FinTech intendiamo la digitalizzazione del sistema bancario e finanziario, che consente di fornire, tramite internet, servizi finanziari vecchi e nuovi”.

Secondo un recente report presentato da CB Insights[2], gli investimenti globali nel campo FinTech hanno superato i 39 miliardi di dollari nel 2018, un record per il settore, dove sono stati più che raddoppiati gli investimenti dell’anno precedente, pari a 18 miliardi. Alla fine del mese di gennaio 2019 esistono 39 imprese che operano nel FinTech definite “unicorn”, termine utilizzato per individuare quelle startup private con un valore di mercato superiore al miliardo di dollari, valutate nel loro insieme quasi 150 miliardi di dollari. Per capire la dimensione della crescita avuta, di queste 39 compagnie, quasi la metà (ossia 16 su 39), sono nate nel 2018. Ma le società tradizionali non stanno ferme a guardare: il 33% delle FinTech globali include al suo interno un Corporate Venture Capital (CVC)[3]. Questa quota è in continuo aumento: si pensi che nel 2014 rappresentava il 17%.

Chi guiderà la transizione dalle banche tradizionali alle più innovative compagnie FinTech saranno i Millennials. È su questa generazione, nata tra l’inizio degli anni ’80 e la fine degli anni ’90, che ha pesato maggiormente la “Grande Recessione” rappresentata dalla crisi economica del 2008, che è quindi cresciuta in un generalizzato clima di sfiducia verso il sistema bancario tradizionale. Ma ciò che caratterizza principalmente i Millennials è anche il maggior utilizzo e familiarità con le tecnologie digitali. Ed è principalmente a causa di questi due motivi che sono nate le FinTech. Le nuove tecnologie sviluppate negli ultimi anni, infine, hanno dato lo slancio definitivo a questi nuovi operatori finanziari nel passaggio dall’analogico al digitale, nella digitalizzazione delle banche.

Un settore nel quale le FinTech stanno aumentando esponenzialmente la propria presenza è l’ambito del private banking. Per quel che concerne il mercato italiano, da qualche anno a questa parte sono nate diverse società che incarnano quella che rappresenta la naturale evoluzione della tecnologia applicata al sistema bancario. Parliamo di società quali Hype, N26, BuddyBank, YAP le più conosciute in Italia.

Hype è nata nel 2015 e appartiene al gruppo che fa capo a Banca Sella, ed è la prova che anche in Italia è possibile creare innovazione di qualità, senza necessariamente importarla dall’estero. Dopo un paio di anni di assestamento, nei quali è stato necessario capire quali fossero le esigenze e il posizionamento sul mercato, sono passati dai 20 mila di inizio 2017 a quota 100 mila clienti attivi alla fine del 2017 per poi aumentare ulteriormente i tassi di crescita in maniera esponenziale raggiungendo i 600[4] mila clienti titolari di un conto a gennaio 2019. Complice anche la possibilità di aprire un conto a partire dai 12 anni, l’età media dei correntisti si colloca nella fascia d’età 18-29 anni, a riprova del fatto che il target principale delle FinTech è rappresentato dai Millennials. Le transazioni effettuate sono state pari a un miliardo di euro nel 2018, in continua crescita. L’obiettivo è quello di arrivare a un milione e mezzo di clienti alla fine del 2019 e, se l’andamento dei tassi di crescita continueranno ad essere quelli osservati, il risultato sarà sicuramente raggiunto.

N26 è nata anch’essa nel 2015 ma, a differenza di Hype, ha sede a Berlino e opera in tutto il continente europeo ad eccezione di Malta e Cipro. A marzo 2018 contava 850 mila clienti e punta ad espandersi in altri mercati come gli Stati Uniti, raggiungendo i 5 milioni di clienti entro il 2020, grazie anche agli ingenti e recenti finanziamenti[5] ricevuti da società come Tencent e Allianz. Gestisce un volume di transazioni pari a circa 13 miliardi nel 2018, in continuo aumento.

