venerdì, Marzo 29, 2024
Fashion Law Influencer Marketing

Il brevetto vincente dei jeans Max Mara

1. Il brevetto nell’industria tessile

In materia di tessuti tecnici, l’innovazione viene forzata sia dalla forte competizione sia dalle esigenze dei clienti, lo sviluppo di una nuova macchina o aereo scatena spesso un passo inventivo da parte dei fornitori dei tessuti tecnici che saranno inseriti all’interno”.

Queste, le parole di Lutz Walter, membro dell’Organizzazione Europea dell’abbigliamento e del tessile Euratex.

L’industria tessile, che vanta un giro di affari di miliardi di euro ogni anno, comprende ex se il disegno, la produzione, la distribuzione, la vendita e il marketing di vestiti e accessori. L’innovazione tecnica – protetta da brevetti – è un modo idoneo a rafforzare un produttore tessile rispetto alla concorrenza. Infatti, vantando un portafoglio di brevetti, un’azienda acquista superiorità tecnica, ad esempio, nell’inventare nuovi tessuti più morbidi, più impermeabili o che danno maggiore elasticità. Tale portafoglio di brevetti attirerà indubbiamente partners commerciali o investitori.

Molteplici sono gli esempi in materia.

La società italiana Grindi s.r.l. ha inventato il ‘Suberis’, un tessuto innovativo fatto di sughero, noto per essere morbido come il velluto, leggero come la seta, lavabile, impermeabile e resistente al fuoco. Dopo aver testato e codificato il trattamento, nel 1998, la Grindi s.r.l. depositava una domanda internazionale (PCT) di brevetto, per proteggere il proprio prodotto unico in numerosi paesi. Il suddetto tessuto viene adoperato nella fabbricazione di abbigliamento, , scarpe ma anche per l’arredamento[1].

Ancora, si pensi alla società Geox S.p.A, la quale ha ideato un sistema di brevettazione semplice ma rivoluzionario. Grazie all’attività di ricerca e di sperimentazione, la società è riuscita ad ideare una membrana traspirante composta da micro pori che assorbono il sudore attraverso la suola e lo evacuano attraverso la suola esterna in forma di vapore acqueo. I suddetti micro pori, tenendo lontano l’acqua e consentendo al piede di rimanere asciutto, riescono a mantenere un microclima ideale nella scarpa. Questi virtuosi esempi non abbattono del tutto il pregiudizio che ruota intorno alla brevettazione nel settore tessile. Proprio per questo, potrebbe sembrare fuori luogo, da parte degli operatori economici del settore, voler proteggere le proprie creazioni anche attraverso titoli giuridici diversi dal marchio, quale il brevetto.

Quando si pensa alla parola “brevetto”, infatti, la si riconnette istintivamente all’immagine di un prodotto tecnologico, di un ingranaggio meccanico o, tuttalpiù, all’immagine di un prodotto farmaceutico e/o biotecnologico. Raramente si pensa, invece, ad un capo di abbigliamento. Una sentenza del Tribunale di Milano, invece, offre lo spunto per evidenziare che un brevetto può tutelare anche articoli di abbigliamento e, in particolare, la tasca di un paio di jeans.

2. Il brevetto ‘Perfect Fit’: il caso MaxMara

La società italiana MaxMara s.r.l. è riuscita ad ottenere il brevetto[2] avente ad oggetto la tasca posteriore di un modello di jeans, cosiddetta “tasca tridimensionale”, in grado di valorizzare e modellare i glutei della persona che li indossa, aumentandone il comfort e migliorandone l’estetica.

La tasca in questione consta di due elementi che, cuciti insieme, contribuiscono a conferire alla stessa una “conformazione tridimensionale curva”, grazie alla riduzione dell’effetto “schiacciamento” che in genere si verifica quando una tasca non riuscendo a adattarsi perfettamente alla superficie curva del gluteo, crea un effetto estetico che può essere poco piacevole.

In buona sostanza, ponendo le due porzioni di tessuto su di un piano orizzontale, previo contatto dei bordi in almeno un punto, le parti opposte delle suddette porzioni di tessuto vanno a separarsi. Mentre, ponendo i due tagli di tessuto su un piano curvo, essi “si toccano” interamente, conferendo così alla tasca una dimensione tridimensionale e riducendo lo “schiacciamento” esteticamente sgradevole nella zona dei glutei. Sulla base di tale brevetto, la società emiliana ha realizzato il prodotto “Perfect Fit”, come già anticipato, pantalone “innovativo” in grado di valorizzare e modellare, le forme dell’indossatrice.

