venerdì, Marzo 29, 2024
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Genitori e figli minori: il fenomeno social addicted

Gli sviluppi tecnologici se da un lato hanno sicuramente contribuito al progresso sociale e scientifico, hanno tuttavia posto nuove problematiche connesse ai pericoli scaturenti dall’uso delle stesse.

Deve anzitutto sottolinearsi come l’uso di internet e dei social network consentano l’esercizio di un diritto di libertà’ ossia del diritto di ricevere e comunicare informazioni e idee.

Il diritto all’informazione e alla comunicazione, riconducibile alla libertà di espressione ai sensi del primo comma dell’art. 10 della Convenzione di Roma del 1950, costituisce un interesse fondamentale della persona umana.

La norma in discorso, infatti, al primo comma riconosce a ciascun individuo il diritto alla libertà d’espressione che comprende la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Inoltre, riconosce agli Stati il potere discrezionale di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione,cinematografiche o televisive.

La libertà di espressione, a livello sovranazionale, è altresì tutelata dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre del 2000. Nella Costituzione la libertà di comunicazionetrova garanzia e riconoscimento nell’art. 21 che sancisce il diritto di ogni persona di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione; il diritto all’informazione, se pur non espressamente menzionato nella Carta costituzionale, viene ricondotto alla norma sopra citata.

Della libertà di informazione e di comunicazione sono sicuramente titolari i minori i quali, raggiunto un adeguato sviluppo psicofisico, spesso si servono dei mezzi di comunicazione telematica per acquisire notizie e per esprimere i propri pensieri e le proprie opinioni.

Trattandosi di mezzi di comunicazione il cui utilizzo può, in determinati casi, portare a conseguenze pregiudizievoli per i terzi e per gli stessi minori, si pone la necessità di una adeguata educazione di questi ultimi alla rete telematica.

L’educazione si pone in funzione strumentale alla tutela dei minori al fine di prevenire che questi ultimi siano vittime dell’abuso di internet da parte di terzi. L’educazione deve essere altresì finalizzata a evitare che i minori cagionino danni a terzi mediante gli strumenti telematici.

I minori sono infatti soggetti deboli e, in quanto tali, necessitano di apposita tutela, non avendo ancora raggiunto un’adeguata maturità ed essendo ancora in corso il processo relativo alla loro formazione.

Inoltre, l’art. 17 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo attribuisce agli Stati il dovere di riconoscere l’importanza della funzione esercitata dai mass-media, in quanto mezzi idonei a garantire una sana crescita e una corretta formazione del minore stesso.

Ai fini dell’adempimento del suddetto dovere, gli Stati sono tenuti a vigilare affinché il fanciullo possa accedere a informazioni e materiali provenienti da fonti nazionali e internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, nonché la sua salute psicofisica.

I pericoli ai quali il minore è esposto nell’uso della rete telematica rendono poi necessaria una tutela degli stessi, indipendentemente dalle competenze digitali da loro maturate.

A tal proposito, è giusto porsi delle domande a riguardo. Anzitutto, a quali rischi sono esposti i minori nel caso di uso anomalo della rete telematica?

Con riferimento ai rischi per i minori derivanti dall’uso dei social networks è bene distinguere il content risk, contact riske conduct risk.

Con riferimento al content risk l’attenzione viene concentrata sulla generale esposizione del minore ai possibili contenuti lesivi della rete telematica.

Il contact risk vede la partecipazione del minore a seguito dell’iniziativa dell’adulto: tale partecipazione non è sempre volontaria.

Il conduce risk ha ad oggetto invece i possibili pregiudizi connessi all’uso di internet da parte del minore in un contesto relazionale con i propri pari.

Più specificamente è proprio nell’ambito del conduce risk che si pone la problematica relativa ai danni cagionati dal minore attraverso l’uso di internet.

Al conduce risk sono quindi riconducibili le conseguenze negative di un uso distorto da parte del minore dei social network, tra cui Facebook: in questi casi il minore può ben essere sia protagonista che vittima dell’illecito.

È bene porre in evidenza il possibile inadempimento dei doveri genitoriali nel caso di danno cagionato dal minore attraverso l’uso dei social network, con conseguente responsabilità civile dei genitori, ed in particolare derivante dall’inadempimento dell’obbligo di educazione e di vigilanza, di cui i genitori sono titolari nei confronti del minore ai sensi dell’art. 315-bis c.c. come già sopra accennato.

Occorre inoltre rilevare, quanto a Facebook, social network fondato nel 2004, che nonostante lo scopo iniziale di siffatta iniziativa fosse il mantenimento dei contatti tra studenti di università e di scuole superiori di tutto il mondo, in pochi anni ha in realtà assunto i connotati di una vera e propria rete sociale destinata a coinvolgere, in modo trasversale, un numero indeterminato di utenti.

