giovedì, Marzo 28, 2024
Diritto e Impresa

I big data nel mercato finanziario

I Big data, l’enorme mole di informazioni da memorizzare, aggregare, analizzare e rielaborare per migliorare il business e il rapporto con i clienti, avanza a passo spedito. Nei prossimi anni si stima una crescita esponenziale di questo approccio al business, crescita che sarà ulteriormente alimentata dai multimedia, dal permanente utilizzo degli smartphone e dal grande bacino dei social network. Di pari passo anche la tecnologia da applicare a questo fiume di informazioni si sta modernizzando al fine di sfruttarne al meglio i vantaggi.

Ma cosa sono i BIG DATA?

Si parla di big data quando si ha un dataset talmente grande da richiedere strumenti non convenzionali per estrapolare, gestire e processare informazioni entro un tempo ragionevole[i].

In maniera più ampia possiamo definire i big data come l’analisi di quantità incredibilmente grandi di informazioni; cioè, l’insieme dei dati ottenuti superando i limiti degli strumenti database tradizionali e di tutte quelle tecnologie finalizzate ad estrarre da essi conoscenze e valore.

Caratteristica principale dei BD è l’enorme estensione in termini di volume, a questa si aggiungono velocità e varietà, proprio per queste caratteristiche intrinseche i big data richiedono tecnologie e metodi analitici specifici. L’obiettivo principale di un’analisi corretta dei BD è quello di estrarre informazioni aggiuntive rispetto a quelle ottenibili da piccole serie di dati.

Viviamo in un mercato globale in crescente competizione nel campo dell’offerta digitale, ed è per questo che le modalità di contatto con il cliente tramite canali alternativi quali, mobile, Internet, social, e le possibilità di accesso “always on”, aumentano per tipologia e crescono esponenzialmente in volumi, imponendo la necessità di una trasformazione digitale delle aziende stesse, del modello di servizio, della cultura e delle competenze aziendali. Trattare i big data non significa semplicemente raccogliere e leggere in forma aggregata di enormi quantitativi di dati. A questo, si aggiunge l’organizzazione di un sistema articolato di tecnologie, competenze e governance, volto da un lato a certificare la validità dell’origine del dato e della sua manipolazione, dall’altro a estrarre in tempo reale valore dall’informazione nascosta nelle migliaia di terabyte di dati aziendali, per creare opportunità commerciali concrete.

I primi ad aver saputo sfruttare i vantaggi derivanti da questa grande massa di informazioni sono stati i settori come quelli dei servizi basati sulla localizzazione (location-based service) e quelli della vendita al dettaglio. Al contrario i servizi finanziari si sono avvicinati a questo nuovo modello in maniera più lenta.

Oggi, però, qualcosa è cambiato e anche il settore della finanza e delle banche è sempre più propenso all’utilizzo dei big data, i quali stanno diventando in modo preponderante una delle aree principali di investimento di questi settori. Diverse sono le motivazioni. Prima di tutto, essi forniscono strumenti per analizzare dati non strutturati, per esempio quelli contenuti in documenti e mail, in tempo reale. Ciò dà la possibilità alle banche di passare dalla semplice raccolta, alla gestione e all’analisi dei dati riuscendo così a monitorare i mercati, i trend e i comportamenti dei clienti.  Un altro vantaggio di indubbio valore è rappresentato dal rating del credito sociale.  Grazie ai big data, le banche possono avere un quadro più completo del potenziale debitore potendo così fare una valutazione più accurata del profilo di rischio attraverso i dati sociali e comportamentali ricavati dai social media.

Saper utilizzare i BD significa sfruttare le conoscenze generate dai dati, il che consente un aumento dei ricavi e dell’efficienza operativa. Ne è un esempio la maggiore segmentazione della clientela per raggiungere le esigenze specifiche del singolo. Oppure l’analisi delle abitudini in rete che consente di arrivare a proposte mirate, tagliate sulle preferenze del cliente.
Infatti, grazie a questo nuovo modello di business, le banche possono fare offerte personalizzate ai propri clienti sfruttando la maggior conoscenza delle loro esigenze passioni e abitudini di consumo, (ad esempio se un cliente ama i ristoranti stellati, sarà più facile proporgli una carta di credito che prevede sconti nei locali più di prestigio); inoltre è possibile anche individuare frodi tramite alert sui sistemi di pagamento come le carte di credito e debito e sulle apparecchiature Atm, creare un miglior profilo di rischio credito del proprio cliente e dei prospect, effettuare previsioni sui trend dei  consumi dei loro clienti, ridurre le inefficienze e favorire l’interazione banca-cliente nella creazione di nuovi prodotti/servizi (Crowdsoursing).

Nello specifico l’analisi dei big data parte dall’incrocio e dalla valorizzazione dei dati interni strutturati (cioè quelli provenienti dalle transazioni delle carte di pagamento, dagli investimenti finanziari e immobiliari, dall’anagrafica generale interna della banca, dall’elenco fidi e affidamenti attuali e storici) con i dati da dati esterni non strutturati come post sui social media, registrazioni telefonate al Call Center della banca. Ciò permette di ottimizzare i processi di assegnazione del rating di credito. Questo nuovo flusso di dati permette inoltre di fornire un’offerta ad hoc per ogni cliente permettendo di personalizzare i sistemi di prestazioni e di premi che oggi sono nella maggior parte dei casi standardizzati. L’utilizzo dei big data garantisce inoltre una gestione più efficace dei processi interni grazie ad esempio al potenziamento dei controlli dei dati relativi, alle transazioni e alla capacità di individuare movimenti sospetti nelle operazioni di pagamento.

Questo approccio ha come unico obiettivo quello di facilitare e velocizzare le decisioni strategiche nella gestione del business e nel miglioramento delle relazioni della banca con i suoi clienti.

Attualmente in Italia il 29% delle banche è interessata e ha investito nel mercato dei big data, una percentuale ancora un po’ bassa rispetto agli standard americani, ma in vista di un progressivo aumento nei prossimi anni. Infatti, in un mondo sempre più digitalizzato solo le banche che riescono a sfruttare in modo efficace queste funzionalità, in futuro saranno capaci di creare un valore significativo e differenziarsi. Gli altri, invece, si troveranno sempre in maggior svantaggio.

Ad oggi l’utilizzo dei big data è l’unico modo per poter rimanere competitivi sul mercato e per continuare nella crescita.

 

[i] Chris Snijders, Uwe Matzat e Ulf-Dietrich Reips, ‘Big Data’: Big gaps of knowledge in the field of Internet, in International Journal of Internet Science

Claudia Addona

Claudia Addona nasce a Benevento nel 1993. Dopo aver conseguito la maturità scientifica, si laurea in Scienze Aziendali nel 2017, all'università La Sapienza di Roma, con tesi in Marketing. Nel gennaio 2020 consegue la laurea magistrale con il massimo dei voti in Finanza e Assicurazioni, sempre presso l'università degli studi di Roma "La Sapienza". Collabora dal 2017 con Ius in Itinere in seguito alla nascita della nuova area Banking&Finance, di cui ne diventa responsabile nel 2018. La curiosità e la determinazione sono ciò che le permettono di dare il meglio in tutto ciò che fa. Email: claudia.addona@gmail.com

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