giovedì, Aprile 18, 2024
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I trattati di investimento internazionali al tempo del Covid: la misura dialogica tra pretese e pretesti

Un grido di ribrezzo, di terrore, s’alzava per tutto dove passava il carro; un lungo mormorio regnava dove era passato; un altro mormorio lo precorreva” (Alessandro Manzoni, Promessi sposi, capitolo XXXI).

Introduzione

Nel dibattito sulla creazione di un chilling effect da parte dei trattati di investimento internazionali si innesca la frontiera della battaglia, talvolta di retroguardia, tra salute pubblica e arbitrato. Un’indagine che non può che appuntarsi sul bilanciamento tra gli interessi economici e quelli sanitari. Le misure rigorose adottate in tutto il mondo dagli Stati hanno limitato, se non sospeso del tutto, nei rispettivi territori i diritti dei cittadini e delle imprese.

Storicamente la gran parte delle controversie che riguardavano i trattati d’investimento hanno interessato investimenti compiuti in economie emergenti. La situazione attuale ha visto, tuttavia, come protagonisti la maggior parte degli Stati a livello mondiale, quest’ultimi costretti ad adottare delle misure che hanno devitalizzato la radice dell’operosità e del dinamismo economico.

Le presunte misure arbitrarie e sproporzionate compiute ai fini di interesse pubblico alimentano, e alimenteranno, il mulino arbitrale destinato a macinare giurisprudenza a pieno regime.

La pandemia di COVID-19, obbligando virtualmente tutti i governi del mondo a prendere misure per contrastare il suo diffondersi, non è solo una delle tante crisi nazionali ma bensì un fenomeno globale. L’arbitrato sugli investimenti ha già avuto in passato esperienze con importanti problemi di ordine pubblico attinenti i diritti umani, il controllo sul tabacco, i servizi idrici, la tassazione, le rivoluzioni democratiche e gli standard ambientali. Nondimeno, queste esperienze hanno rappresentato sempre problematiche largamente prevedibili e persino le crisi relative al debito dell’Argentina e della Grecia non sono comparabili al diffondersi repentino del virus.

Le misure statali

Un accordo internazionale sugli investimenti è un accordo tra due o più Stati che contiene diritti e protezioni per promuovere gli investimenti cross-border privati tra gli Stati stessi attraverso la promessa di alcuni standard di trattamento riferibili agli investitori stranieri. Ci sono oltre 3000 IIAs (c.d. international investment agreements) in vigore che prevedono ampie protezioni legali concernenti gli investimenti stranieri – potenzialmente non disponibili ai sensi della legge locale dello Stato ospitante – la cui efficacia è affidata ad un meccanismo di investor-state dispute settlement (ISDS) per mezzo di arbitrati internazionali.

Nel cercare di contenere il diffondersi della pandemia, i governi hanno dichiarato lo stato d’emergenza in base al diritto domestico imponendo restrizioni senza precedenti.

Possono essere identificate quattro differenti categorie di misure adottate:

  1. Le misure statali che hanno influenzato le condizioni operative degli investitori stranieri: i) misure aventi il potenziale effetto di modificare il modo con cui le aziende producono beni e offrono servizi localmente o a livello internazionale (ad esempio: moratorie sui pagamenti delle bollette di elettricità, gas, acqua e internet; il congelamento dei pagamenti mensili per affitto, prestiti e ipoteche); ii) l’imposizione di obblighi di produzione e fornitura (ad esempio: la produzione coatta di ventilatori e mascherine; la limitazione delle spedizioni ai soli beni essenziali; il divieto di produzione di bevande alcoliche con il contestuale obbligo di produrre disinfettanti per mani) iii) limitazioni delle consegne e delle forniture (ad esempio: la sospensione dei servizi di trasporto privato; il divieto di vendere vestiti, elettronica, alcol e altra merce non essenziale).
  2. Le misure statali che hanno influenzato l’accesso al mercato, la trasparenza e l’equità nel commercio mondiale: i) misure che hanno imposto un controllo sulle esportazioni (ad esempio: la proibizione di esportare beni essenziali alla lotta del virus come equipaggiamenti medici, liquidi detergenti e disinfettanti); ii) misure volte al controllo dei prezzi.
  3.  Le misure statali attieniti alle questioni relative al giusto processo e alle irregolarità procedurali: i) misure mirate al sequestro di proprietà private (ad esempio: la nazionalizzazione di ospedali; la confisca di case e hotel per costruire strutture mediche); ii) misure che hanno imposto la chiusura dei tribunali; l’esclusiva possibilità di svolgere dispute strettamente essenziali o l’imposizione di udienze da remoto; iii) misure che hanno conferito poteri straordinari al governo (ad esempio: il governare per decreto consentito ai capi di governo; l’estensione dei poteri di sorveglianza senza controllo parlamentare; l’imposizione ai giornalisti di includere informazioni derivanti dal governo; la censura ai media).
  4.  Altre ipotesi caratterizzate da un impatto indiretto: i) i trader potrebbero assumere posizioni di investimento non redditizie nelle attuali circostanze, indebolendo la fiducia negli strumenti e nei mercati finanziari; ii) misure fiscali potenzialmente lesive nei confronti degli investitori; iii) la riduzione della capacità degli Stati di onorare il loro debito, conseguente alla crisi sanitaria ed economica, che potrebbe portare alla necessità di una sospensione globale del rimborso di quest’ultimo per evitare una serie di default – gli stessi default che hanno fatto nascere i reclami contro Argentina e Grecia.

In relazione a come, nel caso concreto, tali poteri siano stati e saranno esercitati potrebbero condurre alla violazione degli standard di protezione presenti nei trattati sugli investimenti in vigore, di conseguenza ledendo gli interessi degli investitori stranieri. Invero, in alcune dispute investitore-Stato, ad esempio in SD Myers v. Canada[1], i tribunali si sono pronunciati contro l’applicazione da parte di uno Stato dei regolamenti in materia di sanità pubblica in ragione di una politica in mala fede volta apparentemente a preoccuparsi di igiene ambientale ma in realtà indirizzata a meri fini protezionistici. E ancora, in Azurix v. Argentina[2] si è stabilito che l’obiettivo apparente della protezione della salute non dovrebbe essere utilizzato per mascherare motivi come il protezionismo, la creazione di vantaggi competitivi o per la sola opportunità politica.

A differenza degli obblighi di trattamento e protezione imposti allo Stato ospitante dal diritto internazionale, consuetudinario e convenzionale nella fase post-establishment dell’investimento, le misure restrittive introdotte dagli Stati in materia di accesso degli investimenti, fase pre-establishment, sono solitamente sottratte al diritto internazionale richiedendo la conformità alle leggi locali per poter l’investimento beneficiare della protezione accordata – ad eccezione di alcune prassi convenzionali riferibili, in particolare, agli IIAs conclusi da Australia, Canada e Stati Uniti.

A tale riguardo, numerose economie influenti hanno approvato riforme relative alla revisione degli investimenti esteri al fine di consentire ai governi una libertà maggiore per imporre condizioni al completamento di accordi ed eventualmente bloccarne l’esecuzione. Procedure che in passato caratterizzavano principalmente le politiche dei paesi in via di sviluppo, ora frequentemente attuate dai paesi industrializzati.

