Il carattere di effettività della capacità contributiva e le problematiche connesse
A cura di Elisa Tedeschi
Il principio di capacità contributiva trova esplicitazione nell’art. 53 Cost. il quale recita che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Essa identifica, pertanto, una forza economica del soggetto ed assume rilevanza sotto quattro fondamentali profili giuridici. In primo luogo, la capacità contributiva costituisce l’imprescindibile collegamento tra il prelievo tributario e il finanziamento delle spese pubbliche conseguendone la doverosità del concorso del singolo ad esse.
In secondo luogo, il principio in esame viene assunto come causa giustificatrice, e quindi sufficiente, del prelievo tributario e come regola determinatrice dell’ an e del quantum di esso.
In terzo luogo, il concetto espresso dall’art. 53 Cost esprime un aspetto solidaristico che presenta le radici nell’art. 2 Cost, ossia nell’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale, dal momento che maggiore sarà la forza economica del soggetto, maggiore sarà il sacrificio economico a cui verrà sottoposto.
Infine, il quarto aspetto degno di nota è l’assoluzione, da parte del principio della capacità contributiva, ad una funzione di tutela nei confronti del singolo consociato nel suo rapporto con lo Stato.
Uno dei tratti peculiari del principio in esame è quello dell’effettività, il quale presenta, tuttavia, alcuni aspetti critici[1].
- Il carattere dell’effettività
Il requisito dell’effettività della capacità contributiva, indica la necessità che essa si configuri come reale, concreta, pertanto verificabile nella sua dimensione effettuale e pragmatica. Ciò significa che il tributo deve incidere su una ricchezza che non deve essere in alcun modo né immaginata o presunta.
Si presentano, tuttavia, alcune criticità, principalmente dispiegate sui seguenti assi: tassazione basata su metodi di determinazione e misurazione della capacità contributiva non in grado di rappresentare la reale forza economica del soggetto e, unitamente a questo aspetto, l’ammissibilità delle presunzioni[2].
- Primo profilo problematico: effettività e redditi fondiari
Per quanto attiene al primo profilo, esemplificativo è il caso dei redditi fondiari, determinati su base catastale. La rendita catastale identifica la redditività media ritraibile in condizioni normali da tutti gli immobili che possiedono le stesse determinate caratteristiche oggettive, prescindendo, pertanto, dalle posizioni economiche e reddituali dei soggetti sottoposti a tassazione.
A questo proposito, risulta opportuno citare la sentenza 16/1965 della Corte Costituzionale, in merito alla censura che il metodo di calcolo della rendita catastale “violerebbe quel principio costituzionale che esige una tassazione proporzionata alla capacità contributiva del cittadino:infatti la rendita catastale che é la base per la determinazione del reddito imponibile, non corrisponde necessariamente alla pigione realmente percepita dal singolo possessore dell’immobile; pigione sulla quale invece, secondo l’ordinanza di rinvio, sarebbe giusto che gravasse l’imposta immobiliare”.
La Corte, nella sua analisi, ritiene la censura infondata, argomentando che, quando l’oggetto dell’imposta è costituito da una cosa produttiva, “la base della tassazione è data dall’attitudine del bene a produrre un reddito economico e non dal reddito che ne ricava il possessore, dalla produttività e non dal prodotto reale” e, inoltre, secondo la Corte, questo sistema è legittimo perché l’imposta rappresenta in tale ottica un incentivo per il soggetto ad una proficua e corretta utilizzazione del bene e “favorisce tra l’altro un migliore adempimento dei doveri di solidarietà economica e un più ampio contributo al progresso materiale del Paese”[3].
- Secondo profilo problematico: effettività ed ammissibilità delle presunzioni
Per quanto riguarda la seconda criticità, essa è connessaal tema dell’ammissibilità delle presunzioni.
Secondo l’art. 2727 del codice civile, per presunzione si intende “la conseguenza che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato”. Ne consegue, pertanto, che sarà possibile dimostrare la sussistenza di un fatto ignoto in modo indiretto, ossia, attraverso la prova di un fatto diverso.
Nel diritto tributario, esse risultano in linea con il principio di capacità contributiva solo se determinate condizioni sono soddisfatte.
Come primo requisito, esse devono possedere il carattere della ragionevolezza e della coerenza con la ratio e la struttura del tributo.
Esplicativa a questo proposito, è l’affermazione della Corte Costituzionale nella sentenza 103/1991, la quale sostiene che “giova ricordare all’uopo che le presunzioni tributarie, e di ciò in effetti si tratta, intanto possono legittimamente operare quali rivelatrici di ricchezza in quanto restino collegate in qualche modo a elementi concreti di redditività ancorché di non semplice accertamento” [4].
Argomenta, inoltre, la Corte Costituzionale nella sentenza 200/1976 “.. la giurisprudenza della Corte concernente le presunzioni legali in materia fiscale ha costantemente riconosciuto la necessità che le presunzioni, per poter essere considerate in armonia con il principio della capacità contributiva sancita dall’art. 53 Cost. debbono essere confortate da elementi concretamente positivi che le giustifichino razionalmente” [5].
La seconda condizione riguarda la possibilità, che deve essere normativamente consentita al contribuente, di fornire prova contraria, risultando escluse, pertanto, le presunzioni legali assolute.
Si legge, in tal senso, nella sentenza 41/1999 della Corte Costituzionale “..il rigore di una norma che – venuti meno i presupposti che la giustificavano – reputa irrefutabili ed insuscettibili di prova contraria le presunzioni configurate, mostra per ciò solo il proprio limite: la non ragionevolezza “ [6].
Risulta necessario, infine, che il contribuente sia messo nelle condizioni di opporsi alla presunzione, potendo esercitare in concreto il diritto di difesa, ed è necessario che esso non sia limitato da oneri di procedura troppo gravosi e che tale diritto non sia sostanzialmente negato da prove contrarie che risultano per il contribuente praticamente impossibili da fornire, come, ad esempio, nel caso della probatio diabolica.
[1] e [2] e [7] A. Carinci, T. Tassani, Manuale di diritto tributario, edizione 2018
[3] Corte Cost., sent. 16/1965, disponibile qui: http://www.giurcost.org/decisioni/1965/0016s-65.html
[4] Corte Cost., sent. 103/1991, disponibile qui: http://www.giurcost.org/decisioni/1991/0103s-91.html
[5] Corte Cost., sent. 200/1976, disponibile qui: http://www.giurcost.org/decisioni/1976/0200s-76.html
[6] Corte Cost., sent 41/1999, disponibile qui: http://www.giurcost.org/decisioni/1999/0041s-99.html