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Gibilterra e Brexit: una questione spinosa

Una delle questioni più spinose che restano da regolare a seguito della Brexit è la situazione di Gibilterra. Il 31 marzo, Donald Tusk, il presidente del Consiglio Europeo, ha presentato un documento [1] contenente le indicazioni dell’UE riguardanti le trattative sulla definitiva uscita del Regno Unito dall’UE. Questo dovrà essere approvato dai 27 paesi membri dell’Unione, prima che si decidano le modalità dell’uscita effettiva e un accordo per gli scambi commerciali tra l’Unione Europea e il Regno Unito. In più, il documento contiene alcune indicazioni per risolvere la delicata questione di Gibilterra, appartenente al Regno Unito ma avente importantissimi legami commerciali con la Spagna, con la quale condivide l’unico confine terrestre.

Storicamente, Gibilterra è una piccola città nel sud della Spagna, ceduta dalla Spagna all’Inghilterra nel 1713 con il trattato di Utrecht, come parte degli accordi che ponevano fine alla guerra di successione spagnola. Tale trattato attribuiva all’Inghilterra la proprietà della Rocca, ma non ne cedeva la sovranità: questo passaggio sarà, poi, alla base della controversia su Gibilterra fra Spagna e Gran Bretagna. In un primo referendum del 1967, la maggioranza degli aventi diritto votò a favore della dipendenza dal Regno Unito, e, in seguito, anche nel 2002 oltre il 98% dei votanti rigettò la proposta di condivisione della sovranità tra Regno Unito e Spagna. Gibilterra è, dunque, oggi, un Territorio d’oltremare del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord il cui capo dello stato è la Regina d’Inghilterra, che può esercitare i propri poteri tramite un Governatore reggente. La sua legislazione è indipendente da quella del Regno Unito, eccetto per quanto riguarda gli affari internazionali e non è un membro effettivo dell’Unione Europea, ma fa parte del trattato di adesione all’Unione Europea del Regno Unito. Gode, infine, di un regime doganale speciale, che ha largamente contribuito allo sviluppo dei suoi commerci marittimi, e che ha trasformato il suo porto in un’importante stazione di sosta e scambio a una tassazione inferiore rispetto agli altri paesi europei. Al referendum sulla Brexit, a Gibilterra, su 33 mila abitanti 19.322 hanno votato per il “Remain” (95,9%) e soltanto 823 per il “Leave” : il risultato più netto a favore della permanenza nell’UE tra tutti i distretti del Regno Unito.

Probabilmente, una risposta così risoluta dei gibilterrini deriva dal fatto che uscire dall’Unione presenterebbe loro molti problemi, uno in particolare: Gibilterra ha solo un confine terrestre, lungo poche centinaia di metri, che la separa dalla Spagna. Ogni giorno questo è attraversato da circa diecimila cittadini spagnoli che si spostano dalla città di La Línea de la Concepción per lavoro. (“Il Governo di Gibilterra ha notato che ogni restrizione alla possibilità dei lavoratori di frontiera riguardo il lavorare a Gibilterra, dopo la Brexit, metterebbe a rischio non solo l’economia di Gibilterra, privandola della gran parte della sua forza lavoro, ma anche il Governo di un’importante fonte di ricavo in tasse entranti” [2]). Oltre alle migliaia di lavoratori che incrementano l’economia della città, anche merci e cittadini inglesi con proprietà nel sud della Spagna si muovono spesso sul confine. Il rischio è che questo diventi un “hard border”, cioè un vero confine di Stato con dogana e controlli e che ciò influisca in negativo sull’intera economia di Gibilterra. Anche la totalità dei materiali di costruzione proviene dalla Spagna, e, con una spesa di 500 milioni all’anno nei mercati spagnoli, Gibilterra è il secondo acquirente in Andalusia dopo il governo regionale.

Il primo ministro di Gibilterra, Fabian Picardo, ha affermato [3] che la migliore soluzione sarebbe un accordo speciale con l’UE per mantenere la libera circolazione di persone tra Gibilterra e la Spagna e l’accesso al mercato unico europeo. Ma, non essendoci alcuna certezza, gli abitanti della città si ritrovano tra due fuochi: non vogliono lasciare il Regno Unito, ma la loro economia dipende in gran parte dalla Spagna.