A livello europeo 14 dei 27 Stati membri si sono dotati di un meccanismo di controllo degli investimenti stranieri allo scopo di proteggere i settori strategici attraverso la creazione di restrizioni per le acquisizioni straniere di partecipazioni in aziende in difficoltà. Nel marzo 2019 è stato adottato il Regolamento UE 2019/452 – ai sensi dell’art. 207 TFUE riguardante la politica commerciale comune dell’Unione – che, congiuntamente alle linee guida proposte dalla Commissione Europea nel marzo 2020, mirano ad armonizzare e coordinare le normative statali afferenti i meccanismi di screening degli investimenti esteri, istituendo un quadro comune con l’obiettivo di controllare l’ingresso degli FDI.

L’obiettivo è quello di tutelare gli asset strategici nei settori della sanità, della ricerca medica, della biotecnologia, delle infrastrutture e quelli in generale essenziali per la sicurezza e l’ordine pubblico europeo. Gli Stati membri vengono, perciò, autorizzati a adottare misure restrittive per esigenze di ordine pubblico o pubblica sicurezza ex art. 65 TFUE, purché tali misure siano proporzionate e adeguate. La recente pandemia ha spinto ulteriormente gli Stati verso un closed door approach[3].

Come dimostrato dal caso Huawei, il confine tra genuina protezione della sicurezza e protezionismo mascherato è molto labile: la demarcazione tra linea politica ed economica è sempre meno definita.

Gli standard di protezione potenzialmente violati

Di preminente importanza è lo standard di trattamento giusto ed equo (FET, fair and equitable treatment). La garanzia di un trattamento giusto ed equo sarà lo standard più utilizzato per i reclami derivanti dal COVID-19[4], stante la sua stretta interazione, se non propria sovrapposizione, con altri standard di trattamento presenti negli IIAs.

I riferimenti ad equità e giustizia, il cui significato non è saldamente definito sul piano convenzionale in quanto solo menzionato, permette al contenuto normativo di tale obbligo di adattarsi alle variegate circostanze del caso concreto. La giurisprudenza arbitrale, attraverso un’interpretazione più o meno lata[5], ha identificato alcuni elementi ricorrenti che costituiscono la trama normativa di tale standard di trattamento incombente sullo Stato. Questi elementi includono: l’obbligo di vigilanza, di protezione e libertà da coercizione e molestie; l’obbligo di non negare la giustizia e la stretta conformità al principio del giusto processo delle procedure giudiziarie ed amministrative; l’assenza di arbitrarietà e l’obbligo di non discriminazione; trasparenza, chiarezza, stabilità del quadro giuridico e dei procedimenti amministrativi; la difesa delle legittime aspettative degli investitori; la proporzionalità; il principio di buona fede, incluso l’obbligo di non infliggere danni ad un investimento intenzionalmente; il rispetto degli obblighi contrattuali (con l’evidente connessione all’ umbrella clause[6]).

Il caso Waste Managment v. Mexico[7] ha sottolineato come la condotta che viola il FET debba essere attribuibile allo Stato. Il principio di attribuzione è rinvenibile nell’art. 4 dell’International Law Commission (ILC)’s Articles on State Responsibility secondo cui: “organ is meant to be any organ of government of whatever kind or classification, exercising whatever functions…no distinction is made between legislative, executive or judicial organs”.

Un elemento chiave ai fini del tema di cui si tratta è l’obbligo di trasparenza. Cosicché, la condotta di uno Stato che dopo aver pubblicamente garantito che certe attività non avrebbero dovuto chiudere successivamente, variando rotta, ne abbia imposto la chiusura rappresenta una possibile ipotesi di violazione dell’obbligo di garantire un trattamento giusto ed equo agli investitori.

Altro elemento da prendere in considerazione, in tal guisa, è il legittimo affidamento inteso quale esigenza di tutelare l’aspettativa generata in un soggetto da una condotta che lo aveva indotto a confidare nel conseguimento di un certo risultato. L’obiettivo è di rispettare l’affidamento che le condizioni giuridiche ed economiche prevalenti nel momento in cui l’investimento fu intrapreso abbiano legittimamente ingenerato in capo all’investitore. Meritevoli di tutela sono le aspettative che risultino ragionevoli e giustificate, frutto di chiare indicazioni da parte dello Stato e di una prudente valutazione di tutte le circostanze rilevanti da parte dell’investitore. L’investitore potrebbe lamentare la lesione di due ordini di aspettative: che lo Stato adotti misure ragionevoli a tutela di un interesse pubblico (come la salute); che lo Stato tenga un comportamento che non danneggi il ragionevole profitto dell’investimento. Difatti, uno Stato che abbia deciso di esimersi dall’adottare misure di contenimento del contagio rischia di affrontare un contenzioso al pari di quegli Stati che abbiano, invece, adottato tali misure. Da una parte, la chiara volontà di tutelare la salute dei propri residenti da parte dello Stato può derivare dalle disposizioni costituzionali, dalla legislazione sull’assistenza sanitaria e dall’adesione a trattati in materia di diritti umani, dall’altra, se è vero che l’aspettativa ad un ragionevole profitto trova fondamento nella stessa attività di investimento, l’investitore dovrà dimostrare di aver subito un danno a causa della mancata adozione di misure tempestive e adeguate.

Al fine di escludere la lesione dell’aspettativa legittima non basteranno le misure indirizzate ad evitare una perdita finanziaria ma, piuttosto, bisognerà valutare quanto l’inadeguatezza statale abbia inciso sulla riduzione di capacità economica e produttiva dell’investimento.

Orbene, le legittime aspettative sono specificate attraverso il controllo sulla proporzionalità dell’interferenza statale[8]. La proporzionalità potrà essere appurata qualora la misura sia volta a raggiungere un obiettivo politico legittimo e a tale fine sia: necessaria, non eccessiva – considerato il peso specifico di ogni interesse in gioco – e il suo esercizio sia bilanciato onde assicurare che i suoi effetti siano adeguati nei confronti dei diritti e degli interessi in oggetto[9].

Risulta fondamentale, allora, determinare se le misure adottate dallo Stato siano parte di un quadro normativo adeguato, ragionevole, proporzionato, non arbitrario e non discriminatorio[10]. Infine, da un punto di vista processuale la protezione garantita dal FET richiede il due process of law per ciò che concerne il diniego di giustizia e il rispetto alla garanzia del contraddittorio.

Un altro danno agli investitori potrebbe derivare dalla violazione dello standard della piena protezione e sicurezza (FPS, full protection and security), il quale richiede allo Stato di adottare tutte le misure di precauzione e i mezzi a sua disposizione per la salvaguardia dell’investimento nel suo territorio. Dalla tradizionale interpretazione dello standard inteso come protezione dell’integrità fisica dell’investimento (si vedano i lodi ELSI[11] e AAPL[12]) la giurisprudenza arbitrale ha emancipato il termine security dalla sua caratteristica prettamente fisica[13] tutelando anche l’integrità economica e l’ambiente in cui l’investimento è compiuto.

Questo standard di protezione non comporta per lo Stato ospitante un’obbligazione assoluta di due diligence ma, bensì, un vincolo orientato ad assicurare che le azioni intraprese dallo Stato verso l’investimento siano ragionevoli a seconda delle circostanze. Cosicché, la mancata attuazione tempestiva di misure atte a contenere il dilagarsi del virus violerebbe l’FPS se da questa omissione ne derivino drastiche misure statali che, poiché posticipate, danneggino l’investimento più di quello sarebbe stato ragionevole presumere[14].