Nel settembre del 2011, la società ideatrice del suddetto modello, avrebbe visionato sul web, sul sito del Gruppo Germani – società titolare del marchio “Kocca” – la pubblicizzazione di una foto che anticipava il lancio di un nuovo modello di pantalone c.d. “Backup”, non ancora in vendita. Dalla foto, la struttura della parte posteriore dei pantaloni appariva conforme alle caratteristiche rivendicate nel brevetto e, sottoponendo ai consulenti della società emiliana un campione reperito, sarebbe emersa un’ipotesi di contraffazione del brevetto di cui sopra.

A tal riguardo, la MaxMara s.r.l. ha, senza alcuna esitazione, adito il Tribunale di Milano[3] citando in giudizio il Gruppo Germani – oggi Kocca s.r.l. – e la sua controllante Il Passatempo s.r.l. (ora Carnevali S.p.A.) chiedendo all’Autorità giudicante di accertare e dichiarare che “le attività di vendita, di pubblicizzazione, offerta in vendita, detenzione per la vendita e, produzione” poste in essere dal Gruppo Germani e da Il Passatempo S.p.A. integrano contraffazione del brevetto RE2010A000062 o, comunque, un illecito di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n.3 c.c.; di inibire la prosecuzione delle attività illecite, disponendo una penale di euro 1000 per ogni singola violazione accertata; o di ordinare il ritiro dal mercato del pantalone contestato disponendo una penale di euro 5000 per ogni giorni di ritardo nell’esecuzione di tale obbligo; o di condannare le convenute al risarcimento del danno patrimoniale, del danno morale e di immagine; o di condannare le convenute alla “restituzione degli utili conseguiti” nella misura in cui tali somme siano superiori all’importo effettivamente liquidato a titolo di risarcimento del danno patrimoniale; o di disporre la pubblicazione, a cura dell’attrice e a spese delle convenute, del dispositivo a caratteri doppi del normale sui quotidiani “Il corriere della sera”, “La Repubblica” e su due riviste di settore.

Le convenute si sono costituite adducendo di aver concepito, progettato, realizzato e commercializzato il prodotto oggetto di contestazione in data anteriore rispetto al deposito della domanda di brevetto. In aggiunta, rivendicavano la nullità del brevetto in questione, in quanto privo dei requisiti di novità e di invenzione, per il semplice motivo che esso non offrirebbe una reale soluzione ad un problema tecnico. A dire delle convenute il problema sorge a monte, ovvero: né la sensazione di “schiacciamento” né la “sgradevolezza estetica”, prodotta dalle tasche posteriori del pantalone, costituirebbero un problema tecnico-obiettivo. Pertanto, non si configurerebbe alcuna ipotesi di contraffazione.

Preliminare è la questione della validità del brevetto.

Come sovente accade nelle dispute brevettuali, come del resto è accaduto nel caso di specie, la prima difesa avanzata da una società convenuta è volta a far dichiarare il brevetto nullo in quanto carente del requisito di c.d. “attività inventiva”.

Le censure del Gruppo Germani e della sua controllante risultano infondate alla luce della verifica tecnica affidata alla CTU che, svolgendo un’analisi minuziosa, è giunta a conclusioni condivisibili da parte del Tribunale meneghino, il quale riconosce a tale capo di abbigliamento la capacità di risolvere un vero e proprio problema tecnico, “cioè quello derivante dal fatto che “la tasca posteriore del pantalone aderente – quale un jeans (anche elasticizzato) – non riesce ad adattarsi perfettamente alla superficie curva del gluteo, e tende ad appiattire il gluteo con un effetto antiestetico che può essere poco piacevole[4]. Dunque, il Tribunale ha, concluso che “la riduzione dello schiacciamento predetto, l’aumento del confort e la gradevolezza dell’effetto estetico costituiscono un problema tecnico molto chiaro: realizzare una tasca tridimensionale che si adatti bene al corpo, che sia comoda da portare e che sia esteticamente gradevole”.