Ritornando al documento sulle procedure per la Brexit [1], riguardo alla questione di Gibilterra si legge: «Dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, non sarà fatto nessun accordo tra l’Unione e il Regno Unito riguardo al territorio di Gibilterra senza un accordo tra la Spagna e il Regno Unito». [1] La Spagna avrà, quindi, un ruolo primario nel decidere come saranno gestiti in futuro i rapporti tra Gibilterra e Unione Europea e perfino un diritto di veto. In un’intervista rilasciata all’Indipendent il 29 gennaio [4], Picardo ha affermato di essere pronto a porre tale veto alle decisioni della corona che non saranno vantaggiose per il suo paese: “La Sezione 47 della costituzione da autonomia di leadership in ambiti come le politiche, anche quelle riguardanti il business e la sanità, le tariffe doganali, il settore dei servizi finanziari, per esempio” [4] Un portavoce del governo, sempre sulla stessa linea di pensiero, ha fatto presente che: “La Costituzione di Gibilterra del 2006 – approvata con un referendum dai cittadini – prevede una relazione matura e vantaggiosa tra il Regno Unito e Gibilterra.” e “[..] Gibilterra ha una sua democrazia parlamentare molto risoluta, che è responsabile per tutto a parte gli affari internazionali, la difesa, la sicurezza interna e alcune questioni di pubblica amministrazione.” [4] Inoltre, si auspica un secondo referendum per i cittadini del Regno Unito al riguardo.

Per il momento, in mezzo agli impegnativi negoziati per la Brexit, la Camera dei Lord ha prodotto un report dal titolo “Brexit: Gibraltar, nel quale cerca di regolare tutte le questioni pendenti tra gli stati in causa. [2] “Urge che Regno Unito, Gibilterra e Spagna, insieme alle istituzioni dell’UE e ai suoi stati membri, lavorino insieme, positivamente e pragmaticamente, per assicurare un accordo che rifletta gli interessi economici di tutti.” È l’incipit del documento, che in seguito continua affermando che il referendum per  lasciare l’UE presenta ora delle sfide in quanto al ruolo di Gibilterra in Europa, “alla quale il territorio è culturalmente, socialmente, economicamente e geograficamente legato.”

Alcuni dei problemi più imminenti ivi sottolineati, oltre all’impatto della Brexit sull’industria del lavoro già menzionato, sono:

  • Il turismo – 199.93 milioni di dollari sono stati il contributo del turismo all’economia di Gibilterra nel 2015, il 93% dei turisti arrivati proprio dalla frontiera spagnola, descritta dal governo come “vital artery of Gibraltar’s tourism sector”. Ogni restrizione al movimento delle persone alla frontiera, dunque, avrà un impatto significativo anche su questo settore.
  • L’aviazione – La Brexit limita l’accesso di Gibilterra allo spazio aereo europeo. Questo non avrebbe un grande impatto sul turismo giornaliero, ma, in misura maggiore, sul 5% dei visitatori che pernottano in città: “[..] So in terms of the tourist industry, yes, day tourism is important, but air access is important as well, for the hotels and for the people whose jobs they support.”
  • I fondi europei – “EU funding has played an important role in Gibraltar’s economic development and in supporting regional cooperation.” È importante che il Regno Unito specifichi l’entità dei fondi destinati allo sviluppo di Gibilterra, dato che quelli investiti dall’UE non saranno più disponibili.
  • L’accesso al mercato unico – Senza un accordo con delle condizioni soddisfacenti, potrebbe essere sostituito da un “[..] new agreement between the United Kingdom and the European Union apply in a different way to Gibraltar.”

Comunque, il governo di Gibilterra ha acconsentito a lasciar condurre i negoziati al Regno Unito, attendendosi un risultato che non lasci in secondo piano i bisogni del Territorio d’oltremare. Lo schiacciante risultato del referendum rimane, e un allontanamento dall’UE non può avvenire a cuor leggero in questa situazione. È il governo britannico ad avere il dovere morale e la responsabilità di assicurare che la voce di quel 96% della popolazione sia ascoltata e i suoi interessi rispettati, durante il processo della Brexit.

[1] Segretario Generale del Consiglio UE, nota n. XT 21001/17, 31 marzo 2017

[2] House of Lords, 13th Report of Session 2016-17: “Brexit: Gibraltar”, 1 marzo 2017

[3] K. Day, “Gibraltar seeks special Brexit deal” (https://www.politico.eu/article/gibraltar-seeks-special-brexit-deal/)

[4] J. Wallen, “Gibraltar can veto parts of Brexit deal it doesn’t like, chief minister says“, (https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/gibraltar-brexit-veto-theresa-may-eu-deal-terms-chief-minister-fabian-picardo-spain-border-a8183946.html)

[5] Commissione UE, TF50 (2018) 35, 19 marzo 2018

[6] S. Jones, “Brexit: Gibraltar keeps calm but is ready to play hardball”(https://www.theguardian.com/world/2018/apr/05/brexit-gibraltar-keeps-calm-but-is-ready-to-play-hardball)

 

Sabrina Certomà

Classe 1996, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università degli studi di Trieste. Studentessa presso la Scuola di giornalismo Lelio Basso a Roma. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale con particolare interesse per i diritti umani.

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