Il ricorrente che volesse far valere una violazione dello standard FET, al fine di sostenere l’irragionevolezza di una misura statale, dovrebbe dimostrare o l’assoluta irrazionalità del procedimento decisionale o una grave difformità da prassi prestabilite. Anche qualora il tribunale ritenesse il comportamento dello Stato ospitante irragionevole, l’eccezionalità dell’emergenza sanitaria potrebbe incidere sulla ragionevolezza delle aspettative dell’investitore riducendone la portata, non essendo lo Stato tenuto a garantire l’investitore da situazioni imprevedibili ed eccezionali. Diverso è il caso di ricorso fondato sulla violazione dello standard FPS, in quanto il ricorrente dovrebbe provare solamente di avere subito un danno rientrante nell’ambito di applicazione della piena protezione e sicurezza e il nesso di causalità tra il danno e la condotta statale. In questo caso sarà, invece, lo Stato a dover dimostrare la propria diligenza, cioè la non irragionevolezza delle proprie condotte alla luce degli standard di tutela internazionali.

Altre rivendicazioni da parte dell’investitore possono sorgere anche in virtù delle espropriazioni senza un’equa compensazione, conseguenti alle misure adottate in risposta alla pandemia[15]. L’esplicazione del diritto sovrano degli Stati a regolare il proprio spazio economico interno sussiste qualora siano rispettate congiuntamente quattro condizioni: la presenza di un interesse pubblico; la misura non sia arbitraria o discriminatoria; la procedura segua un processo equo e giusto; e vi sia una pronta, adeguata ed effettiva compensazione.

La protezione derivante da un trattato può riferirsi sia al concetto di espropriazione nel senso tradizionale – c.d. diretta – ma anche alle misure intraprese dallo Stato le quali, individualmente o cumulativamente, siano equivalenti all’espropriazione – c.d. creeping expropriation – o nei fatti distruggano il valore dell’investimento – c.d. espropriazioni de facto. Mentre una creeping expropriation rappresenta un’espropriazione parzializzata in una serie di misure statali succedutesi nel tempo le quali, tramite il loro accumulo e considerate nel loro complesso, hanno gli stessi effetti della misura vietata, un’espropriazione de facto lascia formalmente il titolo di proprietà dell’investitore intatto ma lo priva della possibilità di utilizzare o controllare l’investimento e, al contempo, danneggia la sua consistenza economica.

In Quasar de Valores SICAV S.A. et al v. Russia[16] l’espropriazione indiretta fu intesa come “deduced from a pattern of conduct, observing its conception, implementation and effects as such, even if the intention to expropriate is disavowed at every step”.

La giurisprudenza arbitrale ha determinato tre criteri da considerare per valutare la misura statale ai fini di una espropriazione indiretta:

  • il grado di interferenza con il diritto di proprietà, cioè la severità dell’impatto economico e la sua durata. La prassi arbitrale a tale riguardo è varia: in Tecmed v. Mexico è stata ritenuta illegittima una misura che deprivava l’uso economico e il godimento dell’investimento come se i diritti riferibili all’investimento fossero cessati; in SD Myers v. Canada un periodo di 18 mesi non fu ritenuto capace di impedire definitivamente l’uso di un investimento, mentre in Wena Hotels v. Egypt il sequestro dell’investimento per un anno è stato ritenuto pari ad un esproprio.
  • Il carattere della misura statale e se vi sia stata un’interferenza con le aspettative ragionevoli e fondate inerenti all’investimento di un investitore. Un’espropriazione si verifica quando un investitore può dimostrare che vi sia stato un cambiamento nel sistema giuridico in violazione di un legittimo affidamento al momento dell’investimento.
  • Infine, in PSEG Global Inc. v. Republic of Turkey, il tribunale ha stabilito la necessaria presenza di una qualche forma di deprivazione di controllo nel management, nell’amministrazione, nella distribuzione di dividendi o nella deprivazione della proprietà.

A titolo esemplificativo la chiusura dei confini, l’ordine di lockdown o la direzione delle attività verso altri fini non redditizi – senza il pagamento di una compensazione adeguata, tempestiva o effettiva nel tempo – possono condurre alla chiusura permanente di un’attività. E ancora, una sospensione di qualche mese di una licenza per l’esportazione[17], la perdita del controllo della proprietà[18], il sequestro per un periodo di tempo sproporzionato, la mancata restituzione del controllo dopo la fine dell’emergenza, la nazionalizzazione di alcune attività da parte dello Stato che approfitta del calo dei prezzi delle materie prime o delle azioni possono rappresentare una violazione di tale standard di trattamento.

Rilevante per il tema discusso risulta essere anche lo standard del trattamento nazionale (NT, national treatment), una protezione che fa da corollario al principio di non discriminazione[19]. Questa clausola è volta a creare un level playing field tra investitori stranieri e le controparti locali, statuendo che agli investitori esteri e ai loro investimenti sono accordati trattamenti non meno favorevoli rispetto a quelli che lo Stato ospite accorda ai propri investitori domestici. Ciò si traduce in un divieto per lo Stato di imporre oneri più gravosi agli investitori stranieri rispetto a quelli degli operatori nazionali o di negare ai primi benefici previsti a favore dei secondi. Orbene, è fondamentale e necessario verificare se siano presenti delle circostanze simili e un contesto comparabile e nel caso il trattamento risulti meno favorevole occorrerà stabilire se questa differenza sia giustificabile in base ad un interesse pubblico nazionale. Inoltre, i meccanismi di screening potrebbero incidere sul rispetto di tale obbligo, nel caso in cui l’applicazione di tale standard sia prevista non solo nella fase successiva all’accesso ma anche in riferimento al momento della costituzione dell’investimento.

Congiuntamente alla clausola del trattamento nazionale, è prevista frequentemente negli IIAs anche la clausola della nazione più favorita (MFN, most favored nation), che impone l’applicazione nei confronti degli investitori stranieri del miglior trattamento riservato dallo Stato ospitante agli investitori di uno Stato terzo.

Per riassumere, lo Stato ospitante, nelle ipotesi appena menzionate, è obbligato a non trattare gli investitori stranieri e i rispettivi investimenti in maniera meno favorevole rispetto ad un investitore domestico comparabile, o di discriminare un investitore straniero in base alla nazionalità[20]. Pertanto, i salvataggi o altre misure di protezione che sostengono determinati investitori nazionali o stranieri, ma non altri investitori stranieri in un rapporto di concorrenza con i primi, potrebbero costituire una violazione del trattato internazionale. Inoltre, la decisione degli Stati di chiudere certe attività ma non altre potrebbe essere valutata in base allo standard internazionale di non discriminazione, qualora ogni differenziazione nel trattamento non sia giustificata da validi motivi.

Possibili difese statali

Gli Stati possono fondare le loro difese sia attraverso determinate clausole contenute negli IIAs sia in base al diritto internazionale consuetudinario. Alcuni dei più recenti trattati d’investimento, a seguito della tensione tra il proposito di attrarre investimenti e gli intenti di ordine pubblico, contengono general exceptions applicabili alle misure statali adottate che perseguono legittimi obiettivi di benessere pubblico[21]. La facoltà di uno Stato di intervenire a tutela di interessi collettivi è disciplinata dalle clausole Non-Precluded Measures (NPM) attraverso l’individuazione di obiettivi di importanza fondamentale per gli Stati e la possibilità di adottare le necessarie misure alla loro tutela[22]. Invero, alcuni BITs (c.d. Bilateral Investment Agreements) includono eccezioni attraverso misure non discriminatorie necessarie per il mantenimento dell’ordine pubblico e permettono determinate azioni prese in circostanze di estrema emergenza o per la protezione di interessi essenziali in materia di sicurezza. A titolo esemplificativo si pensi all’art. 13 del BIT Iran-Giappone, all’art. 33 del BIT Canada-Cina o al recente modello BIT del Marocco in cui troviamo all’interno del General Exception Article:Measures adopted to react to a situation which presents effects resulting from force majeure or from an unforeseen external event” unitamente a misure che perseguono interessi pubblici quali la salute, la morale pubblica e la cultura.