Questi ultimi vi partecipano attraverso la creazione di “profili” contenenti dati anagrafici, fotografie, liste di interessi personali e lo scambio di messaggi (privati o pubblici), con la possibilità altresì di aderire gruppi virtuali o di c.d. “amici”. Facebook consente agli utenti di ricevere e inviare messaggi, di scrivere sulla bacheca di altri utenti e di impostare l’accesso ai vari contenuti del proprio profilo attraverso una serie di “livelli”, con la possibilità di limitare la visualizzazione dei propri dati.

Agli utenti di Facebook è peraltro nota l’eventualità che altri possano in qualche modo individuare e riconoscere le tracce e le informazioni lasciate in un determinato momento sul sito, anche a prescindere dal loro consenso.

Si tratta in particolare dell’attività di “tagging” che consente di copiare messaggi e foto pubblicati in bacheca nel profilo altrui.

I gestori del sito, proprietari della piattaforma sulla quale si innestano i contenuti dei singoli utenti, avvertono, all’atto dell’iscrizione a Facebook, che ogni responsabilità civile e/o penale connessa agli stessi contenuti si potrà fare risalire unicamente a chi li abbia digitati.

Pertanto, risulta evidente che tutti coloro i quali decidano di diventare utenti di Facebook dovrebbero essere ben consci non solo delle grandi potenzialità relazionali offerte dal sito, ma anche dei possibili rischi e pericoli derivanti dall’utilizzazione dello stesso.

Una importante pronuncia giurisprudenziale relativa alla responsabilità civile dei genitori per l’illecito commesso dai figli minori attraverso l’uso dei social network, è quella del Tribunale di Teramo [1].

Nel caso deciso dal Tribunale, un minore aveva costituito su Facebook un gruppo virtuale il cui titolo già evocava un chiaro disprezzo nei confronti di un’altra minore.

Nella descrizione di tale gruppo emergeva infatti un forte spregio verso la vittima, espresso attraverso terminologia volgare e offensiva.

Nel gruppo venivano altresì pubblicate frasi ingiuriose, di uguale tenore, da parte dello stesso minore e di altri minori appartenenti al medesimo gruppo.

Il Tribunale di Teramo ha ritenuto condivisibile la preoccupazione della minore istante e dei suoi genitori, per la diffusione effettiva e potenziale che quelle offese poste in essere dall’altro coetaneo della ragazza, dirette nei confronti della minore stessa, avevano avuto e potevano ancora avere, stante la loro pubblicazione su quel sito web.

È stato altresì osservato che qualora siffatta “rissa verbale” tra minori si fosse consumata in un qualsiasi luogo aperto al pubblico, probabilmente quell’episodio sgradevole si sarebbe potuto risolvere con un richiamo o al massimo con qualche richiesta di chiarimento rivolta ai genitori dei minori che avevano pronunciato quelle frasi. Tuttavia, essendosi verificato in quella che può essere definita una “piazza virtuale” che non conosce, come precedentemente osservato, limiti alla potenziale diffusione ed esondazione delle offese ivi pubblicate, si comprende la rilevanza dei possibili risvolti pregiudizievoli per la vittima.

Ma allora, alla luce di tale pronuncia, in cosa si concretizza l’attività di controllo che i genitori devono esercitare sui figli minori?

I principi giurisprudenziali dettati in relazione poi alla responsabilità civile dei genitori ai sensi dell’art. 2048 c.c., devono rapportarsi con l’assoluta peculiarità dello strumento utilizzato per la diffusione delle frasi ingiuriose: ai fini della prova liberatoria di cui alla norma appena citata, i genitori sono tenuti a dimostrare di avere impartito al loro figlio minore un’educazione consona alle proprie condizioni socio-economiche e di aver adempiuto a quell’attività di verifica e controllo sulla effettiva acquisizione di quei valori da parte del minore (c.d. controllo a posteriori).

L’attività menzionata da parte dei genitori, nel caso affrontato dal Tribunale di Teramo, è stata ritenuta non adempiuta, stante la presenza e la reiterazione del comportamento ingiurioso e diffamatorio, consumatosi sul web da parte del figlio.

Deve essere poi posta in luce l’importanza del dovere di vigilanza dei genitori che è, inoltre, strettamente connessa all’estrema pericolosità di quel sistema e di quella potenziale esondazione incontrollabile dei contenuti.

