giovedì, Marzo 28, 2024
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Il caso Betty Boop: non esclusività dei diritti di utilizzo e di sfruttamento economico

Betty Boop è un celebre personaggio del mondo dell’animazione degli anni Trenta, ideato all’inizio del decennio dall’animatore Grim Natwick e prodotto dai Fleischer Studios [1]. Nonostante la “breve vita” del personaggio (che già all’inizio degli anni Quaranta è quasi totalmente scomparso dal mondo dell’animazione), Betty è ancora ancora oggi conosciutissima. Chi, infatti, non riconoscerebbe questa icona dell’età del jazz, sempre “armata” del suo vestitino corto e con giarrettiera ben in vista?

Bene, la simpatica signorina degli anni ruggenti è stata recentemente protagonista di una vicenda giudiziaria nostrana la quale verteva sul quesito se la registrazione di un personaggio di fantasia come marchio, ad opera di soggetti diversi dagli autori dello stesso, garantisse l’esclusiva sui diritti di utilizzo e sfruttamento economico nel futuro. Prima di dare una risposta a tale quesito, è bene analizzare lo svolgersi della vicenda.

Avela Inc., una società statunitense che si occupa, in special modo, della distribuzione e della produzione di opere come poster cinematografici relativi a film e/o cartoni animati, è stata citata in giudizio innanzi al Tribunale di Bari dal grande colosso editoriale americano Hearst Holding Inc.. Quest’ultima, infatti, ha avanzato nei suoi confronti l’accusa di aver posto in essere un’attività di contraffazione dei marchi aventi ad oggetto il noto personaggio di fantasia Betty Boop, del cui relativo marchio essa era detentrice, avendolo registrato con le dovute modalità più volte, tanto a livello nazionale quanto comunitario.

Nello specifico, Avela Inc., nello svolgere la propria succitata attività, aveva rielaborato alcuni poster del personaggio Betty Boop, e concesso in licenza alcune immagini perché fossero utilizzate come decorazioni su alcuni capi d’abbigliamento. Citata in giudizio, i legali di Avela Inc sostenevano la tesi secondo la quale una volta che il personaggio di fantasia (Betty Bopp in questo caso) è caduto in pubblico dominio, un marchio avente ad oggetto lo stesso non ha il potere di impedirne l’utilizzo in altre rappresentazioni grafiche.

Da tale prima esposizione sorge spontanea la domanda: Quali sono le differenze tra marchio e diritto d’autore?

In risposta al quesito suesposto, necessita, anzitutto, dare una definizione esatta di ambedue gli elementi in oggetto.

Anzitutto, diritto d’autore è il diritto, disciplinato, in Italia, dalla c.d. Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941[2], che consente all’autore di poter disporre in modo esclusivo delle sue opere, di rivendicarne la paternità, di decidere se e quando pubblicarle, di opporsi ad ogni loro modificazione, di autorizzarne ogni tipo di utilizzazione nonché di ricevere i relativi compensi, retribuzione dovuta, per l’appunto, al creatore dell’opera.

Con il termine “marchio”, invece, s’intende un qualunque segno (che può essere costituito da parole, lettere, cifre, forme o confezione di prodotto, combinazioni di colore, financo suoni) che possieda, rispetto agli altri marchi concorrenti per prodotti o servizi, i caratteri dell’unicità e della distinguibilità.

In particolare, l’articolo 7 del Codice Italiano della Proprietà Industriale dispone [3] che: “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti:

  1. a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; e
  2. ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti ed al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare”.

Analogamente, per passare brevemente all’area “comunitaria”, l’articolo 4, a) del Regolamento n. 1001 del 2017 sul marchio dell’Unione Europea [4] dispone che: “Possono costituire marchi UE tutti i segni, come le parole, compresi i nomi di persone o i disegni, le lettere, le cifre,i colori, la forma dei prodotti o del loro imballaggio e i suoni, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.

Tra le differenze che intercorrono tra marchio e diritto d’autore non vi è solo la fonte legislativa degli stessi ma, tra le altre cose, il fatto che mentre il diritto d’autore conferisce all’autore i diritti esclusivi di sfruttamento dell’immagine creata e, pertanto, in tutte le sue possibili rappresentazioni grafiche. Il diritto di tutela del marchio, invece, si “limita”  a tutelare la specifica grafica registrata per la quale, quindi, in fase di registrazione andranno necessariamente specificati i segni grafici distintivi e “ulteriori” rispetto al personaggio.

Ulteriore differenza, di estrema rilevanza in riferimento alla vicenda in oggetto, è costituita dalla durata della tutela offerta, nello specifico relativamente all’aspetto patrimoniale. Ai sensi dell’art. 25 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 [5], i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del cinquantesimo anno solare dopo la sua morte. La registrazione di un marchio, invece, ha durata decennale a decorrere dalla data di deposito della relativa domanda ma la sua “vita” è, almeno teoricamente, di durata infinita, in quanto, per consentirne la “sopravvivenza”, è sufficiente presentare, alla scadenza, domanda di rinnovo della stessa, valevole anch’essa, se accolta, per un altro decennio.