Eccezioni che ritroviamo sempre più di frequente negli FTAs (c.d. Free Trade Agreements) recenti: CETA, China-Australia FTA, EU-Singapore FTA e USMCA contemplano espressamente il diritto degli Stati di regolamentare nel loro territorio il conseguimento di legittimi obiettivi politici, compresi la salute e la sicurezza pubblica – coerentemente ai loro obblighi internazionali – purché queste misure siano ragionevoli, applicate su base non discriminatoria e tempestive.

Tali riserve sono modellate sull’eccezione generale dell’art. XX GATT (e dell’art. XIV GATS) secondo cui i membri possono adottare misure derogatorie necessarie a proteggere certi interessi pubblici tra cui sono espressamente indicati “human, animal or plant life or healt”. Inoltre, le restrizioni all’esportazione di prodotti essenziali possono godere dell’esenzione di cui all’art. XI:2 (a) GATT, a condizione che siano applicate temporaneamente per prevenire o rimediare a situazioni di contingenza critica. Tale ultima clausola è stata invocata, assieme a quella generale dell’art. XX, a più riprese, contestualmente all’introduzione di restrizioni all’esportazione di forniture mediche essenziali[23].

Addentellati difensivi che, va bene rammentarlo, non saranno permessi laddove la salute pubblica sia invocata quale pretesto per altri motivi impropri oppure laddove lo Stato aggravi la crisi e causi danni all’investimento evitabili, o qualora lo Stato avrebbe potuto adottare misure adatte senza violare le sue obbligazioni internazionali[25]. Da qui il rilievo affinché gli Stati garantiscano più trasparenza possibile riguardo allo scopo e alle finalità delle misure da adottare ed una applicazione non discriminatoria, presentando le adeguate giustificazioni e possibilmente consultando le imprese e i soggetti potenzialmente interessati[26].

Police Powers Doctrine

Argomenti difensivi derivanti dal concetto di sovranità in base al diritto internazionale, e non da specifiche violazioni dei trattati, sono rinvenibili nella police powers doctrine. In Tecmed v. Mexico il tribunale ha evidenziato che “the principle that the State’s exercise of its sovereign power within the framework of its police power may cause economic damage to those subject to its powers as administrator without entitling them to any compensation whatsoever is undisputable”. Mentre in PMI v. Uruguay[24] “protecting public health has since long been recognized as an essential manifestation of the State’s police power”.

Per supplire alla mancanza delle clausole NPM, di natura pattizia, il power to regolate rappresenta il potere di agire dello Stato ospite in difformità dagli obblighi internazionali di protezione degli investimenti, laddove vi sia la necessità di tutelare un interesse pubblico rilevante. Di conseguenza, si consente agli Stati un’ampia autonomia regolamentare al fine di adottare misure per proteggere la salute, la sicurezza e il benessere dei propri cittadini[27]. Gli Stati non sono tenuti a risarcire un investitore straniero quando, nel normale esercizio dei loro poteri, adottano regolamenti non discriminatori e in buona fede volti al benessere generale, nonostante il danno che tali misure possano provocare all’investimento straniero.

In anni recenti alcuni Stati hanno invocato la police powers doctrine a difesa dei reclami nascenti dalle modifiche normative. Le misure adottate nell’esercizio corretto di tale istituto – originariamente chiamato ordre public et lois de police – tutelando il diritto di regolamentazione dello Stato in materia di ordine pubblico, sanità o buon costume, non potrebbero essere considerate espropriative e non farebbero nascere un diritto alla compensazione anche se causassero danni economici agli investitori. In Philip Morris v. Uruguay il tribunale arbitrale ha dichiarato che l’imposizione di un obbligo attinente ad un semplice imballaggio per i prodotti del tabacco non viola il diritto internazionale, in quanto le misure sono state adottate dallo Stato per proteggere la salute pubblica nel valido esercizio dei police powers[28]. A tale riguardo, vale la pena richiamare il Bischoff Case del 1903 in cui è stata respinta una domanda di risarcimento danni per il sequestro da parte delle autorità venezuelane di una carrozza tedesca che aveva trasportato due persone infette da vaiolo giacché tale fatto non costituisce una violazione del diritto internazionale: “Certainly during an epidemic of an infectious disease there can be no liability for the reasonable exercise of police powers[29].

La Police powers doctrine potrà essere invocata da uno Stato solo qualora agisca in modo ragionevole e proporzionato[30]. Nel caso Too v. Greater Modesto Insurance Associates[31] è stato ribadito l’obbligo per lo Stato di esercitare i propri poteri nel rispetto dei principi dello Stato di diritto quali: buona fede, non discriminazione e proporzionalità. Laddove la pandemia sia solamente un pretesto, lo Stato non può sottrarsi alla responsabilità internazionale.

Il riferimento ad un potere di intervento statale preordinato alla difesa di interessi pubblici attraverso un sacrificio degli interessi degli investitori è avvenuto mediante strumenti eterogenei: tramite il riconoscimento della sua consolidata natura consuetudinaria; attraverso l’istituto del margine di apprezzamento coerentemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo; infine, grazie al ricorso al principio di proporzionalità.

In riferimento alla natura consuetudinaria, nel caso Marvin Feldman v. Messico[32] il tribunale si è limitato ad una generica affermazione volta a far rientrare il potere in esame nel contenuto di una norma di diritto internazionale generale. La considerazione secondo cui lo Stato non sia “liable for economic injury that is the consequences of bona fide regulation[33] è stata ritenuta avente natura consuetudinaria nel caso Saluka v. Repubblica Ceca, in cui si è evidenziato “the Host State’s legitimate right to regulate domestic matters in the public interest[34]. Medesime argomentazioni sono state sviluppate nel caso Philip Morris v. Uruguay. Tuttavia, pare corretto ritenere che la prassi risulti ancora troppo esigua, potendosi al più parlare di una tendenza verso la formazione di una norma di diritto internazionale generale.

Per quanto concerne il margine di apprezzamento, risulta chiaro che i tribunali arbitrali dovrebbero mostrare un’elevata deferenza alle decisioni governative riguardanti i bisogni nazionali come la protezione della saluta pubblica. Cionondimeno, appare difficile una trasposizione di tale istituto in ambiti diversi da quello nel quale si è originariamente sviluppato. Un meccanismo indirizzato alla tenuta di un sistema multilaterale di protezione dei diritti umani tra 47 Stati culturalmente diversi non può adattarsi alla natura bilaterale degli impegni pattizi assunti dagli Stati con lo scopo di limitare il potere statale al fine di attirare capitali esteri. Inoltre, il margine di apprezzamento, dal contenuto indefinito, calato in un contesto, privo di una Corte permanente e centralizzata, ma bilaterale e frammentato, perde ogni definizione per divenire una semplice deferenza nei confronti di politiche statali meritevoli agli occhi di un particolare collegio arbitrale.

