venerdì, Marzo 29, 2024
Diritto e Impresa

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti: disciplina, requisiti ed evoluzione

a cura di: Enrico Ianniciello

Natura e fine

Gli accordi di ​ristrutturazione dei debiti sono un istituto largamente diffuso nella prassi di molte legislazioni straniere[1]. In Italia risulta disciplinato dall’articolo 182 bis, introdotto dalla L. 14 maggio 2015, n. 80 andando così ad innovare ulteriormente quella fallimentare già presente nel nostro ordinamento.

La natura dello stesso è da sempre dibattuta dalla dottrina che si divide in due filoni: il primo sostiene la natura prettamente privatistica dell’istituto, ritenendolo autonomo rispetto alle procedure concorsuali e sostenendo che l’istituto in esame sarebbe stato introdotto dal legislatore per garantire uno spazio di autonomia negoziale anche durante la crisi d’impresa, per realizzare un bilanciamento di interessi tra le pretese dei creditori e la continuazione dell’attività commerciale; ed il secondo, di una parte minoritaria della dottrina, che invece sostiene fortemente la natura pubblica dell’istituto e qualificandolo come species del concordato preventivo[2].

Seppur minoritaria, questa tesi è stata ribadita dai giudici di piazza Cavour con la sentenza n. 1182 del 18 gennaio 2018 della prima sezione della Corte di Cassazione, la quale ha statuito ​che: “per quanto suscettibile di venir in considerazione come ipotesi intermedia tra le forme di composizione stragiudiziale e le soluzioni concordatarie della crisi dell’impresa, e per quanto oggetto di annosi dibattiti dottrinali, l’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore” ​ed inoltre che : “l’appartenenza al diritto concorsuale può del resto considerarsi implicitamente contrassegnata dalla decisione nelle quali questa Corte ha accostato l’accordo al concordato preventivo, quale istituto affine nell’ottica delle procedure alternative al fallimento“[3].

L’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti dunque, garantisce all’imprenditore ​in stato di crisi ​di ottenere l’omologazione di un accordo diristrutturazione dei debiti stipulato con almeno il 60% dei creditori. L’importanza di questo strumento risulta ancor più evidente laddove si considera che esso mira a garantire un margine di operabilità, tutela e continuazione dell’attività economica a chi è escluso dall’istituto del fallimento ​ex art. 2221 c. c. (piccoli imprenditori ed enti pubblici). Così facendo i soggetti non fallibili che versano in gravi difficoltà economiche hanno la possibilità di usufruire di uno strumento che garantisce loro di avviare una procedura presso il tribunale competente volta ad ottenere la liberazione dai propri debiti attraverso un piano di rientro rateale del proprio passivo.

Requisiti e svolgimento

È innanzitutto necessario che l’imprenditore versi in uno stato di insolvenza (requisito oggettivo).

Posso iniziare la procedura di accordo tutti i soggetti non fallibili menzionati nell’articolo 2221 c. c. (requisito soggettivo), ovvero:

  1. –  piccoli imprenditori
  2. –  enti pubblici
  3. –  imprenditore agricolo

Per quanto concerne la figura dell’imprenditore agricolo è necessario però evidenziare che negli ultimi anni in un contesto economico sempre più evoluto anche le imprese agricole operano sul mercato con investimenti finanziari importanti e ricorrono al credito al pari delle imprese commerciali di medio-grandi dimensioni. Sembra dunque sempre più obsoleta l’esclusione ​incondizionata ​dell’imprenditore agricolo dal novero delle imprese commerciali.

Ritornando alla ​ristrutturazione dei debiti​, l’articolo 182 ​bis della legge fallimentare introdotta con Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 è molto chiara:

1) E’ innanzitutto necessario domandare al tribunale competente ( quello di residenza del debitore) l’omologazione di un accordo di ristrutturazione del debito sottoscritto da almeno il 60% dei creditori “unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:

a) entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;
b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione”.

2) L’accordo è pubblicato nel ​registro delle imprese ​e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.
Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire titoli di ​prelazione​ se non concordati

3) Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.
Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’articolo 183.

E’ dunque evidente la ​natura stragiudiziale dell’istituto e la sua differenza con il concordato preventivo che invece richiede sia la preventiva ammissione dell’imprenditore in crisi alla procedura e sia la fase di accordo giudiziale che culmina nella deliberazione dei creditori.

Come nel concordato preventivo l’imprenditore può chiedere di anticipare le tutele previste dall’articolo 168 l.f. anche se si è nella fase della trattativa con i creditori ed ancora non si è ottenuta la formalizzazione dell’accordo, semplicemente depositando presso il tribunale la documentazione richiesta dall’articolo 161 l.f. da cui si evince lo stato patrimoniale del debitore ed inoltre una proposta di accordo corredata da una dichiarazione del debitore sullo stato delle trattative ed una dichiarazione di un professionista designato circa la idoneità, affidabilità ed attuabilità della proposta stessa ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei alle trattative[4].

Conclusione

Gli accordi di ​ristrutturazione dei debiti sono sicuramente un elemento ​sui generis rispetto alle altre procedure concorsuali per così dire “classiche” come il fallimento; ma sicuramente rappresentano un’evoluzione in materia estremamente interessante ed utile sia per la tutela dei soggetti non fallibili e sia per il tessuto economico italiano in generale che è costituito per la gran parte da piccole e medie imprese. In tal senso va segnalata anche l’introduzione della legge n 3 del 27 gennaio 2012, denominata legge sul “sovraindebitamento” o anche “salva-suicidi” che ha innovato e modernizzato il diritto delle procedure concorsuali relativamente ad un aspetto fino ad ora poco trattato: ​l’insolvenza civile del consumatore; dove per consumatore si intende il debitore persona fisica che ha contratto debiti per fini estranei all’attività commerciale[5].

 

[1] ​Studio Cataldi​, “​Gli accordi di ristrutturazione dei debiti​”, disponibile qui: https://www.studiocataldi.it/guide_legali/fallimento/accordi-ristrutturazione-debiti.asp​
[2] ​R. C. Calderini​, “​Ristrutturazione dei debiti: la Cassazione interviene sulla natura giuridica dell’accordo​”, disponibile qui:​http://www.altalex.com/documents/news/2018/02/13/ristrutturazione-dei-debiti-la-cassazione-interviene-sulla-natura-giuridica-dell-accordo​
[3] ​Cass. Civ. Sez I, sentenza n.1182, 18 gennaio 2018​.
[4] ​A. Graziani, G. Minervini, U. Belviso, V. Santoro​, ​“Manuale Di Diritto Commerciale”,​ ​edizione 2015.
[5] D. Longo, “​Emergenza debiti: come uscirne con la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento”, disponibile qui:​http://www.altalex.com/documents/news/2017/06/23/emergenza-debiti-come-uscirne-con-la-procedura-di-composizion e-della-crisi-da-sovraindebitamento​

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