venerdì, Marzo 29, 2024
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Il caso dei contratti “My Way” e “4 You”

Un settore in cui di recente la giurisprudenza ha avuto occasione di misurarsi con il concetto di meritevolezza, nell’ambito dei c.d. contratti atipici, riguarda i contratti finanziari, inerenti alle operazioni di investimento in taluni strumenti finanziari, denominati “My Way” e “4 You”. Il principio recentemente affermato dalla giurisprudenza[1] è quello secondo cui “in tema di autonomia contrattuale, l’interesse perseguito mediante un contratto atipico, fondato sullo sfruttamento delle preoccupazioni previdenziali dell’utenza da parte di operatori professionali ed avente ad oggetto il compimento di operazioni negoziali complesse, relative alla gestione di fondi comuni, che comprendano anche titoli di dubbia redditività, il cui rischio sia unilateralmente trasmesso sul cliente, al quale, invece, il prodotto venga presentato come rispondente alle esigenze di previdenza complementare, a basso rischio e con libera possibilità di disinvestimento senza oneri, non meritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c., in quanto si pone in contrasto con i principi di cui agli artt. 38 e 47 Cost., sulla tutela del risparmio e l’incentivo delle forme di previdenza, anche privata, sicché è inefficace laddove si traduca nella concessione all’investitore di un mutuo, di durata ragguardevole, finalizzato all’acquisto di prodotti finanziari della finanziatrice e nel contestuale mandato conferito a quest’ultima per l’acquisto dei prodotti, anche in situazione di potenziale conflitto di interessi[2]”. A ben vedere, alla base del ragionamento condotto dalla giurisprudenza di legittimità si collocano, da un lato, la natura atipica dei citati contratti di investimento, sottoposti pertanto al controllo sulla meritevolezza della causa in concreto risultante dalle pattuizioni negoziali, e, dall’altro, il carattere aperto ed atecnico della nozione di prodotti finanziari (art. 1, co. 1, lett. u., T.U.F.), i quali, ancorché inerenti a gamme di strumenti finanziari non previsti dal’ordinamento, costituiscono pur sempre una forma di investimento, e sono quindi soggetti alla disciplina del d.lgs. 58/1998 per ciò che concerne lo svolgimento dei servizi di intermediazione finanziaria[3]. Tanto premesso, occorre precisare che i contratti de quibus, sebbene siano tra loro differenti in base alla denominazione dello strumento finanziario impiegato, risultano accumunati dall’essere ciascuno di essi il risultato della combinazione di tre negozi: il mandato ad acquistare un prodotto finanziario ( c.d. contratto-quadro), nella specie titoli obbligazionari o quote di fondi comuni di investimento; l’accensione di un mutuo, finalizzato all’acquisto dei prodotti di cui sopra, erogato dalla stessa impresa titolare degli strumenti finanziari acquistati, i cui proventi sono destinati al risparmiatore a titolo di remunerazione dell’investimento, ed all’intermediario-mutuante a titolo di rimborso del prestito erogato, comprensivo del capitale e degli interessi; la costituzione di un pegno sui prodotti finanziari comperati a garanzia della restituzione del credito mutuato. Si badi, a riguardo, che la giurisprudenza, senza accedere alla nozione di collegamento negoziale in senso tecnico, ha ritenuto di qualificare i contratti in esame come frutto di un’operazione economica unitaria, perché unica sarebbe la causa in concreto emergente dalla complessiva organizzazione negoziale – così recependo la tesi dottrinale[4] che profetizza l’esistenza di un rapporto di identità strutturale tra il contratto e l’operazione economica realizzata – coincidente con l’interesse dell’investitore ad ottenere un provento crescente e stabile, e con quello dell’intermediario a collocare sul mercato mobiliare proposte appetibili e remunerative. Ad ogni modo, come premesso, i contratti “My Way” e “4 You” sono stati considerati come diretti a perseguire interessi non meritevoli di tutela, perché incompatibili con le finalità previdenziali per le quali detti contratti sono stati promossi dalla platea degli investitori. Detta incompatibilità è stata desunta da una serie di indici sintomatici, tra cui: la mancata indicazione nel contratto di mandato della denominazione dei titoli specificatamente acquistati, nonché del prezzo, del rendimento e del rischio di investimento, così determinando, per un verso, la rimessione all’intermediario della scelta dei titoli e, per l’altro, un impedimento al risparmiatore nel prevedere adeguatamente l’esito dell’operazione; la concentrazione in capo all’intermediario-mandatario anche delle qualità di titolare del prodotto finanziario acquistato e di mutuante della somma occorrente alla compera, da cui emergerebbe una condizione effettiva e non potenziale di conflitto di interessi; la dubbia redditività degli strumenti finanziari effettivamente acquistati, riscontrata dalle basse percentuali dei proventi devoluti all’investitore; la presenza di elevate penali, le quali avrebbero reso sostanzialmente impraticabile, perché palesemente sconveniente, un recesso anticipato da parte dell’investitore nel caso di mancata realizzazione di un provento soddisfacente; l’esclusione di un rapido ed immediato disinvestimento, in quanto posterogato dal mandato conferito all’investitore, incluso nel contratto di pegno, a vendere i titoli acquistati, al fine di estinguere il mutuo all’uopo concesso, nei casi di recesso dell’investitore. Dunque, alla luce di tali elementi, la finalità previdenziale, ed in generale di raccolta del risparmio, è stata giudicata come inconfigurabile per effetto dell’incidenza del rischio di investimento, dipendente non da un fattore imprevedibile connesso all’andamento dei mercati, ma in ragione della portata delle pattuizioni negoziali. Di qui la conclusione, ribadita dalla giurisprudenza formatasi sui predetti strumenti finanziari, sull’inefficacia dei contratti de quibus, recependo l’orientamento dottrinale che ha ricondotto l’immeritevolezza del contratto atipico nell’irrilevanza giuridica o nella mancanza di giuridicità del medesimo, con l’effetto di escludere sia l’eventualità di un suo rilievo ufficioso o la formazione di un giudicato implicito, sia la concentrazione degli effetti invalidanti alle sole clausole contrattuali che avrebbero impedito la realizzazione della funzione previdenziale. Dunque, alla luce delle riflessioni esposte, può affermarsi che l’esperienza giurisprudenziale maturata intorno a taluni contratti finanziari costituisce la risposta in termini rimediali alle vicende di “risparmio tradito”, di cui attualmente si compone in maniera variegata il mercato finanziario globale[5]. La meritevolezza, così, è divenuta un nuovo strumento mediante il quale la giurisprudenza assicura la tutela degli interessi dei contraenti deboli, esposti all’altrui maggior forza di negoziazione, e dunque ad eventuali abusi, al pari degli strumenti già previsti nella legislazione consumeristica, bancaria e finanziaria, ma con la capacità di influenzare direttamente, ed in senso caduca torio, la validità o l’efficacia dell’intero contratto dimostratosi “inadeguato”. Tuttavia, per amor di completezza, occorre precisare che, sempre nell’ambito dei contratti di intermediazione finanziaria, l’opzione dell’immeritevolezza non rappresenta l’unica soluzione rimediale sperimentata dalla giurisprudenza, in particolare quella di merito, la quale in diverse occasioni si è orientata verso la categoria “finitima” della nullità del contratto per difetto di causa, ora valorizzando che la distorsione della funzione previdenziale condurrebbe alla mancanza di una causa concreta sottesa all’operazione di investimento, ora enfatizzando l’assenza in astratto della causa, generata dall’irrazionalità dell’intera vicenda negoziale, per la presenza di alee, ancorché bilaterali, non misurabili ex ante ed estranee al contenuto della programmazione contrattuale. In linea di massima, è possibile concludere nel senso che, al di là dei singoli contratti venuti in rilievo e degli iter argomentativi percorsi, la giurisprudenza di legittimità abbia orientato il sindacato di meritevolezza sulla ricerca di un equilibrio giuridico realizzato dal negozio atipico, informato al principio di proporzionalità nella distribuzione di obblighi e diritti tra le parti. In particolare, laddove ricorra una palese disparità tra le parti sul versante informativo o sul potere di negoziazione, ricondotta in un comportamento abusivo di una di esse a danno dell’altra, in contrasto con i principi di correttezza e solidarietà, il contratto può essere reputato immeritevole, nei limiti in cui sia derivata una disarticolazione della causa concreta sottesa al medesimo, rivelatosi per l’effetto “inadeguato”.