In considerazione di queste difficoltà, la prassi arbitrale ha considerato il power to regulate come espressione del principio di discrezionalità, norma di diritto internazionale generale tendenzialmente indiscussa, al fine della legittimazione delle misure statali. Quest’ultimo principio fornisce dei puntuali criteri allo scopo di valutare l’ampiezza della riverenza da esibire alle politiche statali per il contenimento dell’epidemia, le quali saranno legittime solamente laddove risultino concretamente in grado di contribuire al raggiungimento di tale obiettivo e non più pregiudizievoli di quanto necessario per gli interessi degli investitori[35]. Perciò, al fine di determinare le caratteristiche di ragionevolezza e la proporzionalità appena richimate di una misura (anche in relazione al FET), i tribunali arbitrali dovranno dare maggior peso alle scelte dei singoli Stati, in particolare qualora le scelte domestiche siano conformi ai diritti umani riconosciuti, incluso il diritto alla salute. Un tribunale potrebbe rifarsi agli standard e alle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali per stabilire se una determinata misura intrapresa da uno Stato sia ragionevole o proporzionale. Nonostante le raccomandazioni del World Health Organization (WHO)[36] possano generare una spinta normativa nel valutare se le misure siano ragionevoli, una pandemia è caratterizzata sempre da condizioni socioeconomiche e di salute locali e, inoltre, la massima ricavabile nella sentenza Philip Morris – secondo cui il FET non preclude il governo dall’intraprendere nuove regole a condizione che esse abbiano una base razionale e non siano discriminatorie – permette agli Stati di adottare misure ambiziose adattate alle capacità ed al rischio nazionale. Una calibrazione del FET secondo le circostanze e condizioni peculiari dello Stato ospitante, riscontrabile anche nella sentenza Mamidoil v. Albania[37],  sottolinea l’importanza che la deferenza arbitrale debba attribuire al giudizio del governo locale in materia di sanità pubblica, specialmente allorquando la pandemia si diffonda in Stati in via di sviluppo caratterizzati da un sistema sanitario debole[38].

Gli articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti dell’International Law Commission

Ulteriori difese statali, potenzialmente rilevanti, basate sul diritto internazionale consuetudinario possono essere rintracciate nell’ ILC’s Articles on the Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts (‘ARS’)[39] e cioè: force majeure, state of necessity e distress.

La forza maggiore

La forza maggiore è codificata nell’art. 23 dell’ARS[40] e sarà rivendicata con successo qualora sussistano 5 condizioni: deve sussistere un evento imprevedibile o una forza irresistibile che scateni l’evento; l’evento o la forza devono essere al di là del controllo dello Stato; l’evento deve rendere materialmente impossibile adempiere ad un obbligo; lo Stato non deve avere contribuito alla situazione; lo Stato non deve avere assunto il rischio che ricomprende il verificarsi della situazione.

Innanzitutto, l’evento può essere di origine naturale o causato dall’uomo, o una combinazione delle due. L’evento deve essere imprevisto, cioè impossibile da prevedere, o di non facile previsione. L’iniziale diffondersi del virus fu imprevisto, perciò gli Stati in cui si diffuse nei primi giorni, quando vi era incertezza su cosa potesse accadere, potrebbero fare affidamento sulla natura imprevedibile dell’evento. Tuttavia, per gli Stati dove il virus si è diffuso successivamente al boato iniziale l’evento potrebbe essere considerato prevedibile.

L’evento iniziale deve essere anche una forza irresistibile, intesa come vincolo o coercizione inarrestabile per la quale lo Stato non è stato in grado di opporsi o evitarla con i propri mezzi, cioè impedire al virus dal raggiungere il proprio territorio. La chiusura dei confini e lo screening aeroportuale si sono dimostrati scientificamente inefficaci e allo stesso modo il contact tracing non è risultato particolarmente efficiente laddove vi sia una trasmissione asintomatica. Persistono dei dubbi se la prevenzione all’interno dello Stato attraverso un controllo preventivo avrebbe potuto impedire l’inizio delle infezioni, così da non risultare irresistibile.

L’evento dovrà anche essere fuori dal controllo dello Stato in questione, caratteristica da ultimo legata alla sua natura imprevedibile e irresistibile.

Per quanto riguarda alla materiale impossibilità, l’ILC Commentary to ARS la definisce esclusivamente in modo negativo: non è un incremento della difficoltà della prestazione e non è un’impossibilità nel senso dell’art. 61 della Convenzione di Vienna (VCLT). I lavori preparatori, così come la giurisprudenza passata, suggeriscono che l’impossibilità debba essere ritenuta materiale e assoluta. Materiale in quanto debba sussistere un’incapacità fisica di adempiere all’obbligo e assoluta in quanto lo Stato non può in nessun modo adempiere all’obbligazione in questione, poiché nessuna opzione sarà praticabile. Insomma, dei requisiti rigidi che non possono ritenersi verificati nelle misure statali adottate per affrontare la pandemia in quanto, nonostante siano condotte costrette da eventi esterni, non è possibile definirle non volontarie e non implicanti nessun elemento di scelta. Se gli Stati detengono opzioni di scelta, seppur limitate, non affrontano un’impossibilità assoluta ad adempiere ma solamente relativa.

Da ultimo, lo Stato non deve avere contribuito alla situazione da cui scaturisce la forza maggiore. A causa della vaghezza del concetto in esame, bisognerà indagare quale intervallo di tempo rilevante passato può essere esaminato per la ricerca delle cause scatenanti. Tutto ciò che spazia dal carente finanziamento dell’assistenza sanitaria pubblica alle reazioni ritardate e procrastinate nel prevenire o contenere la diffusione del virus potrebbero essere rilevanti.

La ratio dell’eccezione di foce majeure è di stretta applicazione, di modo che gli Stati in relazione alla specifica obbligazione in esame difficilmente potranno dimostrare l’impossibilità dell’adempimento: nella maggior parte dei casi questi avranno sempre una scelta, sebbene difficile, al rispetto dell’obbligazione assunta, perciò volontaria[41].

Lo stato di necessità

Secondo l’art. 25 ARS[42], uno Stato potrà invocare in propria difesa lo stato di necessità qualora siano soddisfatti i seguenti requisiti: deve sussistere un grave ed imminente pericolo; il pericolo deve minacciare un interesse essenziale; l’azione dello Stato non deve ledere gravemente un altro interesse essenziale; l’atto compiuto dallo Stato deve essere la sola via per salvaguardare l’interesse da quel pericolo. Inoltre, sarà escluso il plea of necessity qualora lo Stato abbia contribuito alla creazione della situazione da cui deriva la necessità.

Innanzitutto, è richiesto che vi sia un imminente pericolo e al contempo che un interesse essenziale sia gravemente danneggiato.

L’imminenza si lega alla certezza, cioè allo stabilire con un sufficiente grado di sicurezza che il pericolo accadrà in futuro. Inoltre, il danno non deve essere già accaduto al tempo in cui lo Stato agisce, infatti l’obiettivo è prevenire un danno o il suo peggioramento. I tribunali potrebbero considera il Covid come fonte di “grave and imminent peril” a seconda delle specifiche circostanze in un dato Stato e in un momento ben specifico.

In secondo luogo, il pericolo deve minacciare un interesse essenziale, non necessariamente proprio del particolare Stato. Un interesse essenziale, e cioè l’interesse che prevale su interessi concorrenti individuali o pubblici a seguito di una valutazione ragionevole, è rintracciabile nella diffusone del virus che pone in pericolo la salute e le vite degli individui nello Stato ma anche in altri Stati, oltre a rappresentare una minaccia per il funzionamento dei servizi sanitari[43].

