venerdì, Marzo 29, 2024
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Green Economy: le misure internazionali dopo il G7

Il 26 Agosto scorso si è tenuto a Biarritz, in Francia, l’ultimo incontro del G7: il meeting formato dai sette Paesi più industrializzati a livello mondiale. Uno dei principali temi affrontati durante le sessioni di lavoro è stato relativo al clima e alla transizione dei sistemi produttivi verso una green economy, al 100% sostenibile ed in grado di trasformare le economie, emergenti e non, in fucine di energia pulita.

“A Biarritz sono stati tre giorni di intenso lavoro, dialogo e confronto con gli altri leader del G7 e con i responsabili di alcune delle principali organizzazioni internazionali su temi fondamentali per il futuro del nostro pianeta quali: la tutela dell’ambiente, il commercio e l’andamento dell’economia globale, il contrasto delle diseguaglianze e il partenariato con l’Africa”. [1] Queste le parole del Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte  che ha sottolineato l’importanza di salvaguardare il pianeta, partendo dalla tutela della biodiversità marina, degli oceani, dell’agricoltura a rischio, cercando di creare una linea comune che si adegui agli obiettivi di sostenibilità fissati dall’Agenda 2030 del’ONU e dall’Accordo di Parigi sul clima.

Partendo da micro livelli, si è discusso a lungo dell’introduzione di misure rivoluzionarie a livello educativo, inserendo nelle scuole e negli istituti universitari piani formativi che educhino al rispetto dell’ambiente e a tecnologie innovative, che eliminino completamente o quantomeno riducano la produzione di rifiuti.

A livello macro, dal punto di vista industriale e commerciale, sono stati proposti incentivi per le imprese che elaborino piani industriali e produttivi orientati all’eco-sostenibilità, che possano nel medio-lungo termine aumentare la competitività di quanti decidano di allinearsi  a questo modello economico.

Ad esempio, uno degli obiettivi dei 20 punti del nuovo Governo italiano è far sì che, dal 2025, l’Italia sia uno dei primi Paesi al mondo a non utilizzare più il carbone nei processi industriali, ma solo energie rinnovabili al 100%.

“Chi si ostina a concepire l’economia secondo i vecchi paradigmi produttivistici basati sul carbon fossile e sullo sfruttamento delle risorse, e non secondo la Green economy e le economie circolari, appartenga all’archeologia politica e sarà la storia a travolgerlo e a condannarlo come nemico del Pianeta”.[2]  Queste le parole del Ministro italiano per l’Ambiente, Sergio Costa.

Altre proposte sono arrivate poi da organismi internazionali impegnati ed attivi su tematiche ambientali, come il WWF, che hanno chiesto di trasformare il ruolo del Ministero dell’Ambiente sul modello francese, in un Ministero della sostenibilità e della transizione ecologica, che possa dare impulso ad una linea istituzionale che collabori con attori nazionali ed internazionali per incentivare piani economici sostenibili.

Il modello che ispira queste politiche green è quello dell’economia circolare, intesa come sistema di produzione che preveda un riutilizzo, prestito e riciclo dei materiali che sia il più lungo e sostenibile possibile, allungando il tempo di vita del prodotto.

Ovviamente dal punto di vista imprenditoriale questa conversione verso modelli di produzione e consumo sostenibili comporta numerosi vantaggi per le imprese: incentivi e sussidi compensativi per chi acquista macchinari a impatto ambientale contenuto, oltre a fondi cosiddetti “verdi” per finanziare chi promuove una conversione eco-sostenibile.

Questa transizione graduale verso un’economia verde vede l’appoggio anche di organismi come la BEI (Banca Europea per gli Investimenti) che dalla fine del 2020 non finanzierà più progetti economici che riguardano i combustibili fossili, ma solo progetti industriali che avviino processi di de-carbonizzazione.

Si ricordi che l’Italia è uno dei principali beneficiari dei finanziamenti della BEI: “ha ricevuto circa 200 miliardi di investimenti e solo nel 2018 ne ha ricevuti 8,5 miliardi, che rappresentano lo 0,5% del Pil nazionale”. [3]

Ma cosa prevedono in particolare gli incentivi per le imprese che decidano di dare una svolta green ai propri sistemi produttivi?
Riguardo l’attività di riconversione del sistema produttivo devono riguardare:

  1. un’innovazione di prodotto, processo o servizio
  2. il miglioramento di prodotto, processo o servizio già esistente

tramite tecnologie che si riferiscano a innovazioni nel campo del trattamento e trasformazione dei rifiuti, riduzione e riciclo di scarti alimentari, riciclo delle materie prime, uso coscienzioso delle risorse idriche, allargamento dei tempi di vita dei prodotti, imballaggi con materiali riciclati.

E le misure “green” trasversalmente hanno investito anche settori meno convenzionali, come quello della moda, che sono tra i primi a dar vita a conseguenze nel medio-lungo periodo altamente dannose per l’ecosistema. Durante il G7 è nato infatti il cosiddetto Fashion Pact: più di 32 noti brand di lusso del mondo della moda hanno sottoscritto un patto, voluto in primis dal Presidente francese Emmanuel Macron, per coinvolgere questo importante settore nelle misure di sostenibilità ambientale.

Sono infatti proprio le industrie del fashion a causare i più alti danni all’ambiente a causa dei serrati ritmi di produzione e della quantità di rifiuti di difficile smaltimento, creati con tessuti e materiali dannosi per l’ecosistema. Da qui la necessità di creare una cooperazione tra Stati e società private per un’azione efficace per il clima, soprattutto sull’annosa questione del riscaldamento globale.

Quest’ultima, insieme agli incendi che stanno devastando la Foresta Amazzonica, restano al centro dell’Agenda sostenibile, non solo delle Nazioni Unite, ma ormai di tutti i Paesi industrializzati ed emergenti che stanno operando per trasformare completamente i processi produttivi in processi ecologici e sostenibili in toto.

 

[1] “I  20 punti M5S a Conte, da taglio parlamentari a green economy”, 30/08/2019, disponibile su: https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/08/30/punti-conte-taglio-parlamentari-green-economy_Ny60NAfQA1F0IpFujTQIHN.html?refresh_ce

[2] “Costa al G7 Ambiente, superare divisioni fra economia e tutela”, 05/05/2019, ANSA, disponibile su: http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/istituzioni/2019/05/05/-costa-al-g7-ambiente-superare-divisioni-fra-economia-e-tutela-_a4e1b3cc-639d-49ac-83fb-dde454aaff37.html

[3] ” Economia circolare, Impresa 4.0 sarà declinata in chiave “green”, 01/09/2019, disponibile su:

Fonte immagine: https://web.omicronsistemi.it/novita-in-arrivo-per-il-mud-2019%EF%BB%BF/nature-3294632_1920/

Rachele Renno

Dottoressa in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali  presso l’Università “L’Orientale” di Napoli, Master di specializzazione in Relazioni Internazionali presso l'Instituto de Estudios Europeos di Madrid. Esperienza di ricerca presso il think-tank “Real Instituto Elcano” di Madrid, nel campo della “Politica dell’Unione Europea e della Spagna”. Tra i principali interessi la politica internazionale e la tutela del patrimonio artistico e culturale, motivo per il quale sono socia dell’associazione UNESCO Giovani. Attualmente co-worker presso la società di ricerca e comunicazione "Think Thanks" e contributor nell'area di Politica Economica.

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