Nel rilevare che la tutela offerta dal marchio è principalmente finalizzata all’immediata riconoscibilità, da parte del consumatore potenziale, dell’origine del prodotto, va altresì evidenziato che la stessa, se rinnovata nel tempo ed il marchio utilizzato effettivamente, è potenzialmente illimitata.

L’immagine di Betty Boop, in quanto personaggio, può essere oggetto della tutela offerta dal diritto d’autore la quale, però, è limitata nel tempo e soggetta a decadenza. Infatti, alla scadenza di tale limite, l’opera cade in pubblico dominio (ovvero il complesso e la globalità dei beni disponibili al libero impossessamento ed uso da parte di chiunque) diventando, per ciò stesso, suscettibile di libero sfruttamento anche da un punto di vista economico (quindi anche commerciale o promozionale).

Nel risolvere la controversia sottopostagli, il Tribunale di Bari, con sentenza n. 953 del 2016, si è trovata davanti al difficile compito di stabilire cosa accada nella circostanza in cui un’opera creativa i cui diritti d’autore siano decaduti per scadenza del limite temporale stabilito dalla legge, tanto comportando la “caduta” dell’opera in pubblico dominio e la sua suscettibilità ad un libero sfruttamento, venga registrata come marchio.

Ovviamente, la questione verte principalmente sull’uso dell’opera, in questo caso il personaggio Betty Boop, in pose sempre diverse su magliette, borse, cinture e, quindi, sul merchandising.

La risposta offerta dal Tribunale di Bari ha comportato l’affermazione, da parte dello stesso, di  un importante principio in materia sia di proprietà industriale che di diritto della proprietà intellettuale, ovvero quello secondo cui i diritti di marchio spettanti al titolare dello stesso non possono coprire il personaggio in quanto tale, ma solo una sua specifica rappresentazione grafica.

Il Collegio, in particolare, afferma che: “una volta riconosciuta la validità dei marchi dell’attrice, deve, tuttavia, escludersi che i diritti conferiti dai medesimi si estendano al personaggio in tutte le sue possibili rappresentazioni grafiche.

Va da sé che, ove si ritenesse che la registrazione come marchio di una specifica raffigurazione di un personaggio dei fumetti assicuri al suo titolare la tutela su qualsiasi ulteriore rappresentazione del medesimo, si finirebbe con l’assicurare al marchio una tutela per giunta più estesa di quella riconosciuta all’autore” [6].

In pratica, il Tribunale ha asserito che chi non è detentore di diritti d’autore su di un personaggio creativo non può provare a sostituirli o a renderli eterni “appoggiandosi” alla normativa predisposta in materia di marchi.

Il marchio, infatti, consente solo di proteggere da un rischio di confusione circa l’origine dei prodotti il potenziale consumatore finale e, soprattutto, “copre” esclusivamente la specifica immagine registrata.

Determinarsi diversamente, continua il Tribunale, comporterebbe sì l’assicurare al titolare del marchio una tutela più ampia rispetto a quella garantita dalla normativa sul diritto d’autore (Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941) ma, anche, lo svuotamento da ogni suo significato della normativa relativa a quest’ultimo. Da qui, infatti, l’importanza di porre una netta linea di distinzione tra le due discipline in oggetto.

Pertanto, la vicenda si è conclusa favorevolmente per Avela Inc., la quale ha potuto liberamente continuare con l’utilizzo della specifica rappresentazione grafica di Betty Boop già utilizzata senza problemi.

[1] Fleischer Studios, disponibile qui : https://it.wikipedia.org/wiki/Fleischer_Studios;

[2] Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm

[3] art. 7 del codice della proprietà industriale, disponibile qui: https://www.brocardi.it/codice-della-proprieta-industriale/capo-ii/sezione-i/art7.html;

[4] art. 4, a) del Regolamento n. 2017/1001 sul marchio dell’Unione Europea, disponibile qui: http://www.marchiedisegni.eu/wp-content/uploads/2017/07/nuovo-regolamento-marchio-ue.pdf;

[5] art. 25 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm

[6] Estratto della sentenza n. 953 del 2016 emessa dal Tribunale di Bari, disponibile qui: https://sistemaproprietaintellettuale.it/notizie/angolo-del-professionista/6206-il-tribunale-di-bari-afferma-che-il-marchio-non-puo-sostituire-ed-eternare-i-diritti-d-autore-sul-personaggio-di-fantasia.html;

 

Valentina Ertola

Dott.ssa Valentina Ertola, laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3 con tesi in diritto ecclesiastico ("L'Inquisizione spagnola e le nuove persecuzione agli albori della modernità"). Ha frequentato il Corso di specializzazione in diritto e gestione della proprietà intellettuale presso l'università LUISS Guido Carli e conseguito il diploma della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l'Università degli Studi di Roma3. Nel 2021 ha superato l'esame di abilitazione alla professione forense. Collaboratrice per l'area "IP & IT".

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