Terzo, l’atto non deve pregiudicare gravemente un interesse essenziale di un altro Stato o della comunità internazionale nel suo complesso. Il bilanciamento non sarà scontato qualora si contrappongano tutele dei diritti umani, tuttavia le limitazioni che incidono sulla libertà di movimento e di assemblea prodotte dalle misure di isolamento e dalla quarantena difficilmente risulteranno lesive dei diritti in parola in quanto limitate nel tempo e soggette a deroghe.

Quarto, l’atto dello Stato deve essere l’unico modo per proteggere l’interesse essenziale dal danno imminente. Qualora vi siano altri modi per fronteggiare la minaccia, anche se più costosi e sconvenienti, non sarà possibile invocare la necessità. La valutazione dovrà essere compiuta ex ante dal punto di vista dello Stato e immedesimandosi nelle sue conoscenze a quel tempo disponibili, evitando un giudizio ex post. Date le numerose incertezze rispetto al virus ed alla sua diffusione – compresa l’attuale mancanza della disponibilità di vaccini efficaci – forme di distanziamento sociale potrebbero essere le uniche misure efficaci per mitigare la morbosità e la mortalità della pandemia. Di particolare interesse è il caso Enron in cui si è statuito che “there are always many approaches to address and correct such critical events, and it is difficult to justify that none of them were available in the Argentine case[44].

Infine, lo Stato non dovrà avere contribuito a creare la situazione di necessità. Un contributo che deve essere sostanziale e non meramente incidentale o periferico, causalmente orientato[45] o richiedente, in aggiunta, un qualche grado di colpevolezza[46]. Mentre il virus è un fattore esterno, la condotta dello Stato in risposta alla pandemia metterà in dubbio se eventuali atti o omissioni dello Stato abbiano esacerbato la situazione di necessità. È probabile che la ragionevolezza e la proporzionalità del comportamento di uno Stato saranno considerate non solo alle sue condizioni, ma anche in riferimento alla condotta degli altri Stati in circostanze comparabili. Sottolineando il carattere eccezionale di tale difesa, il tribunale nella causa LG&E ha dichiarato che “emergency periods should be only strictly exceptional and should be applied exclusively when faced with extraordinary circumstances[47].

Dunque, gli Stati potrebbero avere qualche difficoltà nel provare che le misure messe in atto siano il solo ed unico modo per contrastare l’epidemia e che il loro previo comportamento non abbia contribuito alla situazione di necessità.

Distress

L’art. 24 ARS[48] tratta del concetto di distress statuendo che l’illiceità di un atto di uno Stato non conforme ad un obbligo internazionale è esclusa se quest’ultimo provi i seguenti elementi: la minaccia alla vita; una speciale relazione tra l’organo dello Stato e la persona la cui vita è minacciata; la mancanza di altre alternative ragionevoli per affrontare la minaccia; che lo Stato non abbia contribuito alla situazione di pericolo e che le misure da esso intraprese siano proporzionate.

Il primo requisito corrisponde alla minaccia alla vita degli individui, specialmente coloro che sono vulnerabili.

Per quanto riguarda la relazione speciale tra gli individui e l’organo dello Stato che adotta la misura, un generale rapporto tra la popolazione e il territorio sembra insufficiente. La relazione dovrà consistere nel rapporto di controllo, non necessariamente di immediata fisicità. Poiché solo l’autorità governativa ha l’autorità di mettere in atto, o autorizzare, misure di contenimento durante l’epidemia è plausibile l’esistenza di una relazione speciale: il comportamento della popolazione è condizionato dalle autorità centrali.

Il criterio della ragionevolezza mira a garantire una forma di flessibilità nella scelta dell’azione, uno standard minore rispetto al “the only way to deal” che si trova nella fattispecie della necessità. Il distanziamento sociale è una scelta ragionevole nella mancanza di trattamenti certi e risolutivi.

Quarto, il mancato contributo causale è più simile a quello della force majeure rispetto a quello della necessità: le politiche attuate in buona fede che hanno contribuito alla crisi non dovrebbero escludere il ricorso al distress in quanto è da preferirsi un’interpretazione teologicamente orientata che prediliga il bisogno di salvare vite umane.

In fine, le misure statali non devono creare un pericolo comparabile o maggiore: un requisito di proporzionalità tra le misure adottate e gli interessi tutelati.

Orbene, la forza maggiore risulta essere la meno rilevante in quanto il comportamento dello Stato che trasgredisce gli obblighi internazionali possedendo delle opzioni tra cui scegliere risulta volontario. Nel caso della necessità, il requisito dell’only way sarà di difficile verificabilità in quanto non esistono misure scientificamente approvate per impedire con assoluta certezza questa epidemia. Per quanto riguarda il distress potrebbe esserci qualche difficoltà per soddisfare il requisito della special relationship. In entrambe le ultime due ipotesi, inoltre, il requisito del non contribution potrebbe essere un ostacolo data la sua vaghezza.

Questi articoli sono stati redatti dall’ILC in termini rigorosi al fine di tracciare un equilibrio tra l’importanza di garantire, da un lato, l’adempimento degli obblighi da parte dello Stato e, dall’altro, la flessibilità nell’affrontare situazioni impreviste. Una redazione normativa che si basa su una pratica ormai logora e attempata da secoli. Gli eventi di cui si tratta non sono considerati dalla comunità scientifica come disastri naturali ma emergenze che risultano da una combinazione di cause tra cui: eventi naturali, tendenze politiche di lungo termine, scelte umane e sociali.

Gli Stati dovrebbero detenere un grado di flessibilità sufficiente a contrastare questi disastri che mettono a rischio la vita degli individui in un contesto globale [49](cosa che il requisito della non contribution non permette vincolando la loro azione).

L’art. 27 ARS, infine, richiede che gli Stati debbano adempiere alle loro obbligazioni “if and to the extent that the circumstance precluding wrongfulness no longer exists” e stabilisce la compensazione per ogni danno materiale causato dalle misure adottate. La norma non specifica se la compensazione è pagabile durante lo stato di necessità ma una risposta affermativa si trova in BG v. Argentina[50], mentre di contrario avviso LG&E v. Argentinain in cui si è deciso che i danni subiti durante lo stato di necessità devono essere sostenuti dall’investitore”[51].

Conclusioni

A partire dal 2008 è andata affermandosi un’idea di capitalismo di Stato attraverso una partecipazione crescente dei governi negli investimenti privati. La cultura del salvataggio è stata ulteriormente accentuata dalla pandemia consolidando un necessario intervento pubblico nei vari settori economici, così da plasmare un nuovo ruolo nell’economia della sovranità statale decisionale. Tuttavia, per quanto riguarda la fase pre-establishment dell’investimento un bilanciamento tra i diversi interessi in gioco pare d’obbligo. Da una parte, gli ostacoli all’accesso degli investitori stranieri devono essere giustificati dalla presenza di effettivi interessi generali, dall’altra, si necessita di regole al fine di garantire un intervento esclusivamente imprenditoriale degli acquirenti stranieri e non un mero presidio degli Stati esteri.

Il contesto, le circostanze, la data e le informazioni disponibili, la condotta dell’investitore e la sua partecipazione durante l’adozione della misura, lo scopo specifico dell’obbligazione statale vis-à-vis con ogni investitore, la trasparenza adottata dallo Stato attraverso consultazioni e la presentazione di progetti di regolamentazione sottoposti ad un controllo pubblico sono elementi che devono essere presi in considerazione al fine di determinare il rispetto del diritto internazionale e la responsabilità del singolo Stato che ne deriverebbe.