NOTE:

[1] Cass., 19559/2015.

[2] In questo stesso senso poi v. Cass., 22950/2015; Cass., 3939/2016; Cass., 26057/2016; Cass., 31183/2017.

[3] In questo senso già Cass., 1584/2012 relativamente al contratto “4 You”, e Cass., 7776/2014, quest’ultima riferita al similare contratto “Piano visione Europa”.

[4] Cfr., GABRIELLI E., “Commentario al codice civile”, Torino, 2010.

[5] Non è, infatti, un caso che analoghe conclusioni sono state prospettate dalla giurisprudenza di legittimità, in tempi ancor più recenti – v. Cass., 19013/2017 – a proposito dei contratti ad oggetto strumenti finanziari derivati, c.d. IRS (interest rate swap), stipulati in funzione cosiddetta di copertura, specie della generale funzione previdenziale.

Elena Ficociello

Elena Ficociello nasce a Benevento il 28 luglio del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso l'istituto "P. Giannone" si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli. Si laurea il 13 luglio del 2017, discutendo una tesi in diritto processuale civile, relativa ad una recente modifica alla legge sulla responsabilità civile dello Stato-giudice, argomento delicato e problematico che le ha dato l'opportunità di concentrarsi sui limiti dello ius dicere. A tal proposito, ha partecipato all'incontro di studio organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura presso la Corte di Appello di Roma sul tema "La responsabilità civile dei magistrati". Nell'estate del 2016, a Stasburgo, ha preso parte al master full time "Corso Robert Shuman" sulla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, convinta che un buon avvocato, oggi, non può ignorare gli spunti di riflessione che la giurisprudenza della Corte EDU ci offre. Adora viaggiare e già dai primi anni di liceo ha partecipato a corsi di perfezionamento della lingua inglese, prima a Londra e poi a New York, con la Greenwich viaggi. È molto felice di poter collaborare con Ius in itinere, è sicuramente una grande opportunità di crescita poter approfondire e scrivere di temi di diritto di recente interesse. Contatti: elena.ficociello@iusinitinere.it

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