BuddyBank è invece molto più giovane. È stata lanciata il 29 gennaio 2018, sotto il controllo di Unicredit, nell’ambito di un più ampio piano di digitalizzazione e innovazione all’interno del gruppo. La caratteristica che la differenzia da tutte le altre è il fatto di essere disponibile esclusivamente sotto forma di applicazione per smartphone Apple. Infatti, come ha dichiarato la stessa azienda, l’obiettivo è quello di puntare su un mercato di nicchia, unendosi e riconoscendosi negli elementi che contraddistinguono l’azienda della mela morsicata: purezza, bellezza e sicurezza. Punta a raggiungere un milione di clienti entro 5 anni dal lancio e coprire interamente i costi sostenuti entro 3 anni.

YAP è l’ultima arrivata. L’applicazione, di proprietà della società Nexi Payments S.p.a., a sua volta controllata dalla Nexi S.p.a. (che già si occupa di sistemi di pagamento, carte di credito e terminali POS, quindi è un gruppo che sta cercando di integrarsi ed espandersi verticalmente all’interno del mercato), è stata lanciata a giugno 2018, a seguito dell’approvazione da parte della Banca d’Italia e dalla BCE alla riorganizzazione societaria che prevede la separazione delle attività bancarie da quella dei pagamenti. Non si differenzia in maniera particolarmente marcata dalle prime due.

Aldilà delle piccole differenze che contraddistinguono i singoli servizi, il denominatore comune di tutte queste FinTech sono la semplicità, rapidità e sicurezza nelle transazioni (grazie anche all’utilizzo dei sensori biometrici e di riconoscimento facciale presenti negli smartphone), unite ad un costo nullo o comunque molto basso rispetto ai conti correnti tradizionali (a seconda del piano scelto, possibile grazie all’assenza totale di qualsiasi infrastruttura fisica all’interno del territorio di in cui operano), oltre al target di clientela alla quale si rivolgono i servizi offerti (Millennials). Inoltre, sono tutti servizi ai quali è possibile accedere esclusivamente tramite un’applicazione da scaricare e che sfruttano la tecnologia contactless NFC (Near Field Communication) per il pagamento implementata in quasi tutti i moderni smartphone.

È chiaro, quindi, come l’ascesa del FinTech non sarebbe stata possibile senza l’avvento e lo sviluppo di diversi settori e l’interazione di diversi soggetti, ognuno dei quali assume un ruolo di primo piano all’interno dell’immenso ecosistema che è venuto a crearsi: le istituzioni finanziarie coinvolte che regolano, supervisionano e forniscono le autorizzazioni ad operare nel mercato, gli operatori di rete che forniscono la connessione dati allo smartphone, i produttori di smartphone stessi e tutti i produttori di software e componenti hardware, solo per citare i più importanti.

La quota di mercato delle FinTech, che si pongono come una valida alternativa ai canali tradizionali, continuerà inevitabilmente a crescere a discapito delle banche tradizionali, che dovranno riuscire a innovarsi e seguire le tendenze del mercato, apportando una profonda e continua digitalizzazione e innovazione all’interno di esse se non vogliono rischiare di scomparire nei prossimi anni, rischiando di veder svanire il loro vantaggio competitivo tanto difficile da ottenere, quanto facile perdere.


[1]  Per ulteriori informazioni vedi  “Lo sviluppo della FinTech”  di Claudia Addona, ottobre 2017 : https://www.iusinitinere.it/lo-sviluppo-della-fintech-5420 

[3]Il Corporate Venture Capital (CVC) è quel tipo di investimento che un’azienda fa direttamente su una startup attraverso un fondo dedicato. I fondi di CVC rilevano quote di capitale (in genere di minoranza) delle nuove imprese ma non lo fanno solo in ottica finanziaria, ma anche per avere un accesso privilegiato alle innovazioni e alle tecnologie sviluppate dalle start up.

[4]F. Massaro, “Hype, la FinTech di Banca Sella supera quota 600 mila clienti”, Corriere della Sera.

Matteo Capasso

Matteo Capasso nasce a Roma nel 1995. Consegue la maturità tecnica industriale in elettronica e telecomunicazioni nel 2014. Si laurea in Scienze Economiche nel 2017 presso la facoltà di economia dell’Università "La Sapienza" di Roma. Nello stesso anno inizia il corso di laurea magistrale in FINASS (Finanza e Assicurazioni), specializzandosi nel comparto assicurativo. Da settembre 2020 lavora presso Mediocredito Centrale, occupandosi dell'istruttoria delle domande di garanzia pervenute presso il Fondo di Garanzia per le PMI.

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