I trattai sugli investimenti, in breve, non possono essere considerati alla stregua di polizze assicurative contro cattive decisioni di business in tempi incerti; le sistematiche ripercussioni della pandemia dovrebbero modellare le aspettative degli investitori sul grado di cambiamento normativo[52]. Infatti, come evidenziato nel caso Parkerings v. Lithuania[53], i tribunali arbitrali spesso accettano che un investitore non debba essere tutelato contro rischi che potrebbero essere ragionevolmente evitati o rivelati attraverso la dovuta diligenza.

Se un investitore ritiene di essere stato colpito in modo significativo e ingiusto da una o più misure statali dovrebbe tentare di avviare una serie di consultazioni in buona fede con lo Stato, tenendo presente che i trattati e/o i contratti di investimento possono disciplinare il processo di negoziazione, conciliazione e mediazione.

Le difese degli Stati dipenderanno dalle specifiche obbligazioni lese, le specifiche misure impugnate e il periodo epidemiologico. Ogni misura statale adottata andrà valutata caso per caso, non essendo il risultato così scontato.

Infine, la responsabilità statale per la violazione di un trattato internazionale concernente gli investimenti (IIA) è una questione che procede di conserva, ponendosi a monte, alle problematiche derivanti dall’impatto del Covid sui contratti commerciali transnazionali stipulati tra persone fisiche o giuridiche. Di quest’ultimo argomento e delle clausole di force majeure e hardship non mi è possibile parlare in questo articolo, oramai giunto al termine.

 

 

[1] Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/969

[2] Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/118

[3] Il timore, nel contesto causato dalla pandemia, di potenziali acquisizioni ostili ad opera di investitori stranieri ha indotto il Governo italiano ha intervenire nuovamente in materia di “golden power” per mezzo del Decreto liquidità: ampliando l’ambito di applicazione del regime in parola attraverso nuove disposizioni urgenti in materia di esercizio di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e irrigidendo le regole procedurali: a tale fine il decreto-legge n.23 ha modificato sia l’art. 4-bis del d.l. 105 del 2019 e l’art. 120 TUF, sia introdotto nuove disposizioni nel d.l. n.21 del 2012.

Si veda: M. R. Mauro, L’effetto del Covid-19 sull’accesso degli investimenti stranieri: le recenti modifiche introdotte nel regime di ‘golden power’, 2020.

[4] Le misure di quarantena potrebbero ritardare notevolmente i progetti di investimenti stranieri comportando un costo considerevole agli investitori scontrandosi con l’obbligazione di assicurare un trattamento giusto ed equo.

[5] Si vedano a tale riguardo i casi Tecmed v. Mexico (disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/1087) e Suez v. Argentina (disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/1057).

[6] L’umbrella clause comporta l’obbligo per ciascuno Stato contraente di rispettare gli impegni assunti direttamente con l’investitore dell’altra parte, attraverso la stipula di un contratto, ponendo tali obblighi sotto la protezione del trattato internazionale. Lo scopo di queste clausole è far rifluire nel trattato le obbligazioni contrattuali assunte, in modo che la violazione di esse porti ad una violazione diretta dell’IIA dando luogo all’apertura di un arbitrato internazionale.

[7] Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/1158.

[8] Si veda la sentenza Occidental v. Ecuador II (disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/767).

[9] Hydro Energy 1 v. Spain, disponibile qui: https://www.iareporter.com/articles/analysis-in-latest-award-against-spain-arbitrators-decide-that-investors-in-small-hydro-plants-were-not-entitled-to-fixed-incentives-but-were-entitled-to-a-reasonable-rate-of-return/

[10] Si veda a tale riguardo i casi AES v. Hungary (disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/193) e EDF v. Romania (disponbile qui: https://www.italaw.com/cases/375). Una misura statale è considerata arbitraria se: infligge danni all’investitore senza alcun apparente ragione legittima; non si basa su norme giuridiche ma sulla discrezionalità, il pregiudizio o la preferenza personale; è adottata per motivi diversi da quelli addotti dall’entità con potere decisionale; sia presa deliberatamente in violazione del giusto processo e della corretta procedura.

[11] Elettronica Sicula SPA, USA v. Italy, ICJ, 1989. Disponibile qui: https://www.icj-cij.org/en/case/76/judgments.

[12] Asian Agricultural Product Ltd. v. Sri Lanka, ICSID Case n. ARB/87/3, Award, 1990. Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/96.

[13] Si veda a tale riguardo il caso Biwater Gauff v. Tanzania. Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/157.

[14] Come sostenuto nel caso Azurix v. Argentina. Vedi supra nota 4.

[15] Si pensi alla Spagna, il cui governo ha emesso un regio decreto che ha l’effetto di consentire al governo di assumere il controllo degli ospedali privati e cliniche in un tentativo di nazionalizzare il sistema sanitario spagnolo.

[16] Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/documents/3010.

[17] Middle East Cement v. Egypt. Disponible qui: https://www.italaw.com/cases/699.

[18] Wean Hotels v. Egypt. Disponible qui: https://www.italaw.com/cases/1162.

[19] Il divieto di viaggio potrebbe affliggere le obbligazioni assunte in base ad accordi bilaterali civili riguardanti l’aviazione come le previsioni sulla non discriminazione contenute nella Chicago Convention on International Civil Aviation.

[20] Cargill v. Mexico. Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/223.

[21] Si veda l’art. 9.11 dell’Australia-China FTA: “Measures of a Party that are non-discriminatory and for the legitimate public welfare objectives of public health, safety, the environment, public morals or public order shall not be the subject of a claim under this Section”.

[22] Un sistema complesso o molto diversificato, richiamato anche dalle treaty based essential security exceptions. Il caso più importante a riguardo è l’art. XI del BIT Argentina-USA, invocato dall’Argentina nei procedimenti conseguenti alla crisi finanziaria. Si vedano i casi CMS v. Argentine Republic (CMS Gas Transmission Company v. The Republic of Argentina, ICISD Case No. ARB/01/8, Award, 2005) ed Enron v. Argentine Republic (Enron Corp. and Ponderosa Assets, L.P. v. Argentine Republic, ICSID Case No. ARB/01/3, Award, 2007). Inoltre, le clausole self-judging sono indirizzate a garantire allo Stato il diritto di adottare ogni misura che ritiene necessaria per la protezione dei suoi interessi essenziali di sicurezza (esempi sono l’art. 3 dell’OECD Codes of Liberalization of Capital Movements and of Current Invisible Operations; l’art. 2102 del NAFTA, l’art. 24 dell’Energy Charter Treaty e l’art. XVI del GATS).

[23] Le restrizioni alle esportazioni non limitate temporalmente, vietate dall’art. XI, però, potranno essere giustificate ai sensi della norma meno restrittiva dell’art. XX per quanto riguarda il requisito temporale. Nonostante l’art. XX indichi delle regole più generali esso comporta anche obbligazioni più onerose: lo schapeau dell’art. XX impone alla misura adottata di non costituire una arbitraria o ingiustificabile discriminazione tra paesi in cui prevalgono le stesse condizioni o di non costituire una restrizione dissimulata al commercio internazionale; il test di proporzionalità impone allo Stato membro di scegliere la misura meno restrittiva quando disponibile; infine il testo dell’articolo ha lasciato spazio ad un’ampia discrezionalità giudiziaria, comportando un minor livello di certezza e predittività. L’art. XXI non potrà essere applicato alla pandemia in quanto le misure adottate per contrastare il Covid non sono strettamente relazionate ad una situazione di tensione nelle relazioni internazionali.

