sabato, Aprile 20, 2024
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I mini-bond: caratteristiche e funzione

Nel corso degli ultimi anni le difficoltà delle aziende di accedere ai finanziamenti del sistema bancario e, in alcuni casi, la volontà delle stesse di differenziare le proprie fonti di finanziamento, hanno spinto il legislatore ad interventi normativi volti a favorire modalità di accesso al credito alternative al sistema bancario (si pensi ad esempio al crowdfunding[1] o al peer to peer lending[2]). Tra queste forme di finanziamento alternative quella che continua a crescere gradualmente e senza cedimenti è rappresentata dall’industria dei mini-bond.

I mini-bond sono stati introdotti e disciplinati in Italia mediante il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. Decreto Sviluppo), e dalle successive integrazioni e modifiche apportate dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. Decreto Sviluppo bis), dal Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145 (c.d. piano Destinazione Italia) e dal Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 91 (c.d. Decreto Competitività). I mini-bond sono obbligazioni o titoli di debito emessi dalle società, in particolare di piccola e media dimensione, al fine di ottenere un prestito, e sottoscritti da investitori professionali e qualificati. I mini-bond a fronte della raccolta di capitale offrono una remunerazione contrattualmente stabilita attraverso il pagamento di cedole. Come tutte le obbligazioni anche i mini-bond prevedono una data di scadenza, al sopraggiungere della quale il capitale deve essere rimborsato. Si trattano, dunque, di obbligazioni pensate per permettere anche alle società non quotate di aprirsi al mercato dei capitali.

Per permettere ciò, il Decreto Sviluppo e il Decreto Sviluppo bis hanno rimosso i limiti quantitativi civilistici in relazione all’emissione di obbligazioni e hanno esteso i vantaggi fiscali a favore degli emittenti e degli investitori in mini-bond. Nello specifico, l’articolo 32 del Decreto Sviluppo ha esteso la possibilità di emettere obbligazioni superiori al doppio del patrimonio netto a tutte le società non quotate, diverse dalle banche e dalle microimprese, che “emettono obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione[3]”. In questo modo veniva meno il vincolo legale che impediva alle imprese non quotate di emettere obbligazioni per un ammontare sufficiente a finanziare piani di sviluppo e di investimento. Queste modiche riguardano sia le S.p.A. che le S.r.l. in quanto, queste ultime, a norma dell’art. 2483 del Codice Civile, possono, se l’atto costitutivo lo prevede, emettere titoli di debito, destinati ad essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale[4]. Dal punto di vista fiscale, i provvedimenti normativi che si sono susseguiti nel tempo hanno equiparato il trattamento fiscale delle obbligazioni emesse dalle PMI a quello più vantaggioso previsto per i grandi emittenti (banche, società quotate ed enti pubblici).

Le norme contenute nel Decreto Destinazione Italia al fine di incentivare l’investimento in mini-bond hanno introdotto le seguenti novità:

  • le banche possono emettere covered bond[5] garantiti da mini-bond;
  • le Special Purpose Vehicle[6] costituite ai sensi della legge per la cartolarizzazione dei crediti[7] possono sottoscrivere direttamente le emissioni di mini-bond;
  • le compagnie di assicurazioni possono investire fino al 3% delle riserve tecniche in mini-bond o in quote di fondi specializzati;
  • l’estensione dell’operatività del Fondo Centrale di garanzia per le PMI in favore di banche, intermediari finanziari, SGR e SICAV che sottoscrivono obbligazioni o portafogli di tali obbligazioni emesse da PMI.

Le emissioni dei mini-bond sono soggette ad una serie di requisiti che devono essere puntualmente adempiuti, questi requisiti prevedono che:

  • l’emittente sia una società di capitali o cooperativa residente in Italia, o comunque la cui attività dominante sia svolta in Italia;
  • l’emittente abbia un fatturato superiore ai 2 milioni di euro ovvero l’organico deve essere composto da almeno 10 dipendenti;
  • l’emittente non sia una società bancaria o assicurativa, una SIM o una SGR e comunque che non faccia parte di un gruppo bancario soggetto alla vigilanza di Banca d’Italia;
  • l’emittente abbia pubblicato gli ultimi due bilanci di cui l’ultimo certificato da una società di revisione;
  • il titolo non sia quotato su un mercato borsistico regolamentato, aperto a investitori retail.

I mini-bond possono essere sottoscritti esclusivamente da investitori professionali (istituzionali e privati qualificati ai sensi MiFID/Consob). Data la graduale diffusione dei mini-bond, delle cambiali finanziarie, dei project bond e degli strumenti partecipativi; Borsa italiana ha creato un segmento professionale del mercato ExtraMOT[8] dove poter negoziare i relativi titoli di debito, tale segmento prende il nome di ExtraMOT PRO. Non si tratta di un mercato regolamentato ai sensi della Direttiva MiFID ma di un sistema di scambi organizzato, riservato ai soli investitori professionali che è diventato il principale mercato italiano di riferimento per la quotazione dei mini-bond, aumentando anche la liquidità degli stessi. Esistono tuttavia mini-bond non quotati presso il segmento ExtraMOT PRO, in quanto negoziati in altri segmenti oppure non essere quotati affatto ma detenuti da investitori professionali.

Per quanto riguarda i numeri, i dati raccolti dal Politecnico di Milano e analizzati nel quarto Report Italiano sui mini-bond, confermano la crescita costante di questi strumenti, nello specifico, nel 2017 la raccolta effettuata attraverso di essi da parte delle PMI italiane è stata pari a 1,4 miliardi di euro, il doppio rispetto al 2016[9].

In conclusione, le PMI italiane che sono caratterizzate da una forte sottocapitalizzazione e da un eccessivo banco-centrismo, ovvero la dipendenza dal credito bancario, possono trovare nei mini-bond un valido strumento di accesso al credito alternativo al canale bancario, soprattutto considerando la durata dei mini-bond che è di medio-lungo termine.

 


[1] Per maggiori approfondimenti sul tema si veda Claudia Addona, Crowdfunding: cos’è?, settembre 2017, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/crowdfunding-cose-5075.

[2] Per maggiori approfondimenti sul tema si veda Michele Pietroluongo, Peer to peer lending – una nuova frontiera per il credito, giugno 2018, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/peer-to-peer-lending-una-nuova-frontiera-per-il-credito-11261.

[3] Cfr. art. 32, comma 26 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, che ha modificato l’art 2412, comma 5 del Codice Civile.

[4] R. Calugi, V. Morelli e G. Paglietti, I mini-bond. Istruzioni per l’uso, nuova edizione. Testo disponibile qui: https://www.borsaitaliana.it/pro-link/studiericerche/minibondistruzioniperluso2014.pdf.

[5] I covered bond sono obbligazioni bancarie che garantiscono la restituzione del capitale e degli interessi grazie al vincolo di una fetta dell’attivo patrimoniale della banca destinato esclusivamente alla remunerazione e al rimborso del bond.

[6] Le Special Purpose Vehicle o Società Veicolo sono società costituite per veicolare attività finanziarie cedute da terzi.

[7] Cfr. legge 30 aprile 1999, n. 130.

[8] Per maggiori approfondimenti sul tema si rimanda al seguente link: https://www.borsaitaliana.it/obbligazioni/extramot/extramot.htm.

[9] Politecnico di Milano, Osservatorio Mini-bond, 4° Report italiano sui Mini-bond, disponibile qui: http://www.osservatoriocrowdinvesting.it/.

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