Il Tribunale è poi passato ad analizzare se il modello “Backup” del Gruppo Germani costituisse o meno contraffazione. A fronte della contestazione di MaxMara, la convenuta Gruppo Germani si è difesa sostenendo che il pantalone contestato verrebbe confezionato secondo un cartamodello del settembre 2009 cui non sarebbero mai state apportate modifiche, adducendo ad una anteriorità invalidante e che, secondo il procedimento di confezionamento la tasca del suo pantalone sarebbe stata ‘piatta’ (bidimensionale) e non tridimensionale come quella MaxMara e che, quindi, non vi sarebbe alcuna contraffazione. L’istruttoria ha permesso anzitutto di accertare che il cartamodello invocato dalla convenuta nulla ha a che vedere con il brevetto MaxMara, sicché deve concludersi che sul punto il Gruppo Germani non ha assolto all’onere della prova che le competeva, cioè non ha dimostrato l’assunto preuso delle rivendicazioni brevettuali; come la connessa questione della datazione della produzione del modello di pantalone “Backup” che dallo stesso sarebbe derivato (nonché delle foto pubblicitarie, del campionario, degli ordini di produzione e fornitura) sono questioni del tutto irrilevanti.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 472/2016 del 14/01/2016, accoglie la domanda dell’attrice:

a) “accerta e dichiara che “le attività di vendita, pubblicizzazione, offerta in vendita, detenzione per la vendita e, produzione” del pantalone tipo jeans “Back Up” poste in essere da Gruppo Germani (ora Kocca s.r.l.) e da Il Passatempo (ora Carnevali s.p.a.); b) inibisce a Gruppo Germani (ora Kocca s.r.l.) e da Il Passatempo (ora Carnevali s.p.a.) la prosecuzione delle attività illecite, disponendo una penale di euro 50,00 per ogni singola violazione accertata; c) ordina il ritiro dal mercato del pantalone contestato disponendo una penale di euro 1.000,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di tale obbligo; d) condanna le convenute alla “restituzione degli utili conseguiti” e precisamente: Gruppo Germani (ora Kocca s.r.l.) nella misura di euro 1.783.432,00 oltre interessi come indicato in motivazione; e Il Passatempo (ora Carnevali s.p.a.) nella misura di euro 18.889,54, oltre interessi come indicato in motivazione; e) dispone la pubblicazione, a cura dell’attrice e a spese delle convenute, del dispositivo a caratteri doppi del normale sul quotidiano “Il corriere della sera”. Qualora la soluzione di un problema di natura specificamente tecnica – come in questo caso – porti ad un risultato di gradevolezza estetica, il brevetto è un tipo di protezione che, secondo il Tribunale di Milano, può essere contemplata dall’inventore.

Tuttavia, controversia lascia con sé la scia di alcuni dubbi: la ‘sensazione di schiacciamento’ e la ‘sgradevolezza estetica’ possono essere davvero considerati dei “problemi tecnici”? Non potrebbe piuttosto trattarsi, come suggerito dalle convenute, di aspetti implicanti valutazioni meramente soggettive, riconducibili più ad un atto di ideazione estetica che non a valutazioni di tipo ‘tecnico’? Per chi ha familiarità con il mondo brevettuale può apparire insolito che un problema per lo più percepito come di natura estetica possa concretamente assurgere a “problema tecnico” e quindi proteggibile attraverso il deposito di un brevetto. Tuttavia, sebbene non siano la forma di protezione più frequente, anche i brevetti sono utilizzati nel settore della moda, come dimostrato da questo caso. Non solo marchi, design e diritto d’autore possono essere idonei a proteggere l’innovazione e la creatività riflesse in un capo di abbigliamento. Dunque, chi opera nel settore dell’abbigliamento non deve quindi escludere in automatico la possibilità di proteggere soluzioni tecnico/estetiche tramite il deposito di un brevetto. Nel caso di Max Mara, questa decisione è risultata vincente se si considera che il Tribunale di Milano ha ritenuto il brevetto “Perfect Fit” valido e contraffatto dal modello “Backup”, del Gruppo Germani e la sua controllante Il Passatempo S.p.A.

Decisamente un risultato magnifico che fa riflettere sull’importanza di tutelare in modo adeguato gli sforzi creativi nel settore della moda.

 

[1]Per consultare la storia della Grindi s.r.l., v. wipo.int/sme/en/case_studies/suberis.htm.

[2] Il procedimento di realizzazione del capo, comprendente il metodo di confezionamento della tasca posteriore, è stato oggetto di domanda di brevettazione depositata il 30 luglio 2010 presso l’UIBM e pubblicata il 31 gennaio 2012, concernente una “tasca per indumento”, un “metodo di confezionamento della tasca” e il “relativo indumento”.

[3] È possibile consultare la sentenza del Tribunale di Milano qui: https://aippi.it/wp-content/uploads/2017/03/Maxmara-Gruppo-Germani.pdf.

[4] Trib. Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, sentenza n. 472/2016 del 14/01/2016.

Si legga anche:

Cosa, Come proteggere le proprie invenzioni: brevetto o segreto industriale?, Ius in itinere, disponibile al link https://www.iusinitinere.it/come-proteggere-le-proprie-invenzioni-brevetto-o-segreto-industriale-10432

 

Lascia un commento