[24] Philip Morris Brands Sàrl, Philip Morris Products S.A. and Abal Hermanos S.A. v. Oriental Republic of Uruguay, ICSID Case No. ARB/10/7, Award (July 8, 2016). Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/460.

[25] AWG v. Argentina. Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/106.

[26] Investment Treaty Claims In Pandemic Times: Potential Claims and Defences, 2020.

[27] Tracce dell’applicazione dell’istituto possono essere rinvenute già nella giurisprudenza del Tribunale per i reclami Iran – Stati Uniti; successivamente negli anni 2000 nel lodo reso nel caso Marvin Feldman v. Messico; da ultimo nei recenti BITs tra Nigeria-Marocco o nel Model BIT adottato nel 2015 dall’India.

[28] Vedi supra, nota 26

[29] Germany – Venezuela Mixed Claims Commission, Bischoff Case, 1903. Disponibile qui: https://legal.un.org/riaa/cases/vol_X/420-421.pdf

[30] M. Ostrove,  M. Lozza, State defences to investment claims arising from COVID-19, 2020.

[31] Disponibile qui: https://jusmundi.com/en/document/decision/en-emanuel-too-v-greater-modesto-insurance-associates-and-the-united-states-of-america-award-award-no-460-880-2-friday-29th-december-1989.

[32] Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/435.

[33] Lauder v. Czech Republic. Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/documents/611.

[34] Oltre a sottolineare che se le misure per regolare questioni di interesse pubblico sono consapevolmente inefficaci, perseguono un motivo ulteriore o non risultano da un buon giudizio possono essere considerate come prese in malafede. Disponibile qui: https://www.italaw.com/cases/961.

[35] G. Lampo, L’impatto del Covid-19 sui diritti degli investitori stranieri: Le misure di contenimento dell’epidemia come espressione del “Power To Regulate” dello Stato ospite, 2020.

[36] La normativa del World Health Organization, agenzia delle Nazioni Unite, comprende l’International Health Regulations (2005) in cui una delle obbligazioni principali per gli Stati è notificare all’Organizzazione, e quindi agli altri Stati, entro 24 ore, tutti gli eventi che possono costituire un’emergenza pubblica sanitaria di interesse internazionale all’interno del loro territorio. Tuttavia, il meccanismo di risoluzione delle dispute, ai sensi dell’art. 56, nell’implementazione del Regolamento è piuttosto debole. Se gli Stati interessati non riescono a risolvere la controversia attraverso la negoziazione, mediazione, conciliazione, possono di comune accordo deferire la controversia al Direttore Generale del WHO oppure affidarsi ad un arbitrato: risoluzioni considerate generalmente dagli Stati poco affidabili. Oltre a essere il meccanismo d’esecuzione carente, vi sono considerevoli problemi nel dimostrare i fatti e nel determinare il nesso di causalità. Inoltre, nonostante venga stabilita una responsabilità sarà improbabile che il WHO possa sospendere lo Stato membro. Per un’analisi più approfondita si rimanda a: G. Baj, La Cina allo scoppio della pandemia. Riflessioni sul rispetto degli obblighi internazionali di notifica e di due diligence in materia sanitaria, 2020.

[37] Disponibile qui: https://www.italaw.com/sites/default/files/case-documents/italaw4228.pdf

[38] O. Hailes, Epidemic Sovereignty? Contesting investment treaty claims arising from coronavirus measures, 2020.

[39] Disponibile qui: https://legal.un.org/ilc/texts/instruments/english/draft_articles/9_6_2001.pdf

[40] Art. 23 ARS: 1. The wrongfulness of an act of a State not in conformity with an international obligation of that State is precluded if the act is due to force majeure, that is the occurrence of an irresistible force or of an unforeseen event, beyond the control of the State, making it materially impossible in the circumstances to perform the obligation.

  1. Paragraph 1 does not apply if: (a) the situation of force majeure is due, either alone or in combination with other factors, to the conduct of the State invoking it; or (b) the State has assumed the risk of that situation occurring.

[41] F. Paddeu, F. Jephcott, COVID-19 and Defences in the Law of State Responsibility: Part I, 2020.

[42] Art. 25 ARS: 1. Necessity may not be invoked by a State as a ground for precluding the wrongfulness of an act not in conformity with an international obligation of that State unless the act: (a) is the only way for the State to safeguard an essential interest against a grave and imminent peril; and (b) does not seriously impair an essential interest of the State or States towards which the obligation exists, or of the international community as a whole. 2. In any case, necessity may not be invoked by a State as a ground for precluding wrongfulness if: (a) the international obligation in question excludes the possibility of invoking necessity; or (b) the State has contributed to the situation of necessity.

[43] Il benessere della popolazione e la continuità del servizio sanitario sono stati considerati interessi essenziali nel caso National Grid v. Argentina.

[44] Enron Corporation and Ponderosa Assets, L.P v. Argentine Republic (ICSID Case No. ARB/01/3), Award, 22 May 2007, para. 308. Vedere anche il caso CMS Gas Transmission Company v. The Argentine Republic (ICSID Case No. ARB/01/8), Award, 12 May 2005, para. 323. Disponibile qua: https://www.italaw.com/cases/401.

[45] Per quanto riguarda allo stato di necessità la contribuzione dello Stato a provocarla è stata rilevante in Argentina. Ad esempio, un tribunale ha respinto il tentativo dell’Argentina di invocare la necessità, ritenendo che ha contribuito alla situazione di necessità con “well-intended but ill-conceived policies”. Si veda il caso Impregilo v. Argentina.

[46] Un altro tribunale ha ritenuto che l’eccezione di necessità richiedesse un certo grado di colpa e ha accettato l’affidamento dell’Argentina sul motivo. Si veda il caso Urbaser v. Argentina.

[47] LG&E Energy Corp., LG&E Capital Corp., and LG&E International, Inc.v. Argentine Republic (ICSID Case No. ARB/02/1), Award, 25 July 2007, para. 229. Disponibile qua: https://www.italaw.com/cases/621.

[48] Art. 24 ARS: 1. The wrongfulness of an act of a State not in conformity with an international obligation of that State is precluded if the author of the act in question has no other reasonable way, in a situation of distress, of saving the author’s life or the lives of other persons entrusted to the author’s care. 2. Paragraph 1 does not apply if: (a) the situation of distress is due, either alone or in combination with other factors, to the conduct of the State invoking it; or (b) the act in question is likely to create a comparable or greater peril.

[49] F. Paddeu, F. Jephcott, COVID-19 and Defences in the Law of State Responsibility: Part II, 2020.

[50] BG Group Plc v. The Republic of Argentina, Final Award, 24 December 2007, para. 409. Disponibile qua: https://www.italaw.com/cases/143.

[51] Vedere supra, nota 47.

[52] A tale riguardo si vedano le sentenze Teinver v. Argentina, riguardante l’acquisto da parte di società spagnole della maggioranza delle azioni di due compagnie aeree argentine in situazioni già precarie, e Antares v. Czech Republic, scaturente dalla modifica di un regime agevolativo nel settore energetico e la valutazione opportunistica da parte di un investitore che non poteva non essere consapevole, o avrebbe dovuto esserlo, di certe condizioni essenziali nel settore in parola.

[53] Disponibile qua: https://www.italaw.com/cases/812.

Stefano Mogavero

e-mail: mogaste@gmail.com

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