Il dovere di vigilanza dei genitori si sostanzia, secondo quanto affermato dal Tribunale di Teramo, in una limitazione sia quantitativa che qualitativa di quell’accesso, al fine di evitare che quel potente mezzo fortemente relazionale e divulgativo possa essere utilizzato in modo non adeguato da parte dei minori.

Senza dubbio devono essere condivise le osservazioni della pronuncia menzionata in relazione agli obblighi genitoriali che si concretizzano, nel caso di specie, in una limitazione di accesso al web.

Nel momento in cui i genitori, consapevoli delle potenzialità e dei rischi di internet, acconsentono a un accesso del proprio figlio minore alla rete, quella doverosa attività di verifica a posteriori dell’educazione del proprio figlio «non potrà non fare i conti con l’estrema pericolosità di quel navigare e della già evidenziata potenziale esondazione incontrollabile dei contenuti e delle proprie idee ivi manifestate».

Riguardo all’uso distorto nonché alla possibile dipendenza del minore dalla rete telematica, un caso affrontato dalla giurisprudenza di merito ha avuto ad oggetto un procedimento di volontaria giurisdizione, aperto a fronte del ricorso del Pubblico Ministero Minorile, ai sensi dell’art. 333 e 336 c.c., stante la pericolosità della condotta posta in essere da una minore con specifico riferimento all’anomalo utilizzo dei mezzi di comunicazione telematica [2].

Dal predetto ricorso emergeva che la minore, quattordicenne al momento del fatto, aveva inviato, attraverso il proprio telefono cellulare mediante l’utilizzo di Whatsapp – applicazione di messaggistica istantanea per dispositivi mobili multipiattaforma che, attraverso la connessione internet, consente lo scambio tra uno o  più utenti di messaggi di testo e file multimediali – alcune immagini che la ritraevano nell’intimità, al proprio fidanzato che a sua volta le aveva trasmesse ad altre utenze telefoniche.

La suddetta situazione aveva provocato alla minore uno stato di ansia e angoscia.

Il Tribunale ha in tal caso disposto il conferimento di un incarico al Servizio Sociale per lo svolgimento di un’attività di monitoraggio e supporto della minore e al Consultorio Familiare al fine di verificare le capacità educative e di accudimento dei genitori.

Sotto tale profilo è stato osservato che l’anomalo utilizzo da parte del minore dei mezzi offerti dalla moderna tecnologia tale da lederne la dignità cagionando un serio pericolo per il sano sviluppo psicofisico dello stesso, può essere sintomatico di una scarsa educazione e vigilanza da parte dei genitori i quali i genitori sono tenuti non solo ad impartire ai propri figli minori un’educazione consona alle proprie condizioni socio-economiche, ma anche ad ade1npiere a quell’attività di verifica e controllo sulla effettiva acquisizione di quei valori da parte del minore.

Il Tribunale ha altresì ritenuto, nel caso di specie, pregiudizievole la condotta posta in essere dalla minore.

Il problema della dipendenza dai social network riguarda, tuttavia, non di rado anche gli adulti ed è per tale motivo causa, alcune volte, di responsabilità endofamiliare.

La dipendenza dall’uso dei social network può comportare difatti non solo la violazione dei doveri educativi nei confronti dei figli ma anche la violazione dei doveri derivanti dal vincolo matrimoniale come ad esempio il dovere di fedeltà coniugale come a breve si osserverà.

Occorre preliminarmente rilevare che precedentemente alla Riforma del diritto di famiglia, fra i coniugi non vi era un’uguaglianza con riferimento ai diritti spettanti a ciascuno di essi e né una corrispondenza dei doveri di cui gli stessi erano titolari.

La l. 19 maggio 1975, n. 151, ha affermato invece una perfetta reciprocità fra i coniugi in relazione agli obblighi derivanti dal matrimonio, preservando la personalità di ciascun coniuge; viene salvaguardato, in parti- colare, il ruolo della moglie la quale, nel sistema normativo previgente, era spesso soggetta a intromissioni da parte del marito.

Accanto alla famiglia di cui all’art. 29 Cost. si affianca oggi un nuovo modello di famiglia che trova fonda- mento negli artt. 2 e 3 Cost., che enunciano il principio di solidarietà sociale e di uguaglianza: in applicazione di tale principio la l. 20 maggio 2016, n. 76 ha introdotto la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, prevedendo altresì una normativa volta a disciplinare le convivenze [3].

[1] Trib. Teramo, 16 gennaio 2012.

[2] Trib. Caltanissetta, 10 luglio 2018.

[3] A. Gatto, Procedimenti de potestate: misure cautelari e pene accessorie – Famiglia e successioni, Giuffrè edizione 2020.

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